Primo piano
UMBRIA, FOTOVOLTAICO: GIÙ LE MANI DAI TERRENI E DALLA NOSTRA IDENTITÀ!
Ok a transizione energetica, ma senza consumo di suolo agricolo
Non vorremmo che la comprensibile “sete di energia”, che sta spingendo a cercare di limitare i costi e a sviluppare alternative sostenibili come il fotovoltaico, possa portare a penalizzare l’attività primaria inducendo ad un incremento del consumo di suolo agricolo, che snaturerebbe pure ambiente e fisionomia del “Cuore Verde” d’Italia. È quanto afferma il presidente di Coldiretti Umbria Albano Agabiti, ribadendo la posizione dell’Organizzazione agricola sul tema.
Quando si parla legittimamente di fotovoltaico per mettere un freno alle emergenze in corso agevolando al contempo l’energia pulita nel nostro Paese – secondo Coldiretti – non è certo consumando altre fette di terreno agricolo, che si può arrivare alla soluzione più idonea, visto che questo andrebbe ad aggravare oltretutto le condizioni di un settore strategico come quello dell’agricoltura, dove più di una azienda su dieci (13%) è già in pericolo di chiusura a causa di questa congiuntura difficilissima.
La posizione di Coldiretti – sostiene Agabiti – è da sempre a favore di una vera e rapida transizione energetica che contenga gli effetti di questa crisi e i drammatici risvolti sulle bollette energetiche di imprese e famiglie, ma di certo non a discapito della produzione agricola o dell’ambiente, “erodendo” altro terreno, quando sono tanti i tetti di aziende o di strutture industriali obsolete, ma anche le aree da bonificare, che possono essere congrui a queste soluzioni. Sì, quindi alla produzione di energia pulita da fotovoltaico, ma senza consumare terreno agricolo. Una posizione, la nostra, non certo nuova – sottolinea Agabiti – tenuto conto che chiediamo da tempo sia l’approvazione della legge sul consumo di suolo, ferma da anni in Parlamento, che del nostro impegno per la petizione contro i pannelli solari mangia suolo, per spingere invece il fotovoltaico ecosostenibile sui tetti di stalle, cascine, magazzini, fienili, laboratori di trasformazione e strutture agricole. Una convinzione forte, sostenuta da tantissimi cittadini, che ci ha portato a raccogliere migliaia di firme anche in Umbria – evidenzia Agabiti – e che ha trovato la condivisione dell’Amministrazione regionale che nel Regolamento sulla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ha recepito questa doppia esigenza, sia economica che ambientale.
Destinando i suoli agricoli al fotovoltaico – ribadisce Mario Rossi direttore regionale Coldiretti – accelereremmo, oltre alla perdita di agroalimentare made in Umbria, quelle di una biodiversità e di un’identità uniche legate al nostro territorio. Da qui l’esigenza, per il fotovoltaico a terra, di sfruttare solo fino al 5% della superficie dell’azienda agricola, per la produzione di energia rinnovabile.
Nonostante, tra l’altro nel tempo – ricorda Rossi – si sia verificato un contenimento dei consumi energetici grazie alle nuove tecniche e all’impegno degli agricoltori per la maggiore sostenibilità delle produzioni anche con l’adozione di tecnologie 4.0, per ottimizzare l’impiego dei fattori della produzione, i rincari energetici stanno mettendo a rischio la produttività dei raccolti Made in Italy e le forniture alimentari degli italiani. Per migliorare il bilancio energetico della filiera quindi – conclude Rossi – moltiplicheremo non solo l’impegno per un fotovoltaico su tetti di stalle e capannoni rurali, ma anche per investimenti nell’economia circolare per la produzione di bioenergie, fino alla valorizzazione dei reflui degli allevamenti con il biometano che va sostenuto adeguatamente.
Dal Territorio
PUGLIA, GAS: CON CARO BOLLETTE ADDIO A 1 STALLA SU 10; A GIUGNO 2022 -91
A causa del caro bollette quasi una stalla su dieci (9%) è in una situazione così critica da portare alla chiusura, con rischi per l’ambiente, l’economia e l’occupazione ma anche per la sopravvivenza del patrimonio agroalimentare Made in Italy. E’ la Coldiretti Puglia a lanciare l’allarme sul crack degli allevamenti pugliesi stretti nella morsa del caro bollette e dei rincari dei costi di produzione schizzati alle stelle in Puglia, dove hanno già chiuso i battenti in 1 anno ben 92 stalle.
In 3 anni, da giugno 2019 a giugno 2022, in Puglia hanno già chiuso 266 stalle, con l’emergenza economica – denuncia Coldiretti Puglia – che mette a rischio la stabilità della rete zootecnica, importante non solo per l’economia ma perché ha una rilevanza sociale e ambientale perché quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado dei territori soprattutto in zone svantaggiate.
Da difendere secondo la Coldiretti Puglia c’è un sistema composto da 2mila stalle da latte pugliesi che garantiscono una produzione di 108.000 tonnellate di latte che esprime un valore di oltre 130 milioni di euro e oltre 40.000 tonnellate di formaggi che alimenta una catena produttiva lattiero-casearia regionale, o di euro ed occupa oltre 6.000 persone fra occupati diretti e indotto con una ricaduta positiva in termini di reddito e coesione sociale.
In pericolo c’è in Puglia un patrimonio di formaggi unico al mondo – riferisce la Coldiretti regionale – dove la Fattoria Puglia assicura un decisivo presidio di un territorio dove la manutenzione è assicurata proprio dall’attività di allevamento, con il lavoro silenzioso di pulizia e di compattamento dei suoli svolto dagli animali e un patrimonio dell’agroalimentare Made in Italy che in Puglia vanta ben 4 formaggi DOP, la burrata di Andria IGP e 17 specialità riconosciute tradizionali dal MIPAAF, con le specialità provenienti dalla Puglia come il Canestrato leccese, il Caciocavallo podolico Dauno, il Caciocavallo della Murgia.
L’aumento del costo dei mangimi collegato al rialzo delle quotazioni delle principali materie prime quali soia, mais e cereali anche a causa dell’attuale crisi Ucraina ha prodotto – spiega Coldiretti Puglia – un aumento dei costi per le produzioni del latte e delle carni, al quale si sono aggiunti i rincari su dell’energia, con l’agroalimentare che in Puglia assorbe dal campo alla tavola oltre il 10,3% dei 5,578 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep) all’anno dei consumi totali. Il risultato è un crollo del valore aggiunto che in alcuni settori sfiora i 100mila euro ad azienda e che mette un allevamento su dieci a serio rischio di chiusura, secondo un’analisi Coldiretti su dati Crea.
Va garantita la stabilità del settore lattiero – caseario che ha un’importanza per l’economia regionale ma anche una rilevanza sociale e ambientale – insiste Coldiretti Puglia – perché quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado dei territori soprattutto in zone svantaggiate.
Una strage che apre peraltro le porte all’arrivo del cibo sintetico, dalla carne al pesce fino ai formaggi, dietro il quale si nascondono – evidenzia Coldiretti – i colossali interessi commerciali e speculativi che rappresenta una minaccia letale per l’agricoltura italiana, la salute dei consumatori e la biodiversità del pianeta.
La chiusura di un’azienda zootecnica significa anche che non riaprirà mai più, con la perdita degli animali e del loro patrimonio genetico custodito e valorizzato da generazioni di allevatori. Per questo è necessario intervenire subito per contenere il caro energia ed i costi di produzione con misure immediate per salvare aziende e stalle e strutturali per programmare il futuro, conclude Coldiretti sottolineando che occorre lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni.
DATA |
ALLEVAMENTI LATTE+MISTO |
30/06/2019 |
2.337 |
30/06/2020 |
2.284 |
30/06/2021 |
2.163 |
30/06/2022 |
2.071 |
STALLE CHIUSE |
266 |
* Elaborazione Coldiretti Puglia su fonte dati ARA regionale
LIGURIA, GOVERNO: CONTRO CRISI NASCE IL MINISTERO DELLA SOVRANITÀ ALIMENTARE
“Apprezziamo la scelta di accogliere la nostra proposta di cambiare il nome del Dicastero, che con il nuovo Governo assume la nomenclatura di Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare. Una scelta significativa, che rappresenta nei fatti un impegno concreto per investire nella crescita del settore, estendere le competenze all’intera filiera agroalimentare, ridurre la dipendenza dall’estero, valorizzare la biodiversità del nostro territorio e garantire agli italiani la fornitura di prodotti alimentari nazionali di alta qualità”. Questo il commento del Presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, nel suo intervento alla Fiera zootecnica di Montichiari (20-22 ottobre 2022) in riferimento all’ istituzione del nuovo Ministero guidato da Francesco Lollobrigida.
