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Frodi: Coldiretti, triplicano nel 2013, indicare l’origine del pesce

22 Ottobre 2013
Frodi: Coldiretti, triplicano nel 2013, indicare l’origine del pesce

Dall’estero 2 pesci su 3 ma l’etichetta non lo dice.

E’ necessario rendere obbligatoria l’indicazione della provenienza in etichetta per il pesce fresco e trasformato dopo che negli ultimi cinque anni di crisi sono quasi triplicate le frodi a tavola con un incremento record del 170 per cento del valore di cibi e bevande sequestrate perché adulterate, contraffate o falsificate. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare il sequestro dei Nas dei Carabinieri di Salerno e di Genova di trentadue tonnellate di confezioni di sgombro al naturale infestato da parassiti confezionato in Marocco ed importato da una ditta genovese dopo che la Procura di Torino ha avviato le indagini sul “catodo”, un prodotto chimico che, spruzzato sul pesce lo farebbe sembrare fresco come appena pescato anche quando invece non lo è magari perché importato dall’estero. Piu’ di due pesci sui tre consumati in Italia provengono dall’estero ma il consumatore non riesce a saperlo per la mancanza di una informazione trasparente. Attualmente – ricorda Coldiretti – la legge sull’etichettatura per il pesce fresco prevede la sola indicazione della zona di pesca mentre per quello trasformato quella di confezionamento. Il pesce italiano, ad esempio, fa parte della cosiddetta “zona Fao 37”, che contraddistingue il prodotto del Mediterraneo. Il rischio di ritrovarsi nel piatto prodotto straniero è tanto più forte nella ristorazione, dove spesso vengono spacciati per tricolori prodotti che arrivano in realtà dall’estero. Le frodi a tavola si moltiplicano nel tempo della crisi soprattutto con la diffusione dei cibi low cost e sono crimini particolarmente odiosi perché – continua Coldiretti – si fondano sull’inganno nei confronti di quanti, per la ridotta capacità di spesa, sono costretti a risparmiare sugli acquisti di alimenti. Oltre un certo limite non è possibile farlo se non si vuole mettere a rischio la salute. Le preoccupazioni – conclude la Coldiretti, riguardano anche il fatto che l’Italia è un forte importatore di prodotti alimentari, con il rischio concreto che nei cibi in vendita vengano utilizzati ingredienti di diversa qualità.