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Speciale “prova costume”, le Diete a confronto: la Dieta a Zona

22 Maggio 2012
Speciale “prova costume”, le Diete a confronto: la Dieta a Zona

Un nome programmatico, con reminescenze di geo-localizzazione satellitare o sci-fi (La zona morta di Cronenberg?). In realtà “zona” sarebbe soprattutto un termine farmaceutico per indicare il meccanismo di dose-risposta di un farmaco tale da massimizzarne l’efficacia senza incorrere in effetti collaterali, e viene definita nelle fasi di sperimentazione farmacologica di tipo 2 e 3 (sperimentazione su gruppi umani in fase avanzata, cioè quando la sicurezza del farmaco in quanto tale non è in discussione ma si cerca di “tararne” meglio il rapporto rischi-benefici). Ma cosa c’è dietro la celebre dieta di Barry Sears? E chi è costui?

L’autore

Barry Sears è un biochimico, che si è specializzato nella risposta ormonale del corpo umano: un esperto di alto livello, che proviene niente meno che dal Massachausset Institute of Technology (MIT) e presidente della Research Inflammation Foundation. Sears ha sviluppato la sua dieta a zona appositamente per i diabetici, e per prevenire l’infarto cardiaco. Insomma è una persona che sicuramente ha una comprensione  dei fenomeni relativi alla dieta nel senso allargato, e che recentemente si sono focalizzati proprio su aspetti quali stato di infiammazione, riposta ormonale, processi ossidativi. Una visione quindi che potremmo definire olistica, e che contempla anche attività fisica, controllo dello stress e dei valori di un set di ormoni. Ma basta?

L’intuizione

La dieta a zona si basa su un concetto semplice: l’equilibrio omeostatico del nostro organismo richiede che per funzionare bene i livelli di insulina debbano rimanere costanti e bassi. All’interno appunto di una “zona”. In assenza di tale equilibrio, l’organismo genera dei complessi meccanismi di compensazione retroattivi che portano all’infiammazione prima e alla malattia dopo. In questo senso le malattie tipicamente occidentali come cardiovascolari e cancro possono essere viste come conseguenza di un disequilibrio corporeo dovuto tra l’altro a diete errate e sbilanciate. Per raggiungere tale equilibrio, il bilanciamento tra i macronutrienti principali dovrebbe essere del seguente ordine, afferma Sears: 40% dell’energia da carboidrati, 30% da grassi e 30% da proteine.  Inoltre, la dieta a zona consiste nel dare un ruolo importante agli omega 3, che rappresentano acidi grassi essenziali assumibili solo con la dieta o con integratori.

L’insulina

L’insulina è un ormone considerato sempre più chiave non solo per i diabetici, ma anche per i soggetti sani, fondamentale per la regolazione degli zuccheri nel sangue..Non a caso, in presenza di cibi con alto carico glicemico e indice glicemico (che misurano la presenza di glucidi nei cibi e la vicinanza degli stessi agli zuccheri semplici)- quindi con una elevata risposta insulinica- l’organismo trasforma in grasso ciò che si mangia in eccesso. Per contro, ad ogni pasto le proteine stimolano l’ormone “antagonista” della insulina, il glucagone, consentendo di accedere alle scorte energetiche di grasso (sia nel fegato, glicogeno, che nei tessuti adiposi, grasso). In tal modo, un equilibrio adeguato tra proteine e carboidrati è necessario per ottenere un corretto equilibrio ormonale tra insulina e glucagone, che stimolano rispettivamente la formazione e lo scioglimento di grassi.

Obiettivo

L’obiettivo della dieta a zona è :

–  da un lato, far funzionare l’organismo al meglio delle sue possibilità, fornendo energia in modo costante e senza picchi insulinici (= attacchi di fame);

– dall’altro, dimagrire senza perdere tono muscolare.

– infine, controllare i livelli di infiammazione, diminuendoli. L’infiammazione prolungata è sempre più consensualmente considerata come fonte di malattie non trasmissibili e tipiche delle società post-industriali occidentali.

Il target

Originariamente, il gruppo di riferimento della dieta a zona erano appunto i diabetici, ma successivamente tale dieta è stata estesa alla popolazione in generale.

