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Rapporto del Network Europeo sulle Authority Antitrust: cosa succede in campo agroalimentare?

5 Giugno 2012
Rapporto del Network Europeo sulle Authority Antitrust: cosa succede in campo agroalimentare?

Nel 2009 una comunicazione della Commissione dal titolo “Un migliore funzionamento della filiera alimentare in Europa” aveva chiesto un resoconto (Ottobre 2009) circa il funzionamento del network delle Antitrust nazionali. Ora un Rapporto fa chiarezza e dà una prima risposta. Sono 180 le sanzioni comminate, ma in genere-riconoscono le autorità- in controlli hanno funzionato, garantendo la concorrenza e la tutela dei consumatori anche dopo l’impennata dei prezzi alimentari verificatasi dal 2007. Diverso il grado di infrazioni per prodotto e per filiera, anche a seconda dei paesi. Le Autorità hanno preso circa 1.300 decisioni su concentrazioni e realizzato oltre 100 azioni di monitoraggio.

Sono stati vietati oltre 50 cartelli per la fissazione dei prezzi, la ripartizione dei mercati e dei clienti e lo scambio di informazioni commerciali sensibili e sono state messe al bando le pratiche di esclusione nei riguardi di agricoltori e fornitori concorrenti. Se si considerano insieme industria e retail, i casi di infrazione ammontano al 67% circa (27+16 l’industria, e 24 il retail), con la metà dei casi relativi ad “accordi orizzontali”, ovvero pratiche collusive a discapito di una reale concorrenza (cartelli, fissazione dei prezzi, scambio di informazioni confidenziali) e un 20% di infrazioni relative invece ad “abuso” di mercato e di posizione dominante (es, diritti di esclusiva, obbligo di quantitativi minimi di acquisto, rifiuti di fornitura…), come specificata dall’art. 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.

Un altro 19% delle infrazioni riguardano poi aspetti di concorrenza “verticale” (es, fissazione dei prezzi minimi o massimi di vendita a livello di industria per prodotti poi da destinare al retail, impedendo di fatto una attività imprenditoriale davvero libera circa la decisione dei prezzi da parte di questi ultimi).

Circa il tema sempre caldo della trasmissione dei prezzi, le Authority hanno rilevato come dal 2007 diversi fattori ciclici o strutturali hanno influito sulla formazione degli stessi. Sebbene non sia facile controllare tutti gli aspetti che portano alla determinazione del prezzo finale, la trasmissione dei prezzi è stata diversa a seconda dei livelli della filiera, con tempi di trasmissione dei prezzi, ma senza reali volontà speculative.

Le Authority insistono su aspetti “pro-competitivi” da mettere in atto da parte delle aziende della produzione primaria, come ad esempio ma non esclusivamente, cooperative e altre forme associative che permettano di competere meglio aggregandosi e controbilanciando il potere di mercato degli operatori più a valle.

Nella relazione si riconosce come ad esempio la possibilità di accorciare le filiere, incorporando azioni di trasformazione, commercializzazione e logistica, possa incidere positivamente tanto sui prezzi finali ai consumatori quanto sulle possibilità di reddito dei produttori agricoli.

Le Authority hanno inoltre osservato che cattive prassi commerciali connesse a rapporti iniqui (Business to Business), non rientrano nell’ambito delle loro potestà, invece ferme sul governo della concorrenza (Business to Consumer), e che eccezioni a tali norme dovrebbero essere ben argomentate per non avere effetti anti-competitivi.

Insomma, non facciamoci illusioni: molto rimane ancora da fare per migliorare la filiera alimentare, l’equità delle relazioni commerciali ed in ultimo, nel lungo termine, la capacità di scelta dei consumatori.

Spunti interessanti in questo senso derivano da uno studio indipendente commissionato da Coldiretti, NFU Regno Unito e Boerenbond Belgio, circa le modalità di adozione di buone prassi commerciali Business-To-Business.