COMUNICATO STAMPA | Notizie dalle Federazioni

News La Forza del Territorio del 3 luglio 2020

6 Luglio 2020
News La Forza del Territorio del 3 luglio 2020

Primo piano

 

CALABRIA

CORONAVIRUS: FILIERA OLIVICOLA IN CRISI, PERSI 400 MILIONI DI EURO

L’emergenza ha determinato un impatto devastante a livello economico, occupazionale e ambientale per una filiera che in Calabria produce il 33% dell’olio italiano

 

L’emergenza coronavirus ha causato una perdita secca di circa 400milioni di euro alla filiera dell’olio d’oliva Made in Calabria compreso l’indotto che genera, a causa della chiusura forzata di bar, ristoranti e agriturismi, ancora alle prese con una difficile ripartenza, dagli ostacoli alle esportazioni e della notevole diminuzione delle presenze turistiche, poiché l’extravergine è, tra i prodotti della filiera corta, tra quelli più acquistati dai vacanzieri. Il blocco del canale della ristorazione – spiega la Coldiretti – che rappresenta uno sbocco importante, sia in patria che all’estero, ha determinato un impatto devastante a livello economico, occupazionale e ambientale per una filiera che in Calabria produce il 33% dell’olio italiano con una produzione media annuale di circa 26mila tonnellate, di cui circa il 50% biologico, una superficie di circa 190.000 ettari, con oltre 80mila olivicoltori, 692 frantoi – il 15% del totale italiano – con tre Dop ed una Igp. Un vasto tesoro di biodiversità con oltre 100 cultivar. A incidere sulle imprese olivicole – sottolinea Coldiretti – anche il crollo di quasi il 40% dei prezzi pagati ai produttori, scesi a valori minimi che non si registravano dal 2014. Un trend causato – accusa Coldiretti – dalla presenza sul mercato mondiale di abbondanti scorte di olio “vecchio” spagnolo, spesso pronto a essere spacciato come italiano a causa della mancanza di trasparenza sul prodotto in commercio, nonostante sia obbligatorio indicare l’origine per legge in etichetta dal primo luglio 2009, in base al Regolamento comunitario n.182/2009. Sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere in vendita nei supermercati è quasi impossibile – rileva Coldiretti -, nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte obbligatorie nelle etichette. Risultato: un danno economico e d’immagine grave per l’uliveto Calabria – denuncia Coldiretti – che, unito agli effetti del coronavirus, rischia di rovinare i buoni risultati ottenuti a livello produttivo, grazie alla buona annata in quantità della campagna olivicola 2019-2020 che ha garantito circa 45mila tonnellate di olio, il doppio rispetto a quella precedente e l’ottima annata per qualità. Per rilanciare il comparto, Coldiretti propone al Governo regionale e agli organi preposti di istituire dei fondi di sostegno e creare opportunità per le aziende olivicole (produttori, trasformatori ecc..) e quindi assegnare dei fondi alle OP per poi distribuirli alle varie aziende singole che ne hanno necessità. Si chiede, inoltre, che negli appalti delle mense pubbliche e non, ubicate sul territorio della Regione Calabria nei capitolati d’appalto si imponga che l’olio che viene utilizzato deve essere per almeno l’80% di produzione calabrese e tracciato. Ed ancora, in relazione al confezionamento occorre prevedere contributi alle OP che confezionano e distribuiscono il prodotto al consumatore finale. “L’OP Assoproli Calabria promossa da Coldiretti – spiega il Presidente Salvatore Oliva, ha iniziato a confezionare delle bottigliette monodosi per promuovere la qualità di ciò che si produce per far conoscere in modo diretto, dal produttore al consumatore, un prodotto 100% calabrese. Assoproli, inoltre, ha fornito al Banco Alimentare bottiglie di olio extravergine per  gli indigenti e questa modalità può continuare viste l’emergenza povertà sempre di più estesa. “Servono – aggiunge Franco Aceto, presidente di Coldiretti Calabria – anche investimenti pubblici coordinati e la ripresa delle esportazioni con un piano straordinario di comunicazione sull’olio, che rappresenta da sempre all’estero un prodotto simbolo della dieta mediterranea. La Coldiretti consiglia di acquistare extravergini a denominazione di origine Dop e Igp, quelli in cui è esplicitamente indicato che sono stati ottenuti al 100% da olive italiane o di acquistare direttamente dai produttori nei frantoi o nei mercati di Campagna Amica.

 

Dal territorio

 

UMBRIA, ARRIVATA LA TASK FORCE “SALVA RACCOLTI”

Sono atterrati ieri a Perugia all’Aeroporto Internazionale dell’Umbria, provenienti dal Marocco, i collaboratori delle aziende agricole umbre impegnati da tempo nel territorio, tornati dopo il blocco dovuto all’emergenza coronavirus. È quanto riferisce la Coldiretti Umbria che ha organizzato l’arrivo del volo charter con a bordo 110 lavoratori stranieri, che oltre ad andare incontro alle esigenze degli imprenditori locali, sarà utile anche ad altre aziende agricole del centro-nord Italia.

Un’iniziativa resa possibile anche grazie alla collaborazione dell’Ambasciata italiana a Rabat – sottolinea con soddisfazione il presidente regionale Coldiretti Albano Agabiti. Nella nostra regione – afferma Agabiti – questa task force di cittadini marocchini collaborerà principalmente nelle aziende tabacchicole e ortofrutticole.

Abbiamo raccolto – aggiunge il direttore della Coldiretti Umbria Mario Rossi – proprio la sollecitazione di alcune nostre aziende, adoperandoci per agevolare il ritorno di lavoratori utili a quegli imprenditori agricoli che avevano manifestato l’esigenza di poter contare quanto prima sui loro soliti collaboratori, rimasti bloccati in patria in seguito alle limitazioni agli spostamenti dovuti alla pandemia.

Si tratta di lavoratori esperti che non dobbiamo formare – testimonia Stefano Magnanini produttore di tabacco di Marsciano – perché conoscono perfettamente sia l’organizzazione aziendale che gli strumenti di lavoro. Oltre che per un legame di amicizia e fiducia che ci lega a loro, auspicavamo un veloce ritorno in quanto il loro “saper fare” ci consente di eseguire i lavori in campagna con personale affidabile e competente.

Con la riapertura ai braccianti extracomunitari è necessario – sottolinea Coldiretti – approvare al più presto anche il nuovo decreto flussi senza il quale è impossibile far arrivare in Italia tutto il personale necessario ai lavori stagionali in agricoltura.

L’apertura delle frontiere ai lavoratori extracomunitari – continua Coldiretti – avviene a poco più di due settimane dal via libera ai circa 150 mila stagionali comunitari regolari e conferma che la domanda di lavoro nei campi non può essere soddisfatta dalla sola regolarizzazione prevista per decreto perché sono sempre più necessarie esperienza, professionalità e specializzazione per un mestiere che non si può improvvisare. In questo contesto – continua Coldiretti – sono ora anche necessari un piano per la formazione professionale e una radicale semplificazione del voucher “agricolo” che possa ridurre la burocrazia e consentire anche a percettori di ammortizzatori sociali, studenti e pensionati italiani lo svolgimento dei lavori nelle campagne in un momento in cui scuole, università e molte attività economiche sono rallentate e tanti lavoratori sono in cassa integrazione.

Proprio per affrontare l’emergenza manodopera in agricoltura, su sollecitazione della Coldiretti sono stati prorogati a livello nazionale fino al 31/12 i permessi di soggiorno per lavoro stagionale in scadenza al fine di evitare agli stranieri di dover rientrare nel proprio Paese con l’inizio della stagione di raccolta. Inoltre – conclude Coldiretti – è stato ottenuto che le attività prestate dai parenti e affini fino al sesto grado non costituiscono rapporto di lavoro né subordinato né autonomo, a condizione che la prestazione sia resa a titolo gratuito.

 

LOMBARDIA, MALTEMPO: TETTI SCOPERCHIATI E MAIS SPIANATO NEI CAMPI

Tetti scoperchiati, strutture divelte e mais spianato dalla violenza del vento. Sono gli effetti della nuova ondata di maltempo che nelle ultime ore si è abbattuta sulla Lombardia con piogge abbondanti e trombe d’aria che hanno provocato danni anche in alcune zone in campagna. Lo rende noto la Coldiretti regionale in base alle segnalazioni che stanno pervenendo agli uffici territoriali.

In particolare – spiega la Coldiretti Lombardia – criticità si segnalano nel territorio cremasco, colpito nelle ore scorse da una tromba d’aria che ha provocato danni nei comuni di Vailate e Capralba. Nel Bresciano, tra i comuni di Cologne e Rudiano, il vento forte ha trascinato parti di alberi nei fossi provocando problemi agli agricoltori impegnati nei turni di irrigazione dei campi.

In provincia di Bergamo – continua la Coldiretti Lombardia – a Misano Gera d’Adda le violente raffiche di vento hanno scoperchiato una struttura dove erano riparate diverse capre e il foraggio per la loro alimentazione, rovinato dalla pioggia caduta all’interno. Nella zona di Treviglio, Caravaggio e Misano Gera d’Adda il mais è stato spianato e diversi alberi abbattuti, mentre a Brignano Gera d’Adda la bufera ha sollevato il tetto di un capannone per ricovero di attrezzature, scagliandolo a 200 metri di distanza. Infine a Trescore Balneario un agriturismo è stato completamente allagato, con l’acqua e il fango che hanno invaso la sala a piano terra e il magazzino, mentre all’esterno alcuni gazebo sono stati distrutti dal vento.

Si conferma la tendenza alla tropicalizzazione del clima che – precisa la Coldiretti – si manifesta con una elevata frequenza di eventi estremi e sfasamenti stagionali che sconvolgono i normali cicli colturali ed impattano sul calendario di raccolta e sulle disponibilità dei prodotti che i consumatori mettono nel carrello della spesa. L’agricoltura – conclude la Coldiretti – è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici con sfasamenti stagionali ed eventi estremi che hanno causato una perdita in Italia di oltre 14 miliardi di euro nel corso del decennio.

 

PUGLIA, GRANO: IN 3 MESI +51% IMPORT DA CANADA; VIA VAI NAVI A MANFREDONIA E BARI

Schizzato del 51% l’import di grano canadese nei primi 3 mesi del 2020 rispetto al 2019, con il via vai inarrestabile di navi provenienti anche da ‘porti di transito’ come Port la Nouvelle e Gibilterra che scaricano a Bari e Manfredonia. E’ quanto denuncia Coldiretti Puglia, che chiede controlli stringenti sulla provenienza del prodotto alla base della pasta pugliese, simbolo del made in Italy nel mondo, che da gennaio a marzo 2020 ha registrato un aumento delle esportazioni del 12,6%.

“La Puglia rappresenta la culla produttiva del grano italiano, principalmente nelle province di Foggia e Bari, dove gli agricoltori per una giusta remunerazione del proprio lavoro sono pronti ad aumentare la produzione di grano duro dove è vietato l’uso del glifosate in preraccolta, a differenza di quanto avviene in Canada ed in altri Paesi. Improbabili e dannosi per il tessuto economico del territorio percorsi di abbandono e depauperamento dell’attività cerealicola che deve, invece, specializzarsi, puntare sull’aggregazione, essere sostenuta da servizi adeguati e tendere ad una sempre più alta qualità, scommettendo esclusivamente su varietà pregiate, riconosciute ormai a livello mondiale”, afferma il presidente di Coldiretti Puglia, Savino Muraglia.

La Puglia che è il principale produttore italiano di grano duro, con 343.300 ettari coltivati e 9.430.000 quintali prodotto ed era paradossalmente – denuncia Coldiretti Puglia – anche quello che ne importava di più, tanto da rappresentare un quarto del totale del valore degli arrivi di prodotti agroalimentari nella regione.

Nella sola provincia di Foggia la superficie coltivata a frumento duro è pari a 240.000 ettari e una produzione media di grano duro di 7.200.000 quintali. Da pochi centesimi al chilo concessi agli agricoltori dipende la sopravvivenza della filiera più rappresentativa del Made in Italy, mentre dal grano alla pasta i prezzi aumentano di circa del 500% e quelli dal grano al pane addirittura del 1400%.

“Va sfruttato al massimo lo strumento dei contratti di filiera che possono riportare in trasparenza i passaggi dal grano alla pasta, supportati oggi dall’etichettatura dell’origine obbligatoria del grano per la pasta. Al contempo sta riscuotendo molto successo in Puglia la coltivazione di grani antichi, trend trainato dal crescente interesse per la pasta 100% italiana e di qualità”, aggiunge il delegato confederale di Coldiretti Foggia, Pietro Piccioni.

L’Italia – continua la Coldiretti – è il principale produttore europeo e secondo mondiale di grano duro, destinato alla pasta con un raccolto previsto di 4 milioni di tonnellate nel 2019 in calo rispetto all’anno scorso su una superficie coltivata – spiega Coldiretti su dati Crea – scesa a 1,2 milioni di ettari concentrati nell’Italia meridionale, dove crescono del 5% anche le superfici a grano bio.

Il progetto – evidenzia Coldiretti – nasce sotto la spinta del crescente interesse per la pasta 100% di grano italiano grazie all’entrata in vigore dell’obbligo di indicare l’origine in etichetta. Un elemento di trasparenza che ha portato – sottolinea la Coldiretti – ad un profondo cambiamento sullo scaffale dei supermercati dove si è assistito alla rapida proliferazione di marchi e linee che garantiscono l’origine italiana al 100% del grano impiegato. Da La Molisana ad Agnesi, da Ghigi a De Sortis, da Jolly Sgambaro a Granoro, da Armando a Felicetti, da Alce Nero a Rummo, dai prodotti certificati FdAI – Firmato dagli agricoltori italiani fino al gruppo Barilla con il marchio “Voiello” e la linea Integrale 100% italiano, sono sempre più numerosi i brand che garantiscono l’origine nazionale del grano. Gli italiani – conclude la Coldiretti – sono i maggiori consumatori mondiali di pasta con una media di 23 chili all’anno pro-capite ma l’Italia si conferma leader anche nella produzione industriale con 3,2 milioni di tonnellate, davanti a Usa, Turchia e Brasile.

