Appena pubblicato il Rapporto sui fattori di rischio in “Noi Italia” di ISTAT, segnala alcune variazioni importanti circa sovrappeso ed obesità, noti fattori predisponenti alle malattie non trasmissibili. Abbiamo fatto un confronto degli ultimi dieci anni, per regione, sulle persone sovrappeso. I numeri sono in crescita. Con i costi obesità pari al 7% del 7% del PIL (stima di qualche anno fa dell’ISS), è ovvio tenere d’occhio il numero delle persone che versano in tale condizione: e non solo per aspetti di spesa pubblica, ma per l’inevitabile carico di sofferenza e disabilità che ne deriva a livello individuale e di famiglie. Dei circa 1900 euro che come cittadini spendiamo per la salute pubblica, la tassa occulta dell’obesità è pari a circa 133 euro: come il canone RAI. Secondo altre stime, pari a 22,8 miliardi di euro, ovvero 380 euro a testa: un valore simile a quello dell’IMU pagata nel 2012 dalle famiglie italiane, come media. In Italia nel 2011 le persone obese ammontano al 10% della popolazione adulta.
Il Lungo periodo
Se in prima battuta il divario Nord- Sud tiene (con valori diversi e peggiori per il Sud -9,5 contro 10,9 del Centro Nord per il 2011), il dato medio di aumento dell’obesità in Italia rispetto all’anno 2001 è di +1,6%.
Come mette bene in luce ISTAT, le percentuali più elevate di adulti obesi si registrano in Molise (13,5), Basilicata (13,1), Puglia (12,6) ed Emilia-Romagna (12,0), ma la maggiore parte delle regioni ha visto in 10 anni peggiorare la propria esposizione verso il fattore di rischio. Tutte le regioni italiane, in 10 anni, hanno aumentato la propria percentuale di obesi, ad eccezione di Sicilia e Abruzzo, che per tale periodo hanno visto leggermente calare i valori (vedi tabella sotto).

(Elaborazione Coldiretti dati Istat- persone obese su totale, %, adulti dai 18 anni)
Medio periodo.
Se per contro si considerano i dati degli ultimi 2-3 anni, e considerando l’aggregato “persone in eccesso di peso” (categoria comprensiva di sovrappeso ed obesità), si nota un leggero miglioramento, che se da un lato positivo, potrebbe però riflettere aspetti di crisi economica sulle tavole ben documentati altrove da Coldiretti (con diminuzione consumi pesce, -3,4%, frutta, -1,9% ). Per il periodo 2009-2011, infatti, vi sarebbe un calo da 37% a 36,1% di eccesso ponderale per le donne; e da 56,5% a 56,2% per gli uomini.
Effetto prospettico?
Certo, tornando all’obesità, che sembra aumentata, c’è un aspetto che andrebbe considerato prima di stilare conclusioni assolute: la popolazione sta aumentando la propria età anagrafica (in ragione delle “life expectancy”), in modo lento ma inesorabile: sempre in 10 anni, un aumento di 2,4 anni di vita per gli uomini (da 77 a 79,4) e di 1,7 per le donne (da 82,8 a 84,5). Ed è noto che all’aumentare dell’età, aumenti anche la massa corporea, mediamente, entro la popolazione. Quel che però va sottolineato, è che un aumento della aspettativa di vita come anni da vivere non sia equivalente affatto alla “healthy life expectancy”, ovvero, non dà garanzie che quegli anni aggiuntivi siano in buona salute. Per l’Italia questo aspetto- come sottolineato da alcuni recenti studi- è drammatico, e si registra una crescente divaricazione tra i due aspetti (vecchiaia e vecchiaia in salute). Inoltre, i baby-boomers (che in Italia rappresentano una parte significativa della popolazione, nata nel corso degli anni ’60) si avvicinano/entrano nella classe di età 45-54 anni, che è quella che segna storicamente un brusco aumento sia di obesità che sovrappeso, con valori significativamente più alti che non l’età precedente (vedi tabella Istat 2003: gli obesi raddoppiano da 6,4 a 11,7 ). Ancora:dal 2001 al 2011 la percentuale di popolazione di 65 anni e più è passata dal 18,7% (10.645.874 persone) al 20,8% (12.384.963 persone); era al 15,3% nel 1991 (8.700.185 persone).
In sintesi: più persone mature, più effetto apparente di aumento dell’obesità e del sovrappeso. E’ quello che in termini di rischi emergenti, si chiama un driver, ovvero un “conduttore”, che sebbene non sia un rischio in quanto tale, crea le condizioni per un aumento dell’esposizione o suscettibilità a un (fattore di ) rischio.
Il contesto Europeo: dati affidabili?
In Europa, l’Italia appare tra i paesi con i valori più bassi espressi in percentuali(10,0) considerando la popolazione adulta (18 anni ed oltre), insieme ai Paesi Bassi (11,4), all’Austria (12,4), alla Svezia e alla Francia (12,9 per entrambe). All’opposto, percentuali più alte si riscontrano in Ungheria (19,5), Repubblica Ceca (17,4) e Grecia (17,3). In ogni caso, tutti questi paesi utilizzano metodologie di rilevamento non particolarmente affidabili, costruite sui valori “dichiarati” e non misurati da medici. Laddove per contro questo avviene, si riscontrano generalmente valori elevati, come per Regno Unito (26,1) e Lussemburgo (23,5). In Italia è molto probabile quindi una sottostima del fenomeno che potrebbe avere dimensioni più importanti.
% di popolazione obesa sul totale (2011)

In definitiva, all’ Italia mancano essenzialmente due cose:
– da una parte un sistema affidabile di monitoraggio del fenomeno, in linea con quanto fatto da altri paesi; senza una chiara e puntuale ricognizione di quel che accade, ogni policy diventa arbitraria, e può essere percepita come un abuso o una distorsione delle finanze pubbliche. L’evidence-based policy making, tendenza anglosassone che prefigura un dovere di “responsabilità” (o accountability) richiede quindi convergenza di interpretazione su fatti a tutti noti e ben documentati.
-dall’altra, politiche pubbliche serie e concrete per lottare contro un fenomeno spesso collegato (si veda sempre il rapporto ISTAT) a situazioni complessive di disagio economico, sociale, culturale. Come messo in evidenza in passato, obesità e sovrappeso si legano a carenze economiche ma a ben vedere anche culturali, con una correlazione importante (ancorchè preliminare e su dati secondari aggregati) circa-a mero titolo esemplificativo- lettura di libri e buona forma fisica.
Link
Gaining Health, WHO-Europa
Health at a glance OECD 2012-Europa