Ricorre oggi la Giornata Mondiale dell’acqua: il giorno successivo all’ingresso nella Primavera, corre d’obbligo qualche riflessione sul tema.
Nell’ultimo secolo i terreni irrigati, necessari alla moderna agricoltura, sono aumentati, ma la popolazione globale è cresciuta molto più in fretta, e in modo non sempre ordintato: con problemi di inquinamento delle falde (batterico e chimico) o salinizzazione, che rendono le acque difficilmente riutilizzabili.
Il 40% dei cereali mondiali provengono da acque irrigate (il resto della produzione da acqua piovana). Nel corso degli ultimi decenni un numero sempre maggiore di paesi mondiali ha cominciato a perforare pozzi per estrarre acqua di falda: ciò sta mascherando il semplice fatto che una volta compromessa la disponibilità di acqua (ad esempio, per semplice esaurimento della stessa) non sarà più possibile svolgere le ordinarie attività sviluppate fino ad oggi. Questione di sostenibilità per il futuro e di "picco acquifero", come è stato ribatttezzato da molti, prendendo spunto dal simile "picco petrolifero" (si continua il "business as usual" finchè all’improvviso… finisce il greggio).
L’Arabia Saudita rappresenta un esempio chiarificatore: in seguito alle crisi petrolifere deli anni ’70 vennero qui realizzati pozzi in profondità con le tecniche di estrazione petrolifera. L’Arabia Saudita divenne indipendente dalle importazoni da cereali, usate spesso come minaccia (a seguito dei cartelli dell’OPEC circa restrizioni alla produzione petrolifera). In breve l’Arabia divenne autosufficiente per il grano. Nel gennaio 2008 però, le autorità comunicavano come le proprie riserve idriche fossero gravemente compromesse. Tra il 2007 ed il 2011 il raccolto si è ridotto da 3 a circa 1,5 milioni di tonnellate. Entro il 2016 si prevede la fine di ogni raccolto così come oggi è conosciuto.
E l’Italia? In base ad uno studio pubblicato oggi e disponibile gratutitamente per la sola giornata odierna dal BCFN, think tank Barilla per lo sviluppo di soluzioni sostenibili nella filiera alimentare-, gli italiani consumerebbero più acqua degli europei: 92 litri pro capite al giorno contro gli 82 degli europei. Ma se si considera il concetto esteso di "impronta idrica", ovvero tutta l’acqua che serve per produrre beni di consumo di cui ci serviamo quotidianamente, si arriva a 6300 litri al giorno: di cui però solo il 4% è "visibile" al consumatore finale. Il valore è 1,65 volte più alto del consumo medio globale di acqua.
Monia Santini e Maria Cristina Rulli, ricercatrici sul tema, sottolineano poi come:
– le perdite acquifere dovute ad una cattiva gestione della rete, che ammontano al 33,7% per il Nord, al 39,1% e al 55% per il Sud (e isole).
– l’agricoltura sarebbe responsabile del 44%-60% dei consumi idrici; l’industria del 25%-36%; gli usi civili del 15%-20%.
– le acque di falda rappresentano quasi l’86% del totale disponibile, il resto è costituito da acque piovane.
Un aspetto dal quale poi non si può presindere riguarda il cambiamento climatico: dal 1971, rilevano le ricercatrici, stanno diminuendo sia le precipitazioni, con un conseguente aggravio delle risorse idriche. In base a 20 modelli diversi di previsione, si registra una coerenza sul fatto che diminuiranno nei prossimi anni le precipitazioni e di conseguenza, il ruscellamento superficiale, aggravando la dipendenza dalle acque di falda.
E tu quanta acqua consumi? Calcola il tuo consumo di acqua virtuale!