 

MOLISE, CONTRIBUTO A FONDO PERDUTO A PARTITE IVA DI 21 COMUNI COLPITI DA SISMA

I titolari di partita Iva operanti in ventuno comuni del Molise (di seguito elencati) colpiti da eventi sismici alluvionali o da crolli di infrastrutture potranno beneficiare di un contributo a fondo perduto dell’ammontare di almeno 1000 euro. La somma potrà essere superiore nel caso in cui le aziende dimostrino un calo di fatturato rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Infatti, secondo quanto riferisce la Coldiretti Molise, che ha già dato la propria disponibilità ai Sindaci dei centri interessati, per l’istruttoria delle domande, “l’articolo 25 comma 4 del decreto legge 19/05/2020 n.34 (Decreto Rilancio) precisa che il contributo a fondo perduto spetta, anche in assenza dei requisiti legati al calo di fatturato, ai soggetti che hanno iniziato l’attività dal 01/01/2019, nonché ai soggetti che alla data dell’evento calamitoso, hanno il domicilio fiscale o la sede operativa nel territorio di comuni colpiti dai predetti eventi, i cui stati di emergenza erano ancora in atto alla data di dichiarazione dello stato di emergenza Covid-19”.

“In merito a quest’ultimo punto – precisa la Coldiretti Molise – è intervenuta anche la circolare dell’Agenzia delle Entrate (la n.15/E del 13/06/2020) che, a pagina 14, conferma il riconoscimento del requisito per la richiesta del contributo ai Comuni colpiti da eventi sismici alluvionali o di crolli di infrastrutture che hanno comportato le delibere dello stato di emergenza, rimandando alla lista, indicativa e non esaustiva, dei Comuni contenuta nelle istruzioni per la compilazione dell’istanza per il riconoscimento del contributo a fondo perduto”.

Per venire incontro agli aventi diritto al contributo, l’Organizzazione ha attivato, tramite i propri uffici Zona, uno specifico servizio per la compilazione e presentazione delle relative domande. Pertanto, tutte le imprese interessate potranno rivolgersi ai funzionari delle Coldiretti operanti sul territorio, al fine di ricevere ogni utile informativa e la più qualificata assistenza.

Elenco comuni Interessati

  1. Castelbottaccio
  2. Guardialfiera
  3. Larino
  4. Lupara
  5. Montorio nei Frentani
  6. Morrone del Sannio
  7. Rotello
  8. Santa Croce di Magliano
  9. Montecilfone
  10. Palata
  11. Tavenna
  12. Campomarino
  13. Guglionesi
  14. Portocannone
  15. San Giacomo degli Schiavoni
  16. San Martino in Pensilis
  17. Acquaviva Collecroce
  18. Castelmauro
  19. Montefalcone nel Sannio
  20. Montemitro
  21. San Felice nel Molise

 

VENETO, FASE3: FORMAZIONE IN AGRICOLTURA SU PIATTAFORMA WEB

Sono aperte le iscrizioni al corso per la patente per il trattore. Le modalità innovative della piattaforma formativa certificata – precisa Coldiretti Veneto – permettono una frequenza on line per tutti gli operatori interessati all’aggiornamento quinquennale: le 4 ore didattiche possono essere seguite sul web secondo tempi e modi scelti dall’allievo, e, una volta completate, consentono di ottenere il relativo attestato.  I centri formativi Impresa Verde di Coldiretti accreditati nelle diverse sedi provinciali gestiscono ogni anno 9mila ore ripartite in 400 corsi di formazione coinvolgendo 7mila allievi sul territorio regionale. La specificità degli interventi è legata agli ambiti professionali in agricoltura quali primo insediamento, florovivaismo, agriturismo, fattoria didattica e sociale, piccole produzioni locali, sicurezza alimentare e sul lavoro, diversificazione, agricoltura integrata e biologica.

Accanto alle abilitazioni, vengono erogate azioni per l’acquisizione di patenti quali: forestale e fitosanitario, manutentore del verde, patente di guida trattore, mentre sul Fondo Sociale Europeo Coldiretti Veneto realizza progetti di sviluppo sui temi di maggiore interesse e attualità. Di matrice veneta è l’Accademia dei cuochi contadini, l’assistenza allo sviluppo di nuove tecnologie, la gestione dell’acqua, il tutor del giardinaggio, l’agricoltura di precisione, le nuove idee e servizi per l’agriturismo e l’ospitalità rurale, tutte iniziative che si integrano con azioni parallele per gli organi direttivi di Coldiretti e operativi Donne Impresa e Giovani Impresa.

“L’emergenza sanitaria – spiega Coldiretti Veneto – ha maturato, tra gli operatori del settore, l’esigenza e la sensibilità di migrare parte della formazione dall’aula fisica a quella virtuale, con diverse proposte alternative che, negli ultimi mesi e settimane, hanno permesso e permettono di completare e realizzare azioni a vantaggio degli imprenditori”.

Per aderire alla piattaforma cliccare su https://coldiretti.dyndevicelcms.com/it/, oppure contattando i servizi formativi delle Federazioni Coldiretti di Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza, i cui riferimenti sono nel sito https://formazionecoldirettiveneto.simpledo.it/.

 

CUNEO, MIGRANTI NEL SALUZZESE: IMPRESE AGRICOLE CAPRO ESPIATORIO

L’operazione sui migranti messa in atto ieri a Saluzzo dalle Forze dell’Ordine, coordinate dalla Questura di Cuneo, getta una luce sinistra su una questione sociale che rischia di attribuire agli imprenditori agricoli tutte le responsabilità di sicurezza e legalità sul territorio. È l’allarme lanciato da Coldiretti Cuneo che ribadisce con forza l’estraneità dei frutticoltori e la loro esasperazione per essere diffusamente percepiti come il capro espiatorio di una situazione sociale di difficile gestione.

“Ben vengano i controlli di natura sociale e sanitaria per ridurre al minimo il rischio assembramenti tra gli extracomunitari; a tal proposito ribadiamo l’urgenza di limitare l’arrivo di migranti nella Granda privi di una concreta opportunità di lavoro e costretti a sistemazioni di fortuna. Tuttavia, temiamo che lo stato d’assedio che da fine maggio insiste sul Saluzzese, con operazioni e retate delle Forze dell’Ordine, leghi pericolosamente il problema migranti al lavoro onesto degli imprenditori agricoli locali” dichiara il Delegato Confederale di Coldiretti Cuneo, Roberto Moncalvo.

“Dev’essere chiaro a tutti che i frutticoltori della Granda non chiamano i migranti per poi farli accampare sotto le stelle e sfruttarli con salari da fame. La realtà saluzzese è un’altra, è fatta di imprenditori seri – spiega Moncalvo – che, resistendo con tenacia alle gravi e perduranti difficoltà del comparto frutticolo, offrono lavoro a migliaia di stagionali senza mai sottrarsi al tema dell’ospitalità”.

Se gli anni scorsi i produttori accoglievano il 70% dei braccianti extracomunitari, quest’anno è in ulteriore crescita il numero delle aziende che si sono dotate di spazi in cui ospitare i braccianti, anche grazie al nuovo progetto di sistemazione abitativa messo a punto da Coldiretti Cuneo, in sostituzione dei tradizionali campi allestiti gli scorsi anni, che prevede il posizionamento di strutture mobili in azienda per consentire la vicinanza dei braccianti al luogo di lavoro, riducendo la pressione sociale e garantendo il rispetto delle regole di distanziamento sociale. “Una chiara dimostrazione che gli imprenditori agricoli stanno responsabilmente facendo la loro parte per offrire ospitalità, pur non dovuta, e individuare soluzioni strutturali all’alloggiamento degli stagionali” evidenzia Moncalvo, che punta il dito contro quella forma di caporalato che colpisce direttamente i frutticoltori, vale a dire “lo sfruttamento vergognoso da parte di chi riconosce loro dei prezzi insufficienti persino a coprire i costi di produzione, con liquidazioni ritardate a 200 o 300 giorni dalla raccolta”.

Per maggiori informazioni visitare il sito web https://cuneo.coldiretti.it

 

REGGIO EMILIA, BOMBA DI GRANDINE A FABBRICO: DANNEGGIATE LE PERE E I VIGNETI

Sono pesanti i danni provocati dalla grandinata della nottata arrivata con l’ultima ondata di maltempo che ha colpito in modo consistente il comune di Fabbrico. I chicchi di grandine grossi come palline da tennis hanno danneggiato in particolar modo gli alberi di pere con i frutti già grandi e in ultimazione della maturazione. Anche i vigneti sono stati danneggiati in modo non ancora ben quantificabili anche se per ora appaio di moderata entità con la rottura di alcuni grappoli, foglie e tralci divelti.

Danni anche alle strutture con la grandine che ha infranto vetri e forato coperture di edifici e serre.

È questo quanto emerge dal primo bilancio effettuato dalla Coldiretti sugli effetti della tempesta che ha improvvisamente colpito le campagne in un inizio dell’estate segnato dal caldo torrido. Sarà cura dei tecnici di Coldiretti Reggio Emilia raccogliere nei prossimi giorni tutte le segnalazioni dei danni subiti dalle aziende e comunicarle alla Regione per procedere alla valutazione e quantificazione dell’entità del danno.

È un’ulteriore conferma dei cambiamenti climatici – sottolinea la Coldiretti –che si avvertono anche in Italia dove la primavera 2020 è stata la nona più bollente dal 1800 secondo Isac Cnr che ha rilevato una temperatura superiore di 0,84 gradi la media. Una stagione che – precisa la Coldiretti – è stata anche sconvolta dal clima impazzito con il gelo che ha compromesso le fioriture ed è proseguita con il caldo torrido e la siccità, per arrivare alla grandine di questa notte. Si conferma la tendenza alla tropicalizzazione con una richiesta d’acqua sempre più precoce – continua la Coldiretti – e sfasamenti stagionali che sconvolgono i normali cicli colturali ed impattano sul calendario di raccolta e sulle disponibilità dei prodotti.

 

BERGAMO, MALTEMPO COLPISCE L’AGRICOLTURA: TETTI SCOPERCHIATI E MAIS SPIANATO

Bergamo, 3 luglio 2020 – “Un vento fortissimo e una pioggia battente nel giro di pochi minuti hanno scoperchiato metà del tetto del capannone dove si trovano le capre in lattazione e il foraggio per la loro alimentazione”. Così Francesco Cornalba della cascina Amigoni di Misano Gera D’Adda descrive ciò che è successo ieri sera verso le 21,30 durante il temporale che ha sferzato la zona.

“Le raffiche erano così violente che hanno divelto non solo i pannelli che ricoprivano il tetto ma anche i travetti in cemento che li sorreggevano – dice Francesco Cornalba –. La pioggia ha bagnato il mangime e il fieno che avevamo appena raccolto e stoccato, causando un vero e proprio disastro. Purtroppo è la seconda volta in un anno che il maltempo danneggia pesantemente la mia azienda”.

Secondo una prima ricognizione dei tecnici di Coldiretti Bergamo nella zona di Treviglio, Caravaggio, Calvenzano, Misano Gera D’Adda e Brignano Gera D’Adda in diversi appezzamenti il mais è stato allettato e un po’ ovunque sono stati abbattuti alberi.

La bufera ha colpito anche l’azienda Castelli e Piazza (cascina Filippo) di Brignano Gera D’Adda. “Il tetto del capannone adibito a ricovero per i trattori e le attrezzature – racconta Giulia Piazza, una titolare – è stato interamente sollevato e scagliato a 200 metri di distanza. Lo avevamo rifatto da poco, per la nostra azienda è un bel danno. Anche la nostra abitazione si è allagata, in poco tempo ci siamo trovati acqua ovunque”.Si registrano danni anche all’agriturismo Molino dei Frati di Trescore Balneario che è stato completamente allagato, con l’acqua e il fango che hanno invaso la sala al piano terra e il magazzino. La furia del vento ha distrutto anche alcuni gazebo esterni. Questi eventi estremi, sottolinea Coldiretti Bergamo, sono una conferma dei cambiamenti del clima che si avvertono anche in Italia dove la primavera 2020 è stata la nona più bollente dal 1800 secondo Isac Cnr che ha rilevato una temperatura superiore di 0,84 gradi la media.

 

BRESCIA, SUINICOLTURA: VIA LIBERA UE A ETICHETTA SALVA SALUMI MADE IN ITALY

Via libera dell’Unione Europea all’etichetta Made in Italy su salami, mortadella, prosciutti e culatello, per smascherare l’inganno della carne straniera spacciata per italiana, mentre l’ultima indagine online del Ministero delle Politiche agricole conferma che il 93% dei cittadini ritiene importante conoscere l’origine degli alimenti. L’annuncio viene da Coldiretti, che ha fortemente sostenuto il provvedimento, dopo la scadenza del cosiddetto termine di “stand still”, il periodo di “quarantena” di 90 giorni dalla notifica entro il quale la Commissione avrebbe potuto fare opposizione allo schema di decreto nazionale interministeriale (Politiche Agricole, Sviluppo Economico e Salute) che introduce l’indicazione obbligatoria della provenienza per le carni suine trasformate.

