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Sicurezza alimentare, come insegnare ai bambini comportamenti corretti?

7 Marzo 2014
Sicurezza alimentare, come insegnare ai bambini comportamenti corretti?

Sempre più si rileva l’importanza- anche da parte della comunità medica- dell’adozione di semplici gesti e comportamenti (lavarsi frequentemente le mani) per ridurre la diffusione dei patogeni e creare così ambienti più sani con un minore numero di persone che si ammalano. La propagazione infatti dei microorganismi segue percorsi abbastanza semplici e stabili, agendo sui quali si riesce ad essere assai efficaci nel controllare la loro presenza.

Le origini

Uno dei pionieri in tema di “comportamenti corretti” per limitare la diffusione di patogeni fu un medico ungherese: all’inizio del secolo scorso, ancora fino al 40% delle donne morivano per complicazioni post-partum, in ragione di una frequente contaminazione batterica e conseguente setticemia. I medici all’epoca non usavano guanti e non usavano fare una cosa assai semplice: lavarsi le mani prima della visita del nuovo paziente.

Il nostro medico –Semmelweiss– che rinvenne una forte correlazione positiva tra pratiche igieniche e diminuzione della mortalità femminile in seguito a parto, fu però deriso dalla comunità medica: in quanto non era riuscito a spiegare i precisi meccanismi biologici retrostanti. Quella che oggi sembra una prassi scontata, allora infatti non rientrava nel protocollo. E Semmelweiss, colpevole di non aver saputo dare spiegazioni su quella che oggi si chiama “plausibilità biologica” (il modo d’azione che spiega la statistica e la rende comprensibile e sensata) morì pazzo, in un istituto.

Ma il lascito di Semmelweiss ha dato origine alle comuni pratiche profilattiche e di igiene che oggi vengono adottate sia negli ospedali che tra le mura domestiche. Recenti studi hanno dimostrato come la diffusione di batteri patogeni critici (come il Clostridium difficilis o lo Stafilococco Aureo Resistente a Meticillina, MRSA) venga fortemente limitata da semplici gesti, con solo un po’ di educazione. E l’educazione si sa, si fa meglio con i bambini

La ricerca

Un interessante studio condotto dall’Università di Padova in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie ha provato a indagare alcuni semplici programmi di educazione alla sicurezza alimentare, con particolare riferimento ai microbi patogeni. I bambini infatti sono maggiormente vulnerabili rispetto a tali patogeni, e vanno più frequentemente incontro a complicazioni (un esempio su tutti, l’Escherichia Coli VTEC colpiscono per oltre il 90% soltanto bambini fino a 5 anni di età). Si stima che il 50% delle tossinfezioni alimentari colpisca i bambini fino a 15 anni di età.

Diventa allora fondamentale riuscire a limitare le occasioni di contaminazione ed esposizione di questa fascia anagrafica.

La ricerca si è rivolta ai bambini delle scuole elementari, che solitamente non costituiscono i destinatari di campagne di informazione ed educazione in tal senso-pur essendo un target altamente sensibile alle tossinfezioni.  Non solo: solitamente si fatica a effettuare ricerche sui bambini anche per le difficoltà di una corretta comprensione dei questionari e dei termini relativi.  Tuttavia è importante intervenire sui bambini in età precoce: possono così portarsi dietro per tutta la vita le abitudini acquisite e inoltre le abitudini in quanto tali non dipendono in senso stretto da una comprensione profonda dei retrostanti aspetti biologici e scientifici. Un automatismo vantaggioso, insomma, che si può agevolmente insegnare.

La Dr.ssa Elena Faccio –autore principale di uno degli articoli di ricerca pubblicati sul progetto- spiega: “per i bambini diventa rilevante fare esperienza diretta più che acquisire concetti astratti e lontani dalla loro vita quotidiana. Nel nostro studio, rivolto a bambini tra i 9 e gli 11 anni, abbiamo confrontato un insegnamento di tipo “tradizionale”e per così dire teorico sulle buone prassi per garantire una corretta sicurezza alimentare, con un insegnamento più pratico e orientato alle attitudini dei bambini. Al fine di valutare l’efficacia dell’intervento, abbiamo deciso di affiancare alle domande di un’intervista e di un questionario (cosa sono e come agiscono i microrganismi? Cosa puoi fare per limitarne i rischi ?) anche l’uso dei disegni liberi. L’azione di disegnare infatti consente ai bambini di esprimersi in modo molto più immediato di quanto riuscirebbero a fare con le parole, inoltre il disegno attiva il pensiero visivo, che per molti piccoli (e non solo) consente di fissare in memoria gli apprendimenti sul lungo periodo, più di quanto sarebbe possibile usando il canale uditivo-verbale, così da arrivare ad una “comprensione profonda” del fenomeno investigato. Una via di accesso privilegiata alla realtà”.

