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Obbligo di indicare lo stabilimento di produzione: i dubbi di un lettore

29 Settembre 2014
Obbligo di indicare lo stabilimento di produzione: i dubbi di un lettore

“Gentili signori, vi scrivo per esprimere la mia più totale indignazione nei confronti del Governo Italiano.

In relazione alla normativa che disciplina l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari, Il Governo non risulta essersi ancora attivato per mantenere l’obbligatorietà di indicare la "sede dello stabilimento di produzione" in etichetta, punto per me molto importante. Da consumatore voglio sapere dove un alimento è stato prodotto, in quale regione ed in quale Paese!!! Il Governo ha pare aver deciso di accontentarsi della debole protezione offerta da Bruxelles. Ciò è vergognoso perché tale informazione è essenziale e l’Italia ha tutto il diritto di mantenerla in vigore sul proprio territorio. Cosa si può fare per tutelare la nostra salute ed il nostro diritto ad essere informati?

Gradirei un vostro commento al riguardo.

Con i più sinceri saluti,

un consumatore preoccupato.”

 

Una email di questo tipo solleva numerosi dubbi: davvero la nuova normativa non prevede indicare la sede dello stabilimento, come accadeva fino ad oggi? E sarà possibile continuare ad indicarla, su base puramente volontaria? Come dovrà essere fatta l’indicazione?

                               

Intanto una premessa. Le considerazioni del lettore sono più che legittime. L’Italia, come scelta nazionale fatta a suo tempo, aveva optato per l’obbligo di indicare- qualora diverso dalla sede legale dell’azienda produttrice- anche il luogo ove fosse presente lo stabilimento di effettiva produzione. In tal senso, si intendeva dare rassicurazione non solo ai consumatori circa una più piena tracciabilità del prodotto, con i vari passaggi lungo la filiera in qualche modo “esplicitati”. Ma anche consentire ai controllori una più rapida determinazione dei punti in cui poteva essere avvenuta una “rottura” della sicurezza alimentare.

Ora, se è vero che da un punto strettamente afferente al regolamento 1169 di prossima applicazione – dal 13 dicembre 2014- la sede di stabilimento -se diversa dalla sede altrimenti stabilita- non è più da indicarsi obbligatoriamente, è anche vero che gli Stati membri- a norma del capo VI del regolamento stesso-potranno mantenere molte disposizioni nazionali, purché non lesive del mercato interno e non in contrasto con altri principi della normativa UE.

                       

Ora, intendendosi tale disposizione non come in contrasto, ma come rafforzativa semmai del quadro UE e ampiamente accettata in passato, non dovrebbero esservi problemi insormontabili.Intanto, i produttori potranno quindi mantenere in via volontaria l’indicazione dello stabilimento, in modo da dare maggiori rassicurazioni ai consumatori- ma a patto che tale indicazione volontaria non “rubi” spazio a indicazioni invece obbligatorie. In secondo luogo, attendendo un adeguamento della normativa conseguente al D. lgso 109/92 (in base a rumors, in attesa per la primavera 2015), c’è da aspettarsi un mantenimento della specificità italiana, fondata sull’obbligo di indicare anche la sede dello stabilimento.

Sembra che il legislatore italiano sia così intenzionato: e si rimarrebbe quindi nel solco delle cose fatte.

Il fastidio del lettore per il ritardo è comprensibile, in ogni caso. Anche perché il quadro sanzionatorio stesso è in ritardo- ci si attende anche qui una pubblicazione in ritardo di almeno alcuni mesi rispetto all’entrata in vigore del regolamento 1169/2011: con conseguente incertezza giuridica che certo non fa bene agli operatori del settore.