Bimbi sempre più sedentari e svogliati, in città “selvagge” dove il cemento ha reso difficile una camminata o anche solo usare la bicicletta, mentre lo spostarsi in auto è ancora considerato un segno di agio e benessere. Questa la fotografia restituita dei bambini italiani dal Eu Action Plan on Childhood Obesity 2014-2020, appena pubblicato (24 febbraio) dai servizi della Commissione Europea. In generale i bambini di tutta Europa hanno sperimentato un calo dell’attività fisica svolta negli ultimi anni. Nel 2012 solo un bambino su 5 ha dichiarato di svolgere regolarmente una attività fisica almeno moderata. L’attività fisica inoltre cala tra i bambini dagli 11 ai 15 anni nella maggior parte dei paesi UE. Così in Austria, Finlandia, Norvegia e Spagna il livello medio di attività svolta è calato del 50% in questa fascia di età. Cali ancora più radicali tra le bambine, dove in Austria, Spagna, Irlanda e Romania si arriva ad una diminuzione del 60%.
I bambini italiani sembrano quelli con i più bassi livelli di attività fisica, seguiti da Danimarca e Francia.

Se uno degli obiettivi delle policy tradizionali a contrasto del sovrappeso riguardava l’aumento della attività fisica consapevole (ad esempio, tramite sport), una delle più recenti ideazioni della comunità medica riguarda per contro la volontà di creare spazi e ambienti fisici che favoriscano il movimento. Ad esempio, aumentando le zone pedonali nelle città o le piste ciclabili. O ancora, come nel caso degli Stati Uniti (“Let’s Move”) progettando ambienti scolastici in cui sia necessario camminare per spostarsi all’interno delle strutture, o fare le scale.
Tuttavia i dati vanno interpretati con cautela. Se è vero- come non abbiamo mancato di sottolineare in questi giorni- che i consumi di alimenti sani e “mediterranei” sono calati in Italia, in risposta alla crisi economica (pesce, frutta e verdura tra gli altri: ma anche latticini, comunque importanti entro una dieta sana) è anche vero che il Bel Paese “mantiene” un proprio modello alimentare.
Una recente ricerca della OMS infatti ha sottolineato come l’Italia è il paese in cui complessivamente si è avuto negli ultimi anni un minore aumento del consumo presso i fast food. La stessa ricerca sottolineava come proprio l’aumento dei consumi nei fast food fosse correlato ad una crescita della massa corporea.

Gli aumenti maggiori nei consumi presso fast food si sono avuti in Canada (16,6), Australia (14,7), Irlanda (12,3) e Nuova Zelanda (10,1). L’Italia? Ha avuto aumenti più bassi (1,5), con la Grecia (1,9), l’Olanda (1,8) e il Belgio (2,1). E’ sicuramente questa una nota positiva.
Ma altre novità arrivano dal rapporto Unicef Istat dei mesi scorsi
Che restituiscono luci ed ombre sulla situazione alimentare dei bambini italiani.
Colazione. Nel 2012 i bimbi tra 3-17 anni che non fanno una colazione adeguata sono il 9,9%. Ancora peggio le fasce tra 11 e 17 anni (cifra che sale al 16,7%) probabilmente perché le abitudini alimentari sono oramai svincolate dal controllo genitoriale. Tuttavia, i dati sulla colazione non adeguata tendono a migliorare tra i bambini più piccoli, fino agli 11 anni (4,1% nel 2005 e 3,9% nel 2012). Peggiori i trend per i ragazzi più grandi in cui le percentuali tendono ad un leggero rialzo rispetto al 2008 (+1%).
Snack. Il 14,2% dei ragazzi tra 3 e 17 anni consuma almeno uno snack al giorno, e anche in questo caso con quote maggiori per la fascia 11-17 anni. Si registra un peggioramento rispetto al 2008 per i bambini (11,4% nel 2012 rispetto a 10,5% nel 2008), mentre tra i ragazzi la situazione migliora (17,4% rispetto al 18,8%).
Frutta e verdura. Solo il 12% dei ragazzi ne consuma 4 o più porzioni (l’obiettivo nutrizionale sarebbe di almeno 5), mentre il 63,2% si ferma a quantità inferiori. La situazione rimane stabile per le 4 porzioni al giorno in confronto al 2008, mentre rispetto al 2005 si registra un miglioramento in entrambe le fasce d’età.