Pescato, risoluzione del Parlamento europeo per rafforzare la tutela del consumatore

25 Maggio 2016
Pescato, risoluzione del Parlamento europeo per rafforzare la tutela del consumatore

Il pesce è da qualche tempo al centro di crescenti fenomeni di frodi alimentari, con inganni sia sulla provenienza, che sulle specie (quelle di minor pregio vendute al posto di quelle di maggior valore), nonché su stato fisico (pesce congelato venduto come fresco). Non a caso, nella stessa relazione del Parlamento europeo a firma di Esther De Lange (votata a gennaio 2014), le specie ittiche figuravano tra gli alimenti più frequentemente frodati. E ora il Parlamento europeo ci “riprova”: con una risoluzione (quindi, un messaggio politico lanciato alle altre istituzioni) chiede una stretta sul sistema di tracciabilità. In particolare, per i ristoratori e i negozi, al fine di prevenire gli inganni in etichetta. Nella relazione viene evidenziato intanto un uso spesso scorretto dell’etichettatura, in ragione del quale va posta maggiore attenzione ai controlli. Il Parlamento si esprime inoltre a favore di un solido sistema di tracciabilità, dallo sbarco al consumo, per mantenere la fiducia dei consumatori e contribuire al sostentamento economico del settore. Inoltre, i deputati chiedono di utilizzare le tecnologie a base del DNA bar-coding, che permettono in modo rapido e poco costoso di risalire all’origine del pescato. Nella risoluzione approvata giovedì, i deputati hanno chiesto un sistema di tracciabilità forte per tutti i prodotti ittici venduti nei ristoranti e nei negozi europei, per prevenire casi di etichettatura non veritiera. Un’affidabile politica di etichettatura del pesce UE aumenterebbe a sua volta la fiducia dei consumatori e lo sviluppo economico del settore della pesca europeo. La realtà è che in Europa esiste già un forte sistema di tracciabilità, che sin dall’imbarcazione, e tramite apposito sistema informativo, impone di segnalare la quantità e specie di pescato, con un aggiornamento entro 12 ore direttamente visualizzabile dal Ministero e dalle forze preposte ai controlli. Inoltre, al momento dello sbarco viene comunicata la quantità definitiva, così come il primo operatore che acquista il pescato, è soggetto a controlli incrociati che permettono di verificare la congruenza delle informazioni rilasciate. Il vero problema semmai riguarda la ristorazione, laddove viene venduto il 57 % del pesce totale- con obblighi minori di informazione ai consumatori (e pressoché assenti circa l’origine del pescato). Nel piano del 2015 volto a controllare il mercato del pesce bianco, la Commissione aveva rilevato una conformità pari al 94%. Ma il livello di affidabilità delle informazioni in etichetta dipende anche dal livello della filiera. Anello critico ancora una volta la ristorazione ed il dettaglio, dove, in base a diverse fonti, circa un prodotto ittico su tre non risponde ai requisiti dichiarati. Il Parlamento infine invita la Commissione a correggere la confusione causata dall’attuale obbligo di etichettatura UE, basata sulle zone e sotto-zone definite dall’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), che si rivela particolarmente problematica nel caso delle catture in talune sotto-zone della zona 27 dove, tra l’altro, la Galizia e il Golfo di Cadice sono etichettati come “Acque portoghesi”, il Galles come “Mare d’Irlanda” e la Bretagna come “Golfo di Biscaglia.