COMUNICATO STAMPA | Notizie dalle Federazioni

News La Forza del Territorio del 17 gennaio 2023

17 Gennaio 2023
News La Forza del Territorio del 17 gennaio 2023

Primo piano

 

VENETO, I COSTI DELLE MATERIE PRIME FANNO LIEVITARE I PREZZI

Nella top ten degli aumenti dei veneti il pane (217 mln) e la verdura (192 mln)

L’impennata dell’inflazione pesa sul carrello dei veneti nel 2022 che hanno speso 217 mln di euro per mettere in tavola pane e pasta. Anche la verdura è costata 192 mln di euro in più mentre per la carne l’esborso aggiuntivo è di 183 mln di euro. Sono questi gli alimenti che stanno maggiormente risentendo dell’aumento delle materie prime necessarie per la loro produzione. Al quarto posto ci sono latte formaggi e uova, che precedono il pesce e la frutta. Seguono olio, burro e grassi, che è però la categoria che nel 2022 ha visto correre maggiormente i prezzi, e le bevande analcoliche (dal caffè alle acque minerali fino ai succhi). Chiudono la classifica degli aumenti zucchero, confetture, miele, cioccolato, dolci e sale, condimenti ed alimenti per bambini.

“Sotto pressione, infatti – sottolinea Coldiretti Veneto – è l’intera filiera agroalimentare, a partire dall’agricoltura, dove si registrano aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio fino al +500% delle bollette per pompare l’acqua per l’irrigazione dei raccolti. Ma aumenti riguardano anche l’alimentare, con il vetro che costa oltre il 50% in più rispetto allo scorso anno, il 15% il tetrapack, il 35% le etichette, il 45% il cartone, il 60% i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al +70% per la plastica”.

Tutto pesa sul carrello dei consumatori e soprattutto sui bilanci delle imprese dell’agroalimentare, con più di un’azienda agricola su dieci in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività, ma oltre 1/3 del totale costretta a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dei rincari, secondo il Crea.

Per difendersi dagli aumenti otto veneti su dieci hanno preso l’abitudine di fare una lista ponderata degli acquisti da effettuare per mettere sotto controllo le spese d’impulso, secondo l’analisi Coldiretti/Censis che evidenzia come siano cambiati anche i luoghi della spesa con il 72% dei consumatori che si reca e fa acquisti nei discount, mentre l’83% punta su prodotti in offerta, in promozione. “Le famiglie, infatti – conclude Coldiretti Veneto– vanno a caccia dei prezzi più bassi anche facendo lo slalom nel punto vendita, cambiando negozio, supermercato o discount alla ricerca di promozioni per i diversi prodotti”.

 

 

 

 

 

 

 

 

GLI AUMENTI DELLA SPESA ALIMENTARE NEL 2022 IN VENETO

 

 

 

 

 

Milioni di Euro in più

 

1

 

Pane, pasta e cereali

 

217

 

2

 

Carni

 

183

 

3

 

Verdura

 

192

 

4

 

Latte, formaggi e uova

 

150

 

5

 

Pesce

 

83

 

6

 

Frutta

 

75

 

7

 

Oli e grassi

 

67

 

8

 

Bevande analcoliche

 

67

 

9

 

Zucchero, confetture e miele

 

33

 

10

 

Salse, sale, piatti pronti

 

17

 

Fonte: elaborazione Coldiretti su dati Istat

     

 

Dal Territorio

 

PUGLIA, LAVORO: DECRETO FLUSSI IN GAZZETTA SALVA 30MILA GIORNATE

Al via ingresso lavoratori non comunitari

L’arrivo del decreto flussi in Gazzetta è importante per salvare i raccolti e garantire l’approvvigionamento alimentare in un settore che resta ancora fortemente dipendente dal contributo dei lavoratori stranieri. E’ quanto afferma la Coldiretti Puglia, in riferimento alla pubblicazione a giorni sulla gazzetta ufficiale del nuovo decreto del presidente del Consiglio dei ministri di programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori non comunitari nel territorio dello stato per l’anno 2022, che riguarda tanto il lavoro stagionale che le altre tipologie di quote d’ingresso, incluse le quote di conversione.

Rispetto ai precedenti, il decreto si contraddistingue – spiega Coldiretti Puglia – per un significativo aumento delle quote disponibili incluse quelle riservate alle associazioni di categoria e per la riconferma della procedura accelerata/semplificata di rilascio dell’autorizzazione, riservata alle sole associazioni di categoria del mondo agricolo.

In totale il Dpcm rende disponibili 82.705 quote, contro le 69.700 quelle del 2021, aggiunge Coldiretti confidando che, laddove ci fossero ulteriori necessità di quote, si possa ricorrere ad un nuovo decreto di integrazione.

Per quanto riguarda le quote per lavoro stagionale queste ammontano a 44.000 unità (erano 42.000 quelle del 2021) delle quali 1.500 sono riservate alle nuove richieste di nullaosta stagionale pluriennale, quote che di fatto consentono all’impresa negli anni successivi di non essere vincolata ai termini di pubblicazione in G.U. del Dpcm per avere accesso all’autorizzazione.

Questo decreto sarà anche l’occasione per sperimentare il superamento del nullaosta – insiste Coldiretti Puglia – sostituito da una comunicazione allo sportello unico per l’immigrazione da parte del datore di lavoro contenente la proposta di contratto di soggiorno per lavoro subordinato.

Ma la vera ed importante novità di questa tornata è rappresentata – afferma Coldiretti regionale – dal consolidamento e riconferma del rilascio di quote di ingresso riservate alle Associazioni di categoria per i propri associati nella misura di 22.000 unità (erano 14.000 quelle del 2021) a dimostrazione del fatto che i tempi sono maturi per rendere strutturale la norma sperimentale introdotta dal decreto semplificazione (Dl 73/2022).

Questa disposizione, rivendicata con forza da Coldiretti, in quanto confermata e rafforzata, è evidentemente espressione della qualità dell’agire a garanzia di un utilizzo corretto e legittimo della procedura a partire dalla presentazione dell’istanza ma soprattutto a finire con la reale e concreta instaurazione del rapporto di lavoro.

Si tratta soprattutto – ricorda la Coldiretti Puglia – di lavoratori dipendenti a tempo determinato che arrivano dall’estero e che ogni anno attraversano il confine per un lavoro stagionale per poi tornare nel proprio Paese, spesso stabilendo delle durature relazioni professionali oltre che di amicizia con gli imprenditori agricoli, quando in Puglia a livello regionale viene ottenuto da mani straniere – conclude Coldiretti Puglia. più di 1/5 del Made in Italy a tavola, con oltre 36mila lavoratori stranieri che forniscono il 20% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore in Puglia, mentre si registrano fortissime difficoltà a reperire anche la manodopera italiana.

 

PIEMONTE, SOS ACQUA CON PO RIDOTTO DI 1/3 RISPETTO AL 2021

Preoccupa arrivo freddo che potrebbe gelare colture già fiorite 

Pioggia e neve cadute in queste settimane non bastano a cancellare, o anche solo a sanare, il deficit idrico dell’Italia. È il Nord l’area più in sofferenza, secondo quanto afferma Coldiretti Piemonte. I dati dei grandi laghi sono peggiori di quelli del gennaio 2022, quando già la situazione era compromessa da mesi di deficit di precipitazioni significativi. La percentuale di riempimento del lago Maggiore è al 18% ed Po resta in sofferenza. Nonostante le recenti piogge ha portata dimezzata a Torino ed è ridotto, lungo tutto il percorso piemontese, a circa 1/3 della portata del 2021, secondo i dati di Anbi. 

“E’ concreto l’SOS siccità anche per il 2023 – spiegano Roberto Moncalvo Presidente di Coldiretti Piemonte e Bruno Rivarossa Delegato Confederale -. Oltretutto con le alte temperature, la natura si è già risvegliata in un inverno che, dal punto di vista climatologico, ha fatto segnare fino ad ora una temperatura superiore di 2,09 gradi rispetto alla media storica. Il rischio concreto è che repentine ondate di gelo notturno brucino con l’andare del tempo fiori e gemme di piante e alberi, con pesanti effetti sui prossimi raccolti di frutta e sul carrello della spesa. Il cambiamento climatico è stato accompagnato da una evidente tendenza alla tropicalizzazione che si manifesta con una più elevata frequenza di eventi violenti, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo, con sbalzi termici significativi. L’agricoltura è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici per questo ribadiamo che è necessario agire con metodo e non sempre e solo in emergenza, programmando interventi e progettando infrastrutture. Occorre, quindi, non solo individuare modalità efficienti ed efficaci per governare l’emergenza, ma anche avviare un processo attraverso il quale porre la necessaria attenzione al tema delle infrastrutture irrigue ed incrementare la capacità di conservazione, per utilizzare l’acqua nei momenti di maggior idro esigenza superando l’attuale condizione di diffusa dispersione”.

 

VENETO, APPROVAZIONE PDL “KMZERO” IN CONSIGLIO REGIONALE

“Un passaggio necessario quello approvato oggi in Consiglio del Veneto – commenta Coldiretti relativamente alla norma che aggiorna, dopo oltre 10 anni la legge regionale n. 7/2008 cosiddetta del “Km Zero”.  Il testo di fatto – spiega Coldiretti Veneto che fu promotrice di una raccolta di firme per favorire la prima legge regionale che orientava i consumi di prodotti di origine locali nelle mense collettive e nella ristorazione privata – si allinea alla legge 17 maggio 2022, n. 61 che valorizza e promuove i prodotti agricoli e alimentari di origine locale definendo distanze precise e altri parametri utili alla valorizzazione del patrimonio agroalimentare veneto. Dall’apertura al settore della pesca ai criteri ambientali fino agli appalti il provvedimento apporta modifiche importanti e strategiche sia per gli operatori del settore primario che per i cittadini consumatori. Rilevante per Coldiretti Veneto anche l’istituzione di un Osservatorio regionale con compiti di promozione dell’utilizzo  dei prodotti a “chilometro zero” con il ruolo di supportare la Giunta nella formulazione di pareri e proposte in materia di diffusione, monitoraggio ed elaborazione delle informazioni nonché nella stesura di dossier, report e statistiche relativamente all’andamento dell’ offerta ed utilizzo dei prodotti a “chilometro zero” tramite progetti finalizzati ad iniziative di educazione alimentare rivolti alle scuole di ogni ordine e grado, proponendo la conoscenza diretta dei luoghi e delle modalità di coltivazione o di allevamento delle varie tipicità locali.

