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Dietrofront: olio sfuso nei ristoranti

28 Maggio 2013
Dietrofront: olio sfuso nei ristoranti

La proposta di regolamento della Commissione era troppo bella per essere vera: con il dispositivo “antirabbocco” presso la ristorazione, a impedire l’annoso problema di oliere magicamente riempite di olio di incerta provenienza. Inoltre il giochetto è tanto semplice quanto diffuso: rabboccare la bottiglietta da tavolo  –magari che mostra riconoscimenti di qualità, marchi del biologico o Denominazione di Origine Protetta (DOP) con comune olio di oliva o di semi. O con più generico extravergine di non ben nota provenienza.  La bozza di revisione del reg. 29/2012 insomma è arenata, anche se è presto per dire che è tutto finito.

Il fatto

La Commissione Europea nei giorni scorsi si è allineata al voto espresso da una minoranza di blocco: nonostante infatti 15 paesi avessero espresso favore per la normativa proposta, questa non rappresentava una maggioranza qualificata dei 2/3. E addio a olio di oliva in bottiglie sigillate, nuove, con etichettatura completa.

Gli Stati produttori di olio (Sud Europa) hanno appoggiato all’unanimità la proposta, che avrebbe permesso di evitare frodi e raggiri commerciali. Ma altri paesi per lo più “consumatori” di olio si sono opposti. Gli inglesi, che in mancanza di una cultura alimentare dell’olio non hanno forse ben compreso la portata della bozza di legge, per bocca di David Cameron l’ hanno giudicata come un semplice attentato alla sfera di libertà economica :“è esattamente il tipo di regolazione di cui l’Europa dovrebbe disfarsi” ha dichiarato il primo ministro.  Non intuendo il danno per i produttori, semmai concependo il processo come un semplice “allargamento della euro-burocrazia”. Stesso atteggiamento dagli olandesi. Che hanno giudicato “incomprensibile nell’attuale momento” una iniziativa di questo tipo. Come dire: la crisi economica europea deve consentire minori carichi burocratici per le imprese, non maggiori. Entrambe le critiche, non a caso provengono da paesi non produttori, e che forse- dato il limitato ruolo che hanno nella vicenda- inteso sia come impatto che come rilevanza- avrebbero potuto avere un altro ruolo.

Un gioco sporco

E’ però rimarchevole che ormai, anche in ristoranti delle capitali europee del “nord”, sia diffusa la prassi di proporre agli avventori olio di oliva, che segnala una buona qualità del locale. E quindi i sospetti che qualcuno giochi sporco nella vicenda ci sono.

Come è successo anche per altre crisi di sicurezza alimentare, l’alibi delle difficoltà economiche della UE (soft drinks e tasse sul junk food; sanzioni sugli health claims….) non può però essere giocato in questo modo. Anche perché già oggi diverse centinaia di migliaia di olivicoltori onesti in Europa si vedono sotto-remunerato il proprio prodotto, a vantaggio di piazzisti spesso nascosti e dei loro margini commerciali. Sulla base delle regole odierne insomma alcuni vincono (ma dovrebbero essere puniti) e altri perdono (e dovrebbero essere premiati). Si stima che siano 450 i milioni di euro persi con la attuale legislazione dagli olivicoltori europei.

E’ altresì curioso che all’indomani dell’Horsegate siano proprio le autorità inglesi a non pretendere una maggiore chiarezza su quelle filiere lunghe che hanno creato uno scandalo enorme a distanza di 20 anni dalla BSE.

Stando alla bozza, dal gennaio 2014 la prassi di avere oliere non sigillate e con tappo anti-rabocco doveva entrare in vigore. Ma Dacian Ciolos ha dovuto fare un passo indietro.

Il fantasma: maggiori controlli e burocrazia

La partita ovviamente non è chiusa. Anche perché la normativa comunitaria poteva semplificare- e non complicare come è stato suggerito- il sistema dei controlli: rendendo di fatto impossibili le frodi entro la ristorazione. Ora, come risultato immediato, si dovranno aumentare i controlli. Non a caso, un gruppo di giornalisti ha chiesto alla Commissione se, dopo il ritiro della bozza di legge, verranno prese altre misure per garantire un sistema dei controlli e rispondere diversamente all’esigenza legittima sottesa all’”antirabbocco”.