Saranno anche aspetti noti, visto che già EFSA nel suo parere (2010) sugli zuccheri evidenziava il nesso tra frequenza di ingestione (più che su quantità assoluta ingerita) e carie dentali. E che forse le mamme italiane sanno già. Ma potrebbe diventare presto addirittura una emergenza di salute pubblica: un aumento significativo del rischio di sviluppare carie per i bambini che consumano regolarmente bibite zuccherate rispetto a quelli che non fanno altrettanto. Il motivo, proprio la capacità propedeutica che lo zucchero svolge per processi di replicazione della placca batterica, in grado di erodere lo smalto dei denti e innescare la carie. Nello studio si è scoperto che circa la metà dei bambini tra i 5 ed i 16 anni consumano almeno una volta al giorno bibite zuccherate; e circa il 13% ne consuma 3 o più. Proprio coloro che sono forti consumatori di soft drinks avrebbero un rischio di sviluppare carie quasi del 50% più elevato.
A differenza degli alimenti solidi, le bibite sono particolarmente pericolose: infatti non si sente il bisogno, dopo averle bevute, di lavarsi i denti. Con la flora batterica libera di attaccare i denti.
Non solo zucchero, non solo carie
Tuttavia non sarebbe solo lo zucchero al centro del problema. L’acidità di bibite, addizionate appunto da agenti acidificanti per conservarle e conferire un aroma intenso, avrebbe un effetto diretto sull’erosione dei denti, sottolinea Jason Armifield dell’Università di Adelaide e autore principale dello studio. Acido ortofosforico (E 338), acido tartarico, acido citrico sono solo alcuni dei più comuni, ed insieme allo zucchero svolgerebbero quindi un danneggiamento della superficie dentale.
Ma l’aspetto forse più problematico riguarda il fatto che le carie sono sempre più connesse a stati di rischio per la salute generale. Si è infatti scoperto -ormai da un paio di decenni almeno- che una cattiva igiene dentale (e infezioni orali croniche) sono legate ad un aumentato rischio di eventi avversi cardiaci, in ragione di batteri che si propagano nell’organismo ospite e nel sangue, favorendo processi di infiammazione ed in ultimo di facilitazione all’infarto. Soprattutto nei giovani uomini, a quanto pare (da uno studio apparso sull’autorevole BMJ, 1993). Si è poi più recentemente studiato il nesso con eventi avversi sulla vascolarità cerebrale, e si è trovato un nesso robusto tra malattie periodontali e rischio cerebrovascolare (sul prestigioso JAMA).
Tutti motivi in più per aumentare l’attenzione, cercando di limitare-soprattutto con i bambini- il consumo di soft drinks. Ora in Australia si apprestano ad inserire, nell’ambito di una campagna educativa multi-intervento, un messaggio relativo a tali bibite, recepito e adottato dal National Health and Medical Research Council, del tenore “limitare il consumo di alimenti e bevande che contengono zuccheri aggiunti”
EFSA
EFSA come sopra indicato, aveva già pubblicato un avviso nel 2010, che però risultava in una opinione non direttamente usabile dai consumatori, ma volta a fini di policy e diretta ai risk-managers. Tale parere, peraltro molto chiaro, invitava a non eccedere nella frequenza di consumo di zuccheri proprio al fine di non aumentare il rischio di carie dentale e di compromissione della igiene orale. E invitava le autorità preposte a dare comunicazioni coerenti ai consumatori.
“Evidence regarding patterns of consumption of sugar-containing foods should be considered by policy makers when making nutrition recommendations and developing food-based dietary guidelines at national level.”
Nel parere mancava però la definizione di una soglia massima di zuccheri da consumare su base giornaliera.
EFSA in questo era stata criticata, con riferimento proprio ad altri aspetti problematici di salute pubblica. Coldiretti aveva chiesto entro la Consultazione Pubblica sul parere finale, di riferirsi al valore OMS di un massimo consumo giornaliero pari al 10% dell’energia da zuccheri liberi, in ragione di noti aspetti di salute pubblica che legano un consumo eccessivo degli zuccheri a rischio cardiovascolare, cancro, diabete e stato generale di infiammazione.
Francia allineata.
In base ad un recente studio francese, su 1400 bambini dai 3 ai 17 anni, vi sarebbero dati ugualmente allarmanti. E ANSES, l’authority francese per la sicurezza alimentare, ambientale e del lavoro, ha pubblicato un report. Le differenze socio-economiche colpirebbero i bambini meno “dotati” che consumano fino al 250% in più di bibite zuccherate e una porzione di frutta/verdura in meno al giorno. E una quantità maggiore di dolciumi, aumentando quindi i fattori di rischio per carie, obesità e sovrappeso, sindrome metabolica. L’avviso finale dell’authority francese è il seguente:
“Anses sottolinea l’interesse di perseguire e ampliare politiche volte a ridurre l’apporto di zuccheri semplici aggiunti nell’alimentazione, in particolare, quelli delle bibite zuccherate”.