 

MOLISE, IL NEO PRESIDENTE CLAUDIO PAPA INCONTRA IL GOVERNATORE DONATO TOMA

A poche settimane dalla sua elezione, il neopresidente regionale della Coldiretti Molise, Claudio Papa, ha incontrato, nei giorni scorsi, il Presidente della Regione Donato Toma. In un clima di cordialità il Presidente Papa ha evidenziato al Governatore una serie di criticità che attanagliano il settore primario e che necessitano la massima attenzione da parte dell’intero Esecutivo regionale.

Dalla zootecnia alla salvaguardia delle produzioni agricole molisane, passando per i problemi causati alle aziende sia agricole che zootecniche dalla fauna selvatica, cinghiali in primis, fino alle problematiche che interessano i Consorzi di Bonifica, è emerso dal colloquio un quadro a tinte fosche per l’agroalimentare regionale, oggi più che mai gravato anche dalla pesante crisi economica in atto che ha fatto schizzare alle stelle anche i costi per la gestione aziendale.

Nel corso dell’incontro il Presidente Papa ha messo sul tavolo tutte le problematiche che sta attraversando il mondo agricolo, sottolineando al presidente la necessità di attuare una politica che tenga conto della fondamentale importanza che il settore riveste per l’economia regionale.

Il Presidente Toma, da parte sua ha evidenziato le criticità in cui l’esecutivo regionale si trova ad operare, a causa delle ristrettezze di bilancio, auspicando la possibilità di trovare soluzioni efficaci rispetto a tutte le problematiche segnalate, al fine di dare ossigeno alle attività produttive operanti in Molise.

 

TOSCANA, S. ANTONIO: 1 STALLA SU 10 A RISCHIO CRACK

In Toscana spariti 46% allevamenti bovini in dieci anni

Quasi una stalla su dieci (9%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività per l’esplosione dei costi con rischi per l’economia e l’occupazione ma anche per l’ambiente, la biodiversità e il patrimonio enogastronomico nazionale. E’ Coldiretti Toscana a lanciare l’allarme sul crack degli allevamenti nel giorno di Sant’Antonio Abate, il Patrono degli animali. In Toscana, secondo una analisi dell’anagrafe del sistema informativo veterinario nazionale sono sparite, in un decennio, quasi un allevamento bovino su due (46%) che hanno portato alla perdita di un patrimonio zootecnico di oltre 13 mila capi.

L’allevamento – continua Coldiretti Toscana – è un importante comparto economico che contribuisce con 500 milioni di euro di valore aggiunto all’intera produzione agricola regionale grazie al lavoro e al sacrificio di 13 mila aziende secondo l’ultimo censimento Istati.

L’emergenza economica – denuncia Coldiretti Toscana – mette però a rischio la stabilità della rete zootecnica che è importante non solo per l’economia regionale ma ha una rilevanza sociale e ambientale. A strozzare gli allevatori è l’esplosione delle spese di produzione in media del +60% legata ai rincari energetici, che arriva fino al +95% dei mangimi, al +110% per il gasolio e addirittura al +500% delle bollette per l’elettricità necessaria ad alimentare anche i sistemi di mungitura e conservazione del latte, secondo l’analisi Coldiretti su dati Crea. A tutto questo – afferma Coldiretti Toscana – si aggiunge il problema della disponibilità di fieno e foraggi, la cui produzione è stata tagliata dalla siccità, con i prezzi in salita anche a causa della guerra in Ucraina e le mattanze dei predatori nelle campagne.

A rischio – denuncia Coldiretti Toscana – c’è un patrimonio zootecnico di quasi 2,8 milioni di animali composto da 91.931 bovini, 961 bufalini, 19.107 caprini, 357.341 ovini, 108.045 suini, 8.913 equini, 123.590 conigli, 67 struzzi e 2.082.045 di polli secondo l’ultimo rapporto Istat. Da salvare c’è la straordinaria biodiversità delle stalle toscane con una ventina di razze considerate in pericolo in Toscana come la cinta senese, la maremmana, la garfagnina, la pontremolese, la Calvana, il Mucco pisano e la romagnola tra i bovini. Tra gli ovini la Pomarancina, la Zerasca, l’Appenninica, la Garfagnina Bianca, la pecora dell’Amiata, la capra della Garfagnana e la capra di Montecristo mentre tra gli equini il cavallo maremmano, l’appenninico, il bardigiano, il cavallino di Monterufoli e l’asino dell’Amiata. Ma a rischio c’è l’intero patrimonio caseario regionale come il Pecorino delle Balze Volterrane Dop ed il Pecorino Toscano Dop e 34 formaggi tipici censiti. 

“Quando una stalla chiude – Coldiretti Toscana – si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado dei territori soprattutto in zone svantaggiate”.

 

LOMBARDIA, S. ANTONIO, SONO PIÙ DI 36 MILIONI GLI ANIMALI DELLA FATTORIA LOMBARDA

Per SOS costi a rischio crack 1 stalla su 10

Sono più di 36 milioni gli animali della fattoria lombarda. E’ quanto emerge da un’analisi della Coldiretti regionale in occasione della ricorrenza di Sant’Antonio Abate, il Patrono degli animali. Una tradizione popolare – spiega la Coldiretti – che per il 17 gennaio vede il ripetersi del rito della benedizione degli animali nelle parrocchie di campagne e città su tutto il territorio regionale e nazionale.

In Lombardia – secondo l’analisi della Coldiretti regionale su dati Anagrafe zootecnica – si contano un milione e mezzo di mucche, più di 4 milioni di maiali, circa 27 milioni tra polli, galline, tacchini, faraone e oche, mentre le pecore e le capre sono più di 200 mila. I cavalli, gli asini e i muli in regione superano complessivamente i 50 mila esemplari, mentre i conigli sono più di 1,3 milioni. Ci sono poi – continua la Coldiretti Lombardia su dati dell’Anagrafe degli animali d’affezione – più di un milione e 900 mila cani, quasi 420 mila gatti e circa 900 furetti.

Gli animali custoditi negli allevamenti italiani – sottolinea la Coldiretti – rappresentano un tesoro unico al mondo che va tutelato e protetto, anche perché a rischio non c’è solo la biodiversità delle preziose razze italiane, ma anche il presidio di un territorio dove la manutenzione è garantita proprio dall’attività di allevamento, con il lavoro silenzioso di pulizia e compattamento dei suoli svolto dagli animali.

Per l’esplosione dei costi a livello nazionale quasi una stalla su dieci (9%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività. A strozzare gli allevatori italiani è l’esplosione delle spese di produzione in media del +60% legata ai rincari energetici, che arriva fino al +95% dei mangimi, al +110% per il gasolio e addirittura al +500% delle bollette per l’elettricità necessaria ad alimentare anche i sistemi di mungitura e conservazione del latte, secondo l’analisi Coldiretti su dati Crea. A tutto questo – afferma la Coldiretti – si aggiunge il problema della disponibilità di fieno e foraggi, la cui produzione è stata tagliata dalla siccità, con i prezzi in salita anche a causa della guerra in Ucraina.

A questo si aggiunge poi – denuncia la Coldiretti – la “spada di Damocle” della direttiva sulle emissioni industriali che finisce per equiparare una stalla con 150 mucche o un inceneritore o a una fabbrica altamente inquinante andando a colpire circa 180mila allevamenti ed esponendoli al rischio chiusura con un effetto domino sulle attività collegate. La proposta di direttiva – spiega la Coldiretti – estende una serie di pesanti oneri burocratici a quasi tutti gli allevamenti dei settori suinicolo, avicolo e bovino che vengono considerati alla stregua di stabilimenti industriali. Una situazione che rischia di lasciare campo libero alle importazioni da paesi che non applicano le pratiche sostenibili di allevamento che caratterizzano il sistema produttivo europeo o, ancora peggio, e di spingere verso lo sviluppo di cibi sintetici in provetta, dalla carne al latte cibi sintetici.

 

VENETO, SANT’ANTONIO ABATE: 1 STALLA SU 10 A RISCHIO CHIUSURA COSTI INSOSTENIBILI

L’emergenza economica mette a rischio la stabilità della rete zootecnica

“Quella di oggi è una giornata davvero speciale, perché nel cuore della cristianità celebriamo il nostro Patrono, il Santo protettore di tutti gli animali, che ogni giorno accudiamo e cresciamo con attenzione e coscienza. Sentiamo grande la responsabilità di garantire ai cittadini un cibo vero e di qualità, che è il frutto del nostro quotidiano lavoro”. Con queste parole il presidente di ARAV, l’Associazione regionale allevatori del Veneto, Floriano De Franceschi, al fianco del direttore Walter Luchetta, commenta la celebrazione di Sant’Antonio Abate, proprio all’ombra di Piazza San Pietro a Roma, dove per la tradizionale benedizione sono arrivate le razze più rare e curiose di mucche, asini, pecore, capre, galline e conigli.

Questa mattina, in occasione della funzione liturgica all’interno della Basilica Vaticana, presso l’Altare Cattedra, alla presenza dal card. Mauro Gambetti, arciprete della Basilica Papale di San Pietro in Vaticano, vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano e presidente della Fabbrica di San Pietro, il presidente di AIA, Roberto Nocentini ha ricordato l’importanza di questa “Giornata dell’Allevatore”.

“Siamo orgogliosi che quest’anno possiamo finalmente riproporre il tradizionale omaggio al nostro Santo protettore – commenta il presidente Nocentini – ed abbiamo portato in piazza la nostra “Fattoria sotto il cielo”, con gli animali che ogni giorno con grande dedizione alleviamo. È grande, tuttavia, la nostra preoccupazione per la scarsità di materie prime alimentari, nonché l’esplosione dei costi di gestione delle nostre aziende”.

L’emergenza economica mette a rischio la stabilità della rete zootecnica, che è importante non solo per l’economia nazionale, ma ha una rilevanza sociale ed ambientale. “A strozzare gli allevatori – commenta Coldiretti – è l’esplosione delle spese di produzione in media del +60% legata ai rincari energetici, che arriva fino al +95% dei mangimi, al +110% per il gasolio e addirittura al +500% delle bollette per l’elettricità necessaria ad alimentare anche i sistemi di mungitura e conservazione del latte, secondo l’analisi Coldiretti su dati Crea. A tutto questo si aggiunge il problema della disponibilità di fieno e foraggi, la cui produzione è stata tagliata dalla siccità, con i prezzi in salita anche a causa della guerra in Ucraina”.

A questa situazione difficile, si aggiunge la “spada di Damocle” della direttiva sulle emissioni industriali, che finisce per equiparare una stalla con 150 mucche ad un inceneritore o ad una fabbrica altamente inquinante, andando a colpire gli allevamenti ed esponendoli al rischio chiusura con un effetto domino sulle attività collegate.