“La pandemia prima e la crisi energetica – sottolineano Gianluca Boeri e Bruno Rivarossa, Presidente di Coldiretti Liguria e Delegato Confederale – hanno dimostrato in maniera forte la centralità del cibo e l’importanza di garantire l’autonomia alimentare del Paese in uno scenario globale segnato da distorsioni commerciali, accaparramenti e speculazioni, che ogni giorno mettono a rischio gli approvvigionamenti. Ottimizzare l’impiego dei fondi del Pnrr e ammodernare la rete logistica, difendere i 35 miliardi di fondi europei per l’agricoltura, combattere l’etichetta Nutriscore, l’arrivo del cibo sintetico in tavola e gli accordi internazionali sbagliati che penalizzano il Made in Italy, ma anche fermare l’invasione di cinghiali e realizzare un piano invasi per garantire acqua in tempi di siccità: questi sono gli impegni che ci aspettiamo dal nuovo Governo”.
In quest’ottica, ancor più fondamentale risulta oggi “intervenire subito sui rincari dell’energia – concludono Boeri e Rivarossa – che mettono a rischio una filiera centrale per le forniture alimentari delle famiglie, che dai campi alla tavola vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio e vale 575 miliardi di euro: quasi un quarto del Pil nazionale”
MARCHE, GIORNATA MONDIALE PASTA: CRESCE L’EXPORT DELLE NOSTRE PRODUZIONI
La pasta Made in Marche cresce di appeal all’estero con l’export che fa segnare un +48,6% nel primo semestre 2022 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Lo spiega Coldiretti Marche in occasione del World Pasta Day che si festeggia il 25 Ottobre sulla base dei dati Istat che segnano un valore di 11,5 milioni di euro nel periodo. La nostra è la quarta regione d’Italia per produzione di grano duro con circa 100mila ettari dedicati (quasi 10mila in biologico) e nel giro di una decina di anni ha raddoppiato la capacità di molitura, secondo i dati Ismea. Oggi la capacità di molitura regionale supera le 1000 tonnellate al giorno. “Sono i cugini francesi – spiegano da Coldiretti Marche – i più grandi acquirenti della pasta marchigiana davanti a Stati Uniti e Germania. Questi tre stati coprono da soli oltre la metà dell’export”. Una produzione che nel tempo ha portato alla riscoperta di grani antichi come Saragolla, Senatore Cappelli e la Jervicella, di recente menzionata nel grande libro dei Sigilli di Campagna Amica, specie vegetali e animali o produzioni agricole abbandonate nel corso degli anni che avrebbero rischiato l’estinzione senza l’impegno degli agricoltori custodi nel loro recupero e nella vendita diretta per farli valorizzarli e farli conoscere ai consumatori. Un fenomeno che ha favorito anche il moltiplicarsi di marchi di pasta che garantiscono l’origine nazionale al 100% del grano impiegato, impensabile fino a pochi anni ma ormai patrimonio di quasi tutti i principali brand. “Per acquistare la vera pasta Made in Italy 100% – precisa la Coldiretti – basta scegliere le confezioni che riportano le indicazioni “Paese di coltivazione del grano: Italia” e “Paese di molitura: Italia”. Una scelta di qualità ma anche un sostegno all’economia nazionale in una situazione in cui sono esplosi i costi di coltivazione dei cereali sono arrivati quasi a raddoppiare (+80%) per la crisi scatenata dalla guerra secondo elaborazioni Coldiretti su dati Crea”.
PUGLIA, GIORNATA PASTA: +44% RECORD STORICO PASTA ALL’ESTERO
Con un aumento record del +44% è record storico per le vendite di pasta dalla Puglia all’estero, dove con le difficoltà economiche si riscoprono le qualità del piatto base della dieta mediterranea. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti Puglia, in occasione del World Pasta Day che si festeggia il 25 Ottobre, sulla base dei dati Istat sul commercio estero nei primi sei mesi dell’anno.
L’export della pasta pugliese vola nel mondo, proprio quando coltivare grano è costato – afferma Coldiretti Puglia – agli agricoltori pugliesi fino a 600 euro in più ad ettaro a causa dell’impennata dei costi di produzione causata dall’effetto a valanga della guerra in Ucraina dopo la crisi generata dalla pandemia Covid, che si riflette a cascata dalle sementi al gasolio fino ai fertilizzanti, mentre i prezzi del grano duro sono in caduta libera.
In Puglia, tra l’altro, la produzione è crollata nel 2022 del 35%-40% a causa della siccità, mentre ad essere più penalizzati con i maggiori incrementi percentuali di costi correnti – continua la Coldiretti Puglia – sono state proprio le coltivazioni di cereali, dal grano all’avena, che servono al Paese a causa dell’esplosione della spesa di gasolio, concimi e sementi e l’incertezza sui prezzi di vendita con le quotazioni in balia delle speculazioni di mercato.
La minor produzione pesa sulle aziende cerealicole che hanno dovuto affrontare rincari delle spese di produzione che vanno dal +170% dei concimi al +129% per il gasolio con incrementi medi dei costi correnti del 68% secondo elaborazioni Coldiretti su dati del Crea. Il taglio dei raccolti causato dall’incremento dei costi e dalla grave e perdurante siccità in alcune aree delle province di Bari e Foggia – sottolinea Coldiretti Puglia – rischia di aumentare ulteriormente la dipendenza dall’estero per gli approvvigionamenti agroalimentari, con l’Italia che è già obbligata ad importare il 64% del grano per il pane e il 44% di quello necessario per la pasta.
La Puglia è il principale produttore italiano di grano duro, con 360.000 ettari coltivati e 10milioni di quintali prodotti in media all’anno. La domanda di grano 100% Made in Italy si scontra con anni di disattenzione e di concorrenza sleale delle importazioni dall’estero, soprattutto da aree del pianeta che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale in vigore in Puglia ed in Italia, che nell’ultimo decennio – denuncia Coldiretti Puglia – hanno portato alla scomparsa di 1 campo su 5 con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati, con effetti dirompenti sull’economia, sull’occupazione e sull’ambiente,
Occorre lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali ma è necessario investire – aggiunge Coldiretti Puglia – per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità ma serve anche contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono nei terreni e sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento in risposta ai cambiamenti climatici.
Le migliori varietà di grano duro selezionate, da Emilio Lepido a Furio Camillo, da Marco Aurelio a Massimo Meridio fino al Panoramix e al grano Maiorca, sono coltivate dagli agricoltori sul territorio pugliese – insiste la Coldiretti regionale – che produce più di 1/4 di tutto il frumento duro italiano.
Gli acquisti di pasta fatta al 100% di grano made in Italy – sottolinea la Coldiretti – sono cresciuti ad un ritmo di quasi 2 volte e mezzo superiore a quello medio della pasta secca anche per effetto dello smart working e del lungo lockdown per combattere l’emergenza covid che ha costretto i cittadini in casa. Il risultato è che già oggi un pacco di pasta su 5 venduto al supermercato – precisa Coldiretti – utilizza grano duro coltivato in Italia, con la Puglia leader nella produzione dove si stima per la campagna ancora in corso un calo del 45% a causa del clima pazzo per le gelate e la siccità, ma di qualità ottima.
La ricerca del Made in Italy – continua la Coldiretti – ha condotto anche alla riscoperta di grani antichi, riportando nel piatto il Senatore Cappelli, la Timilia, il Saragolla e altre varietà che hanno fatto la storia del Paese a tavola. Un fenomeno che ha favorito anche il moltiplicarsi di marchi di pasta che garantiscono l’origine nazionale al 100% del grano impiegato, impensabile fino a pochi anni ma ormai patrimonio di quasi tutti i principali brand. Il risultato è che le vendite di pasta di grano garantito italiano sono cresciute del 14% in valore nei primi cinque mesi del 2022, secondo l’analisi Coldiretti su dati Ismea.