“In un momento particolarmente difficile per la nostra economia, dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza, con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti, continuando a combattere la concorrenza sleale al Made in Italy” afferma il presidente di Coldiretti nazionale e Coldiretti Brescia Ettore Prandini nel sottolineare che “l’Italia ha la responsabilità di porsi come apripista in Europa, sfruttando le opportunità offerte dalla storica apertura dell’Ue all’obbligo dell’origine con l’indicazione dello Stato membro, inserito nella Strategia Farm to Fork del Green New Deal”. Un traguardo fondamentale – continua Coldiretti – che garantisce trasparenza alle scelte dei 35 milioni di italiani che almeno qualche volta a settimana portano in tavola salumi. Inoltre, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat, la novità Ue sostiene i 5mila allevamenti nazionali di maiali messi in ginocchio dalla pandemia e dalla concorrenza sleale, per salvare il prestigioso settore della norcineria che in Italia, dalla stalla alla distribuzione, vale 20 miliardi di euro.

“Apprendiamo con soddisfazione un risultato importante e fortemente voluto da Coldiretti – sottolinea Claudio Cestana, suinicoltore di Manerbio e vicepresidente di Coldiretti Brescia –, che impatterà notevolmente sulla filiera suinicola del territorio anche a livello economico in quanto favorirà le scrofaie, il vero patrimonio della suinicoltura e delle DOP italiane”. Il via libera all’etichettatura giunge infatti in una fase delicata per il comparto: dall’inizio dell’emergenza sanitaria le quotazioni dei maiali tricolori si sono quasi dimezzate, scendendo a poco più di un euro al chilo. Situazione che mette a rischio le imprese e, con esse, la prestigiosa norcineria Made in Italy, rappresentata dai 12,5 milioni di prosciutti a denominazione di origine (Dop) Parma e San Daniele. Preoccupa anche l’invasione delle cosce dall’estero, per una quantità media di 56 milioni di “pezzi” che ogni anno si riversano nel nostro Paese per ottenere prosciutti da spacciare come Made in Italy. Coldiretti stima infatti che tre prosciutti su quattro venduti in Italia siano in realtà ottenuti da carni straniere, senza che questa informazione venga esplicitata in etichetta.

Il decreto sui salumi, che diverrà operativo dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, prevede che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a: Paese di nascita, Paese di allevamento e Paese di macellazione. Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso Paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: (nome del paese)”. La dicitura “100% italiano” – spiega Coldiretti – è dunque utilizzabile solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. 

L’etichettatura dei salumi rappresenta un ulteriore e fondamentale passo avanti nella storica battaglia per la trasparenza condotta da Coldiretti che, con la raccolta di milioni di firme, ha portato l’Italia all’avanguardia in Europa.

 

PIEMONTE, TERMINATI I 90 GIORNI DI “STAND STILL”: NESSUNA OPPOSIZIONE DA UE

Nessuna opposizione dalla Commissione Ue allo schema di decreto nazionale interministeriale (Politiche Agricole, Sviluppo Economico e Salute) che introduce l’indicazione obbligatoria della provenienza per le carni suine trasformate. Un grande passo quindi verso l’etichettatura d’origine per  i salumi Made in Piemonte. E’ quanto afferma Coldiretti Piemonte nel commentare la scadenza del cosiddetto termine di “stand still”, il periodo di “quarantena” di 90 giorni tanto atteso per dare una vera carta d’identità a salami, mortadella, prosciutti e culatello Made in Italy per smascherare l’inganno della carne straniera spacciata per italiana, come chiede il 93% dei cittadini che ritiene importante conoscere l’origine degli alimenti, secondo l’indagine on line del Ministero delle Politiche agricole.

Nel 2019 importazioni di cosce di suini dall’estero alle stelle con circa 56 milioni ovvero più di 1 milione di cosce alla settimana si sono riversate nel nostro Paese per ottenere prosciutti da spacciare come Made in Italy. “In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti per combattere la concorrenza sleale al Made in Italy – affermano Roberto Moncalvo presidente di Coldiretti Piemonte e Bruno Rivarossa Delegato Confederale -. L’Italia ha la responsabilità di svolgere un ruolo di apripista in Europa, anche sfruttando le opportunità offerte dalla storica apertura dell’Ue all’obbligo dell’origine con l’indicazione dello Stato membro con la nuova Strategia Farm to Fork nell’ambito del Green New Deal. Questo è sicuramente un passo aventi molto importante per il Piemonte dove la filiera suinicola conta circa 3 mila aziende, un fatturato di quasi 400 milioni di euro e 1 milione e 200 mila capi destinati, soprattutto, ai circuiti tutelati delle principali Dop italiane per la preparazione della miglior salumeria nazionale”.

Il decreto sui salumi, che dovrà essere presto pubblicato in Gazzetta Ufficiale per essere operativo, prevede che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a: “Paese di nascita: (nome del paese di nascita degli animali); “Paese di allevamento: (nome del paese di allevamento degli animali); “Paese di macellazione: (nome del paese in cui sono stati macellati gli animali). Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: (nome del paese)”. La dicitura “100% italiano” è utilizzabile dunque solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea o extra europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: UE”, “Origine: extra UE”, “Origine: Ue e extra UE”.

 

SICILIA, MARIO TERRASI ELETTO NEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DELL’UNAPROL

Mario Terrasi, Presidente dell’associazione produttori olivicoli “Oleum Sicilia” è stato eletto ieri a Roma nel Consiglio di amministrazione dell’Unaprol, Consorzio Olivicolo Italiano che ha confermato alla presidenza David Granieri.

L’elezione di Terrasi arriva in un momento delicato del comparto olivicolo siciliano che al pari di quello nazionale ha subìto la chiusura determinata dal lockdown e nonostante l’altissima qualità dell’olio siciliano che vanta ben sei produzioni d’origine protetta.

Così come affermato dal presidente Granieri, anche Mario Terrasi ha ribadito che “pretenderemo una revisione della classificazione degli oli che preveda maglie più strette e garantisca la definizione di “extra vergine” solo agli oli di oliva di qualità: non possiamo competere su un mercato falsato”.

 

LOMBARDIA, GRANA PADANO: BUON LAVORO A ZAGHINI

Congratulazioni a Renato Zaghini, nuovo presidente del Consorzio Tutela Grana Padano. A lui vanno i nostri migliori auguri di buon lavoro in vista delle sfide del prossimo futuro, per tutelare e valorizzare ulteriormente la filiera della DOP più consumata al mondo, a cominciare dal lavoro degli allevatori, che anche in un periodo difficile come quello attuale non hanno mai smesso di garantire la produzione di latte di alta qualità.

È quanto afferma la Coldiretti Lombardia in occasione del passaggio di testimone al vertice dell’ente che da oltre sessant’anni riunisce produttori, stagionatori e commercianti del formaggio Grana Padano. Con oltre 5 milioni di forme prodotte nel 2019 – conclude la Coldiretti Lombardia – il Grana Padano si conferma una delle eccellenze del nostro agroalimentare, che contribuisce a fare grande il nome del Made in Italy nel mondo.

 

COMO-LECCO, SALUMI: ARRIVA LA CARTA D’IDENTITÀ

“E’ una buona notizia per la norcineria lariana il libera dell’Unione Europea all’etichetta d’origine su salami, prosciutti e altre specialità per smascherare l’inganno della carne straniera spacciata per italiana”. Lo rimarca il presidente di Coldiretti Fortunato Trezzi nel sottolineare che “il 93% dei cittadini che ritiene importante conoscere l’origine degli alimenti, secondo l’indagine on line del Ministero delle Politiche agricole”. Coldiretti ha fortemente sostenuto il provvedimento, dopo la scadenza del cosiddetto termine di “stand still”, il periodo di “quarantena” di 90 giorni dalla notifica entro il quale la Commissione avrebbe potuto fare opposizione allo schema di decreto nazionale interministeriale (Politiche Agricole, Sviluppo Economico e Salute) che introduce l’indicazione obbligatoria della provenienza per le carni suine trasformate.

Una novità importante per garantire trasparenza nelle scelte ai consumatori lariani che almeno qualche volte a settimana portano in tavola salumi, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat, ma anche per sostenere gli allevamenti di maiali messi in ginocchio dalla pandemia e dalla concorrenza sleale, per salvare il prestigioso settore della norcineria che in Italia, dalla stalla alla distribuzione, vale 20 miliardi.

Secondo un’analisi Coldiretti, dall’inizio dell’emergenza sanitaria le quotazioni dei maiali tricolori si quasi dimezzate e scese a poco più di un euro al chilo, mettendo a rischio le imprese e, con esse, la prestigiosa norcineria Made in Italy a partire dai 12,5 milioni di prosciutti a denominazione di origine (Dop) Parma e San Daniele prodotti in Italia. A preoccupare è l’invasione dei cosce dall’estero per una quantità media di 56 milioni di “pezzi” che ogni anno si riversano nel nostro Paese per ottenere prosciutti da spacciare come Made in Italy.

Si stima, infatti, che tre prosciutti su quattro venduti in Italia siano in realtà ottenuti da carni straniere senza che questo sia stato fino ad ora esplicitato in etichetta.

Cosce provenienti in larga parte – denuncia Coldiretti – dai grandi mattatoi dei paesi del Nord, come ad esempio la struttura di Rheda-Wiedenbrück, nel distretto di Guetersloh, nel NordReno Westfalia, balzata all’attenzione delle cronache perché più di 1.550 lavoratori sono risultati positivi ai test per il Covid-19.

“In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti per combattere la concorrenza sleale al Made in Italy” conclude Trezzi nel riprendere le parole del presidente nazionale Ettore Prandini, il quale ha altresì sottolineato che “l’Italia ha la responsabilità di svolgere un ruolo di apripista in Europa, anche sfruttando le opportunità offerte dalla storica apertura dell’Ue all’obbligo dell’origine con l’indicazione dello Stato membro con la nuova Strategia Farm to Fork nell’ambito del Green New Deal”.

Il decreto sui salumi, che dovrà essere presto pubblicato in Gazzetta Ufficiale per essere operativo, prevede – spiega Coldiretti – che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a: “Paese di nascita: (nome del paese di nascita degli animali); “Paese di allevamento: (nome del paese di allevamento degli animali); “Paese di macellazione: (nome del paese in cui sono stati macellati gli animali).

In dettaglio, quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: (nome del paese)”. La dicitura “100% italiano” è utilizzabile dunque solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. 

Quando invece la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea o extra europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: UE”, “Origine: extra UE”, “Origine: Ue e extra UE”.

L’etichettatura dei salumi è l’ultimo capitolo della storica battaglia per la trasparenza condotta dalla Coldiretti che, con la raccolta di milioni di firme (l’ultima, di oltre un milione, è stata presentata lo scorso ottobre a Cernobbio, sul lago di Como), ha portato l’Italia all’avanguardia in Europa. L’obbligo di indicare in etichetta l’origine per pelati, polpe, concentrato e degli altri derivati del pomodoro era arrivato grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018, del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro. Il 13 febbraio 2018 è entrato in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta e del riso, ma prima c’erano stati già diversi traguardi raggiunti: il 19 aprile 2017 è scattato l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre, a partire dal 1° gennaio 2008, vigeva l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.

A livello Ue – conclude la Coldiretti – il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto, mentre la Commissione Europea ha recentemente specificato che l’indicazione dell’origine è obbligatoria anche su funghi e tartufi spontanei.

L’etichetta di origine sulla Spesa degli Italiani

Cibi con l’indicazione origine

Cibi senza indicazione d’origine

Salumi (*)

Carne di coniglio

Carne di pollo e derivati

Carne trasformata

Carne bovina

Marmellate, succhi di frutta

Frutta e verdura fresche

Fagioli, lenticchie, piselli in scatola

Uova

Pane

Miele

Insalate in busta (IV° gamma)

Extravergine di oliva

Frutta e verdura essiccata

Pesce

 

Derivati del pomodoro e sughi pronti

 

Latte/Formaggi

 

Pasta

 

Riso

 

Tartufi e Funghi spontanei

 

(*) in attesa della pubblicazione del decreto – Fonte: Elaborazioni Coldiretti

 

TRENTO, FASE 3: VIA LIBERA A 50MILA LAVORATORI EXTRA UE

Non solo turisti e viaggiatori europei, le frontiere italiane sono aperte anche a circa 50mila lavoratori stagionali extracomunitari provenienti da Marocco, Tunisia, Serbia e Montenegro che sono stati ricompresi nella lista dei Paesi a cui l’Unione Europea ha riaperto le porte a partire dal primo di luglio.

E’ quanto stima la Coldiretti sugli effetti della decisione comunitaria in occasione dell’atterraggio all’aeroporto di Perugia della prima task force di 110 lavoratori stagionali specializzati provenienti dal Marocco per collaborare nelle aziende agricole italiane.

“Un passaggio significativo anche per le aziende agricole del Trentino Alto Adige -afferma il presidente di Coldiretti Trentino Alto Adige Gianluca Barbacovi- ma rimane necessario approvare al più presto anche il nuovo decreto flussi senza il quale è impossibile far arrivare in Italia e in regione tutto il personale necessario ai lavori stagionali in agricoltura. Si tratta di una possibilità che consente di garantire professionalità ed esperienza alle imprese agricole grazie al coinvolgimento temporaneo spesso delle medesime persone che ogni anno attraversano il confine per un lavoro stagionale per poi tornare nel proprio Paese.

L’apertura delle frontiere ai lavoratori extracomunitari avviene a poco più di due settimane dal via libera ai circa 150 mila stagionali comunitari regolari e conferma che la domanda di lavoro nei campi non può essere soddisfatta dalla sola regolarizzazione prevista per decreto perché sono sempre piu’ necessarie esperienza, professionalità e specializzazione per un mestiere che non si puo’ improvvisare.

