Politica agricola comune, internazionalizzazione, manovra economica, energia, salute. Sono alcuni degli spunti al centro dell’intervento del presidente Ettore Prandini al Forum Coldiretti e Roma. “L’agricoltura e l’alimentazione rappresentano una straordinaria opportunità per il nostro Paese” ha esordito il presidente ricordando che “siamo giunti alla ventitreesima edizione del Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione, e non è certo un caso”
La riflessione di Prandini è partita dal ruolo cruciale dei corpi intermedi.
“Abbiamo attraversato una stagione politica in cui la loro funzione è stata quasi demonizzata, per mancanza di conoscenza e di visione. Eppure i corpi intermedi sono veri ammortizzatori degli shock, capaci di mediare e assorbire le tensioni economiche e sociali che attraversano il Paese. Essi possono e devono interagire con la politica in modo costruttivo, contribuendo con idee, identità e capacità di proposta, senza sostituirsi alle istituzioni.
Da questo punto di vista, credo che ci siano tre parole chiave: relazioni, conoscenza e capacità di valorizzare le relazioni.
Abbiamo accolto positivamente l’attenzione — forse per la prima volta in modo concreto — alla gestione del debito pubblico. Se nel breve periodo si chiede più spesa e più risorse, nel medio-lungo periodo una gestione più attenta significa meno interessi da pagare e più risorse liberate per i settori produttivi.
È il passaggio dalla logica dell’emergenza a quella della pianificazione, condizione indispensabile per accompagnare la crescita economica reale del Paese.
Naturalmente, questo non ci ha impedito di formulare alcune osservazioni. Penso, ad esempio, alla plastic tax e alla sugar tax, che rischiano di colpire duramente alcune filiere agroalimentari.
Abbiamo inoltre affrontato il tema dell’internazionalizzazione, che resta centrale per l’agroalimentare italiano. Dobbiamo continuare a sostenere le nostre imprese attraverso gli strumenti messi a disposizione da ICE, SACE e SIMEST, così da consolidare la presenza sui mercati già acquisiti e aprire nuove opportunità commerciali nel mondo.
Vorrei poi soffermarmi su un aspetto strategico: quello dell’energia.
Il comparto agroalimentare non rientra formalmente tra i settori energivori, ma è evidente che ne subisce gli effetti. Se i costi energetici crescono in modo esponenziale, le nostre imprese perdono competitività rispetto a Paesi come Spagna, Francia e Germania, dove i prezzi sono più contenuti.
Rendere il sistema agricolo più efficiente sul piano energetico significa rafforzarne la competitività, ma anche proteggere le fasce più deboli: contenere il costo dell’energia vuol dire anche contenere il prezzo dei prodotti alimentari.
C’è poi un tema più ampio, quello della giustizia economica tra generazioni. Tutti vorremmo più risorse per tutti, ma è difficile realizzarlo. Il Governo sta ragionando su un aumento delle retribuzioni, ma noi vogliamo porre una riflessione: concentriamo gli sforzi sui giovani.
Se liberiamo parte dei contributi per i primi cinque anni di lavoro e li trasformiamo in salario netto, offriamo un volano economico e sociale. I giovani hanno una maggiore propensione alla spesa, e questo stimola la crescita. Allo stesso tempo, li aiutiamo a restare in Italia, contrastando la fuga di competenze e favorendo anche una ripresa demografica.
Se diamo fiducia ai giovani, saranno loro a costruire il futuro del Paese.
Serve però anche una visione di lungo periodo: un Paese che invecchia rischia di non poter più sostenere il proprio sistema sanitario e previdenziale. È quindi una questione economica, non solo sociale.
Voglio poi soffermarmi su un tema di linguaggio e di sostanza: “riarmo” e “difesa” non sono la stessa cosa. Il riarmo presuppone la guerra; la difesa, invece, significa protezione e sicurezza.
E difesa, in senso più ampio, vuol dire anche garantire la sicurezza alimentare, perché il cibo è la prima forma di tutela per la popolazione.
Troppo spesso la filiera agricola e agroalimentare è sottovalutata, ma essa rappresenta un pilastro del sistema Paese. Oggi vale 707 miliardi di euro, con 4 milioni di occupati e un record di export di oltre 69 miliardi nel 2024. Nel 2025, nonostante le difficoltà, i primi dati indicano una crescita del 6% nei primi sei mesi.
Nessun altro settore produttivo ha un peso economico e sociale paragonabile. Dietro questi numeri c’è un ecosistema fatto di agricoltura, industria, cooperazione, logistica e internazionalizzazione.
Parlando di salute e cibo, Coldiretti vuole promuovere un impegno concreto: puntare sulla qualità dell’alimentazione nelle mense pubbliche, perché è lì che si fa la vera prevenzione.
Un’alimentazione sana non è solo un investimento in salute, ma anche un risparmio per la spesa pubblica.
Ringrazio il Ministro Foti per l’attenzione alla Politica Agricola Comune (PAC). Su questo voglio essere chiaro: non accetteremo mai che vengano ridotte le risorse destinate alla PAC. Non è una questione egoistica, ma una scelta strategica. Non possiamo permettere che l’Europa arretri mentre Cina, India, Brasile e Stati Uniti investono nell’agricoltura come strumento geopolitico.
Delegare il cofinanziamento ai singoli Stati membri significa smontare la PAC e creare disuguaglianze: i Paesi meno indebitati potranno spendere di più, gli altri resteranno indietro.
Il risultato sarebbe un’Europa agricola frammentata, che invece di competere con il mondo finirebbe per farsi concorrenza interna. È una visione miope e sbagliata, che nasce dal distacco della burocrazia europea dai settori produttivi reali.
In conclusione, voglio ribadire un concetto che è emerso con forza oggi: la politica deve tornare a essere protagonista.
Noi saremo sempre al fianco della politica, con rispetto delle istituzioni e spirito costruttivo, ma continueremo a denunciare le distorsioni di un’Europa governata dai burocrati invece che dalle idee”.