Per acquistare la vera pasta Made in Italy 100% – precisa la Coldiretti regionale – basta scegliere le confezioni che riportano le indicazioni “Paese di coltivazione del grano: Italia” e “Paese di molitura: Italia”. Una scelta di qualità ma anche un sostegno all’economia nazionale in una situazione in cui sono esplosi i costi di coltivazione dei cereali sono arrivati quasi a raddoppiare (+80%) per la crisi scatenata dalla guerra secondo elaborazioni Coldiretti su dati Crea.
L’Italia resta il paese – conclude la Coldiretti – con il più elevato consumo di pasta per un quantitativo di 23,5 chilogrammi a testa contro i 17 chili della Tunisia, seconda in questa speciale classifica seguita da Venezuela (15 kg), Grecia (12 kg), Cile (9,4 kg), Stati Uniti (8,8 kg), Argentina e Turchia a pari merito (8,7 kg) che testimoniano come questo tipo di prodotto abbia estimatori ad ogni latitudine.
TOSCANA, GIORNATA PASTA: +3,3% PASTA ALL’ESTERO NEI PRIMI SEI MESI DELL’ANNO
Il 75% mangia pasta almeno una volta al giorno ma con rincari, + 21,6 % su base annua
Vola la pasta Made in Tuscany all’estero con il 3,3% in più di vendite nei primi sei mesi dell’anno. Un settore, quello della pasta, che vale 70 milioni di euro all’anno e che contribuisce al nuovo record dell’agroalimentare toscano nel mondo con una crescita del 15% nel secondo trimestre per un valore complessivo di 920 milioni di euro. Ma mettere un piatto di pasta in tavola è sempre più un lusso per i toscani – il 75% la consuma almeno una volta al giorno – che devono spendere il 21,6% in più su base annua a causa dei rincari e degli effetti dei prezzi del grano del conflitto tra Russia e Ucraina. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti Toscana in occasione del World Pasta Day che si festeggia il 25 Ottobre, sulla base dei dati istat sul commercio estero.
Sono i tedeschi – sottolinea Coldiretti Toscana – a spendere di più in assoluto per acquistare pasta dal Belpaese con un incremento del 31% nell’ultimo anno mentre al secondo posto si classificano gli Stati Uniti dove l’incremento è stato addirittura del +45% anche sotto la spinta dell’euro debole nei confronti del dollaro mentre al terzo posto la Francia con un incremento del 25%.
L’Italia resta il paese – rileva Coldiretti Toscana – con il più elevato consumo di pasta per un quantitativo di 23,5 chilogrammi a testa contro i 17 chili della Tunisia, seconda in questa speciale classifica seguita da Venezuela (15 kg), Grecia (12 kg), Cile (9,4 kg), Stati Uniti (8,8 kg), Argentina e Turchia a pari merito (8,7 kg) che testimoniano come questo tipo di prodotto abbia estimatori ad ogni latitudine.
La ricerca del Made in Italy – continua Coldiretti Toscana – ha condotto anche alla riscoperta di grani antichi, riportando nel piatto il Senatore Cappelli, la Timilia, il Saragolla e altre varietà che hanno fatto la storia del Paese a tavola. Un fenomeno che ha favorito anche il moltiplicarsi di marchi di pasta che garantiscono l’origine nazionale al 100% del grano impiegato, impensabile fino a pochi anni ma ormai patrimonio di quasi tutti i principali brand. Il risultato è che le vendite di pasta di grano garantito italiano sono cresciute del 14% in valore nei primi cinque mesi del 2022, secondo l’analisi Coldiretti su dati Ismea. Nel corso del tempo sono aumentati esponenzialmente anche i formati della pasta che sono ormai arrivati a quota 300, mentre alle varietà tradizionali si sono aggiunte quelle fatte con l’integrale, il gluten free, quelle con farine alternative e legumi.
Per acquistare la vera pasta Made in Italy 100% – precisa Coldiretti Toscana – basta scegliere le confezioni che riportano le indicazioni “Paese di coltivazione del grano: Italia” e “Paese di molitura: Italia”. Una scelta di qualità ma anche un sostegno all’economia nazionale in una situazione in cui sono esplosi i costi di coltivazione dei cereali sono arrivati quasi a raddoppiare (+80%) per la crisi scatenata dalla guerra secondo elaborazioni Coldiretti su dati Crea. “Ci sono le condizioni per rispondere alle domanda di italianità dei consumatori ed investire sull’agricoltura nazionale che è in grado di offrire produzioni di qualità realizzando rapporti di filiera virtuosi con accordi che garantiscano compensi equi al di sopra dei costi di produzione – spiega Fabrizio Filippi, Presidente Coldiretti Toscana – L’esperienza ha dimostrato, ed anche in Toscana abbiamo degli straordinari esempi, l’importanza di garantire la trasparenza dell’informazione per far crescere un settore simbolo dell’ Italia nel mondo”.
PIEMONTE, MAFIA: GIRO D’AFFARI SU AGROALIMENTARE SUPERA I 24,5 MILIARDI
A rischio sicurezza e qualità dei prodotti, bene controlli
L’agroalimentare è diventato un settore prioritario di investimento della malavita con un business criminale che ha superato i 24,5 miliardi di euro. E’ quanto afferma la Coldiretti in riferimento all’ultima inchiesta investigativa dei Carabinieri che, in Sicilia, ha disarticolato i vertici di un clan mafioso che aveva preso di mira l’alimentare, dal settore avicolo alla grande distribuzione.
“La malavita comprende la strategicità del settore agroalimentare in tempo di crisi economica perché – spiegano Roberto Moncalvo Presidente di Coldiretti Piemonte e Bruno Rivarossa Delegato Confederale – consente di infiltrarsi in modo capillare nella società civile e condizionare la via quotidiana delle persone. Non solo si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei nostri prodotti ed il valore del marchio Made in Italy. Un fenomeno che minaccia di aggravarsi ulteriormente per gli effetti del caro prezzi provocato dalla guerra che potrebbe spingere le imprese a rischio a ricorrere all’usura per trovare i finanziamenti necessari. Ben vengano, quindi, i controlli delle Forze dell’Ordine per contrastare le azioni che le agromafie impongono a vari soggetti sui territori, approfittando anche della mancanza di liquidità”.
SARDEGNA, TORNA L’INCUBO DELLA LINGUA BLU: GIÀ 12MILA CAPI COINVOLTI
Torna l’incubo della lingua blu. Sono 12mila i capi già coinvolti, 11 i morti, 7 i focolai attivi, 28 i sospetti e 32 gli estinti con i dati purtroppo in continuo aggiornamento. I focolai attivi si trovano nel basso Oristanese e in Ogliastra. I sospetti sono soprattutto nel Sulcis mentre molti di quelli già estinti si trovavano nel centro-nord Sardegna ed in particolare nella parte occidentale.
Lo scorso anno, anche se non raggiunse le percentuali drammatiche (tra capi coinvolti e morti) delle pesanti ondate che affliggono il comparto ovicaprino da oltre vent’anni, morirono oltre 30mila pecore e ne furono coinvolte oltre 1 milione. La Regione su pressione di Coldiretti Sardegna alla fine stanziò 7.100.000 di euro che non sono ancora arrivati nelle tasche dei pastori nonostante l’Organizzazione agricola avesse presentato un sistema che avrebbe consentito di liquidare le partiche in poche settimane.
“Non c’è tempo da perdere. È fondamentale attivarsi immediatamente con un piano di emergenza che limiti al minimo la diffusione della lingua blu e i suoi effetti nefasti che purtroppo conosciamo bene evitando la definitiva mazzata per un comparto afflitto dal caro prezzi e dalla pesante crisi economica che stiamo vivendo – afferma il presidente di Coldiretti Sardegna Battista Cualbu -. Oltre ai pastori il virus colpisce anche gli allevatori di bovini, veri serbatoi del virus e vittime indirette con i continui blocchi della movimentazione che comporta gli esami della reazione a catena della polimerasi (PCR), con un costo di circa 25 euro, e trattamento con repellenti nei sette giorni precedenti la partenza dell’animale. Insomma, rallentamento del mercato, costi elevati e rischio di tenere in stalla animali che vanno fuori mercato”.
In oltre vent’anni sono morte, secondo le elaborazioni di Coldiretti Sardegna, 800mila pecore e sono stati stanziati per gli indennizzi oltre 166milioni di euro. “Un salasso per le casse pubbliche e un forte handicap per gli allevatori che hanno perso in 20 anni circa il 30 per cento del patrimonio ovino oltre alle ingenti perdite indirette dovute alle mancate produzioni per aborti e postumi della malattia”.