“In questo contesto -spiega la Coldiretti- sono ora anche necessari un piano per la formazione professionale e una radicale semplificazione del voucher “agricolo” che possa ridurre la burocrazia e consentire anche a percettori di ammortizzatori sociali, studenti e pensionati italiani lo svolgimento dei lavori nelle campagne in un momento in cui scuole, università e molte attività economiche sono rallentate e tanti lavoratori sono in cassa integrazione”.

 

CREMONA, TROMBA D’ARIA NEL CREMASCO: DANNI A STRUTTURE E COLTURE

Una tromba d’aria si è abbattuta, ieri dopo le 21.30, su parte del territorio cremasco. Coldiretti Cremona sta monitorando il territorio, raccogliendo le prime segnalazioni, relative a danni subiti dalle aziende agricole.

“Le prime segnalazioni giungono dai comuni di Valiate e Capralba – sottolinea Coldiretti –. Il vento particolarmente forte, accompagnate da una fitta pioggia, ha scoperchiato i tetti di alcune abitazioni, sradicando vari alberi e allettando le colture”.

“Il vento era veramente forte. Per me il danno principale è all’abitazione, il cui tetto è stato scoperchiato – sottolinea Carlo Vittorio Ferrari, allevatore di suini di Vailate –. Il vento ha abbattuto alcuni alberi. La pioggia è proseguita per almeno mezzora: ora abbiamo acqua un po’ ovunque. Fortunatamente non c’è stata grandine”.

“Soprattutto nel centro abitato si vedono i danni prodotti dalla tromba d’aria, varie abitazioni sono state colpite – aggiunge Mauro Berticelli, agricoltore di Vailate e vicepresidente di Coldiretti Cremona –. Noi abbiamo avuto danni alla cascina vecchia, situata in paese. Il mais, nei campi, è piegato, allettato dal vento e dalla pioggia, speriamo possa riprendersi”. 

 

FERRARA, FORTE VENTO E GRANDINE: DANNI E PROBLEMI PER COLTURE E FABBRICATI

Anche il ferrarese è alle prese con i fenomeni atmosferici che stanno provocando danni tra i campi, alle produzioni agricole ma anche a fabbricati e strutture.

Nella notte tra il 2 ed 3 luglio vaste zone della nostra provincia sono state interessate da fortunali con forte vento e temporali anche grandinigeni che hanno ulteriormente messo in crisi il settore dopo gli effetti della quarantena e della siccità. E per certi versi la pioggia caduta copiosamente potrà dare un po’ di ristoro ai terreni alle prese con una siccità e con alte temperature che hanno costretto a ripetute irrigazioni, il vento e la grandine hanno portato danni che si stanno in queste ore quantificando.

Particolarmente interessata l’area centrale della provincia, nei comuni di Masi Torello ed Ostellato, sino a Fiscaglia, diverse frazioni di Ferrara (Marrara, San Martino, Cona), parte di Terre del Reno, Poggio Renatico e nel bondenese.

Non mancano segnalazioni anche da Volania di Comacchio, con danni a capannoni e stalle. E diversi sono gli edifici di servizio, capannoni, magazzini, tunnel serra, che hanno subito la furia del vento, con scoperchiamento dei tetti e rottura di teli e supporti. Vento che ha interessato anche le coltivazioni di mais, gettando a terra le piante, e di frutta che in alcuni casi è caduta lasciando a terra un tappeto di frutti.

Danno anche per la grandine, che ha interessato come sempre a macchia di leopardo diverse zone, provocando problemi rilevanti a mais, soia e frutta, in alcuni casi anche con rottura delle reti antigrandine e dei pali. Non mancano alberi abbattuti, anche imponenti, con problemi alla viabilità stradale e nei fondi agricoli.

Coldiretti invita a segnalare i danni a fabbricati o impianti produttivi oltre che della casa di abitazione, da una parte alla propria compagnia assicurativa e dall’altra alla Regione ed al proprio comune per eventuali risarcimenti. I nostri uffici sono a disposizione.

 

VENETO, CORONAVIRUS: OK DALL’UE PER L’ETICHETTA SALUMI MADE IN ITALY

Salami, mortadella, prosciutti e insaccati italiani saranno etichettati Made in Italy. L’Unione Europea ha dato l’ok alla procedura per smascherare l’inganno della carne straniera spacciata per nostrana. In Veneto – spiega Coldiretti – si concentra il 7% della produzione nazionale pari ad un valore di 200milioni di fatturato dato da 70mila capi destinati a prosciutti Dop e allevati da oltre 300 imprenditori suinicoli. 

Per questo – commenta Coldiretti Veneto –  il provvedimento è strategico e fortemente voluto da Coldiretti dopo la scadenza del cosiddetto termine di “stand still”, il periodo di “quarantena” di 90 giorni dalla notifica entro il quale la Commissione avrebbe potuto fare opposizione allo schema di decreto nazionale interministeriale (Politiche Agricole, Sviluppo Economico e Salute) che introduce l’indicazione obbligatoria della provenienza per le carni suine trasformate.

Una novità importante per garantire trasparenza nelle scelte ai 35 milioni di italiani che almeno qualche volte a settimana portano in tavola salumi, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat, ma anche per sostenere i 5mila allevamenti nazionali di maiali messi in ginocchio dalla pandemia e dalla concorrenza sleale, per salvare il prestigioso settore della norcineria che in Italia, dalla stalla alla distribuzione, vale 20 miliardi.

Secondo un’analisi Coldiretti, dall’inizio dell’emergenza sanitaria le quotazioni dei maiali tricolori si quasi dimezzate e scese a poco più di un euro al chilo, mettendo a rischio le imprese e, con esse, la prestigiosa norcineria Made in Italy a partire dai 12,5 milioni di prosciutti a denominazione di origine (Dop) Parma e San Daniele prodotti in Italia. A preoccupare è l’invasione dei cosce dall’estero per una quantità media di 56 milioni di “pezzi” che ogni anno si riversano nel nostro Paese per ottenere prosciutti da spacciare come Made in Italy.

Si stima, infatti, che tre prosciutti su quattro venduti in Italia siano in realtà ottenuti da carni straniere senza che questo sia stato fino ad ora esplicitato in etichetta.

Cosce provenienti in larga parte – denuncia Coldiretti – dai grandi mattatoi dei paesi del Nord, come ad esempio la struttura di Rheda-Wiedenbrück, nel distretto di Guetersloh, nel NordReno Westfalia, balzata all’attenzione delle cronache perché più di 1.550 lavoratori sono risultati positivi ai test per il Covid-19.

In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti per combattere la concorrenza sleale al Made in Italy” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “l’Italia ha la responsabilità di svolgere un ruolo di apripista in Europa, anche sfruttando le opportunità offerte dalla storica apertura dell’Ue all’obbligo dell’origine con l’indicazione dello Stato membro con la nuova Strategia Farm to Fork nell’ambito del Green New Deal”.

Il decreto sui salumi, che dovrà essere presto pubblicato in Gazzetta Ufficiale per essere operativo, prevede – spiega Coldiretti – che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a: “Paese di nascita: (nome del paese di nascita degli animali); “Paese di allevamento: (nome del paese di allevamento degli animali); “Paese di macellazione: (nome del paese in cui sono stati macellati gli animali). Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: (nome del paese)”.  La dicitura “100% italiano” è utilizzabile dunque solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. 

Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea o extra europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: UE”, “Origine: extra UE”, “Origine: Ue e extra UE”.

L’etichettatura dei salumi è l’ultimo capitolo della storica battaglia per la trasparenza condotta dalla Coldiretti che, con la raccolta di milioni di firme, ha portato l’Italia all’avanguardia in Europa. L’obbligo di indicare in etichetta l’origine per pelati, polpe, concentrato e degli altri derivati del pomodoro era arrivato grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018, del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro. Il 13 febbraio 2018 è entrato in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta e del riso, ma prima c’erano stati già diversi traguardi raggiunti: il 19 aprile 2017 è scattato l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre, a partire dal 1° gennaio 2008, vigeva l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.

A livello Ue – conclude la Coldiretti – il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto, mentre la Commissione Europea ha recentemente specificato che l’indicazione dell’origine è obbligatoria anche su funghi e tartufi spontanei.

L’etichetta di origine sulla Spesa degli Italiani

Cibi con l’indicazione origine

Cibi senza indicazione d’origine

Salumi (*)

Carne di coniglio

Carne di pollo e derivati

Carne trasformata

Carne bovina

Marmellate, succhi di frutta

Frutta e verdura fresche

Fagioli, lenticchie, piselli in scatola

Uova

Pane

Miele

Insalate in busta (IV° gamma)

Extravergine di oliva

Frutta e verdura essiccata

Pesce

 

Derivati del pomodoro e sughi pronti

 

Latte/Formaggi

 

Pasta

 

Riso

 

Tartufi e Funghi spontanei

 

(*) in attesa della pubblicazione del decreto

Fonte: Elaborazioni Coldiretti

 

RAVENNA, DL RILANCIO E DANNI GELO: IN GIOCO FRUTTICOLTURA E POSTI DI LAVORO

Il Decreto Rilancio, ormai alle battute finali del suo iter parlamentare, tenga nella dovuta considerazione gli effetti delle devastanti gelate primaverili  che, come uno tsunami, hanno praticamente azzerato la produzione di frutta dell’Emilia-Romagna colpendo in particolare la provincia di Ravenna.

Lo dichiara Coldiretti Ravenna lanciando un accorato appello rivolto a tutte le forze politiche: “In questo momento serve la massima responsabilità – afferma Nicola Dalmonte, Presidente di Coldiretti Ravenna – Comuni, Provincia, Regione, per tramite dell’Assessore Alessio Mammi che si è adoperato in prima persona sensibilizzando Governo e Ministero in merito all’entità del dramma che stanno vivendo i nostri frutticoltori, hanno tutti fatto la propria parte. Ora – aggiunge Dalmonte – non è tempo di tergiversare oltre o di lanciarsi in pericolosi e inopportuni giochi di potere poiché, senza i dovuti indennizzi, si condannerebbero a morte centinaia di imprese e un intero comparto che garantisce occupazione a migliaia e migliaia di persone”. La mancata considerazione di quanto avvenuto nei campi della nostra regione, con le terribili gelate di fine marzo-inizio aprile che hanno avuto come epicentro il territorio ravennate cancellando qui fino al 90% della produzione di pesche e albicocche – rincara la dose il Direttore Assuero Zampini – provocherebbe, come in un domino, prima la chiusura delle aziende, poi l’estinzione dei frutteti e, via via, un’emergenza sociale che in termini occupazionali sarebbe per la Romagna pari al doppio di quella legata alla crisi dell’Ilva di Taranto”.

Basta, infatti, un semplice calcolo per intuire gli effetti devastanti – in termini produttivi, di assetto economico e di portata sociale – che potrebbe generare un eventuale sottovalutazione di quanto accaduto al primo anello della filiera della frutta: “Se consideriamo che con 1 solo ettaro di frutteto si garantisce l’occupazione a tempo pieno di 1 persona e che per ottenere lo stesso rapporto uno-a-uno con il seminativo, di ettari, ne occorrono ben 400, è evidente – afferma il Presidente Dalmonte – che ci troveremmo d’un colpo dinanzi ad una vera e propria desertificazione, produttiva ed occupazionale. E chi penserà poi alle migliaia di disoccupati? Chi e come risolleverà un’economia ‘orfana’ di un comparto, quello frutticolo, che per la nostra regione vale oltre 1 miliardo di euro? Questo, lo ribadiamo, è il tempo della responsabilità – conclude – assumersela, difendendo lavoro, futuro, sviluppo e territorio, è un dovere”.

 

PARMA, CREATIVITA’ FEMMINILE IN PRIMO PIANO CON IL PROGETTO “AGRI-CREA-DONNA”

Si è riunito in videoconferenza il Coordinamento Provinciale Coldiretti Donne Impresa Parma, guidato dalla responsabile provinciale Mara Pratissoli che ha ringraziato tutte le presenti e ha presentato la Responsabile regionale Luciana Pedroni intervenuta insieme alla Coordinatrice regionale Maria Adelia Zana. Ha portato un saluto il Direttore della Federazione Alessandro Corsini, ricordando come, in questo periodo difficile di emergenza sanitaria per Covid 19, Coldiretti non ha mai fermato la propria attività  e si è mossa prontamente con Governo e Istituzioni con una serie di proposte ottenendo risultati a favore delle aziende agricole.

Durante la riunione si è fatto il punto della situazione passando in rassegna i vari comparti produttivi in cui sono coinvolte le imprenditrici agricole dal settore lattiero caseario al florovivaismo, dall’agriturismo alle fattorie didattiche e vendita diretta nei mercati di Campagna Amica. La responsabile Regionale  Luciana Pedroni ha messo in luce le innovative forme di attività imprenditoriale attivate in questo periodo  per far fronte all’emergenza come le consegne  a domicilio e i video realizzati dalle fattorie didattiche inviati agli insegnanti iscritti al progetto di Educazione alla Campagna Amica che sarà ripreso con la riapertura della scuole e  ha parlato della formazione professionale per le fattorie didattiche organizzata da Coldidattica, del portale nazionale Fattorie Didattiche e del Bonus per l’imprenditoria femminile in agricoltura, grande risultato ottenuto grazie all’impegno di Coldiretti con il Ministro delle Politiche Agricole Bellanova.

Mara Pratissoli ha evidenziato le azioni messe in campo da Coldiretti, innanzitutto il Piano Marshall per l’agricoltura contenente una serie di proposte e richieste al Governo per far fronte alla difficile situazione che si sta attraversando, la campagna di comunicazione #MangiaItaliano per promuovere il consumo di cibo italiano e l’alleanza “Salva spesa Made in Italy” tra agricoltori, industrie alimentari e distribuzione.