Il metodo

Le basi della dieta a zona sono 4:

1. Alimentazione: 3 pasti al giorno (colazione, pranzo e cena) e almeno 2 spuntini e tanta acqua (almeno 2 litri) suddivisi in “blocchi”

2 Bilanciamento fonti energetiche: 40 carboidrati, 30 grassi e 30 proteine (fatto 100 il totale).

3. Uso di integratori a base di omega 3 (EPA e DHA)

4. Attività fisica costante e omderata per contribuire a regolare i livelli ormonali

5-Rilassamento mentale per controllare l’ormone dello stress,il cortisolo.

Come accennato, la dieta a zona presenta vari aspetti interessanti e di acquisizione abbastanza recente in campo nutrizionale. I livelli di ormoni ed i meccanismi di autoregolazione endogena del corpo sono messi sotto attento esame. L’attività fisica è considerata importante, così come la meditazione e più in genere il controllo dello stress. Inoltre i cibi sono da consumarsi secondo criteri quanti-qualitativi, a differenza di altre diete (come la Dukan, non interessata principalmente all’aspetto quantitativo e che, secondo chi la accusa di inconsistenza scientifica, permetterebbe di mangiare a sfinimento).Insomma, la Zona è una dieta nel senso etimologico della parola, cioè mira ad un cambiamento complessivo dello stile di vita. E questo è un aspetto sicuramente interessante.

Inoltre, grande spazio trova la “teoria” dei cosiddetti “blocchi”, che dovrebbero aiutare a calcolare meglio il fabbisogno giornaliero di nutrienti. Un blocco è composto da 9 grammi di carboidrati, 7 di proteine e 3 di grassi (nel loro insieme). Sebbene i blocchi così come concepiti siano uno strumento teorico apparentemente utile, il calcolo finale non è così immediato. Ad esempio, un uomo mediamente attivo ha bisogno di 15 blocchi al giorno (3 nella colazione, 5 a pranzo, e 4 a cena; con 2 spuntini da un blocco ciascuno nella mattina e nel pomeriggio). In ogni caso, poi si consiglia di rivolgersi ad uno specialista per calcolare il proprio fabbisogno preciso di blocchi. Rimane da capire se lo “specialista” in questione sia o meno convinto dell’utilità del metodo proposto. Ma la complicazione del calcolo dei blocchi non aiuta certo ad inaugurare il regime dietetico. Il che è un limite.

Le trasgressioni?

Riteniamo che una dieta sia interessante dal momento che non si presenta eccessivamente rigida: quel che conta infatti è la sua adozione nel medio – lungo periodo, non entro il singolo pasto. In questo senso la dieta a Zona è intelligente, concedendo trasgressioni limitate, e considerando l’equilibrio ottimale come qualcosa da mantenere nel tempo. Il presupposto  è che è l’equilibrio ormonale complessivo che va mantenuto, non un generico rispetto di regole in quanto tali.

Rispetto alla Dieta Mediterranea

La dieta a zona presenta vari aspetti apparentemente simili alla dieta mediterranea (limitazione grassi saturi, incentivazione dei monoinsaturi, consumo vino moderato, elevato consumo di frutta e verdura…), improntata in primo luogo alla “misura” e alla moderazione. A ben vedere però, diversi son i punti di differenza.

Intanto, l’equilibrio tra i 3 macronutrienti non è sovrapponibile: dal 30-40 30 di Sears, si passa infatti al 15% di proteine, 60% di carboidrati e 25% di grassi nella dieta mediterranea. Che quindi rivela un ruolo più moderato delle proteine. Ma c’è anche una differenza per così dire “filosofica”: infatti, per Sears l’alimentazione base come evoluzionisticamente adattata all’uomo nel Paleolitico, sarebbe fondata su proteine (carne e pesce) e frutta e verdura, con un ruolo limitato per cereali e granaglie. Sears non considera appropriata quindi considerare il passaggio evolutivo all’agricoltura e alla stanzialità, aspetti che avrebbero reso la dieta meno dipendente dalle proteine e più ricca di cereali.  Purtroppo (per Sears) la Dieta Mediterranea continua ad accumulare evidenze di salubrità e riduzione dei rischi (cardiovascolari, tumorali, attesa generale di durata della vita in salute).