La blue tongue è presente in Sardegna dal 2000 ed è anche questa una conseguenza dei cambiamenti climatici: le sciroccate provenienti dal Nord Africa hanno portato anche nella nostra Regione virus presenti prima solo in quelle terre. Quando comparve per la prima volta (2000 – 2001) – secondo il dossier di Coldiretti Sardegna presentato lo scorso autunno – la blue tongue fece una strage con 260.856 pecore morte il primo anno e 232.138 il secondo con una incidenza (della mortalità sui capi coinvolti) di circa il 20% e 18%.
Nel corso degli anni ci sono state altre ondate, le più importanti nel 2003-2004 con 995.546 capi coinvolti con 75.797 capi morti il 7,61%. Nel 2012-2013 capi coinvolti 147.148, morti 11.393 (7,74%). 2013 – 2014 capi coinvolti 1.730.493 con morti 113.780 (6,58%). 2017 – 2018 coinvolti 851.402 con morti 35.591 (4,18%). Quest’anno la percentuale della mortalità è tra le più basse con il 2,73% con 1.089.646 capi coinvolti e 29.737 morti.
“Vent’anni ci devono servire di esperienza – avverte Battista Cualbu – per questo non si deve perdere ulteriore tempo nell’attivare un piano di emergenza e adottando tutte le misure per contenere il virus, ma allo stesso tempo si devono indennizzare velocemente gli allevatori che hanno subito perdite lo scorso anno”.
VENETO, SICCITA’: IRRIGAZIONI STRAORDINARIE SUI CAMPI COLTIVATI
Dopo gli allarmi nei giorni scorsi per gli interventi straordinari di irrigazione di soccorso Coldiretti Veneto annuncia l’integrazione aggiuntiva di carburante agricolo per le aziende interessate all’emergenza. Il via libera è arrivato da Avepa, l’Agenzia Veneta per i pagamenti in agricoltura che ha confermato lo stanziamento di un’ulteriore quota di gasolio agevolato dopo aver ricevuto l’ok dalla Regione del Veneto.
Si tratta di un provvedimento atteso – spiega Coldiretti Veneto – sollecitato dal Centro di Assistenza Agricola per le imprese che dopo un’estate bollente sono ancora alle prese con il sur plus irriguo. Interessate le coltivazioni di ortaggi pregiati come il radicchio nel padovano, l’aglio in polesine ed ancora l’actinidia nel veronese e le colture cerealicole veneziane. Entro il 15 dicembre prossimo le istanze devono essere presentate agli sportelli degli uffici CAA del territorio regionale. Coldiretti Veneto ricorda che la misura è d’emergenza e legata ai cambiamenti climatici. L’anno in corso sarà ricordato come quello con l’estate più avara d’acqua e torrida degli ultimi decenni, con conseguenze gravi per l’agricoltura e le principali coltivazioni. La stima delle perdite calcolata da Coldiretti Veneto e riferita alla sola produzione vegetale che vale 3,2 miliardi di euro, si attesta intorno agli 800 milioni ovvero il 25%. Un calcolo che non tiene conto dei fortunali che si sono susseguiti durante i mesi più caldi. Un sistema – ricorda Coldiretti Veneto – che vale 6,4 miliardi di fatturato realizzato da oltre 80 mila aziende agricole che coltivano una SAU che supera gli 820 mila ettari. Un patrimonio minacciato dagli aumenti vertiginosi dei costi delle materie prime e dell’energia, con rincari consistenti che pesano sui conti aziendali. Fra questi anche il corso del carburante agricolo è più che raddoppiato nel giro di pochi mesi, proprio durante questa lunga siccità che non sembra voler concedere tregua nemmeno in pieno autunno.
PUGLIA, CALDO: NON CADONO FOGLIE, FIORISCONO CESPUGLI E ERBE SPONTANEE
A rischio la corretta conservazione dell’uva da tavola non ancora raccolta
Non cadono le foglie dalle piante che per il caldo non sono entrate nella fase di riposo vegetativo caratteristico della stagione, ma continuano a fiorire cespugli ed erbe spontanee per le temperature fuori stagione che hanno fatto scattare di nuovo l’allarme siccità. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti Puglia, in merito all’inusuale caldo autunnale in un 2022 che si classifica peraltro fino ad ora come il più caldo di sempre con una temperatura addirittura superiore di quasi un grado (+0,96 gradi) rispetto alla media storica ma si registrano anche precipitazioni ridotte di 1/3 pur se più violente secondo Isac Cnr nei primi 9 mesi dell’anno.
Oltre a bloccare la normale caduta autunnale delle foglie, l’allungamento della fase vegetativa delle piante rischia addirittura di far ripartire le fioriture, con il pericolo di esporle ai danni di un prevedibile forte abbassamento delle temperature. In campo è a rischio la corretta conservazione dell’uva da tavola non ancora raccolta – denuncia Coldiretti Puglia – pregiudicando il prodotto.
Fatto ancora più grave è che le gemme che fioriranno anticipatamente, destinate a gelare, verranno a mancare in primavera, diminuendo il potenziale produttivo delle coltivazioni e quindi il raccolto. Le fioriture anomale, fuori periodo, causano anche – continua la Coldiretti – problemi alle persone allergiche ai pollini, provocando allergie e raffreddori non previsti, ma in giro ci sono ancora mosche e zanzare, particolarmente aggressive, a testimoniare un autunno bollente
Ma nelle campagne gli effetti si fanno sentire anche – precisa la Coldiretti regionale – per i parassiti che sono rimasti attivi con le temperature miti e attaccano più facilmente le colture ancora in campo. Inoltre, se l’inverno non dovesse essere sufficientemente freddo, aumenterebbe il numero di insetti svernanti che riescono a sopravvivere e si presenterebbero più numerosi e dannosi in primavera.
Le piogge delle scorse settimane non sono state sufficienti – commenta Coldiretti regionale – pertanto gli imprenditori agricoli stanno intervenendo con irrigazioni supplementari decisamente fuori stagione, per non compromettere i raccolti.
Le condizioni metereologiche quasi estive all’inizio dell’autunno, la cosiddetta ottobrata, non sono – conclude la Coldiretti – un fenomeno raro ma quest’anno si inseriscono in una quadro generale che conferma la tendenza al cambiamento climatico che si manifesta con la più elevata frequenza di eventi estremi con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi, gelate, nubifragi, trombe d’aria, bombe d’acqua, grandinate e siccità con un danno complessivo nelle campagne stimato in 2 miliardi in un decennio.
FRIULI VENEZIA GIULIA, L’AGENDA PER IL NUOVO GOVERNO
Per il Friuli Venezia Giulia «un ministro del territorio è un riconoscimento prezioso». Il direttore regionale di Coldiretti Fvg Cesare Magalini commenta con soddisfazione la presenza di Luca Ciriani, esponente politico del territorio, nel governo Meloni e più in generale, rilanciando il pensiero del presidente nazionale dell’Organizzazione Ettore Prandini, auspica che l’esecutivo «intervenga da subito sui rincari dell’energia che mettono a rischio una filiera centrale per le forniture alimentari delle famiglie».
Francesco Lollobrigida è il neoministro dell’Agricoltura, «e anche a lui – prosegue Magalini – vanno gli auguri di buon lavoro. Apprezzando la scelta di accogliere la nostra proposta di cambio del nome del Dicastero, Coldiretti rilancia l’agenda delle priorità per il nuovo governo: sfruttare i fondi del Pnrr per garantire la sovranità alimentare, ridurre la dipendenza dall’estero e ammodernare la rete logistica; difendere i 35 miliardi di fondi europei oggi a rischio; no al Nutriscore, al cibo sintetico e agli accordi internazionali sbagliati che penalizzano il made in Italy; stop all’invasione di cinghiali; realizzare un piano invasi per garantire acqua in tempi di siccità.
MOLISE, LATTE SINTETICO: SERVE FRONTE COMUNE ALLEVATORI-TRASFORMATORI
In regione rischiano di scomparire 1200 stalle e 5000 posti di lavoro
Dopo la demonizzazione del vino, quale bevanda alcolica, gli insetti ad uso alimentare, già sdoganati da Bruxelles, la carne “finta”, creata in laboratorio, l’ultimo attacco all’agricoltura ed alla zootecnia arriva dal latte “sintetico”. Ad affermarlo è Aniello Ascolese, Direttore regionale di Coldiretti Molise, che sull’imminente pericolo dell’arrivo di questo “prodotto” sulle tavole dei consumatori ha inviato una missiva ai caseifici molisani chiedendo loro di fare fronte comune con i produttori agricoli e zootecnici della regione a tutela del sistema produttivo agroalimentare e in difesa del legittimo diritto dei cittadini di consumare cibi sani e genuini.
