Per i bambini italiani, pure considerati fino a qualche anno fa tra i più fuori forma d’Europa, le cose stanno cambiando anche tramite una forte sensibilizzazione dell’opinione pubblica: con un calo dal 12% al 10,6% di bambini in età scolare obesi, ovvero con Indice di Massa corporea superiore a 30 (primo e ultimo anno disponibile, 2008/2009- 2012) e dal 23,2% al 22,2% di sovrappeso- ovvero con Indice di Massa corporea superiore a 25.
Un lieve miglioramento, che sicuramente fa ben sperare.
Se occorre certamente fare maggiori sforzi, cercando semmai un effetto sostituzione tra alimenti energeticamente densi ma poveri di sostanze nutritive, a vantaggio di frutta, verdura, latticini e più in genere alimenti poco trasformati-freschi e da filiera corta- la tendenza va assecondata e propiziata.
Occorre poi investigare meglio quali fattori sembrano aiutare nella prevenzione di sovrappeso e obesità, meglio se con una rassegna di tutta la letteratura scientifica disponibile sull’argomento.
E’ quanto ha fatto il Comitato Tecnico di “OKKio alla SALUTE”- sistema di sorveglianza nazionale- insieme ai ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Il documento esamina 27 revisioni e 10 studi clinici controllati pubblicati dal 2008 al 2012.
“L’obesità ha un’origine multifattoriale ed è collegata anche a fattori di rischio modificabili, come comportamenti e stili di vita. Per contrastare il suo sviluppo tra i bambini, la scuola è uno dei contesti fondamentali e strategici da coinvolgere per il suo importante ruolo educativo e di sviluppo di competenze”, si legge nell’introduzione del documento finale Prevenzione dell’obesità nella scuola: indicazioni a partire dalle evidenze della letteratura”.
Ed è parimenti acclarato che il 60% dei bambini obesi mantiene tale stato fisico anche in età adulta.
Secondo Okkio alla Salute e ISS l’ambiente obesogenico gioca un ruolo fondamentale: la scarsa mobilità dei bambini, anche in ragione di uno sviluppo sempre più pervasivo della tecnologia e dell’automazione-unitamente alla presenza ancora molto limitata di filiere corte, prodotti freschi e agricoltura locale, a tutto favore degli alimenti altamente trasformati.
Per contro, il rapporto punta il dito contro quelle che sono le modalità prevalenti di distribuzione e offerta del cibo: “l’aumento di apporto energetico è legato in particolare ai cambiamenti nel sistema alimentare globale, con la preparazione di massa degli alimenti che comporta l’aggiunta consistente di zuccheri, grassi e sale, ma soprattutto con logiche di vendita dei prodotti alimentari e delle bibite basate su strategie di marketing intensivo, con porzioni maggiori a prezzi bassi.
Serve quindi una migliore “politica alimentare” entro un modello ecologico complessivo che valorizzi tale offerta di cibo, in particolare entro la ristorazione scolastica e poi anche sui luoghi di lavoro- ma poi anche a casa dei bambini, coinvolgendo laddove possibile le famiglie- che spesso sottovalutano il problema del sovrappeso e obesità nell’errata convinzione che floridezza = benessere. Le abitudini alimentari dei bambini italiani risultano spesso errate: circa il 10% salta la prima colazione e circa il 30% consuma alimenti non adeguati (sbilanciati in termini di carboidrati e proteine) durante questo importante pasto. A scuola, inoltre, più della metà dei bambini persevera nell’abitudine di mangiare una merenda troppo abbondante. La frutta e la verdura sono ancora consumate poco dai bambini (circa il 23%), mentre rimane elevato nel tempo la percentuale di coloro che beve quotidianamente bevande zuccherate e/o gassate (circa il 44%).
Ricordiamo che OKkio alla SALUTE si è svolto con tre raccolte dati concluse (2008-2009, 2010 e 2012) e l’ultima in fase di realizzazione è terminata a giugno 2014, per cui saranno presto disponibili nuovi dati sulla incidenza di obesità e sovrappeso infantile.
Che fare?
Dalla rassegna si scopre che gli interventi scolastici sul contrasto a obesità-sovrappeso più efficaci sono accomunati da alcuni aspetti. Gli interventi devono essere:
– multifattoriali: i progetti che incidono su più variabili (alimentazione, attività fisica, coinvolgimento psicologico, etc) sono quelli che danno i risultati migliori; data la natura multifattoriale dell’obesità, tali evidenze sono facilmente interpretabili.
– multisettoriali: i progetti diventano efficaci se diversi settori della comunità sono a supporto (famiglia e altri contesti sociali).
? di durata prolungata: la durata degli interventi ne favorisce l’efficacia. Non ci sono solide evidenze di efficacia degli interventi che durano meno di sei mesi e i risultati positivi aumentano per gli interventi con un periodo di implementazione più lungo.
– con coinvolgimento dei genitori: le evidenze confermano la centralità del ruolo della famiglia sulla prevenzione dell’obesità e anche dal loro livello socioculturale e delle loro aspettative.
? basati su una teoria psicologica del comportamento, che favorisca un cambiamento delle abitudini nei bambini è pure centrale.
? Adattati culturalmente: l’adattamento culturale degli interventi, ad esempio con materiale educativo nelle lingue proprie dei bambini appartenenti a minoranze etniche, rende gli interventi più efficaci per questo target.
? inseriti come attività routinarie e nel curriculum scolastico: ci sono evidenze che la strutturazione degli interventi di prevenzione dell’obesità infantile all’interno dell’offerta formativa scolastica e una loro istituzionalizzazione come azioni da svolgere regolarmente contribuisce a rafforzarne l’efficacia.