Finalmente salami, pancette, coppe, culatello e altri salumi Made in Italy potranno arrivare sulle tavole dei 250 milioni di cittadini americani che fino ad ora sono stati costretti ad acquistare imitazioni di bassa qualità realizzate fuori dall’Italia. Ecco il superamento di un blocco -durato 15 anni- delle esportazioni nazionali di salumi dal prossimo 28 maggio grazie alla pubblicazione del provvedimento con cui le autorita’ statunitensi di Aphis (Animal and Plant Health Inspection Service) hanno ufficialmente riconosciuto l’indennita’ dalla malattia vescicolare del suino di Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte e delle Province autonome di Trento e Bolzano.
Si tratta di Regioni dove si concentra la stragrande maggioranza degli allevamenti di maiali e degli stabilimenti di lavorazione delle carni in Italia. In questo difficile momento di crisi si tratta di un passo importante per l’economia del sistema agroalimentare nazionale che ha ora l’opportunità di crescere nel ricco mercato americano dove le esportazioni di cibo e bevande italiane sono cresciute in valore del 10 per cento ad un livello record di 2,7 miliardi.
Il provvedimento non riguarda il prosciutto che se stagionato oltre i 14 mesi (400 giorni) puo’ già essere esportato negli Usa. Così come carni cotte.
Dal culatello uruguaiano alla soppressata calabrese Made in Usa, dal salame veneto canadese al “Parma salami” del Messico, i consumatori statunitensi – sostiene la Coldiretti – sono stati fino ad ora una facile preda di salumi taroccati che purtroppo è imbarazzante notare a volte vedono coinvolte all’estero imprese industriali italiane. Se l’abbattimento di questa anacronistica barriera commerciale, che ha fatto perdere all’Italia un importo stimato in 250 milioni di euro all’anno, sarà accompagnato a livello internazionale da una piu’ decisa tutela delle denominazione di origine dei nostri salumi si aprono enormi spazi di crescita.
Ad esempio che in Canada vengono venduti salumi locali con il marchio “San Daniele” e che non puo’ essere esportato il prosciutto di Parma perché il marchio è stato registrato da una azienda privata.