“Coldiretti Molise – spiega Ascolese nella sua missiva – ritiene necessario un coinvolgimento delle aziende casearie molisane nel dibattito che si è aperto circa la realizzazione e la commercializzazione, ormai prossima, del cosiddetto “latte sintetico”; questo perché – precisa – ciò costituirebbe il primo passo verso la sua trasformazione in prodotti caseari, spazzando via secoli di storia e cultura del cibo, sano e genuino, di cui l’Italia ed il nostro Molise sono depositari da sempre”.
Il latte sintetico, che è già una realtà in Paesi come gli Usa, viene prodotto utilizzando proteine prive di origine animale mediante una tecnica di produzione che inizia con il lievito e, attraverso la fermentazione di precisione, consente di ottenere le stesse proteine presenti nel latte vaccino. In Europa la Danimarca ha già annunciato l’apertura di una “fabbrica del latte” che sostituirà 50.000 mucche l’anno.
“Questo processo produttivo, che necessita di costi di investimento molto elevati – spiega il ancora Ascolese – al di là dell’aspetto etico di ciò che si intende fare, finirebbe per determinare la chiusura di centinaia di aziende lattiero-casearie, e con esse di migliaia di imprese zootecniche, sacrificate sull’altare di una distorta difesa dell’ambiente che mira all’azzeramento di emissioni di metano prodotte dalle mucche”. A tal proposito va sottolineato che il sistema produttivo italiano è in prima linea nel rispetto della sostenibilità avendo, infatti, ridotto più di altri partner Ue l’uso di fitofarmaci e attuando tutte le pratiche necessarie al benessere degli animali. In altri termini la zootecnia italiana è da sempre la più sostenibile.
“Coldiretti – afferma ancora Ascolese – è estremamente preoccupata per l’impatto devastante che il latte ‘sintetico’ avrebbe sulla filiera zootecnica collegata al latte, mettendo in discussione il futuro del settore che già è in grave difficoltà per l’impennata dei costi, dall’energia ai mangimi. Oggi è a rischio un allevamento su dieci. Dobbiamo aumentare la produzione, tenuto conto che l’Italia dipende dalle importazioni per il 16%, non ridurla per dare spazio a prodotti finti.
In Molise – precisa – c’è in gioco il destino di circa 1.200 stalle da latte che producono circa 50.000 tonnellate di latte per un valore della filiera lattiero-casearia che si attesta intorno ai 25 milioni di euro, senza contare il valore della trasformazione industriale, coinvolgendo circa 5.000 addetti a monte e a valle della filiera”.
“Coldiretti – ribadisce il Direttore nella sua missiva –
non arretrerà di un passo di fronte a coloro che hanno concentrato nelle loro mani la farmaceutica e la comunicazione, ed ora vogliono impossessarsi anche del cibo imponendo una dieta globale che non esitiamo a definire una nuova ‘forma di colonialismo’. Per fermare tale assurdità, etica ed economica, Coldiretti esprime la necessità di realizzare un fronte coeso, a partire dalle aziende della produzione lattiero-casearia presenti nella nostra regione, dei produttori zootecnici, delle famiglie e dei consumatori, per difendere il ‘vero’ cibo, tutelando la nostra economia ed il diritto dei cittadini a nutrirsi in modo sano. Prossimamente – annuncia infine Ascolese – Coldiretti avvierà una campagna di raccolta firme in tutt’Italia affinché le Istituzioni tutte prendano coscienza della portata del problema, mettendo in campo azioni ‘politiche’ che blocchino questo processo innaturale”.
ABRUZZO, CINGHIALI: EMERGENZA ALL’ASILO DI BUSSI
Fauna selvatica, problema non più rinviabile
“I branchi di cinghiali sono diventati una emergenza sociale che nuoce all’economia agroalimentare ma anche alla sicurezza delle persone. Quello che è accaduto a Bussi, che è gravissimo, purtroppo conferma un allarme di cui si parla da troppi anni senza soluzione”. Lo dice Coldiretti Abruzzo in riferimento all’episodio che ha visto protagonisti questa mattina gli alunni e le maestre dell’asilo di Bussi, che si sono trovati faccia a faccia con una famiglia di 4 cinghiali all’interno dell’edificio scolastico. Un pericolo che di certo ha sconvolto le famiglie, le insegnanti e i piccoli allievi richiamando l’attenzione su un problema purtroppo irrisolto. “L’invasione dei cinghiali è una vera e propria emergenza – dice Coldiretti Abruzzo – un italiano adulto su quattro si è trovato faccia a faccia con questi animali e oltre otto italiani su 10 (81%) pensano che la situazione vada affrontata con il ricorso agli abbattimenti, soprattutto incaricando personale specializzato per ridurre il numero dei selvatici – dice Coldiretti Abruzzo – è a rischio la sicurezza delle persone e gli ultimi episodi di cronaca lo dimostrano senza lasciare adito a dubbi. E’ positivo che in alcune regioni arrivino i primi via libera ad un allargamento della caccia a questa specie di selvatici con l’utilizzo di cani da seguita. Non basta ma è un primo passo in considerazione della situazione di estrema emergenza per i danni, il pericolo, gli incidenti e le aggressioni provocati dalla fauna selvatica”.
PUGLIA, CIBO SINTETICO: PETIZIONE SALVARE CIBO LOCALE ATTACCHI MULTINAZIONALI
Fronte unico di consumatori, agricoltori e società civile, italiani e stranieri, sull’azione della Coldiretti di contrastare con ogni mezzo l’arrivo dei prodotti realizzati in provetta, dalla carne al latte finti. Al via in Puglia dal Mercato dei contadini a Lecce la petizione ‘No al cibo sintetico’, promossa da Coldiretti, Fondazione Campagna Amica, Filiera Italia e World Farmers Markets Coalition, con la firma dei consumatori leccesi a Km0 ma anche di una delegazione di agricoltori Pakistani, guidati dal CIHEAM di Valenzano per conoscere la strategia della vendita diretta organizzata.
Dopo la carne Frankenstein è arrivato il latte senza mucche, nuovo simbolo dell’attacco alle stalle italiane e all’intero Made in Italy a tavola portato dalle multinazionali del cibo, un’aggressione che, dietro belle parole come “salviamo il pianeta” e “sostenibilità”, nasconde – denuncia Coldiretti Puglia – l’obiettivo di arrivare a produrre alimenti facendo progressivamente a meno degli animali, dei campi coltivati, degli agricoltori stessi. L’ultima deriva a tavola arriva dalla Germania con i primi bastoncini di sostanza ittica coltivati in vitro senza aver mai neppure visto il mare, mentre negli USA con un’abile strategia di marketing si stanno buttando sul sushi in provetta. La società tedesca Bluu Seafood impegnata nel progetto promette di ricreare in laboratorio la carne di salmone atlantico, trota iridea e carpa partendo da cellule coltivate e arricchite di proteine vegetali.
Di contro è boom del cibo locale con quasi 4 consumatori su 10 (37%) a caccia di prodotti locali, che risultano al primo posto della classifica sulle intenzioni di spesa per i prossimi mesi, secondo le analisi di Coldiretti sulla base del rapporto Coop 2022 che fotografa gli effetti sul carrello della spesa della difficilissima situazione internazionale, con l’inflazione su valori record e la crisi degli approvvigionamenti di gas. che guida la spesa del consumatore – insiste Coldiretti Puglia – non è soltanto il prezzo quanto piuttosto fattori qualitativi, come ad esempio la trasparenza su provenienza e ingredienti, la tutela della salute (94%), l’eticità (83%).
Il cibo locale e la vendita diretta dagli agricoltori sono considerati una garanzia di cibo fresco e sicuro oltre che una soluzione per sostenere l’economia e lo sviluppo locale. Inoltre, rappresentano una scelta sostenibile dal punto di vista ambientale, dove lo spreco alimentare per gli acquisti fatti direttamente dal produttore agricolo è del 15-20% contro uno spreco del 40-60% per i sistemi alimentari complessi. Questo perché i cibi in vendita sono più freschi, durano di più e percorrono distanze più brevi per arrivare al consumatore finale, inquinando meno.