La proposta di direttiva, infatti, estende una serie di pesanti oneri burocratici a quasi tutti gli allevamenti dei settori suinicolo, avicolo e bovino che vengono considerati alla stregua di stabilimenti industriali. Una situazione che rischia di lasciare campo libero alle importazioni da paesi che non applicano le pratiche sostenibili di allevamento che caratterizzano il sistema produttivo europeo o, ancora peggio, e di spingere verso lo sviluppo di cibi sintetici in provetta, dalla carne al latte cibi sintetici.

 

PIEMONTE, SANT’ANTONIO: SOS COSTI NELLE STALLE MADE IN PIEMONTE

Diverse le razze a rischio estinzione, da allevamento passa la tutela della biodiversità

E’ SOS costi nelle stalle con rischi per l’economia e l’occupazione ma anche per l’ambiente, la biodiversità e il patrimonio enogastronomico nazionale. E’ la Coldiretti a lanciare l’allarme sul crack degli allevamenti italiani nel rapporto “Salviamo la Fattoria Italia”, diffuso in occasione di Sant’Antonio Abate, il Patrono degli animali.

Quello di Sant’Antonio Abate è un giorno che vede in tutta Italia la benedizione dalla variegata moltitudine di animali presenti sul territorio nazionale.

“L’emergenza economica – spiegano Roberto Moncalvo Presidente di Coldiretti Piemonte e Bruno Rivarossa Delegato Confederale – mette però a rischio la stabilità della rete zootecnica piemontese. La nostra regione detiene il primato in Italia nella valorizzazione delle carni da razze storiche italiane e la zootecnia riveste un ruolo di grande importanza per il tessuto economico regionale, ma ora a strozzare gli allevatori è l’esplosione delle spese di produzione, cresciute in media del +60% legata ai rincari energetici, con i mangimi che arrivano al +95% e addirittura al +500% delle bollette per l’elettricità. A tutto questo si aggiunge il problema della disponibilità di fieno e foraggi, la cui produzione è stata tagliata dalla siccità, con i prezzi in salita anche a causa della guerra in Ucraina. Da salvare c’è la straordinaria biodiversità delle nostre stalle: dalla pecora delle Langhe alla Frabosana, dalla Sambucana alla Garessina, dalla Tacola alla Biellese e dalla Saltasassi alla Savoiarda, sono diverse le razze a rischio estinzione. E’ necessario intervenire  – concludono – subito per contenere il caro energia ed i costi di produzione con misure immediate per salvare aziende e stalle e per programmare il futuro, anche con accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione perché a rischio non c’è solo la biodiversità, ma anche il presidio di un territorio dove il mantenimento è garantito proprio dall’attività di allevamento, con il lavoro dei nostri imprenditori”.

 

TOSCANA, PIZZA DAY: ECCO LA PIZZA A KM ZERO CON GLI INGREDIENTI CONTADINI

La nuova tendenza è la pizza personalizzata fai da te per 4 toscani su 10. L’iniziativa in Versilia.

Più di quattro toscani su dieci (44%) preparano la pizza in casa, spinta dalla nuova passione per il fai da te in cucina, ma anche poter scegliere personalmente gli ingredienti e garantirsi un prodotto gourmet 100% Made in Italy. E’ quanto emerge da una indagine Coldiretti-Ixe’ diffusa in occasione della Giornata internazionale della pizza che si tiene il 17 gennaio. Per celebrare il Pizza Day, al Giardino di Manipura, a Massarosa, in Versilia, è stata preparata la prima pizza a km zero con gli ingredienti delle aziende agricole del territorio preparata dalla cuoca contadina di Campagna Amica, Francesca Buonagurelli: farina macinata a pietra, salsa dei pomodori dell’orto, mozzarella di bufala e origano. L’iniziativa è stata promosso in collaborazione con Donne Impresa Lucca e Campagna Amica. L’obiettivo della pizza a km zero è quello di valorizzare i prodotti di qualità e di stagione del territorio evitando qualsiasi forma di spreco alimentare. 

La nuova tendenza, nata sulla scorta del lockdown, è quella di cucinare in casa – spiega Coldiretti Toscana – delle pizze personalizzate utilizzando ingredienti 100% italiani dalla mozzarella alle farine di grano tricolore, magari ottenute da varietà antiche, dalle passate di pomodoro all’olio extravergine d’oliva, fino alle verdure, ai salumi e a tutto ciò che può servire per mettere nel piatto la versioni più tradizionali, dalla margherita alla capricciosa, ma anche quelle gourmet, con la scelta di prodotti ricercati, tipo quelli a denominazione di origine.

a pizza fai da te risolve peraltro – sottolinea Coldiretti Toscana – anche il problema dell’originalità degli ingredienti in un’Italia dove quasi due pizze su tre servite sono ottenute da un mix di prodotti provenienti da migliaia di chilometri di distanza senza alcuna indicazione per i consumatori, dalla mozzarella lituana al concentrato pomodoro cinese, ma c’è anche l’olio tunisino e il grano ungherese.

In Italia – continua Coldiretti Toscana – si sfornano 2,7 miliardi di pizze all’anno che in termini di ingredienti significano durante tutto l’anno 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro. Un sistema economico che poggia su ben 121 mila locali, tra pizzerie ristoranti, pizzerie da asporto, gastronomia e forni.

Nata a Napoli, la passione per la pizza – continua Coldiretti Toscana – è diventata planetaria, con gli americani che sono i maggiori consumatori con 13 chili a testa mentre gli italiani guidano la classifica in Europa con 7,8 chili all’anno, e staccano spagnoli (4,3), francesi e tedeschi (4,2), britannici (4), belgi (3,8), portoghesi (3,6) e austriaci che, con 3,3 chili di pizza pro capite annui, chiudono questa classifica.

Nel dicembre del 2017 – conclude Coldiretti Toscana – è avvenuta l’iscrizione dell’“Arte dei Pizzaiuoli napoletani” nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco che riconoscere il forte legame culturale della tradizione con l’Italia.

 

PUGLIA, MODELLO AGRICOLTURA TERRITORIO, AMBIENTE, SICUREZZA ALIMENTARE

Va tutelato e rispettato il modello di agricoltura costruito attorno al territorio e alla certezza di sicurezza alimentare e ambientale da garantire ai cittadini-consumatori. E’ quanto ha ribadito Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Bari, nel corso del consiglio comunale monotematico a Bitonto sulla realizzazione di un bacino di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi.

Coldiretti non accetta che si perseveri con strategie che non tengano in dovuto conto esigenze e bisogni delle comunità interessate. Coldiretti chiede che venga attuato un modello di sostenibilità che tenga conto delle condizioni biofisiche della Puglia e delle sue risorse, fattori di crescita economica fondamentali e insostituibili, a partire dalla piena applicazione della legge contro il consumo del suolo. A differenza di quello che potrebbe sembrare, la sostenibilità non è un modello anti-crescita, ma piuttosto – insiste Coldiretti Bari – un modello che persegue lo sviluppo in modo tale che le risorse vengano rispettate e utilizzate in maniera oculata. Il concetto di sostenibilità si compone di tre elementi distintivi, economia, uguaglianza, ambiente.

Capitolo a parte merita il già grave fenomeno dello smaltimento illecito e incontrollato dei rifiuti nelle campane, con le aree rurali utilizzate come discariche a cielo aperto, depauperando un territorio curato e produttivo, inquinando la terra e il sottosuolo, dove al contempo – denuncia Coldiretti Bari – gli imprenditori agricoli sono chiamati a rimuovere i rifiuti sversati da altri a proprie spese, se non riescono a dimostrare di non averli prodotti.

Si tratta di un problema grave ed in escalation, dove a sversare rifiuti di ogni genere non sono più soltanto i gruppi criminali, ma anche residenti che scaricano nelle aree rurali ogni genere di rifiuto, da immondizia a plastica, da elettrodomestici fino a lamine di amianto, oltre a materiale edilizio abbandonato dalle ditte, senza il minimo rispetto della proprietà privata degli agricoltori e arrecando un danno ambientale e di immagine incalcolabile.

Di fronte alle emergenze che si rincorrono – continua la Coldiretti provinciale – occorre adottare tutti gli accorgimenti a tutela della sicurezza e della salute, accertare le responsabilità e avviare le necessarie azioni di risarcimento danni diretti ed indiretti a favore delle comunità e delle imprese colpite. Sul piano strutturale – conclude la Coldiretti Bari – occorre salvaguardare le aree a vocazione agricola, evitando l’autorizzazione di insediamenti potenzialmente a rischio e proteggendole con i controlli da quelli abusivi.

 

ABRUZZO, S. ANTONIO: ANCHE IN ABRUZZO 1 STALLA SU 10 A RISCHIO CRACK, SOS COSTI

Quasi una stalla su dieci (9%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività per l’esplosione dei costi con rischi per l’economia e l’occupazione ma anche per l’ambiente, la biodiversità e il patrimonio enogastronomico nazionale. E’ la Coldiretti a lanciare l’allarme sul crack degli allevamenti italiani nel rapporto “Salviamo la Fattoria Italia” diffuso questa mattina in occasione di Sant’Antonio Abate, il Patrono degli animali, con il presidente della Coldiretti Ettore Prandini in Piazza San Pietro a Roma dove per la tradizionale benedizione sono arrivate le razze più rare e curiose di mucche, asini, pecore, capre, galline e conigli. Presenti nella capitale anche allevatori provenienti dalle diverse regioni: dall’Abruzzo sono partiti, con i pullman organizzati da Ara e Coldiretti, decine di imprenditori zootecnici tra cui Pietropaolo Martinelli (presidente Ara), Emanuela Ripani (presidente di Coldiretti Teramo) e tanti giovani delle diverse province.

“Nel giorno di Sant’Antonio Abate è doveroso ricordare l’importanza dell’allevamento italiano – sottolinea Coldiretti Abruzzo – un importante comparto economico che rappresenta il 35 per cento dell’intera agricoltura nazionale, per una filiera che vale circa 40 miliardi di euro, con un impatto rilevante dal punto di vista occupazionale dove sono circa 800mila le persone al lavoro sull’intera filiera. L’emergenza economica mette però a rischio la stabilità della rete zootecnica italiana che è importante non solo per l’economia nazionale ma ha una rilevanza sociale e ambientale. A strozzare gli allevatori, e non fanno eccezione le imprese abruzzesi, è l’esplosione delle spese di produzione del +60% legata ai rincari energetici, che arriva fino al +95% per i mangimi, al +110% per il gasolio e addirittura al +500% delle bollette per l’elettricità necessaria ad alimentare anche i sistemi di mungitura e conservazione del latte, secondo l’analisi Coldiretti su dati Crea. A tutto questo – afferma Coldiretti – si aggiunge il problema della disponibilità di fieno e foraggi, la cui produzione è stata tagliata dalla siccità, con i prezzi in salita anche a causa della guerra in Ucraina”.

