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Probiotici, in Europa ognuno fa come gli pare

20 Dicembre 2012
Probiotici, in Europa ognuno fa come gli pare

A pochi giorni dall’entrata in vigore del reg. 432/2012, che contiene la lista dei 222 messaggi sulle proprietà nutrizionali o salutistiche utilizzabili in Europa dai produttori alimentari, ancora un aspetto irrisolto balza all’occhio: la questione dei probiotici.

EFSA non solo non ha mai riconosciuto il termine, che effettivamente ha un valore “suggestivo” ma privo di fondamento (pro-immunitario sarebbe più sensato, ad esempio); ma ha pure bocciato tutte le richieste in tal senso, con scontri e accuse anche da parte delle aziende che hanno ricevuto parere negativo. Danone, Yakult, Valio, oltre a Merck Healthcare e altri ancora. EFSA inoltre, per bocca del presidente del panel NDA (che si occupa appunto della valutazione delle indicazioni nutrizionali e sulla salute) ha detto che forse un giorno si darà parere positivo, alla luce dell’evidenza scientifica sufficiente; ma oggi è ancora presto ed è improbabile che nel giro di un anno si arrivi a qualche dato significativo.

Solo in Finlandia la parola “probiotico” è stata vietata; in altri paesi UE le cose stanno diversamente. Nel Regno Unito Yakult promuove pubblicamente in quanto “scientificamente provato” il proprio prodotto a base di Lactobacillus Casei Shirota. Ma di scientificamente provato ci sarebbe solo che i microorganismi raggiungono l’intestino vivi, 6, 5 miliardi di cellule di un ceppo “unico”. Un po’ poco.  Yakult pure fa una pubblicità intensa in Italia, ma formalmente corretta e si riferisce al mantenimento della flora batterica. Danone con Actimel sottolinea i 10 miliardi di speciali fermenti L Casei, che- si legge nel sito- sarebbero contenuti nella “piccola bottiglia con dentro tanto”, “per sentirsi forte come un leone”. O con Activia, deputato al transito intestinale. Ma il cui effetto non è stato provato, stando ad EFSA. Altri probiotici hanno cercato di dimostrare prevalentemente proprietà sul sistema immunitario e sul transito intestinale. Da qui la strategia della Global Alliance for Probiotics, la lobby di riferimento, che avrebbe pensato di fornire evidenze “di gruppo”, unendo i dati degli studi delle aziende al fine di supportare 1 o 2 effetti positivi con un livello di evidenza adeguato.

E’ interessante verificare cosa faranno ora le aziende. Ma di fatto c’è da dubitare che alcune comunicazioni commerciali vengano definitivamente tolte, soprattutto in un contesto in cui ancora vi è forte incertezza sulle sanzioni e più in generale sull’enforcement delle indicazioni false e fuorvianti. Data la capacità di vendita di tali probiotici, e dati i margini commerciali elevatissimi, c’è da credere che pochi vi vogliano rinunciare.

Il Ministero della Salute ha recentemente chiarito che l’unica funzione positiva dei cosiddetti probiotici rimane quella di favorire l’equilibrio della flora batterica intestinale. E a questo scopo è necessario che contengano almeno un miliardo di cellule vive da consumarsi in una giornata. Intanto la BBC con un bell’educational, sottolinea i risultati di uno studio dell’Imperial College: gli effetti dei probiotici per alcuni potrebbero essere positivi, per altri negativi addirittura. C’è una qualche evidenza, in particolare per gruppi particolari (infanti e persone ricoverate), ma non per tutte le persone sane. E questo è proprio il criterio richiesto da EFSA .