L’affermazione dei mercati degli agricoltori nelle città capoluogo della Puglia e nelle province ha consentito di ridurre la distanza tra produttore e consumatore rafforzando il legame tra aree rurali e aree urbane con un importante patrimonio di biodiversità che dalle campagne si trasferisce in città. Anche nei pesanti tempi del Covid e della guerra in Ucraina i mercati contadini – aggiunge Coldiretti Puglia – hanno offerto un contributo fondamentale, garantendo alla popolazione cibo sicuro e approvvigionamenti costanti nonostante le difficoltà legate alla pandemia riuscendo anche a rendere più trasparente per il consumatore il prodotto acquistato, tutelando la biodiversità, le specificità locali e valorizzando la custodia dei territori.
Un’esperienza che ha fatto da base alla nascita della prima Coalizione Mondiale dei Farmers Market, promossa proprio per rispondere alla richiesta di cibi sani e locali da parte dei consumatori e alla necessità di garantire gli approvvigionamenti alimentari in tutto il mondo A livello globale già un Paese su cinque (20%) può contare su sistemi di vendita diretta che possono trovare nella nuova “World Farmers Market Coalition” un punto di riferimento per crescere. Tra i promotori della Coalizione Mondiale dei Farmers Markets, insieme all’Italia ci sono – spiega Coldiretti – Usa, Norvegia, Australia, Danimarca, Giappone, Canada, Cile, Ghana, Sud Africa, Georgia, Inghilterra e altri hanno già dichiarato il loro interesse ad aderire. Supportata dalla Fao, la coalizione è uno strumento per la diffusione dei mercati contadini nel mondo con particolare riguardo ai Paesi in via di sviluppo, accompagnando da una parte i governi verso l’adozione di un quadro normativo specifico e dall’altra assistendo le associazioni locali degli agricoltori nello sviluppo di reti come quella di Campagna Amica in Italia, della Farmers Market Coalition negli Stati Uniti o in Canada, con supporto a livello tecnico-legale, di comunicazione e di formazione per manager e agricoltori.
TREVISO, MARRONI DI COMBAI IGP PROTAGONISTI OGGI DE “I FATTI VOSTRI” SU RAI 2
I marroni di Combai Igp e quelli di San Zeno Dop sono i protagonisti della puntata di oggi de “I fatti vostri” su Rai2. I conduttori Anna Falchi e Salvo Sottile insieme all’esperto di Coldiretti in studio illustreranno tutta la produzione nazionale di castagne sottolineando in particolare la presenza delle varietà blasonate. In materia l’Unione Europea ha riconosciuto al Veneto addirittura ben tre attestazioni di qualità, due Indicazioni Geografiche Protette e una Denominazione di Origine Protetta. Si tratta dei Marroni di Combai IGP, dei Marroni del Monfenera IGP e dei Marroni di San Zeno DOP. Una realtà agricola frutto di una grande tradizione rurale che vanta una lunga storia legata alla castanicoltura. In tal proposito in tutta la regione si trovano superfici boschive ricoperte di castagneti che, da settembre a novembre, regalano frutti grossi, morbidi e saporiti. Questo grazie alla posizione strategica, al territorio collinare e al clima del Veneto, che in autunno si riempie di colori caldi in grado di dare un tocco magico alle escursioni nella natura. A testimoniare questa realtà stagionale a cui vengono dedicate mostre e rassegne ad hoc il Marrone di San Zeno coltivato in provincia di Verona la cui produzione quest’anno sui 300 quintali, gran parte dei quali biologici, e coltivata in circa 200 ettari in Comuni situati dai 250 ai 900 mt. s.l.m. nella zona fra il Lago di Garda e il Monte Baldo. E per la provincia di Treviso, il Marrone di Combai la cui coltivazione si estende su un ampio territorio della Valmareno (274,69 kmq), che coincide con i confini amministrativi di 11 dei 16 Comuni facenti parte la Comunità Montana delle Prealpi.
ALESSANDRIA, ALL’ESTERO NEL PIATTO SEMPRE PIÙ PASTA, È RECORD CON +33%
Domani World Pasta Day, le vendite di pasta di grano garantito italiano sono cresciute del 14%
Con un aumento record del +33% è record storico per le vendite di pasta dall’Italia all’estero dove con le difficoltà economiche si riscoprono le qualità del piatto base della dieta mediterranea.
E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti in occasione del “World Pasta Day” che si festeggia domani, 25 Ottobre, sulla base dei dati istat sul commercio estero nei primi sette mesi dell’anno.
Sono i tedeschi a spendere di più in assoluto per acquistare pasta dal Belpaese con un incremento del 31% nell’ultimo anno mentre al secondo posto si classificano gli Stati Uniti dove l’incremento è stato addirittura del +45% anche sotto la spinta dell’euro debole nei confronti del dollaro mentre al terzo posto la Francia con un incremento del 25%.
In Italia si producono 3,6 milioni di tonnellate di pasta, pari a circa 1/4 di tutta quella mondiale, con 200mila aziende agricole italiane impegnate a fornire grano duro di altissima qualità a una filiera che conta 360 imprese e circa 7500 addetti, per un valore complessivo di circa 5 miliardi di euro.
La provincia alessandrina, considerata uno dei granai d’Italia per i suoi oltre 34 mila ettari di frumento tenero e più di 2 milioni di quintali di produzione, conta anche una piccola parte di frumento duro pari a 60.660 quintali.
“La ricerca del Made in Italy ha condotto anche alla riscoperta di grani antichi, un fenomeno che ha favorito anche il moltiplicarsi di marchi di pasta che garantiscono l’origine nazionale al 100% del grano impiegato, impensabile fino a pochi anni ma ormai patrimonio di quasi tutti i principali brand – ha affermato il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco -. Nel corso del tempo sono aumentati esponenzialmente anche i formati della pasta che sono ormai arrivati a quota 300, mentre alle varietà tradizionali si sono aggiunte quelle fatte con l’integrale, il gluten free, quelle con farine alternative e legumi. Dalle tagliatelle ai tortellini, dalle lasagne ai ravioli, fare la pasta in casa è una attività tornata ad essere gratificante e, se in passato erano soprattutto i più anziani ad usare il matterello adesso la passione si sta diffondendo anche tra i più giovani e tra persone completamente a digiuno delle tecniche di preparazione”.
Il risultato è che le vendite di pasta di grano garantito italiano sono cresciute del 14% in valore nei primi cinque mesi del 2022, secondo l’analisi Coldiretti su dati Ismea.
Per acquistare la vera pasta Made in Italy 100% basta scegliere le confezioni che riportano le indicazioni “Paese di coltivazione del grano: Italia” e “Paese di molitura: Italia”. Una scelta di qualità ma anche un sostegno all’economia nazionale in una situazione in cui sono esplosi i costi di coltivazione dei cereali sono arrivati quasi a raddoppiare (+80%) per la crisi scatenata dalla guerra secondo elaborazioni Coldiretti su dati Crea.
L’Italia resta il Paese con il più elevato consumo di pasta per un quantitativo di 23,5 chilogrammi a testa contro i 17 chili della Tunisia, seconda in questa speciale classifica seguita da Venezuela (15 kg), Grecia (12 kg), Cile (9,4 kg), Stati Uniti (8,8 kg), Argentina e Turchia a pari merito (8,7 kg) che testimoniano come questo tipo di prodotto abbia estimatori ad ogni latitudine.
“Ci sono quindi le condizioni per rispondere alle domanda di italianità dei consumatori ed investire sull’agricoltura nazionale che è in grado di offrire produzioni di qualità realizzando rapporti di filiera virtuosi con accordi che garantiscano compensi equi al di sopra dei costi di produzione” ha concluso il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Bianco nel sottolineare che “l’esperienza ha dimostrato l’importanza di garantire la trasparenza dell’informazione per far crescere un settore simbolo dell’ Italia nel mondo”.
CUNEO, GOVERNO: BENE IL MINISTERO DELLA SOVRANITÀ ALIMENTARE
Ora fare presto per salvare la nostra agricoltura
Nel rivolgere i migliori auguri di buon lavoro al neo Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e all’intero Esecutivo guidato da Giorgia Meloni, Coldiretti esprime apprezzamento per il cambio di nome del Dicastero delle Politiche agricole che, come da sua richiesta, assume la nomenclatura di Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare.
