L’Autorita’ della Concorrenza ha annunciato una sanzione di 192,7 milioni di euro ad undici industrie lattiere per intesa restrittiva della concorrenza e lesiva degli interessi degli allevatori e dei consumatori.
Nella relazione conclusiva si legge che "Numerosi elementi del dossier mostrano che le imprese oggi sanzionate si riunivano ed avevano numerosi scambi telefonici al fine di mettersi d’accordo sui prezzi e ripartirsi il volume dei prodotti lattieri a marchio della distribuzione".
E questo in palese contrasto con il Trattato sul Funzionamento dell’Unione (TFUE) che all’articolo 101 e 102 proibisce apertamente tali pratiche concordate per fissare prezzi e distorcere il mercato.
Dopo la Spagna, che alcuni giorni fa aveva visto lo stesso provvedimento in carico alla rispettiva autorità nazionale, ora tocca all’Italia.
Il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo, spiega: "anche in Italia si registrano comportamenti scorretti nel pagamento del latte agli allevatori che hanno portato prima in Spagna ed ora anche in Francia alla condanna delle principali industrie lattiero casearie, molte delle quali, peraltro, operano anche sul territorio nazionale".
Articolo 62, dove sta la proibizione del "palesemente sottocosto"?
Moncalvo rimarca poi un aspetto che in questi anni di applicazione dell’"Art. 62" che proibisce la chiusura di contratti con pagamenti ai fornitori a prezzi palesemente sottocosto:"oggi gli allevatori italiani consegnano il latte alle industrie al buio senza un prezzo certo e anche quando questo è ufficializzato – precisa Moncalvo – non tiene minimamente conto dei costi così come prevede l’art 62 e occorre quindi dare all’antitrust tutti gli strumenti necessari per intervenire". La Coldiretti e il Codacons per questo hanno chiesto con un esposto di fare luce sugli abusi di dipendenza economica a danno dei produttori di latte fresco all’autorità garante della concorrenza e del mercato (agcm)".
Dipendenza economica
In base alle più recenti pronunce della Autorità Garante- che è intervenuta in questo senso con lo scioglimento della "Centrale Italiana" (piattaforma distributiva che riuniva diverse insegne della distribuzione organizzata-Provvedimento n. 24943 , l’abuso della dipendenza economica dei fornitori rispetto ai loro acquirenti a valle (quindi sia industria che GDO) sarebbe motivo sufficiente per poter sanzionare prassi contrattuali scorrette, oltre ai ritardi nei pagamenti.
Ogni significativo squilibrio del potere contrattuale, tra chi vende latte e chi lo acquista, dovrebbe insomma essere sanzionato se conduce a condotte scorrette o a prezzi pagati troppo bassi. Quindi: anche in assenza di condotte monopolistiche od oligopolistiche, la cosiddetta "Posizione dominante" (espressamente proibita dal Trattato di Funzionamento dell’Unione) l’antitrust italiana, insieme ad altre europee, sta riconoscendo sempre più il ruolo di fattori distorsivi.

Intanto il Ministro Martina ha annunciato il logo latte 100% italiano. Per la verità, solo volontario- e non obbligatorio- quando già tanti usano loghi simili. A onor del vero, tali loghi solo volontari non sembrano essere serviti a risolvere il problema di una più chiara identificazione della materia prima. Infatti diversi marchi "Italian sounding", acquisiti da imprese estere e multinazionali, continuano legalmente a ingannare i consumatori, giocando sul fraintendimento fin troppo frequente "marchio italiano = latte italiano". E con una indicazione solo volontaria dell’origine della materia prima.
Tutto questo in palese contrasto con l’articolo 26 del regolamento europeo 1169/2011, che prevedeva- entro dicembre 2013- sull’obbligo o meno di indicare l’origine del latte in etichetta. Un ritardo impressionante delle istituzioni, che penalizza ancora una volta gli allevatori europei e non fa certo il bene dei consumatori.
Alcuni paesi europei- Ungheria in primis- hanno iniziato a etichettare obbligatoriamente l’origine dei latticini, in presenza di un vuoto così ingombrante a livello europeo.