8 Marzo: Coldiretti, no sciopero per 8mila aziende rosa terremotate

8 Marzo 2017
8 Marzo: Coldiretti, no sciopero per 8mila aziende rosa terremotate
 

Donne in pericolo tra mucche sfollate, semine a rischio e capannoni pericolanti

 

Non si può scioperare nelle quasi 8mila aziende agricole e stalle terremotate che secondo la Coldiretti sono condotte da donne nel cratere del sisma dove è un 8 marzo nel segno della difficoltà quotidiane da affrontare, paura per il futuro e voglia di riscatto. Sono le preoccupazioni ad assillarci dice la laziale Barbara Stocchi di Leonessa. Quando è avvenuta la prima scossa di terremoto eravamo con gli animali impegnati nella transumanza nelle montagne del reatino. Oggi ci troviamo nella campagna romana con le pecore al sicuro, ma se pensiamo alla casa inagibile e al magazzino per la stagionatura dei formaggi fuori uso a Leonessa non siamo tranquilli. Ci pesa soprattutto – continua Barbara – il fatto che qualsiasi iniziativa avviamo per ricostruire e riavviare l’attività si scontra con una burocrazia che blocca tutto e che uccide”.  “Festeggiamenti? Non se ne parla nemmeno – ci dice Emanuela Ripani, imprenditrice agricola e agrituristica abruzzese di Pietracamela e presidente della Coldiretti di Teramo. In tempi normali il punto vendita e di ristoro aziendale è un luogo di incontro e di allegria, ma quest’anno è chiuso. Tutto è fermo e non abbiamo avuto alcuna prenotazione per l’8 marzo. Quindi rifletteremo in famiglia sul significato di una ricorrenza che vede le donne, anche quelle del terremoto, protagoniste. Continueremo l’attività di sempre, anche se il caseificio è chiuso per mancanza del latte delle pecore che sono ancora stressate dal terremoto e dal freddo di gennaio. Per fortuna ci saranno nascite di agnelli – sostiene Emanuela – che per noi, avvicinandosi il periodo pasquale, rappresentano una garanzia di continuità del lavoro”.“L’8 marzo sarà un nuovo giorno di attesa, – afferma Mariella Salvatori, umbra di Castelluccio di Norcia (Perugia). Attesa che qualcuno si decida a liberare la strada che da Norcia, dove adesso abito con la mia famiglia, porta all’altopiano dove si svolge il nostro lavoro di produttori della pregiata lenticchia. Sinora – denuncia – non è stato levato un sassolino e noi tra una decina di giorni dobbiamo andare con i trattori a seminare. Abbiamo investito tanto in questa attività e adesso è tutto fermo. Da quel terribile 24 agosto i miei due figli sono disoccupati e per me, donna e madre, è una vera angoscia”. Festeggerò l’8 marzo entrando come ogni mattina nella stalla e nei capannoni inagibili per dare da mangiare ai miei animali, rischiando che mi cada addosso il resto del tetto – spiega Alba Alessandri, allevatrice venticinquenne di Serravalle in Chienti (Macerata) -. A causa del terremoto sono stata costretta a dare via metà delle galline ovaiole che allevo, poiché per loro non sono state previste tensostrutture provvisorie, mentre per le mucche ho fatto richiesta di una stalla mobile che non so quando e se arriverà, dopo mesi di promesse. Ho iniziato a fare questo lavoro a vent’anni e sono fermamente intenzionata a non abbandonarlo, nonostante le istituzioni abbiamo abbandonato noi. Qui nelle Marche la burocrazia sta facendo più danni del sisma”.