“Una scelta significativa – commenta Enrico Nada, Presidente di Coldiretti Cuneo – che rappresenta nei fatti un impegno concreto per investire nella crescita del settore, estendere le competenze all’intera filiera agroalimentare, ridurre la dipendenza dall’estero, valorizzare la biodiversità del nostro territorio e garantire agli italiani la fornitura di prodotti alimentari nazionali di alta qualità”.
La pandemia prima e la crisi energetica ora – ricorda Coldiretti Cuneo – hanno dimostrato la centralità del cibo e l’importanza di garantire l’autonomia alimentare del Paese in uno scenario globale segnato da distorsioni commerciali, accaparramenti e speculazioni, che ogni giorno mettono a rischio gli approvvigionamenti.
“Ottimizzare l’impiego dei fondi del PNRR e ammodernare la rete logistica, difendere i 35 miliardi di fondi europei per l’agricoltura, combattere l’etichetta Nutriscore, l’arrivo del cibo sintetico in tavola e gli accordi internazionali sbagliati che penalizzano il Made in Italy, ma anche fermare l’invasione di cinghiali e realizzare un piano invasi per garantire acqua in tempi di siccità: questi gli impegni che ci aspettiamo dal nuovo Esecutivo” afferma il Presidente Nada.
“In prima battuta è essenziale intervenire al più presto sui rincari dell’energia – conclude Fabiano Porcu, Direttore di Coldiretti Cuneo – che mettono a rischio una filiera centrale per le forniture alimentari delle famiglie”.
NOVARA-VCO, CARO BOLLETTE SOS AZIENDE AGRICOLE RISCHIO CHIUSURA 1 STALLA SU 10
A causa del caro bollette quasi una stalla su dieci (9%) è a rischio chiusura con ripercussioni per l’ambiente, l’economia e l’occupazione, ma anche per la sopravvivenza del patrimonio agroalimentare Made in Italy, a partire dai suoi formaggi più tipici della montagna. E’ l’allarme lanciato dalla Coldiretti in occasione dell’apertura ufficiale della Fiera agricola e Zootecnica di Montichiari, la più importante manifestazione italiana a livello internazionale dedicata all’allevamento, con la prima mostra sulle eccellenze casearie italiane a rischio scomparsa per raccontare la ricchezza del patrimonio di biodiversità italiana con razze antiche e in via di estinzione salvate dal lavoro delle famiglie di agricoltori e allevatori.
A strozzare gli allevatori italiani è una esplosione delle spese di produzione in media del +60% legata ai rincari energetici, che arriva fino al +95% dei mangimi, al +110% per il gasolio e addirittura al +500% delle bollette per l’elettricità.
“Quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado – spiegano il Presidente di Coldiretti Novara-Vco Sara Baudo e il Direttore Luciano Salvadori – Un crollo della capacità produttiva che rischia di essere sostituita da importazioni da paesi che non applicano le pratiche sostenibili allevatoriali caratterizzanti il sistema produttivo europeo o, ancora peggio, dalla spinta proprio alla produzione di cibi sintetici. Da qui la richiesta di rivedere la direttiva in cui non si tiene conto della circolarità dell’attività zootecnica, in termini di sostenibilità e delle riduzioni delle emissioni ottenute dal settore negli ultimi anni. E’ necessario intervenire – concludono – subito per contenere il caro energia ed i costi di produzione con misure immediate per salvare aziende e stalle e per programmare il futuro, anche con accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione”.
VERCELLI-BIELLA, CON CARO BOLLETTE SOS AZIENDE AGRICOLE
A rischio chiusura 1 stalla su 10
A causa del caro bollette quasi una stalla su dieci (9%) è a rischio chiusura con ripercussioni per l’ambiente, l’economia e l’occupazione, ma anche per la sopravvivenza del patrimonio agroalimentare Made in Italy, a partire dai suoi formaggi più tipici della montagna. E’ l’allarme lanciato dalla Coldiretti in occasione dell’apertura ufficiale della Fiera agricola e Zootecnica di Montichiari, la più importante manifestazione italiana a livello internazionale dedicata all’allevamento, con la prima mostra sulle eccellenze casearie italiane a rischio scomparsa per raccontare la ricchezza del patrimonio di biodiversità italiana con razze antiche e in via di estinzione salvate dal lavoro delle famiglie di agricoltori e allevatori.
A strozzare gli allevatori italiani è una esplosione delle spese di produzione in media del +60% legata ai rincari energetici, che arriva fino al +95% dei mangimi, al +110% per il gasolio e addirittura al +500% delle bollette per l’elettricità.
“Quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado – spiegano il Presidente di Coldiretti Vercelli-Biella Paolo Dellarole e il Direttore Luciano Salvadori – Un crollo della capacità produttiva che rischia di essere sostituita da importazioni da paesi che non applicano le pratiche sostenibili allevatoriali caratterizzanti il sistema produttivo europeo o, ancora peggio, dalla spinta proprio alla produzione di cibi sintetici. Da qui la richiesta di rivedere la direttiva in cui non si tiene conto della circolarità dell’attività zootecnica, in termini di sostenibilità e delle riduzioni delle emissioni ottenute dal settore negli ultimi anni. E’ necessario intervenire – concludono – subito per contenere il caro energia ed i costi di produzione con misure immediate per salvare aziende e stalle e per programmare il futuro, anche con accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione”.
ROVIGO, SICCITA’: IRRIGAZIONI STRAORDINARIE SUI CAMPI COLTIVATI
Coldiretti Rovigo annuncia che è arrivato il via libera da Avepa, l’Agenzia Veneta per i pagamenti in agricoltura, dello stanziamento di un’ulteriore quota di gasolio agevolato dopo aver ricevuto l’ok dalla Regione del Veneto.
La notizia arriva dopo l’allarme dei giorni scorsi lanciato dall’associazione di categoria che aveva raccontato cosa stava accadendo nei campi; necessari, infatti, da parte delle aziende agricole, interventi straordinari di irrigazione di soccorso
Avepa ha quindi ufficializzato l’integrazione aggiuntiva di carburante agricolo per le aziende interessate all’emergenza.
“Si tratta – spiega Silvio Parizzi, direttore di Coldiretti Rovigo – di un provvedimento atteso e sollecitato dal Centro di Assistenza Agricola per le imprese che dopo un’estate bollente sono ancora alle prese con il sur plus irriguo. Interessate le coltivazioni di ortaggi pregiati come il radicchio, l’aglio e le colture cerealicole. Le istanze dovranno essere presentate entro il 15 dicembre prossimo agli sportelli degli uffici CAA della nostra associazione”.
Questa misura è d’emergenza e legata ai cambiamenti climatici. L’anno in corso sarà ricordato come quello con l’estate più avara d’acqua e torrida degli ultimi decenni, con conseguenze gravi per l’agricoltura e le principali coltivazioni. La stima delle perdite calcolata da Coldiretti Veneto e riferita alla sola produzione vegetale che vale 3,2 miliardi di euro, si attesta intorno agli 800 milioni ovvero il 25%. Un calcolo che non tiene conto dei fortunali che si sono susseguiti durante i mesi più caldi. Un sistema – ricorda Coldiretti Veneto – che vale 6,4 miliardi di fatturato realizzato da oltre 80 mila aziende agricole che coltivano una SAU che supera gli 820 mila ettari. Un patrimonio minacciato dagli aumenti vertiginosi dei costi delle materie prime e dell’energia, con rincari consistenti che pesano sui conti aziendali. Fra questi anche il corso del carburante agricolo è più che raddoppiato nel giro di pochi mesi, proprio durante questa lunga siccità che non sembra voler concedere tregua nemmeno in pieno autunno.
VICENZA, NO AL CIBO SINTETICO, PARTE DAL VENETO LA RACCOLTA FIRME
È già tutto pronto per dire no al cibo sintetico e sì ad una sana alimentazione promossa da Coldiretti, Fondazione Campagna Amica, Filiera Italia e World Farmers Markets Coalition su tutto il territorio nazionale, anche nel Vicentino. Nell’operazione sono coinvolte tutte le articolazioni di Coldiretti Veneto, attraverso i mercati dei produttori e gli uffici periferici, sfruttando le svariate occasioni di presenza capillare dalle manifestazioni alle rassegne dedicate alle tipicità locali.
