ARTICOLO | Lavoro

Coronavirus, scaffali vuoti in Europa senza lavoratori stagionali

30 Marzo 2020
Coronavirus, scaffali vuoti in Europa senza lavoratori stagionali

“La Commissione europea dovrebbe intervenire rapidamente per far sì che gli Stati membri dell’Unione Europea favoriscano l’attraversamento da parte dei lavoratori transfrontalieri che operano nel settore agricolo al fine di garantire le forniture alimentari, con il regolare svolgimento delle campagne di raccolta dei lavoratori stagionali che si sono avviate con l’inizio della primavera”. E’ quanto chiede il presidente della Coldiretti Ettore Prandini con riferimento all’articolo del New York Times che ha confermato in prima pagina l’allarme per i raccolti in tutta Europa con il blocco alla libera circolazione delle persone tra gli Stati, provocato dal Coronavirus, che colpisce la manodopera stagionale agricola e mette a rischio la produzione alimentare ed il rifornimento futuro degli scaffali nei supermercati europei.

Secondo le stime della Coldiretti con la chiusura delle frontiere nell’Unione Europea manca quasi un milione di lavoratori stagionali per le imminenti campagne di raccolta nelle campagne dei principali Paesi agricoli, con l’UE che rischia di perdere quest’anno l’autosufficienza alimentare e il suo ruolo di principale esportatore mondiale di alimenti per un valore si 151,2 miliardi di euro con un surplus commerciale nell’agroalimentare di 31,9 miliardi.

Tutti i principali Paesi agricoli dell’Unione fanno affidamento su lavoratori provenienti anche da altri Stati ed in Francia si stima manchino 200mila stagionali rumeni, polacchi, tunisini, marocchini che ogni anno contribuiscono ai raccolti mentre in Gran Bretagna gli agricoltori stanno lottando per trovare persone raccogliere lamponi e patate e in Germania c’è da colmare il vuoto di circa 300mila unità lasciato dagli stagionali polacchi e rumeni che pesa anche sulla Spagna rimasta, ad esempio, senza i consueti 10 mila lavoratori stagionali marocchini impegnati nella raccolta fragole.

La situazione più grave è però in Italia dove e a rischio – sottolinea la Coldiretti – c’è più di ¼ del Made in Italy a tavola che viene raccolto nelle campagne da mani straniere con 370mila lavoratori regolari che arrivano ogni anno dall’estero, fornendo il 27% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore, secondo l’analisi della Coldiretti.

L’Italia – riferisce la Coldiretti – si classifica al primo posto a livello comunitario per numero di imprese e valore aggiunto ed è il primo produttore UE di riso, grano duro e vino e di molte verdure e ortaggi tipici della dieta mediterranea come pomodori, melanzane, carciofi, cicoria fresca, indivie, sedano e finocchi. E anche per quanto riguarda la frutta l’Italia primeggia in molte produzioni importanti: dalle mele e pere fresche, dalle ciliegie alle uve da tavola, dai kiwi alle nocciole fino alle castagne.

Si tratta di produzioni Made in Italy che – precisa la Coldiretti – non servono solo a riempire gli scaffali dei supermercati in Italia che è autosufficiente per frutta e verdura ma anche per garantire gli approvvigionamenti all’estero dove lo scorso anno è stata esportata frutta e verdura Made in Italy per un valore di 8,4 miliardi, dei quali ben 6,4 miliardi nell’Unione Europea. Ed in particolare oltre 2 miliardi di euro in Germani e circa 700 milioni in Gran Bretagna nel corso del 2019

La comunità di lavoratori agricoli più presente in Italia – spiega Coldiretti – è quella rumena con 107591 occupati, davanti a marocchini con 35013 e indiani con 34043, che precedono albanesi (32264), senegalesi (14165), polacchi (13134), tunisini (13106) e bulgari (11261). Sono molti i “distretti agricoli” del nord dove i lavoratori immigrati rappresentano una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale come nel caso – evidenzia la Coldiretti – della raccolta delle fragole e asparagi nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva, delle mele, delle pere e dei kiwi in Piemonte, dei pomodori, dei broccoli, cavoli e finocchi in Puglia fino agli allevamenti e i caseifici della Lombardia.

In Italia su sollecitazione del Presidente della Coldiretti Ettore Prandini il Ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova è intervenuto per prorogare i permessi di soggiorno per lavoro stagionale in scadenza al fine di evitare agli stranieri di dover rientrare nel proprio Paese proprio con l’inizio della stagione di raccolta nelle campagne. La proroga secondo la circolare del Ministero degli Interni – spiega la Coldiretti – dura fino al 15 giugno e riguarda i permessi di soggiorno in scadenza dal 31 gennaio al 15 aprile ai sensi dell’articolo 103 comma 2 del D.L. 18. Inoltre – continua la Coldiretti – è stato ottenuto nel decreto Cura Italia prevede che le attività prestate dai parenti e affini fino al sesto grado non costituiscono rapporto di lavoro nè subordinato nè autonomo, a condizione che la prestazione sia resa a titolo gratuito.

Potranno dunque collaborare alla raccolta dei prodotti agricoli anticipata dal caldo inverno – sottolinea la Coldiretti – anche nonni, genitori, figli, nipoti, suoceri, generi, nuore, fratelli, zii, cugini, figli di cugini, cugini dei genitori e figli dei cugini dei genitori, fratello/sorella del coniuge, zio del marito rispetto alla moglie e viceversa, cugino/a del marito rispetto alla moglie e viceversa. Si tratta di una prassi molto diffusa in agricoltura nel passato quando anche lontani parenti – conclude la Coldiretti – tornavano in fattorie, cascine e masserie di famiglia in occasione delle campagne di raccolta più importanti, dalla vendemmia alla raccolta delle olive, per collaborare attivamente e ricevere magari in cambio frutta, verdura, olio o vino.

 

 

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