Si è conclusa la ICDAM 8, iniziativa della FAO circa la ricerca su dieta, alimentazione e più in genere attività fisica: partecipanti da tutto il mondo hanno condiviso le più recenti linee di ricerca in merito a nutrizione, valore protettivo delle diete e dei vari regimi alimentari, nonchè possibili indicatori per definire la dieta ottimale.
Ampio spazio è stato dedicato alla Dieta Mediterranea e alla sue virtù: confermato il suo ruolo protettivo da malattie cardiovascolari, cancro e mortalità in generale. A questo dedicheremo spazio negli appositi approfondimenti che seguiranno.
Nella introduzione dei lavori, tenuta da Barbara Burlingame, responsabile per la Nutrizione alla FAO, tra i mandati principali dell’Agenzia vi è proprio "la raccolta, analisi e interpretazione, nonchè diffusione, delle informazioni sulla nutrizione; nonchè sulla promozione della ricerca scientifica, tecnologica, sociale ed economica riferita al cibo e alla nutrizione." Inoltre, " con una attenzione accresciuta a livello globale sui temi della nutrizione e edell’attività fisica, c’è un urgente bisogno di fornire una migliore e maggiore evidenza per supportare adeguate politiche pubbliche. Siamo orgogliosi di presentare una Conferenza con 572 abstract da oltre 50 paesi del mondo, in 24 sessioni. Siamo fiduciosi che ICDAM 8 fornirà una fonte di idee, innovazione e informazione che contribuisca alla qualità dell’evidenza e infine, al miglioramento della salute in tutto il mondo".

Nella sua presentazione introduttiva, Barrie Margetts della Facoltà di Medicina dell’Università di Southampton, ha poi sottolineato la necessità di oltrepassare gli stretti recinti delle scienze medicali: serve una maggiore focalizzazione sugli aspetti dedicati all’ambiente sociale ed economico "obesogenico". Oggi infatti la maggior parte delle ricerche sono riduzioniste: puntano su aspetti immediati di conoscenza, riferiti a scelte individuali di consumo, guidate solo da etichettatura e informazioni, riformulazione dei prodotti tramite strategie di marketing, o tutt’al più, programmi educativi. Ma bisogna andare oltre, verso un approccio olistico: considerando la società nel suo insieme, nel medio e lungo termine, con un approccio eventualmente legislativo e non solo volontario. Va inoltre considerata l’intera filiera produttiva, non solo il momento finale di scelta del consumatore. E qui, il ruolo dei player globali è fondamentale: i supermarkets, le grandi industrie, le politiche internazionali di liberalizzazione del commercio, le campagne pubblicitarie coordinate in tutto il mondo presentano aspetti da correggere se davvero si vuole seriamente lottare contro il problema sempre più evidente del "doppio fardello", che coniuga entro gli stessi paesi, obesità e sovrappeso e carenze nutrizionali.
Senza dimenticare che un aspetto altamente problematico- contiuna Margetts- deriva dall’abbandono delle diete tradizionali, a vantaggio di alimenti sempre più trasformati, preconfezionati, trasportati e pubblicizzati. Una catena del valore perfetta, tranne forse che per il consumatore. La ricerca inoltre deve fare un salto: passando dalle cause immediate e "ridotte" dei problemi, facilmente circoscrivibili, descrivibili e pubblicabili sulla letteratura, a fattori determinanti dal punto di vista sociale ed economico, sicuramente più complessi ma che non possono più essere nascosti nell’impatto. Riconoscere le influenze più ampie dell’ambiente è insomma fondamentale, e richiede di andare oltre l’attuale approccio di tipo "evidence-based", per abbracciare invece una prospettiva più ampia di salute pubblica (comprensiva di disuguaglianze sociali e fattori predisponenti al rischio).