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10 anni di EFSA, le sfide

12 Novembre 2012
10 anni di EFSA, le sfide

Un elevato numero di presentazioni, di elevato interesse, che hanno riguardato diversi metodi di valutazione del rischio, rapporti su dati raccolti in aree come fitosanitari e residui, OGM, additivi e prodotti/sostanze utilizzate nei mangimi; e ancora, rischi biologici, contaminanti nella filiera alimentare, materiali di contatti alimentare, enzimi, aromi. Per fare il punto sulla situazione evolutiva a 10 anni dalla sua nascita, nel 2002, quando a seguito dei vari scandali alimentari (i più noti sono quelli ormai citati nella “mitologia” della sicurezza alimentare: “mucca pazza” e polli alla diossina in Belgio) fu stabilita l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, trasferita nel giro di 2 anni a Parma. Che oggi è sicuramente l’organismo più autorevole sulla scena circa il risk assessment (RA), dopo che recenti fatti ne hanno rafforzato il profilo pubblico circa indipendenza e trasparenza scientifica (con una rinnovata Corporate Policy su Conflitto di interessi).

Dopo l’introduzione della Direttirce di EFSA, Catherine Geslaine Laneelle, è stato il turno di Anne Glover, Chief Scientific Adviser, European Commission, con una presentazione circa il contesto di riferimento dal titolo “Il cibo: troppo rischioso per mangiarlo?”La provocazione iniziale- forte- è stata la seguente: il cibo è rischioso, possiamo morire con una lisca di pesce in gola, per una reazione allergica, per virus o batteri e per eccesso di cibo o per al contrario carenza dello stesso…Se non smettiamo di mangiare è perché in fondo i benefici del nutrirci superano i rischi.

Da questo punto in poi purtroppo però la relazione della Glover ha preso una piega scontata, che semplificando riassumiamo come segue: siccome la percezione del rischio da parte dell’ “uomo della strada” amplifica eventi per i quali tutto sommato si muore poco, e sottostima invece sistematicamente eventi “meno paurosi” per i quali si muore di più (uccide più l’influenza degli squali, per usare un noto esempio; e l’inquinamento da petrolio uccide più dell’energia nucleare), oggi accade che  “governi politicizzati” e “cittadini ignoranti” si concentrino su oggetti “sbagliati” nella valutazione del rischio alimentare. Un esempio (ma pensa?) gli OGM.

Con la solita ricetta propagandata di “più educazione e informazione” sulle reali evidenze scientifiche circa OGM (viene non a caso presentata una slide in cui si mostra l’opposizione dei governi europei agli OGM su  opinioni scientifiche). La soluzione è quindi rappresentata dal colmare tale “deficit” di conoscenza, e con un approccio illuminista, da educational, tranquillizzare tutti.

Sono ormai almeno 20 anni che la comunità scientifica ha rigettato tale approccio semplificato (conosciuto appunto come il “deficit-model”), al fine di dare maggiore voce nel dibattito scientifico alle istanze della società civile e dei corpi politici. I cittadini sono infatti gli ultimi utilizzatori della scienza; e sono i governi che tramite elezioni democratiche hanno la responsabilità ultima di tutelare i cittadini o interpretarne le scelte in complesse materie economico-scientifiche.  Che a dire queste cose sia la figura “straordinaria “ di un Chief Scientific Adviser della Commissione Europea è però da un lato curioso, dall’altro abbastanza grave. Sempre più le preoccupazioni circa gli OGM riguardano non tanto aspetti di sicurezza alimentare in quanto tali, quanto dal complesso intreccio che nasce dal monopolio della produzione degli stessi, dal monopolio della distribuzione e dal monopolio della valutazione scientifica.