La responsabile Provinciale insieme alla Coordinatrice provinciale Paola Ferrari ha illustrato la programmazione delle attività future, tra le quali è stata proposta l’iniziativa “Agri-crea-donna” per valorizzare e promuovere la creatività femminile in agricoltura nelle sue varie espressioni,  attraverso una serie di azioni come un ricettario on line delle imprenditrici agricole impegnate negli agriturismi e video per la presentazione di un particolare laboratorio educativo delle fattorie didattiche, di un particolare prodotto o di una attività innovativa. Il tutto da circuitare sui social. Tra le attività in programma anche la ripresa del progetto con relativo concorso per le scuole e una gita studio di una giornata.

Durante la riunione sono intervenuti Maurizio Ramazzotti, responsabile Ufficio fiscale/tributario di Coldiretti Parma per un aggiornamento sui temi fiscali e il responsabile Ufficio Sindacale di Coldiretti Parma Filippo Anelli che ha relazionato su corsi di formazione e fondi Ismea per l’imprenditoria femminile.

 

PADOVA, CORONAVIRUS: OK DALL’UE PER L’ETICHETTA SALUMI MADE IN ITALY

Salami, mortadella, prosciutti e insaccati italiani saranno etichettati Made in Italy. L’Unione Europea ha dato l’ok alla procedura per smascherare l’inganno della carne straniera spacciata per nostrana.

“Finalmente una buona notizia per il nostro prosciutto Veneto Berico Euganeo a marchio Dop – afferma Massimo Bressan, presidente di Coldiretti Padova – un’eccellenza che ha il suo fulcro nel montagnanese e nell’area pedecollinare circostante, e che merita di essere difesa da prodotti anonimi e di dubbia provenienza. Da anni Coldiretti sta conducendo la battaglia per l’etichettatura obbligatoria di tutti i prodotti agroalimentari e oggi registriamo un ulteriore passo avanti, del quale beneficeranno anche gli allevatori padovani”.

In Veneto – spiega Coldiretti – si concentra il 7% della produzione nazionale pari ad un valore di 200milioni di fatturato dato da 70mila capi destinati a prosciutti Dop e allevati da oltre 300 imprenditori suinicoli. Nel 2019 Veneto Agricoltura ha certificato una produzione di 136 mila tonnellate di carne di maiale con una flessione del 2% sulla quantità e un calo di fatturato del 4%. Padova è la terza provincia, dopo Verona e Treviso, per produzione con 23 mila tonnellate e un fatturato di oltre 33 milioni di euro. Riguardo al prodotto a marchio Dop, il prosciutto Veneto Berico Euganeo, prodotto anche nel Montananese, ha certificato come conformi 130 mila cosce.

Per questo – aggiunge Coldiretti – il provvedimento è strategico e fortemente voluto da Coldiretti dopo la scadenza del cosiddetto termine di “stand still”, il periodo di “quarantena” di 90 giorni dalla notifica entro il quale la Commissione avrebbe potuto fare opposizione allo schema di decreto nazionale interministeriale (Politiche Agricole, Sviluppo Economico e Salute) che introduce l’indicazione obbligatoria della provenienza per le carni suine trasformate.

Una novità importante per garantire trasparenza nelle scelte ai 35 milioni di italiani che almeno qualche volte a settimana portano in tavola salumi, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat, ma anche per sostenere i 5mila allevamenti nazionali di maiali messi in ginocchio dalla pandemia e dalla concorrenza sleale, per salvare il prestigioso settore della norcineria che in Italia, dalla stalla alla distribuzione, vale 20 miliardi. Secondo un’analisi Coldiretti, dall’inizio dell’emergenza sanitaria le quotazioni dei maiali tricolori si quasi dimezzate e scese a poco più di un euro al chilo, mettendo a rischio le imprese e, con esse, la prestigiosa norcineria Made in Italy a partire dai 12,5 milioni di prosciutti a denominazione di origine (Dop) Parma e San Daniele prodotti in Italia. A preoccupare è l’invasione dei cosce dall’estero per una quantità media di 56 milioni di “pezzi” che ogni anno si riversano nel nostro Paese per ottenere prosciutti da spacciare come Made in Italy. Si stima, infatti, che tre prosciutti su quattro venduti in Italia siano in realtà ottenuti da carni straniere senza che questo sia stato fino ad ora esplicitato in etichetta. Cosce provenienti in larga parte – denuncia Coldiretti – dai grandi mattatoi dei paesi del Nord, come ad esempio la struttura di Rheda-Wiedenbrück, nel distretto di Guetersloh, nel NordReno Westfalia, balzata all’attenzione delle cronache perché più di 1.550 lavoratori sono risultati positivi ai test per il Covid-19.

In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti per combattere la concorrenza sleale al Made in Italy” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “l’Italia ha la responsabilità di svolgere un ruolo di apripista in Europa, anche sfruttando le opportunità offerte dalla storica apertura dell’Ue all’obbligo dell’origine con l’indicazione dello Stato membro con la nuova Strategia Farm to Fork nell’ambito del Green New Deal”. Il decreto sui salumi, che dovrà essere presto pubblicato in Gazzetta Ufficiale per essere operativo, prevede – spiega Coldiretti – che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a: “Paese di nascita: (nome del paese di nascita degli animali); “Paese di allevamento: (nome del paese di allevamento degli animali); “Paese di macellazione: (nome del paese in cui sono stati macellati gli animali).

Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: (nome del paese)”.

La dicitura “100% italiano” è utilizzabile dunque solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia.  Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea o extra europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: UE”, “Origine: extra UE”, “Origine: Ue e extra UE”.

L’etichettatura dei salumi è l’ultimo capitolo della storica battaglia per la trasparenza condotta dalla Coldiretti che, con la raccolta di milioni di firme, ha portato l’Italia all’avanguardia in Europa. L’obbligo di indicare in etichetta l’origine per pelati, polpe, concentrato e degli altri derivati del pomodoro era arrivato grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018, del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro. Il 13 febbraio 2018 è entrato in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta e del riso, ma prima c’erano stati già diversi traguardi raggiunti: il 19 aprile 2017 è scattato l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre, a partire dal 1° gennaio 2008, vigeva l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.

A livello Ue – conclude la Coldiretti – il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto, mentre la Commissione Europea ha recentemente specificato che l’indicazione dell’origine è obbligatoria anche su funghi e tartufi spontanei.

L’etichetta di origine sulla Spesa degli Italiani

Cibi con l’indicazione origine

Cibi senza indicazione d’origine

Salumi (*)

Carne di coniglio

Carne di pollo e derivati

Carne trasformata

Carne bovina

Marmellate, succhi di frutta

Frutta e verdura fresche

Fagioli, lenticchie, piselli in scatola

Uova

Pane

Miele

Insalate in busta (IV° gamma)

Extravergine di oliva

Frutta e verdura essiccata

Pesce

 

Derivati del pomodoro e sughi pronti

 

Latte/Formaggi

 

Pasta

 

Riso

 

Tartufi e Funghi spontanei

 

(*) in attesa della pubblicazione del decreto

Fonte: Elaborazioni Coldiretti

 

LAZIO, CRACK OLIO DA 2 MLD: ARRIVA IL PIANO SALVA ULIVI

Coldiretti ha elaborato un piano salva ulivi per far ripartire il settore con un pacchetto di misure straordinarie a sostegno di imprese agricole e frantoi che operano in filiera corta, quelle oggi maggiormente a rischio, con lo sblocco immediato delle risorse già stanziate per l’ammodernamento della filiera olivicola, anche attraverso la semplificazione delle procedure.

Si stima che il crack causato all’olio d’oliva Made in Italy dall’emergenza sanitaria Covid-19 sia di 2 miliardi di euro. A pesare sul comparto è stato soprattutto il blocco del canale della ristorazione con la chiusura forzata di bar, ristoranti e agriturismi, ancora alle prese con una difficile ripartenza. A tutto questo si aggiungono gli ostacoli alle esportazioni e l’azzeramento delle presenze turistiche; l’extravergine è tra i prodotti della filiera corta più acquistati dai vacanzieri.

E’ quanto emerge da un’analisi di Coldiretti diffusa in occasione dell’assemblea di Unaprol, la principale organizzazione di aziende olivicole, che ha riconfermato all’unanimità presidente per ulteriori tre anni, David Granieri, che ricopre tale carica dal 2014 ed è attualmente vice presidente nazionale e presidente di Coldiretti Lazio.

“Un impatto devastante a livello economico, occupazionale e ambientale per una filiera che conta oltre 400 mila aziende agricole specializzate in Italia – ha spiegato il presidente David Granieri – ma anche il maggior numero di oli extravergine a denominazione in Europa (43 DOP e 4 IGP), con un patrimonio di 250 milioni di piante e 533 varietà di olive, il più vasto tesoro di biodiversità del mondo. Continuando – ‘’ Tra le varie azioni per superare il crack causato dall’emergenza sanitaria, c’è sicuramente il riconoscimento IGP Roma, che consentirebbe la valorizzazione di un prodotto territoriale e favorirebbe l’esportazione. I disciplinari, invece, sono fermi sui Tavoli ministeriali da troppo tempo”. Analizzando nello specifico la situazione nostrana, Vinicio Savone , presidente provinciale di Coldiretti Frosinone, spiega che – ‘’ Ad incidere sulle imprese olivicole ciociare  è  il crollo del 44% dei prezzi pagati ai produttori, scesi a valori minimi che non si registravano dal 2014.’’ Un trend causato dalla presenza sul mercato mondiale di abbondanti scorte di olio “vecchio” spagnolo, spesso pronto a essere spacciato come italiano. Questo accade a causa della mancanza di trasparenza sul prodotto in commercio, nonostante sia obbligatorio indicare l’origine per legge in etichetta dal primo luglio 2009, in base al Regolamento comunitario n.182 del 6 marzo 2009. E sempre a causa dell’emergenza sanitaria si registra una disdetta di oltre l’80% delle commesse, sia nazionali che estere, per le eccellenze di olio Dop, Igp, Doc e Docg.

“Sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere in vendita nei supermercati – spiega il presidente Savone – è quasi impossibile, nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari”, obbligatorie per legge nelle etichette dell’olio di oliva. La scritta è riportata in caratteri molto piccoli, posti dietro la bottiglia, in una posizione sull’etichetta che la rende difficilmente visibile tanto che i consumatori dovrebbero fare la spesa con la lente di ingrandimento per poter scegliere consapevolmente”. Risultato di tutto ciò è un danno economico e d’immagine grave per l’Uliveto Italia – denuncia la Coldiretti – che, unito agli effetti del coronavirus, rischia di rovinare i buoni risultati ottenuti a livello produttivo, grazie a una quantità di 365 milioni di litri, più che raddoppiata rispetto alla disastrosa annata precedente, seppur ancora sotto la media del decennio. Numerose aziende olivicole ciociare –spiega il direttore di Coldiretti Frosinone e Latina Carlo Picchi- stanno procedendo con il reimpianto degli oliveti, resi improduttivi dalle gelate del 2018, che hanno danneggiato il sistema olivicolo provinciale e regionale, con ulteriori costi aggiuntivi che devono sostenere in un momento già delicato, come è quello attuale. In merito Coldiretti Lazio ha già chiesto alla Regione una sburocratizzazione per rilanciare il settore. Servono poi meccanismi di flessibilità per la certificazione delle produzioni di qualità a partire da Dop (Denominazione di origine protetta), Igp (Indicazione di origine protetta), biologiche e Sqnpi (Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata), anche attraverso finanzianti specifici. Nell’immediato vanno poi assicurati sostegno a fondo perduto per le imprese produttrici di olio 100% tricolore per compensare la riduzione delle vendite e un aiuto integrativo per gli olii certificati Dop e Igp in giacenza, sfusi o confezionati non venduti alla data del Dpcm dell’11 marzo. Ma serve anche sostenere con massicci investimenti pubblici e privati la ripresa delle esportazioni con un piano straordinario di comunicazione sull’olio.

 

TORINO, ASSEMBLEE ZONALI CON I PRESIDENTI DI SEZIONE SU SITUAZIONE AGRICOLTURA

Durante il mese di giugno Coldiretti Torino ha organizzato  assemblee in tutte le zone con i presidenti di sezione. Le riunioni, inizialmente calendarizzate in marzo erano state sospese a causa dell’emergenza coronavirus.  Durante gli incontri con i presidenti si è fatto il punto della situazione che sta vivendo l’agricoltura in tempo di covid-19.

Il presidente Fabrizio Galliati e il direttore Michele Mellano hanno esaminato le problematiche che hanno interessato il comparto agricolo durante il lockdown e nel passaggio alla fase 2 e 3. Ai presidenti sono state presentate le misure prese a seguito della pandemia a sostegno del settore  dal Governo guidato da Giuseppe Conte e dal presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio. Sono stati presentate e analizzate le misure contenute nel decreto Cura Italia, nel decreto Rilancio e i vari provvedimenti del Riparti Piemonte.  

Naturalmente gli incontri in tutte le zone sono stati anche l’occasione per discutere con i dirigenti locali delle problematiche territoriali. Durante le assemblee un problema che ha fatto da filo conduttore è stato quello dell’emergenza legata ai selvatici e, in particolare, ai cinghiali e ai lupi. L’emergenza coronavirus non ha rallentato le devastazioni dei cinghiali alle colture. Anche durante il lockdown i selvatici hanno continuato a prendere di mira le coltivazioni, in particolare risultano sotto attacco la cotica erbosa dei prati, i campi di mais e grano. L’emergenza legata ai cinghiali è uno dei principali problemi evidenziati dagli imprenditori agricoli. Per i presidenti di sezione di tutta la provincia occorre metter mano e affrontare di petto questo problema prima che la situazione si faccia davvero insostenibile.

