ARTICOLO | Economia

Fancy Food: il falso Made in Italy vale 120 mld, 1/3 negli Usa

26 Giugno 2023
Fancy Food: il falso Made in Italy vale 120 mld, 1/3 negli Usa

Sale a 120 miliardi il valore del falso Made in Italy agroalimentare nel mondo con gli Stati Uniti che si classificano come il Paese dove le produzioni tricolore taroccate registrano i più elevati fatturati. E’ l’allarme lanciato da Coldiretti e Filiera Italia in occasione del più importante evento fieristico mondiale dedicato alle specialità alimentari, il Summer Fancy Food 2023 a New York City presso il Javits Center dove è stata inaugurata la prima esposizione del Made in Italy tarocco a tavola con le più grottesche imitazioni delle specialità nazionali scovate negli Usa che tolgono spazio e valore sui mercati ai veri prodotti tricolori.

Gli Stati Uniti sono il Paese che detiene saldamente la leadership produttiva del falso Made in Italy con il fenomeno delle imitazioni di cibo tricolore che è arrivato a rappresentare oltre 40 miliardi di euro. In pratica solo un prodotto agroalimentare che richiama l’Italia su sette venduti negli States arriva realmente dal Belpaese con le esportazioni che sono state pari a 6,6 miliardi nel 2022. secondo Coldiretti e Filiera Italia.  Basti pensare che il 90% dei formaggi di tipo italiano in Usa – sottolineano Coldiretti e Filiera Italia – sono in realtà realizzati in Wisconsin, California e New York, dal Parmesan al Romano senza latte di pecora, dall’Asiago al Gorgonzola, dalla mozzarella fino al Provolone.

La produzione di imitazioni dei formaggi italiani – sottolineano Coldiretti e Filiera Italia– nel 2022 ha raggiunto negli Usa il quantitativo record di oltre 2,7 miliardi di chili, con una crescita esponenziale negli ultimi 30 anni, tanto da aver superato addirittura la stessa produzione di formaggi americani come Cheddar, Colby, Monterrey e Jack che è risultata nello stesso anno pari a 2,5 milioni di chili.

Il problema riguarda però tutte le categorie merceologiche come l’olio Pompeian made in Usa, i salumi più prestigiosi, dalle imitazioni del Parma e del San Daniele alla mortadella Bologna o al salame Milano venduto in tutti gli Stati Uniti dove è possibile acquistare anche il Pompeian Olive Oil che non ha alcun legame con l’antica città campana. Ma ci sono anche le imitazioni di Provolone, Gorgonzola, Pecorino Romano, Asiago o Fontina. Tra i salumi sono clonati i più prestigiosi, dal Parma al San Daniele, ma anche le conserve come il pomodoro San Marzano.

Ma l’industria del falso Made in Italy a tavola è diventato un problema planetario con il risultato che per colpa del cosiddetto “italian sounding” nel mondo – stimano Coldiretti Filiera Italia – oltre due prodotti agroalimentari tricolori su tre sono falsi senza alcun legame produttivo ed occupazionale con il nostro Paese. In testa alla classifica dei prodotti più taroccati secondo Coldiretti e Filiera Italia ci sono i formaggi partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano con la produzione delle copie che ha superato quella degli originali.

Un fenomeno diffuso soprattutto nel Sudamerica dove peraltro rischia di essere ulteriormente spinto dall’accordo di libero scambio Mercosur che obbliga di fatto Parmigiano e Grana a convivere per sempre con le “brutte copie” sui mercati locali, dal Parmesan al Parmesano, dal Parmesao al Reggianito fino al Grana.

“Il contributo della produzione agroalimentare Made in Italy a denominazione di origine alle esportazioni e alla crescita del Paese potrebbe essere nettamente superiore con un chiaro stop alla contraffazione alimentare internazionale” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “ponendo un freno al dilagare dell’agropirateria a tavola si potrebbero creare ben 300mila posti di lavoro in Italia”.

“In tutto il mondo cresciamo grazie alla distintività dei nostri prodotti che sono frutto di territori ma anche di una cultura antica inimitabile. Falsificarli, snaturarne le ricette, cambiarne gli ingredienti vuol dire distruggere ciò che rende unico al mondo il nostro stile di vita di cui la cultura alimentare è parte essenziale, aggiunge Luigi Scordamaglia Amministratore Delegato di Filiera Italia.

 

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