La figura retorica del paradosso (“tutto fa male, quindi niente e rischioso”) insomma è accattivante, ma anche sinceramente un po’ fuori luogo. Non sono  solo Organizzazioni Non Governative o attivisti a chiedere a EFSA una valutazione indipendente, quanto altri “pesi massimi” dell’apparato scientifico: la agenzia francese per la sicurezza alimentare e ambientale, ANSES, ha chiesto infatti nuovi ed indipendenti studi sugli OGM come unica risposta possibile alla ricerca di Eric Gilles Seralini, che evidenziava un aumento della mortalità in ratti alimentati con glifosato e OGM NK603. Sebbene tale ricerca sia apparsa come viziata da presupposti metodologici poco consistenti, ora dovrebbe essere non una nuova ricerca privata a smentirla, ma ricerca pubblica, con dati prodotti da soggetti estranei rispetto all’industria. Sul tema è intervenuto anche Salvatore Arpaia del Panel OGM, con una relazione circa “problematiche della valutazione comparativa circa effetti avversi potenziali degli OGM su organismi non –bersaglio (come lepidotteri e nematodi, spesso colpiti, e su cui EFSA ha dato proprie linee guida specifiche per la gestione in campo, senza escludere affatto tale rischio). In particolare nella presentazione si legge che “Il Panel OGM di EFSA ha concluso che c’è un rischio per quel che riguarda alcune specie altamente sensibili di lepidotteri non-bersaglio, laddove alte proporzioni della popolazione siano esposte per diversi anni ad alti livelli di polline da mais GM 1507, depositato sulla pianta ospite, e raccomanda pertanto misure di mitigazione al fine di ridurre l’esposizione in queste situazioni”.  

E vi sono ancora tanti aspetti da chiarire e sui quali ancora non si è in grado di pronunciare “l’ultima parola” circa la sicurezza produttiva: il numero limitato delle specie studiate, la loro distribuzione geografica, la scelta limitata dei cosiddetti “endpoint” (indicatori scientifici misurati), per lo più effetti tossici acuti, mentre effetti su crescita, sviluppo, fecondità-fertilità andrebbero valutati). Allo stesso modo, effetti non voluti e magari a medio-lungo termine dovrebbero essere presi in appropriata considerazione.

La giornata è proseguita con altre presentazioni: Vittorio Silano, ha “raccontato” gli ultimi dieci anni, in particolare con numeri che fanno capire l’intenso lavoro dell’Authority: 2200 opinioni scientifiche, 3000 output, 100 nuove metodologie di valutazione del rischio. Silano ha poi sottolineato il ruolo delle “Consultazioni Pubbliche” come centrale nella preparazione di nuove metodologie di valutazione ed armonizzazione del rischio, sottolineando la volontà di EFSA di sottoporre a scrutinio pubblico le proprie scelte. Le prossime sfide di EFSA riguarderanno la necessità di valutazioni armonizzate del rischio, in modo da diminuire il più possibile pareri divergenti tra diversi organismi; favorendo la cooperazione e scambio con organismi internazionali.

Altre sfide derivano da: mettere in piedi un sistema integrato di qualità; organizzare un programma di lavoro pluriennale sulla raccolta dei dati; identificare in modo sistematico le priorità di ricerca; sviluppare e completare il prodotto “EU Menu”, per controllare i consumi alimentari nei diversi paesi UE; migliorare la trasparenza scientifica nella valutazione del rischio, in particolare in presenza di incertezze residue nella terminologia della valutazione del rischio. Tali aspetti sono stati ripresi anche da Hubert Deluyker, Director of Science Strategy and Coordination, che ha illustrato la Strategia Scientifica di EFSA 2012-2016.

Ma diverse sono state le presentazioni di elevato interesse, cui rimandiamo al link: in particolare, la sessione circa esposizione alimentare a contaminanti, con introduzione di EFSA (Mary Gilsenan) per arrivare al contributo di Ruth Charrondier della FAO, che ha illustrato la strada per una valutazione più obiettiva dei consumi alimentari tramite i “Total Diets Studies”. O la presentazione di Thomas Burke, della John Hopkins University, su Integrating new methodologies: Challenges for risk assessment, food policy and communication.

Vai alla pagina di EFSA sulla quale sono caricate le presentazioni delle sessioni parallele.