Particolarmente drammatica la situazione delle stalle di montagna con un calo stimato della produzione di latte del 15% che impatta sulla produzione dei formaggi di alpeggio, a causa della crisi, del cambiamento climatico e della mancanza della neve che ha impattato sul turismo. Ma a rischio c’è l’intero patrimonio caseario tricolore con 580 specialità casearie tra 55 Dop (Denominazione di origine controllata) e 525 formaggi tipici censiti dalle Regioni.

Allo tsunami scatenato dalla guerra in Ucraina si aggiunge poi – denuncia Coldiretti – la “spada di Damocle” della direttiva sulle emissioni industriali che finisce per equiparare una stalla con 150 mucche o un inceneritore o a una fabbrica altamente inquinante andando a colpire circa 180mila allevamenti ed esponendoli al rischio chiusura con un effetto domino sulle attività collegate. La proposta di direttiva – spiega la Coldiretti – estende una serie di pesanti oneri burocratici a quasi tutti gli allevamenti dei settori suinicolo, avicolo e bovino che vengono considerati alla stregua di stabilimenti industriali. Una situazione che rischia di lasciare campo libero alle importazioni da paesi che non applicano le pratiche sostenibili di allevamento che caratterizzano il sistema produttivo europeo o, ancora peggio, e di spingere verso lo sviluppo di cibi sintetici in provetta, dalla carne al latte cibi sintetici.

“Quella di Bruxelles è una minaccia – dice Coldiretti Abruzzo – che potrebbe avere conseguenze disastrose sulle tante stalle, anche abruzzesi, che si trovano già in una situazione drammatica per l’insostenibile aumento dei costi. Non serve ricordare che, quando una stalla chiude, si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado dei territori soprattutto in zone svantaggiate”.

 

TRENTINO, INFLAZIONE: E’ STANGATA DA +2,6 MLD PANE A +2,3 MLD VERDURA

La top ten aumenti, caro spesa costa a italiani 13 mld nel 2022

L’impennata dell’inflazione pesa sul carrello degli italiani che nel 2022 hanno speso 2,6 miliardi in più per mettere in tavola pane e pasta, ma anche la verdura è costata 2,3 miliardi in più, mentre per la carne si è avuto un esborso aggiuntivo di 2,2 miliardi rispetto allo scorso anno. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti che ha stilato la classifica degli aumenti sulla base dati Istat relativi all’inflazione a dicembre, che a livello generale fanno segnare nel 2022 l’aumento più ampio dal 1985, trainati dal rincaro dei beni energetici legato alla guerra in Ucraina che fanno soffrire l’intera filiera, dai campi alle tavole.

Complessivamente le famiglie italiane hanno speso nel 2022 ben 13 miliardi in più per prodotti alimentari e bevande analcoliche a causa di un aumento medio dell’inflazione del 9,1%, con la classifica degli aumenti che è guidata da pane, pasta e cereali davanti a verdure e carni. Al quarto posto ci sono latte formaggi e uova con 1,8 miliardi di esborso aggiuntivo – continua Coldiretti -, che precedono il pesce, rincarato di un miliardo tondo, e la frutta (+0,9 mld). Seguono olio, burro e grassi (+0,8 mld), che è però la categoria che nel 2022 ha visto correre maggiormente i prezzi, e le bevande analcoliche (dal caffè alle acque minerali fino ai succhi) con un +0,8 mld. Chiudono la classifica degli aumenti a zucchero, confetture, miele, cioccolato e dolci (+0,4 mld) e sale, condimenti e alimenti per bambini (+0,2 mld).

Per difendersi dagli aumenti 8 italiani su 10 (81%) hanno preso l’abitudine di fare una lista ponderata degli acquisti da effettuare per mettere sotto controllo le spese d’impulso, secondo l’analisi Coldiretti/Censis che evidenzia come siano cambiati anche i luoghi della spesa con il 72% degli italiani che si reca e fa acquisti nei discount, mentre l’83% punta su prodotti in offerta, in promozione. Le famiglie infatti – sottolinea la Coldiretti – vanno a caccia dei prezzi più bassi anche facendo lo slalom nel punto vendita, cambiando negozio, supermercato o discount alla ricerca di promozioni per i diversi prodotti.

Se i prezzi per le famiglie corrono l’aumento dei costi colpisce duramente l’intera filiera agroalimentare a partire dalle campagne – denuncia la Coldiretti – dove più di 1 azienda agricola su 10 (13%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben oltre 1/3 del totale nazionale (34%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dei rincari, secondo il Crea. Sotto pressione – sottolinea la Coldiretti – è l’intera filiera agroalimentare a partire dall’agricoltura dove si registrano infatti aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio fino al +500% delle bollette per pompare l’acqua per l’irrigazione dei raccolti. Ma aumenti riguardano anche l’alimentare con il vetro che costa oltre il 50% in più rispetto allo scorso anno, il 15% il tetrapack, il 35% le etichette, il 45% il cartone, il 60% i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al +70% per la plastica, secondo l’analisi Coldiretti.

“La pandemia prima e la guerra poi hanno dimostrato che la globalizzazione spinta ha fallito e servono rimedi immediati e un rilancio degli strumenti europei e nazionali che assicurino la sovranità alimentare, riducano la dipendenza dall’estero e garantiscono un giusto prezzo degli alimenti per produttori e consumatori” afferma il presidente di Coldiretti Trentino Alto Adige Gianluca Barbacovi nel sottolineare l’esigenza di “raddoppiare da 5 a 10 miliardi le risorse destinate all’agroalimentare nel Piano nazionale di ripresa e resilienza spostando fondi da altri comparti per evitare di perdere i finanziamenti dell’Europa”. Nell’ambito del Pnrr abbiamo presentato tra l’altro – precisa Barbacovi– progetti di filiera per investimenti dalla pasta alla carne, dal latte all’olio, dalla frutta alla verdura con più di 50 proposte e migliaia di agricoltori, allevatori, imprese di trasformazione, università e centri di ricerca coinvolti.  Un impegno che – conclude Barbacovi – ha l’obiettivo di combattere la speculazione sui prezzi con una più equa distribuzione del valore lungo la filiera per tutelare i consumatori ed il reddito degli agricoltori dalle pratiche sleali.

GLI AUMENTI DELLA SPESA ALIMENTARE NEL 2022

  1. Pane, pasta e cereali                                +2,6 mld
  2. Carni                                                    +2,2 mld
  3. Verdura                                                +2,3 mld
  4. Latte, formaggi e uova                                +1,8 mld
  5. Pesce                                                   +1 mld
  6. Frutta                                                    +0,9 mld
  7. Oli e grassi                                           +0,8 mld
  8. Bevande analcoliche                                 +0,8 mld
  9. Zucchero, confetture miele e cioccolato                             +0,4 mld
  10. Salse, sale, piatti pronti e alimenti per bambini                   +0,2 mld

Fonte: elaborazione Coldiretti su dati Istat

 

PAVIA, AGRIMERCATO CONFERMA GIACOMO CAVANNA ALLA GUIDA PER ALTRI 3 ANNI

Rinnovati all’insegna della continuità i vertici di Agrimercato, l’associazione che riunisce i soci di Coldiretti Pavia che fanno vendita diretta nei mercati di Campagna Amica. Durante l’Assemblea elettiva che si è svolta al Palazzo Coldiretti i Soci hanno confermato alla Presidenza Giacomo Cavanna, imprenditore agricolo 42enne che produce frutta a Menconico, sulle colline dell’Oltrepò Pavese. Cavanna, che rimarrà in carica per altri tre anni, sarà affiancato ai vertici di Agrimercato dalla Vicepresidente Silvia Manna e dai Consiglieri Francesco Montagna, Andrea Olezza ed Emanuele Casali.

Dal riso della Lomellina e del Pavese al vino dell’Oltrepò, dal salame di Varzi ai formaggi, passando anche per la frutta e la verdura senza dimenticare le uova, lo zafferano, il miele e la lavanda: sono diversi i prodotti a km zero che i consumatori possono trovare nei sei mercati di Campagna Amica attivi sul territorio pavese. Nella città di Pavia i produttori di Agrimercato si possono incontrare il mercoledì e il sabato mattina nello storico mercato presente da quasi 15 anni in piazza del Carmine, ma anche il giovedì mattina in via Tibaldi (quartiere di Pavia Ovest) e il sabato mattina in via Pastrengo (quartiere Vallone). La domenica mattina, invece, gli agricoltori di Coldiretti portano in vendita i loro prodotti nei mercati di piazza Duomo a Voghera e di piazza Martiri della Liberazione a Vigevano.

“Sono molto contento di questa riconferma e ringrazio tutti i Soci per la fiducia che mi hanno accordato anche per i prossimi anni – sottolinea Giacomo Cavanna, che era stato eletto per la prima volta alla guida di Agrimercato Pavia nel 2019 – Ora l’obiettivo è continuare sulla strada intrapresa, aumentando il numero di clienti e tenendo sempre alta l’attenzione sulla qualità dei nostri prodotti a km zero. Negli ultimi tre anni non abbiamo potuto fare molte cose a causa delle limitazioni imposte dal Covid e dalla pandemia – dice ancora il Presidente di Agrimercato Pavia – Anche per questo stiamo già programmando numerosi eventi che si svolgeranno nei prossimi mesi nei nostri Mercati, con un impegno particolare per le famiglie e i bambini e sempre all’insegna della stagionalità e del km zero”.

“I Mercati di Campagna Amica sono il primo baluardo contro il cibo sintetico – aggiunge Stefano Greppi, Presidente di Coldiretti Pavia – Delle oltre 350 mila firme già raccolte in tutta Italia grazie alla nostra iniziativa di legge contro il cibo Frankenstein, infatti, moltissime sono state sottoscritte proprio nei nostri Mercati, che negli anni hanno saputo trasformarsi in veri e propri luoghi di socialità dove le famiglie non vengono soltanto per fare la spesa di prodotti sani e salutari ma anche per trascorrere momenti di serenità”. La contrarietà al cibo sintetico è trasversale – sottolinea Coldiretti Pavia – come dimostrano le oltre 3 mila firme raccolte sul territorio pavese nell’ambito dell’iniziativa di Coldiretti: insieme al premier Giorgia Meloni e al Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida hanno sottoscritto la raccolta firme anche molte personalità pavesi, dai parlamentari ai sindaci fino ai cuochi.

