Un altro fenomeno insidioso è rappresentato dall’italian sounding, ovvero il commercio di prodotti che di italiano hanno il nome o segni distintivi sulla confezione ma che in realtà non hanno alcun legame produttivo con il nostro Paese.
Il caso più evidente è quello dell’agropirateria internazionale, di cui il Parmesan, clone di Parmigiano Reggiano e Grana Padano, o le varie imitazioni del Prosecco (l’ultimo, il Calsecco californiano) rappresentano i simboli più noti.
Un mercato che ha raggiunto il valore record di circa 120 miliardi di euro, pari a quasi il doppio di quello dell’export agroalimentare totale. Ma a danneggiare gli agricoltori e i consumatori italiani è anche l’italian sounding di casa nostra, quella zona grigia dove, grazie al principio di ultima trasformazione contenuto nell’attuale codice doganale, è consentito spacciare per cibo italiano quello che italiano non è.
Uno scandalo che ha portato oltre diecimila agricoltori della Coldiretti alle frontiere, dal Brennero ai porti di Civitavecchia, Salerno e Bari, per chiedere un cambio di passo, con una raccolta di firme per una legge popolare che garantisca l’introduzione dell’obbligo dell’indicazione del Paese d’origine in etichetta su tutti i prodotti alimentari in commercio nell’Unione Europea.