Una vera e propria dichiarazione di guerra all’obesità e sovrappeso infantili: questo il programma “manifesto” dell’Unione. Che con l’”Eu Action Plan on Childhood Obesity 2014-2020” cerca uno scatto Nella giusta direzione. Perché l’obiettivo, è quello di “fermare la crescita del sovrappeso e obesità tra le persone giovani(fino a 18 anni) entro il 2020.
La premessa,necessaria, è che le policy rimangono nazionali, così come la responsabilità delle azioni; le scelte “europee” non definiranno il contenuto specifico delle attività svolte a livello nazionale, e pur tuttavia ora un quadro chiaro di riferimento indica il “come” raggiungere un calo dei tassi di eccesso ponderale nei bambini. Se qualcuno si sfila (Olanda e Norvegia, ritengono che le azioni siano nazionali e di conseguenza, al di fuori delle finalità europee), la maggior parte degli Stati esprimono il loro pieno supporto. Sottolineando la volontà di condividere le buone prassi che hanno funzionato a livello locale.

La genesi
L’iniziativa nasce nel solco della presidenza irlandese dell’Unione nel 2013, con un incontro informale dei Ministri della Salute europei a Dublino. A seguito dell’incontro, i ministri hanno dichiarato il loro impegno a promuovere la salute e la prevenzione delle malattie non trasmissibili (Non Communicable Diseases), accordandosi per elevare la centralità del tema in sede di policy europee. La Commissione ha pienamente supportato tale spunto, collocandolo entro la “Strategia Europea per la Nutrizione, e Sovrappeso-Obesità ”. Ma il Rapporto segue anche la Dichiarazione di Vienna, con un impegno senza precedenti da parte dei governi dell’Unione ad una più vasta lotta contro l’obesità.
I costi
Nel rapporto si legge che i costi crescenti del sovrappeso, obesità e malattie collegate rasentano il 7% dei budget nazionali dedicati alla spesa di salute: del resto, la prevalenza dell’obesità è triplicata dal 1980. Il risultato è che ogni anno 2,8 milioni di persone muoiono prematuramente in risposta alle complicazioni di tali stati patologici. Se solo nel 2008 poi 1 bambino su 4 era o sovrappeso od obeso, nel 2010 si è arrivati, come media europea, ad 1 su 3. Ma il peso corporeo eccessivo (e la sua riduzione) può essere un’opportunità: si stima infatti, in base alla più recente evidenza, che azioni di prevenzione possano portare ad un ritorno sugli investimenti pari al 6-10%: come quello di alcuni titoli finanziari ad “alto rischio” (e quindi rendimento atteso). Ma in questo caso i rischi ci sono solo a non prendere alcuna iniziativa, mentre i risparmi futuri e la maggiore produttività sul lavoro portano davvero ad un effetto benefico per la società nel suo insieme.
Le azioni ed i partner
Nel rapporto si legge che “sono richieste azioni interdisciplinari e trasversali ai settori al fine di fermare la minaccia globale di crescenti tassi di sovrappeso e obesità tra i diversi gruppi anagrafici”, e che l’impegno complessivo dei governi, dell’intera società e un approccio di salute trasversale a tutte le policy sono cruciali” per una piena riuscita dell’intervento. In tal senso, tra le parti che vanno sicuramente coinvolte, vi sono sia attori governativi, come i 28 Stati dell’Unione, sia organizzazioni internazionali come la OMS, nonché la società civile e le ONG, ma anche i produttori e gli istituti di ricerca.

Le linee di azione poi riguardano 8 filoni principali, che fino allo scorso dicembre erano ancora incerti, ma che poi sono stati approvati: e partono dal presupposto che una sola singola azione non può fermare l’obesità. Serve allora una sinergia di interventi, che prevedano ad esempio di:
1)Supportare un inizio salubre della vita- aumentare l’allattamento al seno
2)Predisporre ambienti scolastici più sani
3)Rendere l’opzione salubre quella più facile
4)Limitare il marketing e la pubblicità ai bambini
5)Rendere più informate le famiglie
6)Aumentare l’attività fisica svolta dai bambini
7)Monitorare e valutare i risultati
8) Aumentare la ricerca
Ognuna delle azioni così previste, è poi operativamente declinata nel documento rispetto a indicatori misurabili e con obiettivi concreti.
Infine, si legge nel rapporto, sarà necessario “fare cultura” della prevenzione e delle buone abitudini alimentari e in genere, comportamentali (includendo l’importanza dell’attività fisica). A tal scopo diventa centrale il ricorso ai social media/new media e una diversificazione dei canali di informazione, insieme al social marketing.