Latte: Coldiretti, straniero in 3 cartoni su 4, serve etichetta

2 Aprile 2016
Latte: Coldiretti, straniero in 3 cartoni su 4, serve etichetta

Tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia sono stranieri mentre la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall’estero, ma nessuno lo sa perché non è obbligatorio riportarlo in etichetta. E’ quanto emerge dal dossier Coldiretti “Quote latte: un anno dopo” presentato alla mobilitazione di migliaia di allevatori che sono scesi in piazza ad un anno dalla fine delle quote latte di fronte a un crisi senza precedenti.
Già oggi, a fronte di una produzione nazionale di circa 110 milioni di quintali di latte, sono 85 milioni di quintali le importazioni di latte equivalente dall’estero, sotto forma di concentrati, cagliate, semilavorati e polveri per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, all’insaputa dei consumatori. Si tratta di circa il 40 per cento e c’è dunque – continua la Coldiretti – il rischio concreto che il latte straniero possa a breve per la prima volta superare quello tricolore. Nell’ultimo anno – denuncia la Coldiretti – hanno addirittura superato il milione di quintali le cosiddette cagliate importate dall’estero, che ora rappresentano circa 10 milioni di quintali equivalenti di latte, pari al 10 per cento dell’intera produzione italiana. Si tratta di prelavorati industriali che vengono soprattutto dall’Est Europa che consentono di produrre mozzarelle e formaggi di bassa qualità. Un chilogrammo di cagliata usata per fare formaggio sostituisce circa dieci chili di latte e la presenza non viene indicata in etichetta. Oltre ad ingannare i consumatori ciò fa concorrenza sleale nei confronti dei produttori che utilizzano esclusivamente latte fresco. L’assenza dell’indicazione chiara dell’origine del latte a lunga conservazione, ma anche di quello impiegato in yogurt, latticini e formaggi, non consente – sostiene la Coldiretti – di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative, ma impedisce anche ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionale e con esse il lavoro e l’economia del vero Made in Italy. “In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti, ma anche con l’indicazione delle loro caratteristiche specifiche a partire dai sottoprodotti”, afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.  Finalmente – continua Moncalvo – ci sono le condizioni per cambiare le norme comunitarie nel senso della trasparenza sotto la spinta di Italia e Francia, alla quale è stata già concessa l’autorizzazione dalla Commissione europea per l’etichettatura di origine per i derivati del latte e della carne. Un via libera venuto sulla base del regolamento comunitario N.1169 del 2011, entrato in vigore il 13 dicembre del 2014, che – spiega la Coldiretti – consente ai singoli Stati Membri di introdurre norme nazionali in materia di etichettatura obbligatoria di origine geografica degli alimenti qualora i cittadini esprimano in una consultazione parere favorevole in merito alla rilevanza delle dicitura di origine, ai fini di una scelta di acquisto informata e consapevole. “Una iniziativa che si è svolta in Italia con un risultato che non lascia spazio ad equivoci ed impegna le Istituzioni nazionali a introdurre l’etichetta dove ancora manca, dai formaggi ai salumi, dalle conserve ai succhi di frutta fino al latte a lunga conservazione”, precisa Moncalvo. Non è un caso – conclude la Coldiretti – che secondo la consultazione pubblica on line del Ministero, che ha coinvolto 26.547 partecipanti sul sito del Mipaaf dal novembre 2014 a marzo 2015, l’89 per cento dei consumatori ritiene che la mancanza di etichettatura di origine possa essere ingannevole per i prodotti lattiero caseari e l’87% per le carni trasformate.