Solo così si è riusciti a rendere visibile l’invisibile (i micro-organismi patogeni che compromettono la sicurezza alimentare): non a caso il programma di educazione è stato ribattezzato “Missione sul Mondo invisibile”.

Gli obiettivi della “Missione” sono stati 2: aumentare la conoscenza sulle tossinfezioni alimentari; suggerire l’importanza di una corretta preparazione alimentare e conservazione per ridurre i rischi connessi.  

Ad un gruppo di bambini gli insegnamenti sono stati forniti seguendo una didattica tradizionale e “teorica”; all’altro gruppo invece con una modalità innovativa, e pragmatica. Entrambi i gruppi hanno ricevuto contenuti comunque del tutto simili ma solo veicolati in modi differenti.

L’approccio “pratico” si è avvalso di esperimenti concreti, tramite i quali si “impara giocando”:  un test con vetrini per isolare batteri, muffe e lieviti normalmente presenti nell’aria, e poi lasciati incubare e proliferare per una settimana; un test con vetrino per osservare i batteri normalmente presenti in bocca (si è chiesto agli studenti di sputare in un piatto); e infine una prova per verificare le colonie di batteri sulle mani, a seconda di un semplice lavaggio con acqua calda, con acqua e sapone o invece in assenza di alcun lavaggio. Per contro, l’approccio “teorico” standard non ha coinvolto i bambini in esperimenti diretti. Oltre a lavarsi accuratamente le mani prima di toccare il cibo, altri accorgimenti proposti ai bambini sono stati:

– lavare frutta e utensili usati per preparare i cibi ogni volta che vengono usati, e soprattutto se li si utilizza per tagliare cibi diversi;

– evitare l’uso di carne, frutti di mare e uova crude.

– conservare I cibi freschi in frigorifero separatamente, protetti con pellicole e contenitori.

Alla fine delle lezioni, al posto dei questionari, i pareri dei bambini sono stati “analizzati” ricorrendo a disegni da loro preparati ed in risposta a domande, e a domande aperte che consentissero massima espressione.

Sebbene entrambi i gruppi (i “teorici” ed i “pratici”) avessero interiorizzato bene i principi comportamentali di base per garantire una sufficiente sicurezza alimentare, dallo studio emerge che il gruppo sottoposto a educazione pratica è riuscito ad avere una più profonda percezione e informazione. Se ad esempio il lavarsi le mani veniva considerato da entrambi i gruppi una buona prassi (almeno per 20 secondi, con sapone e sfregandosi bene le mani anche i punti critici), solo il gruppo dei “pratici” ricordava l’importanza di portarsi la mano alla bocca in caso di starnuto, come effettiva misura di prevenzione.  O di lavarsi le mani dopo aver toccato carne cruda. O ancora: di conservare correttamente il cibo.

La ricerca conferma alcuni indirizzi recenti della psicologia cognitiva, e che portano a valorizzare esperienze reali a fronte di insegnamenti teorici "disconnessi" dal vissuto dei bambini. Nello stesso tempo, lo studio chiarisce che conoscenze specialistiche anche difficili possono essere rese accessibili, e così radicate in abitudini di tutti i giorni.

"Questo studio" -continua la Dr.ssa Faccio- "sembra suggerire anche che i bambini, quando siamo in grado di proporre informazioni e conoscenze sul mondo usando il loro linguaggio (pratico, concreto, e quindi anche visivo), possono essere veicolo di apprendimento di buone prassi non solo per se stessi, ma anche per tutti coloro con i quali vivono: diversi genitori a fine progetto ci hanno infatti riferito l’entusiasmo dei piccoli nel raccontare a mamme, papà e fratelli alcuni degli esperimenti fatti a scuola e nell’insistere perché tutti in casa adottassero gli accorgimenti proposti. Facciamoci dunque guidare dai bambini e dalla loro semplicità nel tradurre e rendere visibile nelle piccole abitudini famigliari il mondo dell’ (forse non più) invisibile!".

-Faccio E, Costa N, Losasso C, Cappa V, Mantovani C, Cibin V, Andrighetto I, Ricci A (2014) "What programs work to promote health for children? Exploring beliefs on microorganisms and on food safety control behavior in primary schools." Food Control 33, 320-329