Sempre durante gli incontri con i presidenti di sezione si è esaminata la situazione in cui versano alcuni comparti quali quelli floricolo, zootecnico, lattiero-caseario e cerealicolo, in preda a crisi di mercato o oggetto di speculazioni. Durante le riunioni sono stati presentati alcuni progetti di filiera che riguardano i cereali e anche di altri settori sviluppati da Coldiretti Torino. Sempre nel corso delle riunioni sono state presentate alcune novità del nuovo Programma di sviluppo rurale, in particolare la misura relativa alla consulenza a favore della aziende agricole.

Queste le date degli incontri svolti: il 10 giugno  si è svolto l’incontro per i presidenti di sezione della zona di Rivoli e Bussoleno; l’11 giugno a Chivasso; il 16 giugno sono stati riuniti i presidenti di sezione di Ivrea e Caluso; il 18 giugno l’incontro si è svolto a Rivarolo; il 23 giugno  c’è stata la riunione per la zona di  Carmagnola e Chieri; il 24 giugno a Pinerolo; il 25 giugno a Cirié e, infine, il 29 giugno le riunioni in tutta la provincia sono terminate con l’incontro destinato ai presidenti di sezione della zona di Torino.

Dopo le riunioni di zona è svolta l’assemblea ordinaria della Federazione provinciale Coldiretti Torino. L’appuntamento si è tenuto la sera di mercoledì 1° luglio, all’Hotel Gallia, a Pianezza. Davanti ai presidenti di sezione la riunione si è aperta con le comunicazioni sindacali del presidente Fabrizio Galliati. A seguire l’approvazione, all’unanimità, del Bilancio consuntivo 2019 e del Bilancio preventivo 2020, presentati dal direttore Michele Mellano. In chiusura di assemblea un momento di dibattito sui problemi sindacali e territoriali.

 

PUGLIA, CORONAVIRUS: VIA LIBERA UE A ETICHETTA SALVA SALUMI MADE IN ITALY

Via libera dell’Unione Europea all’etichetta Made in Italy su salami, prosciutti, salsicce e capocollo per smascherare l’inganno della carne straniera spacciata per italiana come chiede il 93% dei cittadini che ritiene importante conoscere l’origine degli alimenti, secondo l’indagine on line del Ministero delle Politiche agricole. Ad annunciarlo è la Coldiretti, che ha fortemente sostenuto il provvedimento, dopo la scadenza del cosiddetto termine di “stand still”, il periodo di “quarantena” di 90 giorni dalla notifica entro il quale la Commissione avrebbe potuto fare opposizione allo schema di decreto nazionale interministeriale (Politiche Agricole, Sviluppo Economico e Salute) che introduce l’indicazione obbligatoria della provenienza per le carni suine trasformate.

Una novità importante per garantire trasparenza nelle scelte ai 35 milioni di italiani che almeno qualche volte a settimana portano in tavola salumi, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat, ma anche per sostenere i 5mila allevamenti nazionali di maiali messi in ginocchio dalla pandemia e dalla concorrenza sleale, per salvare il prestigioso settore della norcineria che in Italia, dalla stalla alla distribuzione, vale 20 miliardi. Secondo un’analisi Coldiretti, dall’inizio dell’emergenza sanitaria le quotazioni dei maiali tricolori si quasi dimezzate e scese a poco più di un euro al chilo, mettendo a rischio le imprese e, con esse, la prestigiosa norcineria Made in Italy a partire dai 12,5 milioni di prosciutti a denominazione di origine (Dop) Parma e San Daniele prodotti in Italia. A preoccupare è l’invasione dei cosce dall’estero per una quantità media di 56 milioni di “pezzi” che ogni anno si riversano nel nostro Paese per ottenere prosciutti da spacciare come Made in Italy. Si stima, infatti, che tre prosciutti su quattro venduti in Italia siano in realtà ottenuti da carni straniere senza che questo sia stato fino ad ora esplicitato in etichetta.

Cosce provenienti in larga parte – denuncia Coldiretti – dai grandi mattatoi dei paesi del Nord, come ad esempio la struttura di Rheda-Wiedenbrück, nel distretto di Guetersloh, nel NordReno Westfalia, balzata all’attenzione delle cronache perché più di 1.550 lavoratori sono risultati positivi ai test per il Covid-19.

In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti per combattere la concorrenza sleale al Made in Italy” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “l’Italia ha la responsabilità di svolgere un ruolo di apripista in Europa, anche sfruttando le opportunità offerte dalla storica apertura dell’Ue all’obbligo dell’origine con l’indicazione dello Stato membro con la nuova Strategia Farm to Fork nell’ambito del Green New Deal”.

Il decreto sui salumi, che dovrà essere presto pubblicato in Gazzetta Ufficiale per essere operativo, prevede – spiega Coldiretti – che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a: “Paese di nascita: (nome del paese di nascita degli animali); “Paese di allevamento: (nome del paese di allevamento degli animali); “Paese di macellazione: (nome del paese in cui sono stati macellati gli animali).

Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: (nome del paese)”.

La dicitura “100% italiano” è utilizzabile dunque solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. 

Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea o extra europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: UE”, “Origine: extra UE”, “Origine: Ue e extra UE”.

L’etichettatura dei salumi è l’ultimo capitolo della storica battaglia per la trasparenza condotta dalla Coldiretti che, con la raccolta di milioni di firme, ha portato l’Italia all’avanguardia in Europa. L’obbligo di indicare in etichetta l’origine per pelati, polpe, concentrato e degli altri derivati del pomodoro era arrivato grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018, del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro. Il 13 febbraio 2018 è entrato in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta e del riso, ma prima c’erano stati già diversi traguardi raggiunti: il 19 aprile 2017 è scattato l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre, a partire dal 1° gennaio 2008, vigeva l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.

A livello Ue – conclude la Coldiretti – il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto, mentre la Commissione Europea ha recentemente specificato che l’indicazione dell’origine è obbligatoria anche su funghi e tartufi spontanei.

L’etichetta di origine sulla Spesa degli Italiani

Cibi con l’indicazione origine

Cibi senza indicazione d’origine

Salumi (*)

Carne di coniglio

Carne di pollo e derivati

Carne trasformata

Carne bovina

Marmellate, succhi di frutta

Frutta e verdura fresche

Fagioli, lenticchie, piselli in scatola

Uova

Pane

Miele

Insalate in busta (IV° gamma)

Extravergine di oliva

Frutta e verdura essiccata

Pesce

 

Derivati del pomodoro e sughi pronti

 

Latte/Formaggi

 

Pasta

 

Riso

 

Tartufi e Funghi spontanei

 

(*) in attesa della pubblicazione del decreto

Fonte: Elaborazioni Coldiretti

 

VICENZA, LOTTA ALLA CIMICE ASIATICA: VESPE SAMURAI IN AZIONE NEL VICENTINO

Situazione pesante con l’ennesimo anno di invasione del territorio vicentino da parte della cimice asiatica. Particolarmente colpiti i campi di grano.

Per salvare i raccolti nelle campagne e spezzare l’assedio dei centri abitati sono state liberate, nei giorni scorsi, le prime vespa samurai allevate in laboratorio per combattere l’insetto killer alieno che costringe in molte territori i cittadini a barricarsi in casa con porte e finestre chiuse ed ha provocato la strage nei campi di pere, mele, pesche e nettarine, kiwi, ciliegi e piccoli frutti, albicocche, susine, nocciole, olive, soia, grano, mais ed ortaggi. “Il progetto di lotta biologica appena iniziato – spiega il presidente provinciale di Coldiretti Vicenza, Martino Cerantola – si realizza a livello nazionale con ben 712 punti di diffusione nelle campagne, tra i quali sono ricomprese delle aree anche nel Vicentino. Si tratta di centinaia di migliaia di esemplari di vespa samurai, un minuscolo insetto di circa un millimetro che proviene da oriente come la cimice asiatica, non punge ed è assolutamente innocua per l’uomo e gli animali, comprese le api. All’interno di piccoli tubi le piccole vespe sono piazzate sugli alberi da frutto o nei pressi di campi dove sono state individuate le uova di cimice asiatica da aggredire”.

La “cimice marmorata asiatica” è un insetto alieno arrivato dalla Cina ed è particolarmente pericolosa perché in Italia non ci sono nemici naturali e perché è particolarmente prolifica con il deposito delle uova almeno due volte all’anno con 300-400 esemplari alla volta. Le punture rovinano i frutti rendendoli inutilizzabili e compromettendo seriamente parte del raccolto. La lotta alla cimice asiatica è particolarmente difficile perché è in grado di nutrirsi di oltre 300 specie vegetali, si muove molto per invadere sempre nuovi territori da saccheggiare ed è resistente anche ai trattamenti fitosanitari.

 

BERGAMO, ARRIVA L’ETICHETTA SALVA SALAME “MADE IN BERGAMO” 

Più trasparenza per quanto riguarda l’origine di salami, mortadella, prosciutti e culatello dopo il libera dell’Unione Europea all’etichetta Made in Italy. Il provvedimento è arrivato dopo la scadenza del cosiddetto termine di “stand still”, il periodo di “quarantena” di 90 giorni dalla notifica entro il quale la Commissione avrebbe potuto fare opposizione allo schema di decreto nazionale interministeriale (Politiche Agricole, Sviluppo Economico e Salute) che introduce l’indicazione obbligatoria della provenienza per le carni suine trasformate.

In questo modo – evidenzia Coldiretti Bergamo – sarà più facile smascherare l’inganno della carne straniera spacciata per italiana come chiede il 93% dei cittadini che ritiene importante conoscere l’origine degli alimenti, secondo l’indagine on line del Ministero delle Politiche agricole.

“La nostra Organizzazione – sottolinea il direttore di Coldiretti Bergamo, Gianfranco Drigo – ha fortemente sostenuto questo provvedimento che rappresenta una boccata di ossigeno per il comparto – una realtà che in provincia di Bergamo conta circa 312.000 suini, pari al 7% del patrimonio lombardo – già alle prese con una diminuzione dei consumi a causa della chiusura del canale ho.re.ca. per il lockdown, ma anche per tutti i cittadini che hanno il legittimo desiderio di sapere l’origine dei cibi che portano in tavola”.

Questa novità infatti è importante perché garantirà trasparenza nelle scelte ai 35 milioni di italiani che almeno qualche volte a settimana portano in tavola salumi, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat, ma anche perché contribuirà a sostenere i 5mila allevamenti nazionali di maiali messi in ginocchio dalla pandemia e dalla concorrenza sleale, per salvare il prestigioso settore della norcineria che in Italia, dalla stalla alla distribuzione, vale 20 miliardi.

Secondo un’analisi Coldiretti, dall’inizio dell’emergenza sanitaria le quotazioni dei maiali tricolori si sono quasi dimezzate e scese a poco più di un euro al chilo, mettendo a rischio le imprese e, con esse, la prestigiosa norcineria Made in Italy a partire dai 12,5 milioni di prosciutti a denominazione di origine (Dop) Parma e San Daniele prodotti in Italia. A preoccupare è l’invasione dei cosce dall’estero per una quantità media di 56 milioni di “pezzi” che ogni anno si riversano nel nostro Paese per ottenere prosciutti da spacciare come Made in Italy.

Si stima, infatti, che tre prosciutti su quattro venduti in Italia siano in realtà ottenuti da carni straniere senza che questo sia stato fino ad ora esplicitato in etichetta.

Le informazioni in etichetta

Quando il decreto sui salumi sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale e quindi sarà  operativo, i produttori dovranno indicare in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a: “Paese di nascita: (nome del paese di nascita degli animali); “Paese di allevamento: (nome del paese di allevamento degli animali); “Paese di macellazione: (nome del paese in cui sono stati macellati gli animali).

Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: (nome del paese)”.

La dicitura “100% italiano” è utilizzabile dunque solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. 

Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea o extra europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: UE”, “Origine: extra UE”, “Origine: Ue e extra UE”.

 

LOMBARDIA, UE: VIA LIBERA ETICHETTA SALVA SALUMI MADE IN ITALY

Con oltre 4 milioni di capi, pari a circa il 50% del totale italiano, la Lombardia si conferma la prima regione italiana per numero di maiali allevati. È quanto afferma la Coldiretti Lombardia nel commentare positivamente il via libera dell’Unione Europea all’etichetta Made in Italy su salami, mortadella, prosciutti e culatello per smascherare l’inganno della carne straniera spacciata per italiana, come chiede il 93% dei cittadini che ritiene importante conoscere l’origine degli alimenti, secondo l’indagine on line del Ministero delle Politiche agricole.

Ad annunciare il via libera europeo è la Coldiretti, che ha fortemente sostenuto il provvedimento, dopo la scadenza del cosiddetto termine di “stand still”, il periodo di “quarantena” di 90 giorni dalla notifica entro il quale la Commissione avrebbe potuto fare opposizione allo schema di decreto nazionale interministeriale (Politiche Agricole, Sviluppo Economico e Salute) che introduce l’indicazione obbligatoria della provenienza per le carni suine trasformate.

Una novità importante per garantire trasparenza nelle scelte ai 35 milioni di italiani, di cui 6 milioni di lombardi, che almeno qualche volte a settimana portano in tavola salumi, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat, ma anche per sostenere i 5mila allevamenti nazionali di maiali messi in ginocchio dalla pandemia e dalla concorrenza sleale, per salvare il prestigioso settore della norcineria che in Italia, dalla stalla alla distribuzione, vale 20 miliardi.