 

SAVONA INCONTRA LE AZIENDE PER PARLARE DI PSR

Nella serata di ieri, lunedì 16 gennaio, come Coldiretti Savona abbiamo organizzato un incontro online con le aziende del territorio per approfondire insieme e illustrare al meglio le novità circa gli ultimi bandi del PSR 2014/2022 e le nuove proposte di Regione Liguria per il PSR 2023/2027. “Un’occasione utile e interessante – commentano Marcello Grenna e Antonio Ciotta, Presidente e Direttore della Federazione provinciale di Savona – per sensibilizzare le imprese e analizzare insieme gli aspetti fondamentali dei bandi del PSR 2014/2022 ancora in essere e iniziare a conoscere le opportunità offerte dal nuovo PSR 2023/2027”.

Nel corso dell’incontro è stata effettuata un’approfondita disamina in merito a diversi interventi relativi al PSR 2014/2022: dalla Misura 4.1 ambientale e innovativa alla Misura 6.1 relativa al pacchetto giovani, passando dalla Misura 4.2 su trasformazione e commercializzazione dei prodotti e dalla 4.3 relativa allo sviluppo e ammodernamento. Ad esse si sono aggiunte la Misura 3.1 sulle certificazioni, la 4.4 circa la prevenzione dai danni da fauna selvatica, la Misura 22 sul sostegno temporaneo eccezionale a favore di agricoltori e PMI particolarmente colpiti dall’impatto dell’invasione russa dell’Ucraina, il sostegno alle imprese florovivaistiche e la Misura 6.4 circa il GAL per la creazione e lo sviluppo di attività ricettive. Oltre a ciò, fulcro dell’incontro è stata anche una panoramica generale sul PSR attuale (2023/2027) e su ciò che, come Coldiretti auspichiamo possa essere il futuro. “Da parte delle imprese – continuano Grenna e Ciotta – emerge la forte necessità di un PSR sempre più vicino alle loro esigenze, sia nei tempi di gestione che nelle misure da attivare. Accanto a ciò, si conferma concreta l’esigenza di rendere nuovamente centrale il territorio savonese all’interno delle politiche di sviluppo che la Regione Liguria licenzierà nel prossimo futuro. Urge un PSR più rispondente a quelli che sono i bisogni reali delle imprese, con misure che realmente diano supporto ai progetti di crescita e di sviluppo dei diversi settori produttivi: un PSR che sia realmente uno strumento snello e di facile accesso da parte delle imprese, e non più un fardello burocratico. In questa programmazione, ormai agli sgoccioli, il territorio savonese è stato impossibilitato a cogliere le opportunità che lo stesso PSR offriva: auspichiamo fortemente che con la prossima ciò non avvenga”.

 

BRESCIA, CONSORZI BONIFICA: SI SONO INSEDIATI I NUOVI CONSIGLI DI AMMINISTRAZIONE

Con la convocazione del primo Consiglio di Amministrazione si è conclusa la fase del rinnovo delle cariche sociali e, di fatto, si sono insediate le nuove “squadre”, che avranno l’onore e l’onere di governare i Consorzi di bonifica in regione Lombardia.

Nella sua prima seduta del 13 gennaio, il Consiglio di Amministrazione del Consorzio di bonifica Oglio Mella – che esce da un lungo periodo di commissariamento – ha eletto presidente Renato Facchetti, che sarà affiancato nel Comitato esecutivo dal vicepresidente Ferdinando Platto e da Carlo Invernizzi.

Assieme a Facchetti e Invernizzi, completano la squadra della lista “Acqua Amica” – sostenuta da Coldiretti Brescia – Enrico Bettoni, Marco Corna, Remo Orizio, Luigi Pagani e Davide Zugno.

Il Consorzio di Bonifica Chiese ha invece confermato alla Presidenza Luigi Lecchi, eleggendo Angelo Gallina vicepresidente e Umberto Antonioli nel Comitato Esecutivo. In Consiglio, oltre a Luigi Lecchi e Umberto Antonioli, Paolo Antonioli, Aldo Aurora, Battista Bandera, Alberto Chiarini e Oscar Giacomelli.

“L’andamento climatico e l’ondata di siccità del 2022 – conclude Valter Giacomelli presidente di Coldiretti Brescia – ci ha ricordato, se mai ce n’era bisogno, come l’acqua sia un bene sempre più prezioso, fondamentale per le varie attività agricole e per i nostri raccolti. A vecchi e nuovi presidenti e consiglieri dei due Consorzi di Bonifica gli auguri di un proficuo lavoro, per mantenere fede agli impegni assunti e alle aspettative degli imprenditori agricoli”.

 

CREMONA, S. ANTONIO ABATE, TANTI ALLEVATORI PER CELEBRAZIONE A CICOGNOLO

Occasione per sottolineare il valore della nostra zootecnia

Tanti allevatori e coltivatori si sono riuniti nella chiesa parrocchiale di Cicognolo, per prendere parte alla Santa Messa celebrata da don Emilio Garattini, consigliere ecclesiastico di Coldiretti Cremona, e don Antonio Mascaretti, parroco di Cicognolo. E’ stato questo il modo di sottolineare insieme il valore della festa di Sant’Antonio Abate, protettore degli animali e delle tradizioni contadine. Da sempre è questa una giornata attesa e sentita nelle campagne cremonesi – evidenzia Coldiretti Cremona –. Nelle aziende agricole gli allevatori attendono la visita del sacerdote, che giunge a benedire gli animali e chi se ne prende cura. Così gli imprenditori agricoli affidano alla protezione del Santo il loro quotidiano lavoro, il loro impegno per consegnare alla comunità cibo buono e sano, dall’origine garantita, prendendosi nel contempo cura del creato.

Nella festa di Sant’Antonio – prosegue Coldiretti Cremona – sottolineiamo il valore del lavoro dei campi, della nostra zootecnia, che è un’eccellenza frutto della passione, la tenacia, la professionalità e la cura di tanti allevatori.

Gli animali custoditi negli allevamenti italiani rappresentano un tesoro unico.

Quello di Sant’Antonio Abate è un giorno – aggiunge Coldiretti – che vede in tutta Italia parrocchie di campagne e città prese d’assalto per la benedizione dalla variegata moltitudine di esemplari presenti sul territorio nazionale. L’allevamento italiano – continua Coldiretti – è un importante comparto economico che rappresenta il 35 per cento dell’intera agricoltura nazionale, per una filiera che vale circa 40 miliardi di euro, con un impatto rilevante dal punto di vista occupazionale dove sono circa 800mila le persone al lavoro sull’intera filiera.

 

MILANO, S. ANTONIO, L’ARCIVESCOVO BENEDICE GLI ANIMALI IN DUE AZIENDE AGRICOLE

“La celebrazione di Sant’Antonio è ormai una tradizione per noi di Coldiretti, un evento nel quale confrontarci sui valori che ci contraddistinguono e sulle sfide che ci attendono. L’ultima stagione è stata segnata da tanti problemi, soprattutto legati alla siccità, ma sono proprio questi sacrifici a dare maggior significato al lavoro di chi, come agricoltori e allevatori, dedica la propria vita alla cura di un patrimonio che è di tutti”. Così Alessandro Rota, presidente della Coldiretti di Milano, Lodi e Monza Brianza, in occasione della ricorrenza di Sant’Antonio Abate, il Patrono degli animali.  

Una tradizione popolare – spiega la Coldiretti – che già da qualche anno per il 17 gennaio porta l’Arcivescovo di Milano a visitare le realtà agricole del territorio. Stavolta monsignor Mario Delpini ha benedetto gli animali dell’azienda agricola Soldi di Cascina Calnago a Carpiano e quelli dell’azienda agricola Mapelli di Cascina Misericordia a Bellinzago Lombardo. Con lui, insieme al presidente Alessandro Rota e al suo vice Marcello Doniselli, la presidente di Donne Impresa Coldiretti Lombardia Wilma Pirola, i parroci dei due comuni, i sindaci, il consulente ecclesiastico della Coldiretti interprovinciale don Matteo Vasconi e il direttore della Federazione di Milano Lodi e Monza Brianza Umberto Bertolasi. 

“La forza della nostra agricoltura – ha detto fra l’altro l’Arcivescovo di Milano – è la capacità di mettersi insieme. L’unione all’interno delle famiglie ma anche fra le aziende, sostenersi a vicenda, riscoprire il valore della cooperazione: sono tutti aspetti che permettono di affrontare con maggiore determinazione ciò che altrimenti non si potrebbe superare”. 

In entrambe le cascine visitate, monsignor Mario Delpini ha voluto vedere le stalle. Nella fattoria lombarda – precisa la Coldiretti di Milano, Lodi e Monza Brianza su dati dell’Anagrafe zootecnica – sono più di 36 milioni gli animali: un milione e mezzo di mucche, più di 4 milioni di maiali, circa 27 milioni tra polli, galline, tacchini, faraone e oche, mentre le pecore e le capre sono più di 200 mila. I cavalli, gli asini e i muli in regione superano complessivamente i 50 mila esemplari, mentre i conigli sono più di 1,3 milioni. Ci sono poi – continua la Coldiretti su dati dell’Anagrafe degli animali d’affezione – più di un milione e 900 mila cani, quasi 420 mila gatti e circa 900 furetti. 

Gli animali custoditi negli allevamenti italiani – sottolinea la Coldiretti – rappresentano un tesoro unico al mondo che va tutelato e protetto, anche perché a rischio non c’è solo la biodiversità delle preziose razze italiane, ma anche il presidio di un territorio dove la manutenzione è garantita proprio dall’attività di allevamento, con il lavoro silenzioso di pulizia e compattamento dei suoli svolto dagli animali. 

 Per l’esplosione dei costi a livello nazionale quasi una stalla su dieci (9%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività. A strozzare gli allevatori italiani è l’esplosione delle spese di produzione in media del +60% legata ai rincari energetici, che arriva fino al +95% dei mangimi, al +110% per il gasolio e addirittura al +500% delle bollette per l’elettricità necessaria ad alimentare anche i sistemi di mungitura e conservazione del latte, secondo l’analisi Coldiretti su dati Crea. A tutto questo – conclude la Coldiretti – si aggiunge il problema della disponibilità di fieno e foraggi, la cui produzione è stata tagliata dalla siccità, con i prezzi in salita anche a causa della guerra in Ucraina. 

 

TREVISO, OGGI GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA PIZZA

Sempre piu’ trevigiani scelgono di farsela a casa con gli ingredienti gourmet

Chi con la Casatella Trevigiana Dop, chi con il Radicchio di Treviso Igp o con gli asparagi di Badoere e Cimadolmo Igp… anche i trevigiani scelgono di farsi la pizza a casa. Più di quattro italiani su dieci (44%) preparano la pizza in casa, spinta dalla nuova passione per il fai da te in cucina, ma anche poter scegliere personalmente gli ingredienti e garantirsi un prodotto gourmet 100% Made in Italy. E’ quanto emerge da una indagine Coldiretti-Ixe’ diffusa in occasione della Giornata internazionale della pizza che si celebra proprio oggi.

