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Governo inglese dichiara guerra alla marmellata: rivisto contenuto di zuccheri

6 Novembre 2013
Governo inglese dichiara guerra alla marmellata: rivisto contenuto di zuccheri

Il famoso piano BrownFood Matters” del 2008, una strategia complessiva per affrontare il problema del sovrappeso, obesità e malattie collegate, continua a produrre i suoi effetti. Nonostante l’era Cameron, la presa di coscienza collettiva sulla necessità di fare qualcosa è ormai arrivata ad un punto inderogabile, causando una serie di risposte di vario genere, ma frequentemente basate su partnership di tipo pubbilco privato- e con supporto trasversale tra laburisti e conservatori. Un caso eclatante in tal senso (e di successo, stando a quanto riporta EFSA) è stata la campagna per la riduzione del sale. Altro caso, sebbene più controverso, il sistema dei semafori in etichetta- che al di là della condivisibilità o meno, segnala l’urgenza di interventi in questo campo. Fino ad arrivare al piano di riduzione dei grassi saturi di cui si è parlato in questi giorni (anche qui, non senza polemiche e dubbi sulla utilità). Ma ora una nuova, inattesa azione è partita dal fronte governativo, sebbene stavolta non sia tesa a diminuire il contenuto di zuccheri per ragioni di salute pubblica, bensì per più prosaiche ragioni commerciali. Il rischio è che passi alla storia come… “la guerra della marmellata”.

L’azione, entro il contesto di policy “Making the food and farming industry more competitive while protecting the environment”, non ha quindi finalità di salute dei consumatori.

Tra gli obiettivi, invece, l’ “aprire nuovi mercati e rimuovere le barriere non tariffarie” (sarebbe interessante capire cosa DEFRA pensa della policy dei Traffic Light-o semafori – del Dipartimento della Salute, policy che invece sembra porre in essere proprio barriere non tariffarie su prodotti dal resto d’Europa.

“Jam”, cosa è?

La colazione inglese oltre alle proverbiali uova, pancetta e tè prevede anche.. pane tostato e marmellata. La marmellata inglese, nota come “Jam”, prevede un contenuto minimo di zuccheri storicamente del 60% (diversamente da gelatine e creme spalmabili a base di frutta, considerate qualitativamente inferiori e con minore ricorso agli zuccheri). Questo in base ad una norma del 2003, la  “Jam and Similar Products (England) Regulations ”. Ma le autorità pubblica, in particolare la DEFRA (Dipartimetno per le politiche ambientali, ma con competenza anche sul cibo) ha proposto di cambiare tali regole commerciali. La zona grigia oggi riguarda infatti i prodotti a base di frutta che contengono una percentuale di zuccheri tra il 50% ed il 60%: come vanno definiti? In base alle intenzioni del DEFRA, la mossa vorrebbe uniformare il contenuto di zuccheri ammesso rispetto a paesi come Francia e Germania (50%-55% gli zuccheri nelle marmellate), in modo da favorire le esportazioni di marmellate inglesi. Per contro, creme di frutta con contenuto inferiore ai 50 grammi di zuccheri su 100 g di prodotto finito sono considerate “creme spalmabili”.

Il dibattito paradossale

Perlomeno surreale visto dal punto di vista … italiano il dibattito. Altro mercato, altri gusti si dirà. Fatto sta che da noi a essere vantata è l’assenza o il basso contenuto di zuccheri (a volte andando contro le norme comunitarie in tema di claims, v. pareri Antitrust su aziende che vantavano impropriamente un ridotto contenuto di zuccheri). Non  è certo vantata .. una quantità minima del 60% di zuccheri! Per contro, alcuni parlamentari liberali che stanno osteggiando l’abbassamento degli zuccheri, lamentano l’incipiente “fine della colazione all’inglese come la conosciamo”.  La ricetta delle marmellate inglesi sarebbe infatti diversa: intanto la frutta prediletta riguarda ad esempio, arance o frutti rossi, che necessariamente presentano gradi di intensità che può essere utile bilanciare con zuccheri.

Inoltre, la consistenza delle marmellate inglesi (elevata, ed in ragione della percentuale di zucchero) sarebbe dovuta al connubio con il pane tostato. Ma oltre a gusto e consistenza, anche il colore vuole la sua parte. Temutissima infatti è la colorazione “fango”, accreditata da alcuni e agitata come spettro per prevenire soglie più basse di zucchero aggiunto.

Ma DEFRA ha chiarito che il fissare una soglia più bassa di zuccheri non significa renderla obbligatoria, ma solo lasciare agli operatori la possibilità di utilizzare soglie più basse mantenendo il nome di “jam” (marmellata).

La regolazione UE ed i suoi buchi

Sul tavolo indirettamente finisce la normativa europea: che infatti non fissa contenuti regolati di zuccheri, ma di frutta semmai. Diversamente, la normativa UK stabilisce proprio la soglia del 60% di zuccheri per poter vantare la denominazione di vendita “marmellata”. Ma tale soglia potrebbe agire come barriera commerciale a confronto con marmellate di altri paesi europei, che richiedono invece un più basso contenuto di zuccheri.
In base ad una norma di “mutuo riconoscimento”,  un prodotto che rispetti gli standard francesi o tedeschi  per la definizione di marmellata ma non quelli inglesi, non può essere là venduto come marmellata..in Francia o Germania (!). Affinchè ciò sia possibile deve infatti essere prima “considerato” marmellata nel paese d’origine.  Da qui l’iniziativa del Governo inglese.

Attualmente in Europa le norme di commercializzazione per le marmellate, confetture e gelatine prevedono che (Direttiva 2001/113):

–          Siano considerate “confetture” creme a base di frutta con almeno il 35% di frutta

–          Siano considerate “confetture extra” creme  a base di frutta con almeno il 45% di frutta

–          Siano considerate “gelatine” prodotti a base di succo di frutta (con almeno il 35% di succo).

–          Siano considerate “gelatine extra” prodotti a  base di succo di frutta (con almeno il 45% di succo).

In senso strettamente commerciale, il termine “marmellate” è riservato agli agrumi (in un range di frutta dal 20% al 35%: ma in caso di maggiore contenuto, il prodotto si chiama ugualmente marmellata). 

Ed in effetti, non vi sono norme che regolano il contenuto di zuccheri.

L’azione del Governo inglese rischia di avere effetti positivi anche dal punto di vista della salute pubblica, anche se forse la percentuale così intesa è, tutto sommato, limitata.