 Controindicazioni

Tra le critiche principali, nonostante la plausibilità biologica dei meccanismi ormonali sottesi e alcune anche ottime intuizioni, la mancanza di una vera e propria evidenza scientifica. E questo purtroppo è quel che accade a tanti divulgatori: prima di divulgare, varrebbe la pena pubblicare studi seri, su riviste serie e con revisione dei pari. E si badi bene, non su singoli meccanismi di azione (es, ruolo di un ormone magari in vitro, o di singoli nutrienti, su specifiche funzioni o outocome di salute), ma trial clinici, o studi di coorte, o studi epidemiologici sulla popolazione, a partire dalla dieta stessa così come la si propone.

Libri meramente divulgativi di tal fatta –peraltro diffusi anche in Italia- assomigliano per contro a monologhi, laddove la verità e la scienza basata sull’evidenza (Evidence Based Medicine) hanno bisogno di una comunità scientifica che mette a dura prova sperimentale le teorie. Questo è accaduto ad esempio per la Dieta Mediterranea, o per il modello cosiddetto “Healthy Eating Index”(che misura la ingestione di alcuni nutrienti e non di alimenti tal quali, a differenza della Dieta Mediterranea). Solo in casi come questi è possibile, nel tempo, capire se tali regimi alimentari si sono dimostrati protettivi contro determinate malattie. Se è vero che la dieta Zona è compatibile con una dieta HEI (Healthy Eating), non è ancora chiarissimo il ruolo elevato delle proteine sul metabolismo e sulla salute.

Una ulteriore critica arriva dall’associazione americana per il cuore, l’American Heart Association, che ha spesso criticato le diete iper-proteiche. La AHA ha sottolineato come la Zona causi generalmente un aumento dei grassi saturi animali, ritenuti dannosi. La dieta sarebbe insomma considerata iper-proteica, non differenziandosi in questo dalla Dukan, dalla Atkins e da altre popolari diete che in effetti fanno raggiungere in breve tempo un peso forma ottimale (altra cosa è poi il mantenimento).

Una critica radicale alla Zona viene però da una facile constatazione: tutti i macronutrienti hanno il potere di interferire con la produzione di insulina: se i carboidrati determinano una risposta almeno del 90%, per le proteine è del 50%, e del 10% dei grassi. Insomma, basarsi solo su Carico glicemico e indice glicemico (attribuibili ai carboidrati) lascia sottostimata la risposta insulinica complessiva.

Inoltre, il glucagone viene prodotto solo se si effettua un pasto proteico non “misto”, come invece suggerito dai “blocchi” di Sears, che mescolano proteine, carboidrati e grassi. Nei blocchi, ruolo di formazione del grasso attribuibile all’insulina e invece di bruciatura dovuto al glucagone si compenserebbero almeno in parte.  

Ulteriori aspetti.

La dieta a zona è presente in Italia grazie alla collaborazione di una azienda che commercializza in farmacia i prodotti in modo tale da predisporre i “blocchi” e favorire la corretta porzionatura (altrimenti difficile da seguire in autonomia). Riteniamo però che una dieta per essere efficace debba essere anche semplice a prescindere da aspetti più strettamente connessi alla rilevanza biologica. Insomma, il lato comportamentale e dell’impatto sulle abitudini è importante per determinare il successo o meno della dieta e la facilità di adozione. Barry Sears non è uno sprovveduto: ha all’attivo una trentina di pubblicazioni scientifiche e diversi brevetti (15), nonché diverse opere divulgative (che ne hanno fatto la fama). In ogni caso, quel che sembra mancare è una chiara distanza tra interesse commerciale immediato e attività di ricerca in senso stretto. Insomma, esiste un certo grado di conflitto di interesse, che non è mai raccomandabile per essere davvero autorevoli.

Alcuni articoli scientifici di Barry Sears sull’infiammazione

Articolo di Barry Sears su integrazione con omega 3 e deficit dell’attenzione nei bambini

Aspetti problematici nella valutazione clinica delle diete: dispute e critiche.