ARTICOLO | Economia

Consumi: Coldiretti, da ananas a banane e canguro, ecco sfregi a pizza

22 Febbraio 2017
Consumi: Coldiretti, da ananas a banane e canguro, ecco sfregi a pizza

Dalla pizza hawaiana con l’ananas a quella di banane e curry, da quella al creme caramel a quella con la carne di canguro o coccodrillo, fino a versione disgustose con cicale e scorpioni, si moltiplicano nel mondo le ricette che stravolgono il simbolo culinario del Made in Italy che genera un business che ha superato nel 2016 i 100 miliardi di euro a livello globale. Ad affermarlo è la Coldiretti nel commentare le parole del Presidente dell’Islanda Guoni Johannesson secondo il quale l’ananas sulla pizza sarebbe da “vietare per legge” che ha scatenato su Twitter l’hashtag #pineappleonpizza e’ diventato uno dei piu’ popolari. La passione per la pizza è diventata planetaria, con gli americani che sono i maggiori consumatori con 13 chili a testa mentre gli italiani guidano la classifica in Europa con 7,6 chili all’anno, e staccano spagnoli (4,3), francesi e tedeschi (4,2), britannici (4), belgi (3,8), portoghesi (3,6) e austriaci, che con 3,3 chili di pizza pro capite annui chiudono questa classifica. Una diffusione che – rileva Coldiretti – ha favorito lo sviluppo di ricette che nulla hanno a che fare con l’originale, attraverso l’uso degli ingredienti più fantasiosi, a partire proprio dai frutti tropicali come ananas, banane o noce di cocco, ma anche di dolci, come i marshmellow americani o il creme caramel, di specialità locali come le haggis, le interiora di pecore scozzesi, la carne australiana di canguro e coccodrillo o quella di renna finlandese, fino alle versioni con insetti, dai grilli alle cicale e agli scorpioni. Ma il problema dell’originalità degli ingredienti riguarda in realtà anche l’Italia dove quasi due pizze su tre servite in Italia che – continua la Coldiretti – sono ottenute da un mix di ingredienti provenienti da migliaia di chilometri di distanza senza alcuna indicazione per i consumatori, dalla mozzarella lituana al concentrato pomodoro cinese, ma c’è anche l’olio tunisino e il grano ucraino. Una situazione che mette a rischio un settore che in Italia occupa almeno 100 mila lavoratori fissi ai quali – sottolinea la Coldiretti – se ne aggiungono altri 50 mila nel fine settimana, secondo i dati dell’Accademia Pizzaioli.  Ogni giorno solo in Italia – continua la Coldiretti – si sfornano circa 5 milioni di pizze nelle circa 63mila pizzerie e locali per l’asporto, taglio e trasporto a domicilio dove si lavorano in termini di ingredienti durante tutto l’anno 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro. Per tutelare la pizza – ricorda Coldiretti – si è appena aperto un anno storico che si concluderà tra il 4 e l’8 dicembre 2017 a Seul dove sarà esaminata dal comitato mondiale Unesco la candidatura per l’iscrizione dell’Arte dei Pizzaiuoli napoletani nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità Unesco a sostegno del quale si sta completando la raccolta di 2 milioni di firme in tutto il mondo con il forte sostegno della Coldiretti.