La nuova tendenza, nata sulla scorta del lockdown, è quella di cucinare in casa – spiega Coldiretti – delle pizze personalizzate utilizzando ingredienti 100% italiani dalla mozzarella alle farine di grano tricolore, magari ottenute da varietà antiche, dalle passate di pomodoro all’olio extravergine d’oliva, fino alle verdure, ai salumi e a tutto ciò che può servire per mettere nel piatto la versioni più tradizionali, dalla margherita alla capricciosa, ma anche quelle gourmet, con la scelta di prodotti ricercati, tipo quelli a denominazione di origine.

La pizza fai da te risolve peraltro – sottolinea Coldiretti – anche il problema dell’originalità degli ingredienti in un’Italia dove quasi due pizze su tre servite sono ottenute da un mix di prodotti provenienti da migliaia di chilometri di distanza senza alcuna indicazione per i consumatori, dalla mozzarella lituana al concentrato pomodoro cinese, ma c’è anche l’olio tunisino e il grano ungherese.

Complessivamente la pizza genera un fatturato che ha superato i 15 miliardi di euro – precisa la Coldiretti – con un’occupazione stimata in oltre 100.000 addetti a tempo pieno, che diventano 200.000 nel weekend. In Italia – continua la Coldiretti – si sfornano 2,7 miliardi di pizze all’anno che in termini di ingredienti significano durante tutto l’anno 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro. Un sistema economico che poggia su ben 121mila locali, tra pizzerie ristoranti, pizzerie da asporto, gastronomia e forni.

Nata a Napoli, la passione per la pizza – continua la Coldiretti – è diventata planetaria, con gli americani che sono i maggiori consumatori con 13 chili a testa mentre gli italiani guidano la classifica in Europa con 7,8 chili all’anno, e staccano spagnoli (4,3), francesi e tedeschi (4,2), britannici (4), belgi (3,8), portoghesi (3,6) e austriaci che, con 3,3 chili di pizza pro capite annui, chiudono questa classifica. Nel dicembre del 2017 – conclude la Coldiretti – è avvenuta l’iscrizione dell’“Arte dei Pizzaiuoli napoletani” nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco che riconoscere il forte legame culturale della tradizione con l’Italia.

 

BRESCIA, PATRONATO EPACA: ANNO RICCO DI NOVITÀ

“Sarà un 2023 ricco di novità che vedrà il nostro patronato Epaca in prima linea su tutto il territorio provinciale, con servizi che spaziano dal sostegno per il conseguimento di benefici sociali e assistenziali, fino ad arrivare alla tutela in ambito degli infortuni e delle malattie professionali, senza dimenticare che i nostri uffici si occupano anche di pratiche inerenti la successione ereditaria infatti, con un servizio dedicato, possiamo seguire il cittadino in un momento particolarmente delicato”. Queste le parole di Manuel Toninelli, responsabile provinciale di Epaca Coldiretti Brescia a conferma dei servizi offerti per l’anno 2023 dal patronato promosso da Coldiretti, attivo con dodici uffici zonali su tutta la provincia di Brescia, aperto a tutti i cittadini, non solo ai soci Coldiretti.

Importanti misure sono state introdotte dalla nuova Legge di Bilancio, a partire dalla decontribuzione per i giovani agricoltori under 40 che si insediano o che avviano una nuova attività agricola nel corso del 2023, la quale prevede l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali per un periodo di 24 mesi. Aperta fino al 31 marzo prossimo anche la possibilità di presentare la domanda per la richiesta della disoccupazione agricola 2023.

“Ma c’è di più anche in ambito previdenziale” – prosegue il responsabile provinciale Manuel Toninelli – “con l’introduzione di nuove misure e la riconferma di altre di consolidata prassi. Parliamo della nuova Quota103, che consente l’uscita dal mondo del lavoro al raggiungimento dei 62 anni di età e 41 di contribuzione. Sempre in tema pensionistico, arriva la riconferma della pensione Opzione Donna dove cambiano però le regole di accesso: 35 anni di contributi maturati entro il 2022 e almeno 60 anni di età, requisito che scende a 59 anni se si è avuto un figlio e a 58 con almeno due figli e se si rientra in una delle categorie ritenute meritevoli di tutela (caregivers, gli invalidi civili al 74 per cento, lavoratrici di aziende in crisi). Infine importante riconferma dell’APE sociale, strumento di anticipo pensionistico a cui possono fare domanda i soggetti in determinate condizioni con almeno 63 anni d’età e 30 anni di contributi.

“Il nostro patronato – conclude il responsabile provinciale Epaca Toninelli – è diventato anno dopo anno un punto di riferimento importante per i cittadini bresciani, sempre aperto al dialogo, all’accoglienza e al servizio svolto con professionalità e capacità. I nostri servizi coprono il tema della previdenza a 360 gradi: i nostri uffici infatti dialogano quotidianamente con le banche dati degli enti eroganti prestazioni previdenziali. Fra le attività che ci caratterizzano e dove siamo leader a livello nazionale, infine, c’è quella di far valere i diritti dei lavoratori in caso di infortunio o in caso di malattia professionale”.

 

MASSA C., ETICHETTE ALLARMISTICHE IRLANDA RISCHIO CRESCITA EXPORT CANDIA DOC 

Gli alert sulle etichette che paragonano il vino alle sigarette che l’Irlanda è pronta ad introdurre dopo il via libera dell’Unione Europea sono un pericoloso precedente che apre scenari preoccupanti per i viticoltori eroica apuana. Anche se oggi solo una bottiglia su dieci della piccola Doc vola all’estero, anche altri paesi potrebbero prendere la strada dell’Irlanda arrestando la crescita dei nostri vini di qualità oltre i confini e restringendo così il mercato. “E’ del tutto improprio assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici tipico dei Paesi nordici al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità ed a più bassa gradazione come la birra e il vino che nel nostro Paese è diventato l’emblema di uno stile di vita lento, attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi, da contrapporre all’assunzione sregolata di alcol. – spiega Francesca Ferrari, Presidente Coldiretti Massa Carrara –  Il giusto impegno dell’Unione per tutelare la salute dei cittadini secondo la Coldiretti non può tradursi in decisioni semplicistiche che rischiano di criminalizzare ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate”. 

Vino, ma anche birra e liquori, sono equiparati alle sigarette nelle intenzioni dell’Irlanda che potrà ora adottare etichette con avvertenze terroristiche, che non tengono conto delle quantità, come “il consumo di alcol provoca malattie del fegato” e “alcol e tumori mortali sono direttamente collegati”. “L’autorizzazione è arrivata nonostante i pareri contrari di Italia, Francia e Spagna e altri sei Stati Ue e nonostante lo scorso febbraio ci sia stato un voto contrario del Parlamento al terrorismo in etichetta. – spiega Fabrizio Bondielli, Presidente Consorzio di Tutela del Candia dei Colli Apuani Doc – Bisogna distinguere il consumo dall’abuso che è sempre sbagliato. Per la nostra Doc, che inizia ad affacciarsi con continuità sui mercati stranieri, non è certo una buona notizia anche in considerazione del fatto che altri paesi, dopo l’Irlanda, potrebbero prendere la stessa strada. Si siamo preoccupati: è profondamente sbagliato equiparare il vino, che è un prodotto base della dieta mediterranea che racconta il territorio, la storia e la sua cultura, alle sigarette. Questo provvedimento può rappresentare un serio pericolo a tutto l’export dei vini regionali e nazionali”.

Una scelta che rischia di alimentare paure ingiustificate nei consumatori come dimostra il fatto che quasi un consumatore su quattro (23%) smetterebbe di bere vino o ne consumerebbe di meno se in etichetta trovasse scritte allarmistiche come quelle apposte sui pacchetti di sigarette, secondo un sondaggio on line sul sito www.coldiretti.it.

La autorizzazione della Commissione fa seguito a ripetuti blitz a livello comunitario di penalizzare il settore come il tentativo di escluderlo dai finanziamenti europei della promozione nel 2023, sventato anche grazie all’intervento della Coldiretti. Un approccio ideologico nei confronti di un alimento come il vino che fa parte a pieno titolo della dieta mediterranea e conta diecimila anni di storia e le cui tracce nel mondo sono state individuate nel Caucaso mentre in Italia si hanno riscontri in Sicilia già a partire dal 4100 a.c.

 

CUNEO, SICCITÀ, CINGHIALI, CIBO SINTETICO: INCONTRO CON PRESIDENTE PROVINCIA

Indispensabile potenziare la rete di invasi per aumentare la raccolta di acqua piovana

Crisi idrica, fauna selvatica, tutela dell’agroalimentare Made in Cuneo contro sistemi di etichettatura fuorviante e cibo sintetico, valorizzazione della carne bovina di razza Piemontese, pratiche sleali lungo la filiera della frutta, problematiche della vitivinicoltura. Questi i principali temi al centro dell’incontro-confronto tra il Presidente e il Direttore di Coldiretti Cuneo e il Presidente della Provincia di Cuneo.

Soddisfazione è stata espressa da Coldiretti Cuneo per la sensibilità dimostrata e l’impegno assicurato nei prossimi mesi dalla Provincia, base per una proficua collaborazione a beneficio dell’agricoltura cuneese.

“Mi ha fatto piacere incontrare Coldiretti per fare il punto sulle problematiche dell’agricoltura cuneese e di ciò che può fare la Provincia, pur nella ristrettezza delle proprie competenze. Il tema dei temi, in questo momento storico, è l’acqua, su cui intendo avviare un lavoro comune non solo per parlare ma anche per iniziare a intervenire e, a tal proposito, una delle soluzioni al problema potrebbe essere la realizzazione di miniinvasi. La Provincia su questo c’è e vuole dare il proprio sostegno” ha assicurato il Presidente della Provincia, Luca Robaldo.

Ampia condivisione, dunque, sulla necessità di un Piano Invasi che Coldiretti chiede da anni, ben prima che diventassero palesi gli effetti del cambiamento climatico, che sul nostro territorio si sta manifestando con prolungati periodi caldi e siccitosi, interrotti da violente precipitazioni. L’inverno sta per ora ripetendo il copione dell’anno scorso, con pioggia e neve del tutto assenti o insufficienti a sanare un deficit idrico che – evidenzia Coldiretti Cuneo – mette a rischio l’annata irrigua 2023.

