Una crisi che colpisce al cuore l’idea di tracciabilità in Europa: e che riguarda stavolta non il cavallo, ma il maiale. E proprio il gigante della distribuzione inglese, Tesco, al centro dello scandalo Horsegate (si ricorderà che nel famoso “Tesco Burger” la carne di cavallo, nemmeno indicata, arrivava ad una percentuale del 29%).
Stando alla notizia diffusa ieri dal Daily Mail, i fatti sono i seguenti. Un giornalista investigativo della BBC, per la redazione di un programma e andando a fare la spesa da Tesco, avrebbe acquistato carne di maiale. Ma non carne di maiale qualsiasi. Carne certificata inglese, addirittura con il noto bollino del “Red Tractor”, marchio distintivo nazionale che sta tanto a cuore sia ai consumatori che agli allevatori ( e che garantisce qualità, sicurezza alimentare e rispetto ambientale).

In base a dati su consumatori, il Red Tractor infatti ha un elevato gradimento presso i consumatori inglesi: di fatto il primo logo per riconoscibilità (oltre il 35% dei consumatori, contro un 14% di FairTrade, ad esempio, o un 9% della Soil Association). Inoltre, la mera origine nazionale-in base ad una ricerca Mintel- sta ben a cuore ai consumatori inglesi (49%).
I risultati di test, come arrivati dal laboratorio tedesco di indagini, dimostrano però un’altra storia: la carne non era di origine nazionale, bensì estera, e per la precisione, olandese. Tesco ha dovuto ammettere in ritardo la propria colpevolezza. In Europa dovrebbe valere, per i prodotti di origine animala, un nuovo regolamento in vigore da luglio 2012 (Reg. UE) 931/2011 che rafforza la tracciabilità, rendendo obbligatoria l’indicazione del lotto da fornitore a operatore successivo (aspetto caldeggiato nella General Food Law, Reg. (CE) 178/2002, ma spesso disatteso. E come l’horsegate ha dimostrato, non sta propriamente funzionando.
La notizia rappresenta uno shock per diversi motivi. Intanto, i consumatori inglesi mediamente pagano un differenziale di prezzo sulla carne di maiale in risposta a schemi di qualità o tracciabilità non mantenere la promessa significa quindi frodare.

Altro aspetto stridente, l’ultimo l’impegno che Philip Clarke, a capo di Tesco, aveva preso con la filiera agricola inglese: se nel passato abbiamo maltrattato gli agricoltori, ce ne scusiamo e cerchiamo di recuperare- questo il senso delle sue affermazioni. La nuova alleanza che Tesco cercava con gli agricoltori era poi passata attraverso un nuovo ruolo che il retailer si era dato: di coordinate ore dei rapporti di filiera. Proprio un alto funzionario della National Farmers’ Union, l’associazione degli agricoltori inglesi, era stato preso a prestito per lo scopo di ridare fiducia ai consumatori inglesi. Ma oggi, la debacle. Nel recente passato la carne dall’Olanda era finita ancora al centro dell’attenzione: proprio la terra dei tulipani infatti era diventata il luogo per eccellenza di smistamento della carne equina. Con una delle principali aziende di trasformazione che erano state costrette dalla Autorità Nazionale per la Sicurezza Alimentare (Dutch Food Safety authority, NVWA) al ritiro di ben 50.000 tonnellate di carne dal mercato: carne vecchia, maleodorante- come si apprende dal The Guardian– poi rilavorata.

Filiera sotto attacco
Nei mesi scorsi la associazione inglese degli allevatori suini (National Pig Association) aveva ammonito: il prossimo horsegate verrà dal maiale. E avevano denunciato la insostenibilità di una filiera, con costi così bassi da dover compromettere la qualità e la certezza dell’approvigionamento delle materie prime. Un contesto ideale per frodi e raggiri, ed eventualmente, problemi di sicurezza alimentare. Già nel 2007 c’era chi aveva sottolineato questia aspetti: un ricercatore, Andrew Cox, pubblicando sul British Food Journal, metteva in evidenza come i progressi di efficienza ottenuti tramite investimenti dagli allevatori suini non si trasmettevano in maggiori guodagni. Semmai, diventavano un’attesa di ulteriori tagli ai costi produttivi. In un vero e proprio circolo vizioso.
Ora, il coperchio è stato tolto. E si tratta di ripartire. La normativa UE in fase di sviluppo, potrà venire in soccorso? (vedi articolo successivo).