Lavaggio e disinfezione dell’acqua ma anche dei macchinari alimentari: queste le principali fonti di clorati che residuano negli alimenti. Efsa, tramite il suo gruppo CONTAMINANTI- ha valutato il rischio di una esposizione da cloro di tipo alimentare, che avrebbe controindicazioni soprattutto in ragione dell’interferenza con il metabolismo dello iodio, nel lungo termine (esposizione cronica), con ipotiroidismo e disfunzioni ormonali.
Il clorato
Il clorato si forma come sottoprodotto dell’uso di cloro, diossido di cloro o ipoclorito per la disinfezione di acqua potabile, acqua per la produzione alimentare e disinfezione delle superfici di utensili e macchinari alimentari. Oggi i clorati non sono più autorizzati in Europa come fitosanitari, e visto che non sono stati fissati Limiti Massimi di Residuo (LMR), il valore di default è pari a 0,01 mg/kg. Sebbene l’addizione di cloro in alimenti animali e di origine animale non sia ammessa, il lavaggio di vegetali con acqua disinfettata con cloro è permesso da normative nazionali. A livello UE manca ancora un limite per l’acqua potabile, anche se la Organizzazione Mondiale della Sanità ne ha stabilito uno a 0,7 mg/kg.

Il Parere
Efsa ha infine stabilito una dose giornaliera tollerabile pari a 3 µg per kg di peso corporeo per i clorati, pari a 0,3 µg per il perclorato moltiplicato per 10 in ragione della maggiore tossicità del secondo composto. Tra gli effetti acuti e non cronici, la formazione di metaemoglobina -con ossidazione dell’emogobina e sua incapacità di veicolare l’ossigeno ai tessuti- con una dose acuta pari a 36 µg di clorati per kg di peso corporeo. Efsa stima che l’esposizione cronica di adulti e adolescenti non superi il Livello Giornaliero Tollerabile (TDI), ma i bambini e infanti (fino a 3 anni) più esposti in ragione della alimentazione, possono superarlo, con rischi eventuali di una carenza di iodio e relativi problemi di funzionamento della tiroide. Applicando in via ipotetica oggi un Limite Massimo di Residuo (LMR) per il cloro pari a 0,7 mg/kg, ivi inclusa l’acqua potabile– come prassi di alcuni produttori- potrebbe aumentare l’esposizione rispetto alle assunzioni attuali.
Immaginando poi una esposizione al cloro in concentrazioni di 0,7 mg per kg per tutte le fonti acqua inclusa, l’assunzione alimentare aumenterebbe del 500% e la dose acuta (con una ingestione giornaliera in grado di procurare disagio) sarebbe superata per la media degli infanti e bambini fino a 3 anni e anche per gli adulti più esposti ad alcuni alimenti (pari al 5% della popolazione adulta).
Infine, sulla base dei dati disponibili, Efsa rivela che la frutta e verdura che non rispetta i valori di default dello 0,01 mg/kg è frequentemente disponibile in Europa.

Acqua, principale contributore
L’acqua potabile rimane la principale fonte di cloro (fino al 48%), seguita da verdura e frutta, anche surgelata. In base ai campioni i valori medi di clorato nell’acqua risultavano di 28 µg/L: 2 litri d’acqua al giorno, come raccomandato dai medici di famiglia, porterebbero da sole un adulto di 65 kg a essere esposto per 0,8 µg/per kg di peso corporeo, quindi ben sotto il valore massimo di 3: per contro un bambino fino ai 20 kg potrebbe superare tale soglia, e solo sempre considerando l’esposizione all’acqua potabile; mentre gli infanti potrebbero arrivare addirittura ad una esposizione di 6,6 µg/per kg di peso corporeo.