Fusione Bayer-Monsanto, l’agricoltura trema

20 Settembre 2016
Fusione Bayer-Monsanto, l’agricoltura trema

Una acquisizione da 66 miliardi di dollari, che fa tremare il settore: e che si accompagna ad altre già avvenute (l’acquisizione di ChemChina su Syngenta, e quella in predicato tra Dow e Dupont). In breve tempo il mercato degli input agricoli potrebbe vedere tre societa’ controllare circa il 65% del mercatoglobale dei pesticidi – e quasi l’80% del mercato degli erbicidi – nonchè il 60% del mercato globale delle sementi. Una concentrazione oligopolistica, che preoccupa.E che andrà valutata nel suo impatto sul mercato dalle autorità di Commissione europea e non solo.

E’ questo infatti un ulteriore aspetto cupo della vicenda: nonostante il clamore mediatico dell’annuncio, i poteri formali dell’esecutivo europeo brancolano nel buio: “la commissione europea non e’ stata informata dell’accordo tra la Bayer e la Monsanto che ha portato alla fusione per incorporazione tra la societa’ tedesca e quella statunitense e non puo’ quindi fare alcun commento, ha spiegato il portavoce della commissione europea Ricardo Cardoso.

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La Commissione europea infatti, in ragione della normativa antitrust, dovrà valutare preventivamente le condizioni per la concentrazione di soggetti che rischiano di creare condizioni falsate di concorrenza e quindi monopolistiche.

Monopoli e oligopoli

Lo aveva sottolineato l’eurodeputato Bovè nel 2010, con la sua relazione sulle prassi contrattuali sleali (“Entrate eque per gli agricoltori: migliore funzionamento della filiera alimentare in Europa”): gli agricoltori sono presi tra l’incudine di una distribuzione organizzata sempre più in mano a pochi soggetti, in grado di imporre prezzi e condizioni di acquisto; e il martello dei fornitori di input agricoli a monte (industrie sementiere e di fitosanitari), che a loro volta perseguono nel processo di concentrazione. Meno soggetti in grado di decidere e nel caso, di scegliersi i partner (agricoli) “che ci stanno”: in pochi che decidono per molti.

Proprio nella sua relazione Bovè aveva sottolineato lo strapotere delle grandi multinazionali dell’agribusiness. Potere riflesso nella dinamica dei prezzi: con la quota di valore aggiunto agricolo che dal 1995 al 2005 era calata dal 31% al 24% nella UE a 25, e con un reddito agricolo calato di oltre del 12% nel solo 2009.

E in tutto questo quadro, manca ancora una normativa armonizzata- come chiesto da Coldiretti e dagli agricoltori europei- per limitare l’abuso contrattatuale nelle relazioni tra imprese (Business-To-Business), con la presenza solo di accordi volontari tra le rappresentanze (e senza però la presenza degli agricoltori).

Un altro motivo di questi giorni  il decreto legge del governo per la ricezione della direttiva 412/2015, che consente la messa al bando della coltivazione di OGM, prevede alcuni limiti profondi che rischiano di inficiarne la realizzazione pratica, delegando di fatto  tale potere alla frammentata dimensione e scala delle regioni, rinunciando all’esercizio della facolta’ di coordinamento dello stato in materia ambientale ed economica, indispensabile per assicurare l’efficacia delle misure di tutela del territorio agricolo e di salvaguardia della biodiversità.