“L’agricoltura è l’attività economica che più di tutte vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici – ha ricordato il Presidente di Coldiretti Cuneo, Enrico Nada, durante l’incontro in Provincia – per questo ribadiamo la necessità di agire con metodo, programmando interventi strutturali. Occorre non solo individuare modalità efficienti ed efficaci per governare l’emergenza, ma anche avviare un processo attraverso il quale porre la necessaria attenzione al tema delle infrastrutture irrigue e incrementare la capacità di conservazione per utilizzare l’acqua nei momenti di maggior idroesigenza superando l’attuale condizione di diffusa dispersione”.

Altro tema caldo riguarda la gestione della fauna selvatica. “I dati evidenziano come l’attività di controllo della Provincia, seppur con numeri ancora insufficienti, stia facendo aumentare gli abbattimenti di cinghiali, ma è necessario investire per incrementare il personale preposto a tale attività. Ad un anno dall’esplosione del primo caso di peste dei cinghiali in Piemonte, i numeri di quella che doveva essere un’azione straordinaria di depopolamento sono del tutto insufficienti, rendendo insostenibile una situazione che danneggia le produzioni agricole, l’ambiente ed espone i cittadini ad incidenti stradali, purtroppo anche mortali” ha ribadito nell’incontro il Direttore di Coldiretti Cuneo Fabiano Porcu.

“La Provincia sta applicando le nuove norme che sono state emanate dalla Regione e confidiamo che il 2023 – ha detto il Presidente Robaldo – sia l’anno in cui ci sia concesso di aumentare il numero delle guardie faunistico-venatorie per contenere un problema che rischia di portare esiti devastanti come la diffusione della peste suina, che va debellata nell’interesse di una Provincia che ha negli allevatori una delle colonne portanti della nostra agricoltura”.

Infine, il Presidente Robaldo, già firmatario della petizione Coldiretti “No al cibo sintetico”, si è impegnato a portare la questione nel Consiglio provinciale per deliberare il sostegno e l’adesione alle iniziative di Coldiretti contro “carne” e “latte” finti, prodotti artificialmente in laboratorio.

 

PISTOIA, SANT’ANTONIO PATRONO DEGLI ANIMALI

Delegazione coldiretti giovani impresa in piazza san Pietro a Roma

Con il boom degli abbandoni cala la presenza di animali da compagnia nelle case degli italiani con cani, gatti, uccellini, tartarughe e anche rettili in 1 famiglia su 3 (37,7%) rispetto ai record di crescita fatti segnare negli anni del Covid. E’ quando emerge dall’analisi della Coldiretti su dati Eurispes in occasione della tradizionale benedizione di Sant’Antonio Abate, il Patrono degli animali che il 17 gennaio vede da nord a sud della penisola il ripetersi del rito la benedizione dalla variegata moltitudine di esemplari presenti nelle case, nelle stalle, ovili e nei pollai come in Piazza San Pietro a Roma, con gli animali della fattoria Italia che popolano le campagne nazionali alla presenza del presidente della Coldiretti Ettore Prandini.

Presente in Piazza San Pietro una delegazione di Coldiretti Giovani Impresa di Pistoia, guidata dalla segretaria Noemi Ferretti, anche per rimarcare la difficile situazione degli allevamenti in Toscana. Quasi una stalla su dieci (9%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività per l’esplosione dei costi con rischi per l’economia e l’occupazione ma anche per l’ambiente, la biodiversità e il patrimonio enogastronomico nazionale. Numeri preoccupanti per gli allevamenti regionali rilanciati da Coldiretti Pistoia nel giorno di Sant’Antonio Abate.

In Toscana, secondo una analisi dell’anagrafe del sistema informativo veterinario nazionale sono sparite, in un decennio, quasi un allevamento bovino su due (46%) che hanno portato alla perdita di un patrimonio zootecnico di oltre 13 mila capi.

Pistoia brilla per gli allevamenti localizzati soprattutto in aree svantaggiate montane, dove da un lato tanti giovani investono e resistono producendo formaggi d’eccellenza. Dall’altro devono fare i conti con l’aumento dei costi –conclude Coldiretti Pistoia- che mette a rischio un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado dei territori soprattutto in zone svantaggiate”.

 

ALESSANDRIA, S. ANTONIO: RISCHIO CRACK PER 1 STALLA SU 10

Per gli allevamenti forte preoccupazione per costi e per la direttiva sulle emissioni industriali

Quasi una stalla su dieci (9%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività per l’esplosione dei costi con rischi per l’economia e l’occupazione ma anche per l’ambiente, la biodiversità e il patrimonio enogastronomico nazionale.

Coldiretti lancia l’allarme sul crack degli allevamenti italiani nel rapporto “Salviamo la Fattoria Italia” diffuso in occasione di Sant’Antonio Abate, il Patrono degli animali.

“Quello di Sant’Antonio Abate è un giorno che vede in tutta Italia parrocchie di campagne e città impegnate nella benedizione dalla variegata moltitudine di esemplari presenti sul territorio nazionale. L’allevamento italiano – ha affermato il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco – è un importante comparto economico che rappresenta il 35 per cento dell’intera agricoltura nazionale, per una filiera che vale circa 40 miliardi di euro, con un impatto rilevante dal punto di vista occupazionale dove sono circa 800mila le persone al lavoro sull’intera filiera. L’emergenza economica mette però a rischio la stabilità della rete zootecnica italiana che è importante non solo per l’economia nazionale ma ha una rilevanza sociale e ambientale”.

A strozzare gli allevatori italiani è l’esplosione delle spese di produzione in media del +60% legata ai rincari energetici, che arriva fino al +95% dei mangimi, al +110% per il gasolio e addirittura al +500% delle bollette per l’elettricità necessaria ad alimentare anche i sistemi di mungitura e conservazione del latte.

“Allo tsunami scatenato dalla guerra in Ucraina si aggiunge poi la “spada di Damocle” della direttiva sulle emissioni industriali che finisce per equiparare una stalla con 150 mucche o un inceneritore o a una fabbrica altamente inquinante andando a colpire circa 180mila allevamenti ed esponendoli al rischio chiusura con un effetto domino sulle attività collegate – ha aggiunto il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Bianco -. La proposta di direttiva estende una serie di pesanti oneri burocratici a quasi tutti gli allevamenti dei settori suinicolo, avicolo e bovino che vengono considerati alla stregua di stabilimenti industriali. Una situazione che rischia di lasciare campo libero alle importazioni da paesi che non applicano le pratiche sostenibili di allevamento che caratterizzano il sistema produttivo europeo o, ancora peggio, e di spingere verso lo sviluppo di cibi sintetici in provetta, dalla carne al latte cibi sintetici”. A tutto questo si aggiunge il problema della disponibilità di fieno e foraggi, la cui produzione è stata tagliata dalla siccità, con i prezzi in salita anche a causa della guerra in Ucraina.

Ma, nel giorno del Patrono degli animali sono critici anche i dati legati al boom degli abbandoni: cala, infatti, la presenza di animali da compagnia nelle case con cani, gatti, uccellini, tartarughe e anche rettili in 1 famiglia su 3 (37,7%) rispetto ai record di crescita fatti segnare negli anni del Covid.

Se con la pandemia Covid la percentuale degli animali da compagnia nelle case è salita dal 33,6% del 2019 al 39,5% nel 2020 fino al 40,2% del 2021, nell’ultimo anno le presenze sono diminuite, anche a causa degli abbandoni di cani e gatti che hanno superato quota 57mila nell’ultimo anno, secondo l’Enpa.

Un fenomeno spinto non solo da immaturità, noia o disinteresse verso la sorte degli animali, ma anche dalla crisi economica che ha colpito molte famiglie con l’aumento dei prezzi che ha inciso sui bilanci domestici: il 60% di chi ospita animali domestici spende mensilmente tra i 30 e i 100 euro e solo il 22% meno di 30 euro mensili, mentre il 18% di chi ha un animale gli dedica un budget che va dai 100 ai più di 300 euro al mese, secondo l’Eurispes. Gli animali più diffusi nelle case sono i cani con il 44,7% delle presenze e i gatti con 35,4%.

A minacciare i migliori amici dell’uomo è anche il business criminale legato al mercato nero che, fra allevamenti clandestini e arrivi illegali dall’estero, coinvolge oltre 400mila cuccioli per un giro d’affari da 300 milioni di euro all’anno, secondo l’analisi della Coldiretti su dati Osservatorio Agromafie.

 

PIACENZA, S. ANTONIO: UNA STALLA SU 10 A RISCHIO CRACK, SOS COSTI

Il direttore Coldiretti Piacenza Roberto Gallizioli a Groppallo per la tradizionale benedizione degli animali

Quasi una stalla su dieci (9%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività per l’esplosione dei costi con rischi per l’economia e l’occupazione ma anche per l’ambiente, la biodiversità e il patrimonio enogastronomico nazionale. E’ la Coldiretti a lanciare l’allarme sul crack degli allevamenti italiani nel rapporto “Salviamo la Fattoria Italia” diffuso in occasione di Sant’Antonio Abate, il Patrono degli animali, con il presidente nazionale della Coldiretti Ettore Prandini in Piazza San Pietro a Roma dove per la tradizionale benedizione sono arrivate le razze più rare e curiose di mucche, asini, pecore, capre, galline e conigli.

Anche nel Piacentino non mancano le celebrazioni di questa giornata, come a Groppallo, dove in una cornice imbiancata dalla neve, sono stati benedetti cani, gatti e cavalli.

Quello di Sant’Antonio Abate è un giorno – spiega Coldiretti – che vede in tutta Italia parrocchie di campagne e città organizzare la benedizione dalla variegata moltitudine di esemplari presenti sul territorio nazionale.

L’allevamento italiano –commenta il direttore di Coldiretti Piacenza Roberto Gallizioli, presente questa mattina a Groppallo– è un importante comparto economico che rappresenta il 35 per cento dell’intera agricoltura nazionale, per una filiera che vale circa 40 miliardi di euro, con un impatto rilevante dal punto di vista occupazionale dove sono circa 800mila le persone al lavoro sull’intera filiera.

Numeri importanti anche nel Piacentino: dagli animali dei nostri allevamenti prendono il via filiere come quella del Grana Padano (quasi 600mila forme nel 2021) a cui viene conferito il 90% del latte prodotto in provincia e quella dei nostri salumi Dop.