Secondo un’analisi Coldiretti, dall’inizio dell’emergenza sanitaria le quotazioni dei maiali tricolori si sono quasi dimezzate e scese a poco più di un euro al chilo, mettendo a rischio le imprese e, con esse, la prestigiosa norcineria Made in Italy a partire dai 12,5 milioni di prosciutti a denominazione di origine (Dop) Parma e San Daniele prodotti in Italia. A preoccupare è l’invasione dei cosce dall’estero per una quantità media di 56 milioni di “pezzi” che ogni anno si riversano nel nostro Paese per ottenere prosciutti da spacciare come Made in Italy.

Si stima, infatti, che tre prosciutti su quattro venduti in Italia siano in realtà ottenuti da carni straniere senza che questo sia stato fino ad ora esplicitato in etichetta.

Cosce provenienti in larga parte – denuncia Coldiretti – dai grandi mattatoi dei paesi del Nord, come ad esempio la struttura di Rheda-Wiedenbrück, nel distretto di Guetersloh, nel NordReno Westfalia, balzata all’attenzione delle cronache perché più di 1.550 lavoratori sono risultati positivi ai test per il Covid-19.

Il decreto sui salumi, che dovrà essere presto pubblicato in Gazzetta Ufficiale per essere operativo, prevede – spiega Coldiretti – che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a: “Paese di nascita: (nome del paese di nascita degli animali); “Paese di allevamento: (nome del paese di allevamento degli animali); “Paese di macellazione: (nome del paese in cui sono stati macellati gli animali).

Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: (nome del paese)”.

La dicitura “100% italiano” è utilizzabile dunque solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. 

Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea o extra europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: UE”, “Origine: extra UE”, “Origine: Ue e extra UE”.

L’etichettatura dei salumi è l’ultimo capitolo della storica battaglia per la trasparenza condotta dalla Coldiretti che, con la raccolta di milioni di firme, ha portato l’Italia all’avanguardia in Europa. L’obbligo di indicare in etichetta l’origine per pelati, polpe, concentrato e degli altri derivati del pomodoro era arrivato grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018, del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro. Il 13 febbraio 2018 è entrato in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta e del riso, ma prima c’erano stati già diversi traguardi raggiunti: il 19 aprile 2017 è scattato l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre, a partire dal 1° gennaio 2008, vigeva l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.

A livello Ue – conclude la Coldiretti – il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto, mentre la Commissione Europea ha recentemente specificato che l’indicazione dell’origine è obbligatoria anche su funghi e tartufi spontanei.

L’etichetta di origine sulla Spesa degli Italiani

Cibi con l’indicazione origine

Cibi senza indicazione d’origine

Salumi (*)

Carne di coniglio

Carne di pollo e derivati

Carne trasformata

Carne bovina

Marmellate, succhi di frutta

Frutta e verdura fresche

Fagioli, lenticchie, piselli in scatola

Uova

Pane

Miele

Insalate in busta (IV° gamma)

Extravergine di oliva

Frutta e verdura essiccata

Pesce

 

Derivati del pomodoro e sughi pronti

 

Latte/Formaggi

 

Pasta

 

Riso               

 

 

ALESSANDRIA, VIA LIBERA ETICHETTA SALVA SALUMI

Via libera dell’Unione Europea all’etichetta Made in Italy su salami, mortadella, prosciutti e culatello per smascherare l’inganno della carne straniera spacciata per italiana come chiede il 93% dei cittadini che ritiene importante conoscere l’origine degli alimenti, secondo l’indagine on line del Ministero delle Politiche agricole. Ad annunciarlo è la Coldiretti, che ha fortemente sostenuto il provvedimento, dopo la scadenza del cosiddetto termine di “stand still”, il periodo di “quarantena” di 90 giorni dalla notifica entro il quale la Commissione avrebbe potuto fare opposizione allo schema di decreto nazionale interministeriale (Politiche Agricole, Sviluppo Economico e Salute) che introduce l’indicazione obbligatoria della provenienza per le carni suine trasformate.

Una novità importante per garantire trasparenza nelle scelte ai 35 milioni di italiani che almeno qualche volta a settimana portano in tavola salumi, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat, ma anche per sostenere i 5mila allevamenti nazionali di maiali messi in ginocchio dalla pandemia e dalla concorrenza sleale.

La filiera suinicola alessandrina conta circa 35.000 capi per un centinaio di allevamenti, a livello piemontese conta circa 3 mila aziende, un fatturato di quasi 400 milioni di euro e 1 milione e 200 mila capi destinati, soprattutto, ai circuiti tutelati delle principali Dop italiane per la preparazione della miglior salumeria nazionale. Una situazione è divenuta insostenibile con le spese per l’alimentazione degli animali, dal mais alla soia, che hanno registrato rincari fino al 26% mettendo in difficoltà gli allevatori che non vedono ripagati neppure i costi di allevamento.  Gli allevatori del comparto che hanno perso già fino al 40% del valore dei capi stanno lavorando nettamente sotto i costi di produzione a cui si somma l’inspiegabile rallentamento dei ritiri da parte dei macelli.

“Informare i consumatori dell’origine delle carni utilizzate per i salumi – ha affermato il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco – è un atto dovuto a tutela di una produzione piemontese d’eccellenza. Due prosciutti su tre venduti in Italia sono infatti ottenuti da maiali stranieri senza alcuna evidenziazione in etichetta. Si stima, infatti, che tre prosciutti su quattro venduti in Italia siano in realtà ottenuti da carni straniere senza che questo sia stato fino ad ora esplicitato in etichetta”.

Una situazione ancora più preoccupante se si pensa alle cosce provenienti in larga parte dai grandi mattatoi dei paesi del Nord, come ad esempio la struttura di Rheda-Wiedenbrück, nel distretto di Guetersloh, nel NordReno Westfalia, balzata all’attenzione delle cronache perché più di 1.550 lavoratori sono risultati positivi ai test per il Covid-19.

“In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti per combattere la concorrenza sleale al Made in Italy” ha aggiunto il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Rampazzo nel sottolineare che “l’Italia ha la responsabilità di svolgere un ruolo di apripista in Europa, anche sfruttando le opportunità offerte dalla storica apertura dell’Ue all’obbligo dell’origine con l’indicazione dello Stato membro con la nuova Strategia Farm to Fork nell’ambito del Green New Deal”.

Il decreto sui salumi, che dovrà essere presto pubblicato in Gazzetta Ufficiale per essere operativo, prevede che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a: “Paese di nascita: (nome del paese di nascita degli animali); “Paese di allevamento: (nome del paese di allevamento degli animali); “Paese di macellazione: (nome del paese in cui sono stati macellati gli animali).

Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: (nome del paese)”.

La dicitura “100% italiano” è utilizzabile dunque solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia.  Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea o extra europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: UE”, “Origine: extra UE”, “Origine: Ue e extra UE”.

L’etichetta di origine sulla Spesa degli Italiani

Cibi con l’indicazione origine

Cibi senza indicazione d’origine

Salumi (*)

Carne di coniglio

Carne di pollo e derivati

Carne trasformata

Carne bovina

Marmellate, succhi di frutta

Frutta e verdura fresche

Fagioli, lenticchie, piselli in scatola

Uova

Pane

Miele

Insalate in busta (IV° gamma)

Extravergine di oliva

Frutta e verdura essiccata

Pesce

 

Derivati del pomodoro e sughi pronti

 

Latte/Formaggi

 

Pasta

 

Riso

 

Tartufi e Funghi spontanei

 

(*) in attesa della pubblicazione del decreto

Fonte: Elaborazioni Coldiretti

 

VICENZA, VIA LIBERA DELL’UNIONE EUROPEA AD ETICHETTA SALVA SALUMI MADE IN ITALY

Via libera dell’Unione Europea all’etichetta Made in Italy su salami, mortadella, prosciutti e culatello per smascherare l’inganno della carne straniera spacciata per italiana come chiede il 93% dei cittadini che ritiene importante conoscere l’origine degli alimenti, secondo l’indagine on line del Ministero delle Politiche agricole. “Una novità importante – spiega il presidente provinciale di Coldiretti Vicenza, Martino Cerantola – per garantire trasparenza nelle scelte ai consumatori, che più volte alla settimana portano in tavola salumi, ma anche per sostenere i 5mila allevamenti nazionali di maiali messi in ginocchio dalla pandemia e dalla concorrenza sleale, per salvare il prestigioso settore della norcineria che in Italia, dalla stalla alla distribuzione, vale 20 miliardi”.

Secondo un’analisi Coldiretti, dall’inizio dell’emergenza sanitaria le quotazioni dei maiali tricolori si sono quasi dimezzate e scese a poco più di un euro al chilo, mettendo a rischio le imprese e, con esse, la prestigiosa norcineria Made in Italy a partire dai 12,5 milioni di prosciutti a denominazione di origine (Dop) Parma e San Daniele prodotti in Italia. A preoccupare è l’invasione di cosce dall’estero per una quantità media di 56 milioni di “pezzi” che ogni anno si riversano nel nostro Paese per ottenere prosciutti da spacciare come Made in Italy.

“Si stima, infatti, che tre prosciutti su quattro venduti nel nostro territorio – aggiunge il direttore Coldiretti Vicenza, Cesare Magalini – siano in realtà ottenuti da carni straniere, senza che questo sia stato fino ad ora esplicitato in etichetta. Cosce provenienti in larga parte dai grandi mattatoi dei paesi del Nord, come ad esempio la struttura di Rheda-Wiedenbrück, nel distretto di Guetersloh, nel NordReno Westfalia, balzata all’attenzione delle cronache, perché più di 1.550 lavoratori sono risultati positivi ai test per il Covid-19”.

Il decreto sui salumi, che dovrà essere presto pubblicato in Gazzetta Ufficiale per essere operativo, prevede che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a: “Paese di nascita: (nome del paese di nascita degli animali); “Paese di allevamento: (nome del paese di allevamento degli animali); “Paese di macellazione: (nome del paese in cui sono stati macellati gli animali).

Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: (nome del paese)”.

La dicitura “100% italiano” è utilizzabile, dunque, solo quando la carne proviene da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. 

L’etichettatura dei salumi è l’ultimo capitolo della storica battaglia per la trasparenza condotta dalla Coldiretti che, con la raccolta di milioni di firme, ha portato l’Italia all’avanguardia in Europa. L’obbligo di indicare in etichetta l’origine per pelati, polpe, concentrato e degli altri derivati del pomodoro era arrivato grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018, del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro. Il 13 febbraio 2018 è entrato in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta e del riso, ma prima c’erano stati già diversi traguardi raggiunti: il 19 aprile 2017 è scattato l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre, a partire dal 1 gennaio 2008, vigeva l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.

L’etichetta di origine sulla Spesa degli Italiani

Cibi con l’indicazione origine

Cibi senza indicazione d’origine

Salumi (*)

Carne di coniglio

Carne di pollo e derivati

Carne trasformata

Carne bovina

Marmellate, succhi di frutta

Frutta e verdura fresche

Fagioli, lenticchie, piselli in scatola

Uova

Pane

Miele

Insalate in busta (IV° gamma)

Extravergine di oliva

Frutta e verdura essiccata

Pesce

 

Derivati del pomodoro e sughi pronti

 

Latte/Formaggi

 

Pasta

 

Riso               

 

Tartufi e Funghi spontanei

 

(*) in attesa della pubblicazione del decreto – Fonte: Elaborazioni Coldiretti

 

VENEZIA, CORONAVIRUS: OK DALL’UE PER L’ETICHETTA SALUMI MADE IN ITALY

Salami, mortadella, prosciutti e insaccati italiani saranno etichettati Made in Italy. L’Unione Europea ha dato l’ok alla procedura per smascherare l’inganno della carne straniera spacciata per nostrana. In Veneto – spiega Coldiretti – si concentra il 7% della produzione nazionale pari ad un valore di 200milioni di fatturato dato da 70mila capi destinati a prosciutti Dop e allevati da oltre 300 imprenditori suinicoli. 

Per questo – commenta Andrea Colla presidente di Coldiretti Venezia  –  il provvedimento è strategico e fortemente voluto da Coldiretti dopo la scadenza del cosiddetto termine di “stand still”, il periodo di “quarantena” di 90 giorni dalla notifica entro il quale la Commissione avrebbe potuto fare opposizione allo schema di decreto nazionale interministeriale (Politiche Agricole, Sviluppo Economico e Salute) che introduce l’indicazione obbligatoria della provenienza per le carni suine trasformate.

Una novità importante per garantire trasparenza nelle scelte ai 35 milioni di italiani che almeno qualche volte a settimana portano in tavola salumi, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat, ma anche per sostenere i 5mila allevamenti nazionali di maiali messi in ginocchio dalla pandemia e dalla concorrenza sleale, per salvare il prestigioso settore della norcineria che in Italia, dalla stalla alla distribuzione, vale 20 miliardi.

Secondo un’analisi Coldiretti, dall’inizio dell’emergenza sanitaria le quotazioni dei maiali tricolori si quasi dimezzate e scese a poco più di un euro al chilo, mettendo a rischio le imprese e, con esse, la prestigiosa norcineria Made in Italy a partire dai 12,5 milioni di prosciutti a denominazione di origine (Dop) Parma e San Daniele prodotti in Italia. A preoccupare è l’invasione di cosce dall’estero per una quantità media di 56 milioni di “pezzi” che ogni anno si riversano nel nostro Paese per ottenere prosciutti da spacciare come Made in Italy. Si stima, infatti, che tre prosciutti su quattro venduti in Italia siano in realtà ottenuti da carni straniere senza che questo sia stato fino ad ora esplicitato in etichetta.

Cosce provenienti in larga parte – denuncia Coldiretti – dai grandi mattatoi dei paesi del Nord, come ad esempio la struttura di Rheda-Wiedenbrück, nel distretto di Guetersloh, nel NordReno Westfalia, balzata all’attenzione delle cronache perché più di 1.550 lavoratori sono risultati positivi ai test per il Covid-19.

