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Il Parlamento Europeo sfida EFSA e la Commissione Europea sui vanti nutrizionali

8 Marzo 2012
Il Parlamento Europeo sfida EFSA e la Commissione Europea sui vanti nutrizionali

Il Parlamento Europeo non sembra affatto intenzionato a stendere un tappeto rosso alla cosiddetta Lista Unica degli Health Claims –o vanti salutistici – afferenti al mantenimento di un buono stato di salute. E la Commissione dovrà rispondere ad alcune spinose domande, che mandano indietro l’orologio di ben 6 anni e che riguardano niente meno che il regolamento 1924/2006 CE.

Il PE si prepara infatti a fare una guerra che intende smascherare il carattere non sempre scevro da giudizi di valore e quindi “puramente scientifico” delle opinioni che EFSA e prima ancora la Commissione Europea hanno dato.

Tra i temi caldi in particolare,

– il tipo di trial clinico richiesto, di tipo medicale e farmacologico, molto complesso e costoso per le PMI europee (l’industria alimentare UE è composta al 98% da piccole e medie imprese). Di fatto, le barriere all’entrata nel mondo di health claims generici sarebbero le stesso alte barriere di farmaci con indicazioni d’uso clinico assai precise e restrittive, e con conseguenti enormi margini di profitto. In definitiva, si mettono in competizione alimenti con farmaci, sebbene non si garantisca loro le stesse proprietà curative dei farmaci. Si chiede pertanto alla Commissione se intenderà cambiare le modalità di valutazione.

-il vantaggio assegnato alla valutazione di vitamine e minerali approvati in larga parte e laddove invece altre sostanze funzionali (ad esempio di origine vegetale) sono state bocciate al 97%. Il parere di libri di testo circa vitamine e minerali è stato giudicato sufficiente, commenta Jan Branzina del PPE e senza ulteriore verifica empirica, diversamente richiesta in termini molto stringenti su altre sostanze. Tra i casi critici, ad esempio, il rigetto sul claim del mirtillo rosso (cranberry).

-un ulteriore aspetto riguarda il requisito che gli studi vengano condotti su popolazione sana. Il che renderebbe meno evidente- o comunque difficile da dimostrare -un miglioramento specifico delle condizioni cliniche di salute. Un caso emblematico sembra quello dell’acido ialuronico. Stando ad EFSA, i risultati positivi della sostanza su persone che soffrono di osteoartrite non potrebbero essere estesi alla popolazione generale. Un paradosso: una sostanza “non fa bene” perché se così fosse vorrebbe dire che la popolazione target non è così sana. E la cosa non è ammessa dal protocollo che la Commissione Europea ha imposto ad EFSA. Insomma, una vittoria dell’industria del farmaco sui produttori alimentari.

– un ulteriore punto riguarda la preoccupazione di industria, consumatori e pubblici esterni insoddisfatti della valutazione condotta da EFSA; in particolare si chiede se la Commissione ed EFSA intendano impegnarsi in un nuovo ruolo di maggiore consultazione con gli stakeholders per definire insieme le nuove metodologie di valutazione.