“Le multinazionali del latte senza vacche, della carne costruita in laboratorio, del pesce finto, stanno cercando di imporre sul mercato prodotti “Frankenstein” che presto potrebbero avere il lascia passare europeo con le prime richieste di autorizzazione all’immissione in commercio – spiega Chiara Bortolas presidente regionale di Donne Impresa – Per questo è importante l’impegno di tutti, nessuno escluso. È necessario sensibilizzare i cittadini sui rischi che potrebbero esserci, valorizzando quello che è il nostro pane quotidiano: il cibo naturale”.
“La demonizzazione di bistecche, braciole, prosciutti, salami, formaggi – dice Chiara Bortolas – che hanno dietro milioni di lavoratori europei, coincide in maniera evidente con la propaganda del passaggio a una dieta unica mondiale, dove il cibo sintetico si candida a sostituire quello naturale. Si tratta infatti di una profonda contraddizione che colpisce le tipicità tradizionali, che hanno bisogno di sostegni per farsi conoscere sul mercato e che rischiano invece di essere condannate all’estinzione mentre la ‘carne Frankenstein’ ottenuta in laboratorio da cellule in vitro è oggetto di forti investimenti. Dietro il business della carne in provetta si nascondono rilevanti interessi economici e speculazioni internazionali dirette a sconvolgere il sistema agroalimentare mondiale e a minare le basi della dieta mediterranea e di una sana alimentazione che l’Unione Europea a parole difende”.
VITERBO, TRIONFO AZIENDA MONTE JUGO ALL’ITALIAN CHEESE AWORDS
Si è aggiudicata l’Oscar il Caprino Nobile l’Azienda agricola viterbese Monte Jugo, che ha trionfato al Concorso Italian Cheese Awards, dove ha vinto il premio dedicato ai migliori formaggi italiani prodotti con latte 100% italiano.
Il loro è stato l’unico caseificio del Lazio ad essere arrivato alla finale che si è disputata a Bologna nella Sala Congressi Fico, dopo una accurata selezione che ha visto Monte Jugo sbaragliare gli atri 1500 partecipanti per il “Miglior formaggio fresco d’Italia”. Un prodotto caratterizzato dalla sua particolarità, il loro Caprino Nobile, che risiede nell’origine del latte prettamente aziendale, quindi controllato in ogni passaggio, fino alla lavorazione finale, dove la bassa temperatura e la lavorazione artigianale permettono di esaltare delle qualità organolettiche uniche.
“L’azienda Monte Jugo rappresenta una realtà preziosa per il nostro territorio – spiega il presidente di Coldiretti Viterbo, Mauro Pacifici – che contribuisce a diffondere la cultura e le tradizioni viterbesi attraverso i suoi pregiati prodotti, che continuano a ricevere importanti e meritati riconoscimenti nel panorama nazionale e internazionale. Questo valorizza la produzione locale e al tempo stesso difende la nostra distintività”.
Il premio “Miglior formaggio fresco d’Italia” si aggiunge ad una lunga serie di riconoscimenti ricevuti dall’azienda agricola Monte Jugo, gestita dalla famiglia Ciambella da tre generazioni insieme ai suoi dipendenti, come il “Premio Roma 2021”. In quell’occasione era salita sul podio come prima classificata nella tipologia “Primo Sale” con il suo “Colonna del Bacucco”, un formaggio da latte crudo fresco a pasta molle, cremoso e fondente. Un prodotto che prende il nome dalle antiche Terme del Bacucco, preesistenti nell’azienda che si trova in Strada Commenda al km 2,200 a soli 5 chilometri da Viterbo. Nell’azienda sono allevate oltre cinquecento capre di razza Saanen di alto valore genetico e alimentate solo con foraggi e cereali prodotti da Monte Jugo, che ha adottato un sistema rigoroso di controllo e tutela del benessere animale e della qualità dei prodotti. All’avanguardia anche la produzione casearia grazie agli aggiornamenti tecnologici.
Lo stesso prodotto, già primo classificato nella sezione Lazio delle edizioni del 2010 e 2011, ha consentito loro di vincere sempre anche il premio “Miglior formaggio prodotto da impresa che impiega fonti rinnovabili”. Non solo. L’azienda ha ottenuto anche il secondo posto nella classifica dei formaggi stagionati con il suo “Caprino stagionato”. A testimoniare i suoi molteplici traguardi e la grande notorietà, raggiunta grazie all’indiscutibile qualità dei suoi prodotti è anche la crescita di una vasta clientela distribuita su tutto il territorio nazionale, ormai affezionata ai suoi formaggi e in particolar modo al Caprino Nobile che ha trionfato.
PADOVA, ASSEGNAZIONE AGGIUNTIVA CARBURANTE AGRICOLO IRRIGAZIONE SOCCORSO
L’irrigazione di soccorso nelle campagne padovane non si è fermata nemmeno con l’arrivo dell’autunno, costringendo gli agricoltori a tenere accesi gli impianti per salvare il raccolto. Ora arriva il via libera all’assegnazione aggiuntiva di carburante agricolo alle aziende che devono praticare l’irrigazione di soccorso. Nei giorni scorsi Avepa, l’Agenzia Veneta per i pagamenti in agricoltura, ha confermato lo stanziamento di un’ulteriore quota di carburante agricolo agevolato dopo aver ricevuto il via libera dalla Regione. “E’ un provvedimento atteso – spiega Massimo Bressan, presidente di Coldiretti Padova – una misura che Coldiretti aveva fortemente sollecitato attraverso il proprio Centro di Assistenza Agricola una ulteriore assegnazione di gasolio agricolo alle aziende, mai come quest’anno alle prese con interventi di irrigazione di soccorso decisamente fuori stagione, dall’inizio della primavera fino all’autunno inoltrato. Già nei mesi scorsi la Regione aveva stanziato una quota supplementare di carburante per irrigazione delle culture primaverili ed estive ma con l’avanzare della stagione ci siamo resi conto che era necessaria una ulteriore assegnazione, altrimenti le aziende agricole avrebbero corso il rischio di trovarsi senza carburante in un periodo in cui la pioggia continua ad essere un miraggio. Ora invece gli agricoltori potranno contare su una ulteriore disponibilità di gasolio. Gli uffici del nostro Centro di Assistenza Agricola sono già in grado di preparare le domande di assegnazione, che dovranno essere presentate entro il prossimo 15 dicembre”.
Il 2022, sottolinea Coldiretti Padova, sarà ricordato come l’estate più avara d’acqua e torrida degli ultimi decenni, con conseguenze gravi per l’agricoltura e le principali coltivazioni. Sono nella nostra provincia la stima è di oltre 180 milioni di euro di danni fra seminativi a pieno campo, ortaggi, vigneti e frutteti. Gli agricoltori hanno registrato cali di oltre il 30%-40% per il mais e i foraggi che servono all’alimentazione degli animali, del 30% per il frumento duro. In diminuzione di oltre 1/5 le produzioni di frumento tenero, ma crollano del 30% pure la produzione di riso, del 15% quella della frutta che ha dovuto farei i conti anche con il caldo e i parassiti.
Intanto sono aumentati vertiginosamente i nostri delle materie prime e dell’energia, con rincari consistenti che pesano sui conti aziendali. Fra questi anche il corso del carburante agricolo è più che raddoppiato nel giro di pochi mesi, proprio durante questa lunga siccità che non sembra voler concedere tregua nemmeno in pieno autunno.
Appuntamenti
TOSCANA, IL NUOVO OLIO TOSCANO IGP, ANTEPRIMA ED ASSAGGIO IN FRANTOIO
Al via la frangitura in Toscana
Primo bilancio per l’annata olivicola 2022 tra cambiamenti climatici, esplosione dei costi di produzione ed energetici, export e i primati. Il nuovo olio Toscano IGP si presenta ai consumatori in occasione dell’avvio della frangitura martedì 25 ottobre, alle ore 11.00, al Frantoio Giannini, in località Vitiano, nel Comune di Arezzo.
All’iniziativa partecipano il Presidente del Consorzio di Tutela dell’olio extravergine Toscano IGP, Fabrizio Filippi, il vicepresidente della giunta regionale ed assessora all’agroalimentare, Stefania Saccardi ed il sindaco del Comune di Castiglione Fiorentino e coordinatore regionale dell’associazione Città dell’olio, Mario Agnelli.
In occasione dell’iniziativa sarà presentato in anteprima il nuovo olio Toscano IGP.
Per informazioni www.oliotoscanoigp.it e Facebook @ConsorzioOlioToscanoIGP