In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti per combattere la concorrenza sleale al Made in Italy” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “l’Italia ha la responsabilità di svolgere un ruolo di apripista in Europa, anche sfruttando le opportunità offerte dalla storica apertura dell’Ue all’obbligo dell’origine con l’indicazione dello Stato membro con la nuova Strategia Farm to Fork nell’ambito del Green New Deal”.

Il decreto sui salumi, che dovrà essere presto pubblicato in Gazzetta Ufficiale per essere operativo, prevede – spiega Coldiretti – che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a: “Paese di nascita: (nome del paese di nascita degli animali); “Paese di allevamento: (nome del paese di allevamento degli animali); “Paese di macellazione: (nome del paese in cui sono stati macellati gli animali).

Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: (nome del paese)”.

La dicitura “100% italiano” è utilizzabile dunque solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. 

Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea o extra europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: UE”, “Origine: extra UE”, “Origine: Ue e extra UE”.

L’etichettatura dei salumi è l’ultimo capitolo della storica battaglia per la trasparenza condotta dalla Coldiretti che, con la raccolta di milioni di firme, ha portato l’Italia all’avanguardia in Europa. L’obbligo di indicare in etichetta l’origine per pelati, polpe, concentrato e degli altri derivati del pomodoro era arrivato grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018, del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro. Il 13 febbraio 2018 è entrato in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta e del riso, ma prima c’erano stati già diversi traguardi raggiunti: il 19 aprile 2017 è scattato l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre, a partire dal 1° gennaio 2008, vigeva l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.

A livello Ue – conclude la Coldiretti – il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto, mentre la Commissione Europea ha recentemente specificato che l’indicazione dell’origine è obbligatoria anche su funghi e tartufi spontanei.

L’etichetta di origine sulla Spesa degli Italiani

Cibi con l’indicazione origine

Cibi senza indicazione d’origine

Salumi (*)

Carne di coniglio

Carne di pollo e derivati

Carne trasformata

Carne bovina

Marmellate, succhi di frutta

Frutta e verdura fresche

Fagioli, lenticchie, piselli in scatola

Uova

Pane

Miele

Insalate in busta (IV° gamma)

Extravergine di oliva

Frutta e verdura essiccata

Pesce

 

Derivati del pomodoro e sughi pronti

 

Latte/Formaggi

 

Pasta

 

Riso

 

Tartufi e Funghi spontanei

 

(*) in attesa della pubblicazione del decreto

Fonte: Elaborazioni Coldiretti

 

VARESE, SALUMI: ARRIVA LA CARTA D’IDENTITÀ        

“E’ una buona notizia per la norcineria prealpina il libera dell’Unione Europea all’etichetta d’origine su salami, prosciutti e altre specialità per smascherare l’inganno della carne straniera spacciata per italiana”. Lo rimarca il presidente di Coldiretti Varese Fernando Fiori nel sottolineare che “il 93% dei cittadini che ritiene importante conoscere l’origine degli alimenti, secondo l’indagine on line del Ministero delle Politiche agricole”. Coldiretti ha fortemente sostenuto il provvedimento, dopo la scadenza del cosiddetto termine di “stand still”, il periodo di “quarantena” di 90 giorni dalla notifica entro il quale la Commissione avrebbe potuto fare opposizione allo schema di decreto nazionale interministeriale (Politiche Agricole, Sviluppo Economico e Salute) che introduce l’indicazione obbligatoria della provenienza per le carni suine trasformate.

Una novità importante per garantire trasparenza nelle scelte ai consumatori del Varesotto che, almeno qualche volta a settimana, portano in tavola salumi, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat, ma anche per sostenere gli allevamenti di maiali messi in ginocchio dalla pandemia e dalla concorrenza sleale, per salvare il prestigioso settore della norcineria che in Italia, dalla stalla alla distribuzione, vale 20 miliardi.

Secondo un’analisi Coldiretti, dall’inizio dell’emergenza sanitaria le quotazioni dei maiali tricolori si quasi dimezzate e scese a poco più di un euro al chilo, mettendo a rischio le imprese e, con esse, la prestigiosa norcineria Made in Italy a partire dai 12,5 milioni di prosciutti a denominazione di origine (Dop) Parma e San Daniele prodotti in Italia. A preoccupare è l’invasione dei cosce dall’estero per una quantità media di 56 milioni di “pezzi” che ogni anno si riversano nel nostro Paese per ottenere prosciutti da spacciare come Made in Italy.

Si stima, infatti, che tre prosciutti su quattro venduti in Italia siano in realtà ottenuti da carni straniere senza che questo sia stato fino ad ora esplicitato in etichetta.

Cosce provenienti in larga parte – denuncia Coldiretti – dai grandi mattatoi dei paesi del Nord, come ad esempio la struttura di Rheda-Wiedenbrück, nel distretto di Guetersloh, nel NordReno Westfalia, balzata all’attenzione delle cronache perché più di 1.550 lavoratori sono risultati positivi ai test per il Covid-19.

“In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti per combattere la concorrenza sleale al Made in Italy” conclude Fiori nel riprendere le parole del presidente nazionale Ettore Prandini, il quale ha altresì sottolineato che “l’Italia ha la responsabilità di svolgere un ruolo di apripista in Europa, anche sfruttando le opportunità offerte dalla storica apertura dell’Ue all’obbligo dell’origine con l’indicazione dello Stato membro con la nuova Strategia Farm to Fork nell’ambito del Green New Deal”.

Il decreto sui salumi, che dovrà essere presto pubblicato in Gazzetta Ufficiale per essere operativo, prevede – spiega Coldiretti Varese – che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a: “Paese di nascita: (nome del paese di nascita degli animali); “Paese di allevamento: (nome del paese di allevamento degli animali); “Paese di macellazione: (nome del paese in cui sono stati macellati gli animali).

In dettaglio, quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: (nome del paese)”. La dicitura “100% italiano” è utilizzabile dunque solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. 

Quando invece la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea o extra europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: UE”, “Origine: extra UE”, “Origine: Ue e extra UE”.

L’etichettatura dei salumi è l’ultimo capitolo della storica battaglia per la trasparenza condotta dalla Coldiretti che, con la raccolta di milioni di firme (raccolte anche sul territorio della provincia prealpina), ha portato l’Italia all’avanguardia in Europa. L’obbligo di indicare in etichetta l’origine per pelati, polpe, concentrato e degli altri derivati del pomodoro era arrivato grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018, del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro. Il 13 febbraio 2018 è entrato in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta e del riso, ma prima c’erano stati già diversi traguardi raggiunti: il 19 aprile 2017 è scattato l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre, a partire dal 1° gennaio 2008, vigeva l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.

A livello Ue – conclude la Coldiretti Varese – il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto, mentre la Commissione Europea ha recentemente specificato che l’indicazione dell’origine è obbligatoria anche su funghi e tartufi spontanei.

L’etichetta di origine sulla Spesa degli Italiani

Cibi con l’indicazione origine

Cibi senza indicazione d’origine

Salumi (*)

Carne di coniglio

Carne di pollo e derivati

Carne trasformata

Carne bovina

Marmellate, succhi di frutta

Frutta e verdura fresche

Fagioli, lenticchie, piselli in scatola

Uova

Pane

Miele

Insalate in busta (IV° gamma)

Extravergine di oliva

Frutta e verdura essiccata

Pesce

 

Derivati del pomodoro e sughi pronti

 

Latte/Formaggi

 

Pasta

 

Riso

 

Tartufi e Funghi spontanei

 

(*) in attesa della pubblicazione del decreto

Fonte: Elaborazioni Coldiretti

 

REGGIO EMILIA, VIA LIBERA DELL’UE ALL’ETICHETTA DI ORIGINE PER I SALUMI 

Via libera dell’Unione Europea all’etichetta Made in Italy su salami, mortadella, prosciutti e culatello per smascherare l’inganno della carne straniera spacciata per italiana come chiede il 93% dei cittadini che ritiene importante conoscere l’origine degli alimenti, secondo l’indagine on line del Ministero delle Politiche agricole. Ad annunciare l’importante traguardo è la Coldiretti, che ha fortemente sostenuto il provvedimento, dopo la scadenza del cosiddetto termine di “stand still”, il periodo di “quarantena” di 90 giorni dalla notifica entro il quale la Commissione avrebbe potuto fare opposizione allo schema di decreto nazionale interministeriale (Politiche Agricole, Sviluppo Economico e Salute) che introduce l’indicazione obbligatoria della provenienza per le carni suine trasformate.

«È una novità importante – commenta Maria Cerabona, direttore della Coldiretti di Reggio Emilia – per garantire trasparenza nelle scelte dei consumatori e una possibilità di reddito per gli allevatori. In un momento difficile per tutta l’economia italiana – continua la Cerabona – dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti per combattere la concorrenza sleale al Made in Italy».

«Le quotazioni dei maiali si sono quasi dimezzate dall’inizio della pandemia – denuncia Maria Cerabona – e sono scese a poco più di 1 euro al chilo mentre le spese per l’alimentazione degli animali, dal mais alla soia, hanno registrato rincari fino al 26%. La situazione del settore suinicolo è divenuta insostenibile e sta mettendo in difficoltà gli allevatori che non vedono ripagati neppure i costi di allevamento».

L’obbligo di origine in etichetta per i salumi può portare respiro e riconoscimento della qualità del lavoro agli oltre 200 allevamenti reggiani con i loro 250/300 mila capi e tutto il comparto suinicolo italiano che conta ben 5mila allevamenti direttamente connessi ai 12,5 milioni di prosciutti a denominazione di origine (Dop) Parma e San Daniele.

«Due prosciutti su tre venduti in Italia – precisa la Cerabona – sono ottenuti da maiali stranieri senza alcuna evidenziazione in etichetta. È per questo che servono interventi mirati e urgenti perché siamo al punto di non ritorno con una situazione che – continua la Cerabona – rischia di compromettere per sempre la potenzialità produttiva del settore suinicolo con una destrutturazione degli allevamenti difficilmente recuperabile». L’Italia ha la responsabilità di svolgere un ruolo di apripista in Europa – dichiara Coldiretti – anche sfruttando le opportunità offerte dalla storica apertura dell’Ue all’obbligo dell’origine con l’indicazione dello Stato membro con la nuova Strategia Farm to Fork nell’ambito del Green New Deal.

Il decreto sui salumi, che dovrà essere presto pubblicato in Gazzetta Ufficiale per essere operativo, prevede – spiega Coldiretti – che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a: “Paese di nascita: (nome del paese di nascita degli animali); “Paese di allevamento: (nome del paese di allevamento degli animali); “Paese di macellazione: (nome del paese in cui sono stati macellati gli animali).

Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: (nome del paese)”. La dicitura “100% italiano” è utilizzabile dunque solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia.

Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea o extra europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: UE”, “Origine: extra UE”, “Origine: Ue e extra UE”.

L’etichettatura dei salumi è l’ultimo capitolo della storica battaglia per la trasparenza condotta dalla Coldiretti che, con la raccolta di milioni di firme, ha portato l’Italia all’avanguardia in Europa e iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002.

Ad oggi la situazione è la seguente dell’etichettatura di origine sulla spesa degli italiani è la seguente:

 

Cibi CON indicazione origine

Cibi SENZA indicazione origine

Salumi (*)

Carne di coniglio

Carne di pollo e derivati

Carne trasformata

Carne bovina

Marmellate, succhi di frutta, ecc

Frutta e verdura fresche

Fagioli, lenticchie, piselli in scatola, ecc.

Uova

Pane

Miele

Insalate in busta (IV° gamma), sottoli

Extravergine di oliva

Frutta e verdura essiccata

Pesce

 

Derivati del pomodoro e sughi pronti

 

Latte/Formaggi

 

Pasta

 

Riso

 

Tartufi e Funghi spontanei

 

(*) in attesa della pubblicazione del decreto                                                       Fonte: Elaborazioni Coldiretti

 

VICENZA, FORMAZIONE SU PIATTAFORMA WEB: LA PATENTE PER TRATTORI ONLINE

“Le modalità innovative della piattaforma formativa certificata – spiega il direttore di Coldiretti Vicenza, Cesare Magalini – permettono una frequenza online per tutti gli operatori interessati all’aggiornamento quinquennale: le quattro ore didattiche possono essere seguite sul web secondo tempi e modi scelti dall’allievo, e, una volta completate, consentono di ottenere il relativo attestato”.

Coldiretti Vicenza offre agli operatori interessati la possibilità di frequentare l’aggiornamento quinquennale per la patente del trattore (“Aggiornamento  alla conduzione di trattori agricoli o forestali”) con un’azione formativa erogata su piattaforma certificata: le quattro ore didattiche previste sono frequentabili interamente online secondo tempi e modi scelti dall’allievo e, una volta completate, consentono di ottenere il relativo attestato: una semplicità e praticità inimmaginabili prima del Covid-19.

Per Vicenza nel prossimo quinquennio verranno formate circa 8500 persone con 350 corsi di formazione. Nell’immediato ed entro l’anno si andranno a formare circa 700 persone con circa 30 corsi.

“L’emergenza sanitaria – aggiunge Magalini – ha maturato, tra gli operatori del settore, l’esigenza e la sensibilità di migrare parte della formazione dall’aula fisica a quella virtuale, con diverse proposte alternative che, negli ultimi mesi e settimane, hanno permesso e permettono di completare e realizzare azioni a vantaggio degli imprenditori”.

Per prenotare il vs corso online potete contattare l’Ufficio formazione di Coldiretti Vicenza allo 0444.189665 – 189693.