L’articolo recente del New York Times, circa le frequenti contraffazioni alle importazioni di olio extravergine“presunto” italiano, ha sollevato un problema reale. Che crea danno ovvio tanto ai consumatori USA che ai produttori davvero italiano.
Ma da oggi ci si accorge che ad essere “della partita” sono anche i produttori di olio extravergine di oliva USA, pronti a combattere insieme la battaglia per la qualità. Proprio i produttori riuniti nella North American Olive Oil Association avrebbero infatti chiesto di applicare regole più stringenti all’olio di importazione che ricordiamolo, non è tanto italiano, quanto piuttosto spacciato per italiano (“Italian sounding”). La notizia, ripresa dal Los Angeles Time, rileva però come la recente Farm Bill abbia escluso una regola per sottoporre a test gli oli di importazione. E la US International Trade Commission sostiene che gli standard internazionali restino inapplicati. Il rapporto, di ben 284 pagine, rileva le condizioni di differenza tra la produzione interna e le importazioni da alcuni paesi.
La cosa del resto è curiosa, in quanto gli USA sono i primi a non riconoscere la validità degli standard voluti dal Consiglio Olivicolo Internazionale (COI), non facendo parte del Consiglio, e nonostante importino il 97% dell’olio extravergine di oliva consumato. Al pari di diversi paesi del Nuovo Mondo, vorrebbero standard più restrittivi di quelli attuali. Tuttavia, si legge nel rapporto, “ i livelli qualitativi standard determinate dal COI a livello internazionale sono spesso inapplicati e consentono una vasta varietà di differenze in termini qualitative sul mercato dell’extravergine”.
Ne risulta a cascata la mancanza di organismi di controllo adeguati e di relativi controlli, con il settore olivicolo esposto a frodi di vario genere. La frode prevalente in USA riguarda il “taglio” dell’extravergine con altri tipi di olio vegetale.
La cosa assolutamente rilevante quindi è che gli USA intendano combattere insieme all’Italia e sulla scena internazionale una lotta contro le frodi e per la qualità. Il che potrebbe portarli presto a decidere di adottare gli standard più stringenti in materia, in nome della difesa dell’ “interesse nazionale” delle proprie imprese.
“la gamma degli oli che possono fregiarsi della qualifica di Extravergine è troppo ampia, e consente di vendere oli anche qualitativamente molto diversi” insomma, senza consentire una reale creazione di valore per i produttori virtuosi e invece favorendo quelli meno virtuosi.
Sebbene norme nazionali più cautelative non siano viste positivamente dal COI, che sta cercando di allargare il mercato dell’olio di oliva, gli USA non sono da soli nella battaglia per la qualità. E recentemente ci si è messa pure la Australian Olive Association, che chiede- in modo curiosamente assai simile a quanto chiedono da svariati anni le associazioni italiane degli olivicoltori- test nei supermercati e maggiori controlli, nonché una etichettatura più ferrea.
Quali frodi?
Se i tesi condotti dal COI ogni anno hanno dimostrato come meno del 10% dei campioni (su 200 oli provati) ammettesse segni di anomalie chimiche e frodi, in base a test analoghi della North American Olive Oil Association che rappresenta gli importatori, meno del 2% degli oli sugli scaffali sarebbe adulterato. Ma uno studio più recente della Università di Davis- California- ha concluso che il 73% dei campioni delle principali e più vendute marche commerciali non ha superato i test sensoriali ed aromatici necessari per il grado di “extravergine”, e che il 28% ha addirittura fallito i test chimici obiettivi del COI per la categoria di “extravergine”. Ma quel che rileva sottolineare è che i test chimici e organolettici (con panel di esperti) per assegnare il grado “extravergine” all’olio consentono disparati livelli qualitativi. E frodi “fatte bene”, insomma, potrebbero non essere sempre facili da scoprire.
Solo olive italiane
Proprio per questo il sistema Italia ha lanciato l’iniziativa “Solo Olive Italiane”, che vede collaborare Unaprol, la principale associazione olivicola italiana ed europea, Symbola, la Fondazione per le qualità agroalimentari e territoriali italiane, il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Il Sistema veicola certezza sulla tracciabilità delle olive: in modo da garantire non solo il prodotto finale, ma anche il processo, dando garanzie aggiuntive.
E’ questa la migliore risposta alla paura oltreoceano per oli di qualità scadente, triangolati da altri paesi, e magari soltanto imbottigliati in Italia, da industrie non italiane.
Olio extravergine di oliva negli USA falso o vero Made in Italy