L’emergenza economica – denuncia il Direttore– mette però a rischio anche nel Piacentino e in particolare proprio nelle zone di montagna, la stabilità della rete zootecnica che è importante non solo per l’economia nazionale ma ha una rilevanza sociale e ambientale. A strozzare gli allevatori italiani è l’esplosione delle spese di produzione in media del +60% legata ai rincari energetici, che arriva fino al +95% dei mangimi, al +110% per il gasolio e addirittura al +500% delle bollette per l’elettricità necessaria ad alimentare anche i sistemi di mungitura e conservazione del latte, secondo l’analisi Coldiretti su dati Crea. A tutto questo – afferma Gallizioli– si aggiunge il problema della disponibilità di fieno e foraggi, la cui produzione è stata tagliata dalla siccità, con i prezzi in salita anche a causa della guerra in Ucraina.

A rischio – denuncia la Coldiretti – c’è un patrimonio zootecnico di oltre 6 milioni di bovini e bufale, oltre 8 milioni di pecore e capre, più di 8,5 milioni di maiali, altrettanti conigli e oltre 144 milioni di polli. Da salvare c’è la straordinaria biodiversità delle stalle italiane che conta decine di razze autoctone o a limitata diffusione suddivise in 64 razze bovine, 38 di capre e 50 di pecore, oltre a 19 di cavalli, 10 di maiali, altrettante di polli e 7 di asini che Aia (Associazione italiana allevatori) in collaborazione con Coldiretti vuole tutelare attraverso il progetto Leo con una grande banca dati sugli animali a rischio di scomparsa. Particolarmente drammatica quindi la situazione delle stalle di montagna con un calo stimato della produzione di latte del 15% che impatta sulla produzione dei formaggi di alpeggio, a causa della crisi, del cambiamento climatico e della mancanza della neve che ha impattato sul turismo. Ma a rischio c’è l’intero patrimonio caseario tricolore con 580 specialità casearie tra 55 Dop (Denominazione di origine controllata) e 525 formaggi tipici censiti dalle Regioni.

Allo tsunami scatenato dalla guerra in Ucraina si aggiunge poi – denuncia Coldiretti – la “spada di Damocle” della direttiva sulle emissioni industriali che finisce per equiparare una stalla con 150 mucche a un inceneritore o a una fabbrica altamente inquinante andando a colpire circa 180mila allevamenti ed esponendoli al rischio chiusura con un effetto domino sulle attività collegate. La proposta di direttiva – spiega la Coldiretti – estende una serie di pesanti oneri burocratici a quasi tutti gli allevamenti dei settori suinicolo, avicolo e bovino che vengono considerati alla stregua di stabilimenti industriali. Una situazione che rischia di lasciare campo libero alle importazioni da paesi che non applicano le pratiche sostenibili di allevamento che caratterizzano il sistema produttivo europeo o, ancora peggio, e di spingere verso lo sviluppo di cibi sintetici in provetta, dalla carne al latte cibi sintetici.

“Una minaccia quella di Bruxelles che pesa su migliaia di allevamenti che si trovano già in una situazione drammatica per l’insostenibile aumento di costi di mangimi ed energia provocati dalla guerra in Ucraina in un momento in cui è sempre più evidente la necessità di puntare sulla sicurezza alimentare e sull’autosufficienza” denuncia il presidente nazionale della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado dei territori soprattutto in zone svantaggiate”.

 

MODENA, S. ANTONIO, 1 STALLA SU 10 A RISCHIO CRACK, SOS COSTI

Quasi una stalla su dieci (9%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività per l’esplosione dei costi con rischi per l’economia e l’occupazione ma anche per l’ambiente, la biodiversità e il patrimonio enogastronomico nazionale. E’ la Coldiretti a lanciare l’allarme sul crack degli allevamenti italiani nel rapporto “Salviamo la Fattoria Italia” diffuso in occasione di Sant’Antonio Abate, il Patrono degli animali, che a Modena gode di una speciale giornata di festa nel centro cittadino oltre a diverse iniziative in provincia.

L’allevamento italiano – spiega Coldiretti – è un importante comparto economico che rappresenta il 35 per cento dell’intera agricoltura nazionale, per una filiera che vale circa 40 miliardi di euro, con un impatto rilevante dal punto di vista occupazionale dove sono circa 800mila le persone al lavoro sull’intera filiera.

L’emergenza economica – denuncia Coldiretti Modena – mette però a rischio la stabilità della rete zootecnica italiana che è importante non solo per l’economia nazionale ma ha una rilevanza sociale e ambientale. A strozzare gli allevatori italiani è l’esplosione delle spese di produzione in media del +60% legata ai rincari energetici, che arriva fino al +95% dei mangimi, al +110% per il gasolio e addirittura al +500% delle bollette per l’elettricità necessaria ad alimentare anche i sistemi di mungitura e conservazione del latte, secondo l’analisi Coldiretti su dati Crea. A tutto questo – afferma Coldiretti – si aggiunge il problema della disponibilità di fieno e foraggi, la cui produzione è stata tagliata dalla siccità, con i prezzi in salita anche a causa della guerra in Ucraina.

A rischio – continua Coldiretti – c’è un patrimonio zootecnico di oltre 6 milioni di bovini e bufale, oltre 8 milioni di pecore e capre, più di 8,5 milioni di maiali, altrettanti conigli e oltre 144 milioni di polli. Da salvare c’è la straordinaria biodiversità delle stalle italiane che conta decine di razze autoctone o a limitata diffusione suddivise in 64 razze bovine, 38 di capre e 50 di pecore, oltre a 19 di cavalli, 10 di maiali, altrettante di polli e 7 di asini che Aia (Associazione italiana allevatori) in collaborazione con Coldiretti vuole tutelare attraverso il progetto Leo con una grande banca dati sugli animali a rischio di scomparsa. Particolarmente drammatica la situazione delle stalle di montagna con un calo stimato della produzione di latte del 15% che impatta sulla produzione dei formaggi di alpeggio, a causa della crisi, del cambiamento climatico e della mancanza della neve che ha impattato sul turismo. Ma a rischio c’è l’intero patrimonio caseario tricolore con 580 specialità casearie tra 55 Dop (Denominazione di origine controllata) e 525 formaggi tipici censiti dalle Regioni.

Allo tsunami scatenato dalla guerra in Ucraina si aggiunge poi – denuncia Coldiretti Modena – la “spada di Damocle” della direttiva sulle emissioni industriali che finisce per equiparare una stalla con 150 mucche o un inceneritore o a una fabbrica altamente inquinante andando a colpire circa 180mila allevamenti ed esponendoli al rischio chiusura con un effetto domino sulle attività collegate. La proposta di direttiva – spiega la Coldiretti – estende una serie di pesanti oneri burocratici a quasi tutti gli allevamenti dei settori suinicolo, avicolo e bovino che vengono considerati alla stregua di stabilimenti industriali. Una situazione che rischia di lasciare campo libero alle importazioni da paesi che non applicano le pratiche sostenibili di allevamento che caratterizzano il sistema produttivo europeo o, ancora peggio, e di spingere verso lo sviluppo di cibi sintetici in provetta, dalla carne al latte cibi sintetici.

Una minaccia quella di Bruxelles che pesa su migliaia di allevamenti che si trovano già in una situazione drammatica per l’insostenibile aumento di costi di mangimi ed energia provocati dalla guerra in Ucraina in un momento in cui è sempre più evidente la necessità di puntare sulla sicurezza alimentare e sull’autosufficienza – denuncia Coldiretti nel sottolineare che quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado dei territori soprattutto in zone svantaggiate.

 

Appuntamenti

 

SICILIA, LA GIORNATA DEL RINGRAZIAMENTO COLDIRETTI AGRIGENTO

La rinascita dei borghi siciliani grazie ai prodotti tipici e alle iniziative sociali

Nei piccoli borghi nasce la maggior parte dell’enogastronomia sostenibile e a km zero conservata nel tempo dalle imprese agricole con un impegno quotidiano per assicurare la salvaguardia delle colture storiche, la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico e il mantenimento delle tradizioni alimentari. Anche per questo Sambuca di Sicilia, borgo dei borghi nel 2016, domenica 22 gennaio sarà la location della Giornata del Ringraziamento della Coldiretti di Agrigento. La messa sarà celebrata alle 11.30 dall’Arcivescovo, Mons. Alessandro Damiano, nel Santuario Beata Vergine dell’Udienza e subito dopo, in Corso Umberto I saranno benedette le macchine agricole.

Ma Sambuca è anche il paese dove le case ad un euro sono alla base di uno sviluppo turistico ed economico per contrastare lo spopolamento e proprio grazie a questa iniziativa nascerà “Casa Coldiretti” in una struttura che diventerà il centro delle attività dell’organizzazione. Un altro momento particolarmente significativo di domenica prossima è la concomitante esposizione dei resti dell’auto del giudice Giovanni Falcone ucciso della mafia insieme alla scorta che – sottolinea il presidente Ignazio Gibiino – dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro rappresenta un simbolo ancora più forte di legalità.

La giornata del ringraziamento si concluderà con la degustazione di prodotti Campagna Amica.

 

ROVIGO, NUOVO CICLO DI INCONTRI: SI COMINCIA CON LO STRIP-TILLAGE

Ritornano gli incontri promossi dall’Associazione Polesana Coldiretti Rovigo rivolti a soci e interessati, con l’appuntamento dedicato al tema “Strip-tillage (lavorazione a strisce) un’opportunità anche per il Polesine”, previsto per venerdì 20 gennaio alle 17:00 nella sala conferenze di Coldiretti Rovigo in via del Commercio 43.

Sarà l’occasione quindi per conoscere tutte le novità e, soprattutto le applicabilità in Polesine di questa tecnica di lavorazione ancora poco conosciuta e pertanto poco utilizzata.

Lo stri-till è definita una minima lavorazione, si tratta di un sistema ideato negli Usa e che sta incontrando enorme interesse in Italia grazie all’arrivo di attrezzature capaci di operare tramite la lavorazione a strisce. Lo strip-tillage, o lavorazione a strisce, consiste in una lavorazione superficiale del terreno alla profondità di circa 15 centimetri su fasce larghe al massimo 15 centimetri, intervallate da fasce dove vengono lasciati in superficie tutti i residui colturali. Ne parlerà approfonditamente Marco Soave, esperto in materia.

Aprirà l’incontro con i saluti di benvenuto Silvio Parizzi, direttore di Coldiretti Rovigo. Dopo la relazione di Marco Soave, consulente specializzato in strip-tillage, ci sarà spazio per il dibattito e chiuderà l’incontro il presidente di Coldiretti Rovigo, Carlo Salvan.

Per informazioni si può chiamare il numero 0425/201931 oppure scrivere a organizzazione.ro@coldiretti.it . 

Coldiretti Rovigo ha inoltre previsto altri appuntamenti su altri temi di interesse agricolo. Per rimanere aggiornati si possono seguire il sito web rovigo.coldiretti.it e i canali social Facebook e Instagram.