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Le acquisizioni di terra: oltre i cliché

19 Settembre 2013
Le acquisizioni di terra: oltre i cliché

Le acquisizioni di terra oltre i cliché

Angelo Di Mambro*

Non "Land-grab", ma "Land-grab?". Un punto interrogativo può fare molta differenza. Nel libro The Great African Land-Grab? Agricultural investments and the global food system (link http://zedbooks.co.uk/node/11847 ), del ricercatore dello IIED Lorenzo Cotula, il punto interrogativo del titolo è il presupposto per sgombrare il campo da molti cliché. Per diversi anni, più o meno dal 2008, definire land-grabbing ("accaparramento" o "conquista" delle terre) l’accelerazione delle acquisizioni di terra su larga scala per la produzione agricola (a scopi alimentari o energetici) nei paesi in via di sviluppo ha costituito la principale cornice interpretativa di un fenomeno complesso, che richiede uno sforzo analitico più articolato dell’applicazione pura e semplice di uno schema neo-coloniale.

Allineare l’incremento delle transazioni fondiarie su larga scala alla narrativa del colonialismo è servito a fare notizia, ma, nel bene e nel male, nel fenomeno c’è molto più di un puro e semplice colonialismo di ritorno. Sulla terra, e sulla corsa alla terra, si scaricano le tensioni dei grandi cambiamenti nei sistemi agricoli e finanziari, nei flussi del commercio internazionale, nei modelli di sviluppo economico. In due parole, i land deals non sono, o almeno non sono soltanto, una faccenda di grandi multinazionali contro poveri contadini. "Se global land grab è diventata una definizione ombrello per descrivere e analizzare l’attuale esplosione delle transazioni commerciali internazionali di terra" essa "non aiuta a definirne i reali confini" e non fa giustizia alla comprensione del fenomeno (cfr. Corsa alla terra, Donzelli 2011 – http://www.donzelli.it/libro/2366/corsa-alla-terra ).

Cotula va più in profondità. Svela le radici storiche delle acquisizioni di terra, che vanno oltre il colonialismo, e evidenzia i fatti nuovi legati all’ultima ondata di shopping di terra, come le politiche di incentivazione dei biocarburanti in Ue e Usa, ma anche le forme di investimento diffuso che permeano le società avanzate, dagli hedge funds ai fondi pensione.

Proprio il caso degli investimenti in terra dei fondi pensione è emblematico. Il fenomeno della competizione sui suoli innerva a tal punto la nostra società da legare in un inconsapevole intreccio i destini di un pensionato svedese e di un piccolo agricoltore dell’Africa sub-sahariana

Le acquisizioni da milioni di ettari da parte di fondi sovrani o di multinazionali di stato sono solo una parte della storia; quella che, anche giustamente, fa più notizia. Il ruolo degli Stati del Golfo o delle nuove economie emergenti nella crescita degli investimenti agricoli in Africa è indiscutibile. Ma ci sono distinguo importanti. A fronte di esempi come quelli delle multinazionali indiane in Etiopia o dei fondi sovrani dell’Arabia Saudita, che hanno o hanno provato a comprare o affittare a lungo termine enormi estensioni di milioni di ettari, in Africa ce ne sono altri (per esempio Brasile o Cina) che rappresentano modelli di investimento maggiormente diversificati.

The Great African Land-Grab? ci ricorda che nella corsa alla terra esistono motori che vanno oltre l’agricoltura, come le risorse minerarie o il turismo. Ma anche che la stessa offerta del settore primario deve rispondere oggi a una domanda sempre più pressante: non solo cibo, ma energia, materiali, legno, tessuti e… transazioni finanziarie collegate alle materie prime. Il volume mette in luce il ruolo degli intermediari nazionali e locali, che spesso dai land-deals hanno il grosso del profitto, anche perché la concentrazione della proprietà della terra è un movimento planetario, che coinvolge anche i nuovi ricchi nei paesi target degli investimenti. A questo si affianca il fallimento della governance locale, con il frequente scollegamento tra le leggi che regolano la proprietà fondiaria e le aspettative delle comunità che vivono sulle terre oggetto degli accordi. Cotula inquadra la mentalità "modernista" di molte elites africane che ripropongono uno scontro tutto ideologico tra l’agricoltura di grande e piccola scala. Accende i riflettori sull’accelerazione del processo di commoditizzazione della terra, con i piccoli fondi europei e americani che acquisiscono superfici agricole non per produrre ma per rivenderle nel futuro, sfruttando la tendenza al rialzo dei prezzi dei suoli.

Nel volume ci si pone anche il problema dei dati. Quanta terra viene ceduta nel nome del land-grab? Dal 2008 in poi la corsa alla terra è stata doppiata da una corsa alle cifre per determinare quanta superficie è stata oggetto di scambio. Il massimo è stato indicato da alcune Ong, con transazioni stimate in oltre 200 milioni di ettari dal 2000 in poi in tutto il mondo. Punto critico è che in questo tipo di elaborazioni si mescolano senza fare differenza accordi transnazionali e nazionali, transazioni annunciate e effettivamente realizzate, lavori iniziati e poi naufragati oppure conclusi e operativi. Tenuto conto che va comunque soppesato il ruolo delle transazioni annunciate in un’economia in cui l’informazione finanziaria ha un suo valore, nella generale incertezza causata anche dalle lacune degli archivi catastali, resta da definire anche quando un’acquisizione di terra può essere definita "grande". Qual è il limite dimensionale? Cento, duecento, mille ettari?

Quella della misurazione del land-grab è una sfida aperta. il land matrix (http://www.landmatrix.org/), e’ un osservatorio che riunisce enti di ricerca, ong e organismi internazionali con l’obiettivo di creare un database partecipativo che differenzia acquisizioni annunciate, concluse e fallite. nel momento in cui scrivo, conta 32,9 milioni di ettari che hanno effettivamente cambiato proprietario, a vantaggio principalmente di società degli Usa, Malesia, Emirati Arabi e Gran Bretagna.  

Ma si tratta di un database dinamico e partecipativo, che si aggiorna di continuo. Il punto è, conclude Cotula, che un dato "vero" e "definitivo" non ci sarà mai. Diverso il discorso per la possibilità di documentare caso per caso il fenomeno più generale dell’incremento delle pressioni commerciali sulla terra, che esiste a tutte le latitudini.

*giornalista, ha contribuito al volume Corsa alla Terra, a cura di Paolo De Castro, Donzelli 2011