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Stralci dalle relazioni del presidente Sergio Marini all’assemblea Coldiretti

4 Luglio 2013
Stralci dalle relazioni del presidente Sergio Marini all’assemblea Coldiretti

?CRISI: COLDIRETTI, + 9% GIOVANI ASSUNTI IN AGRICOLTURA NEL 2013

L’occupazione giovanile cresce solo in agricoltura che fa segnare un aumento record del 9 per cento nelle assunzioni di giovani under 35 anni  nel primo trimestre del 2013, nonostante gli effetti negativi sulle coltivazioni provocati dal maltempo e i segnali depressivi sui consumi che hanno interessato anche l’agroalimentare. E’ quanto ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel corso dell’Assemblea nazionale, nel sottolineare che dal ricambio generazionale in agricoltura è possibile l’inserimento di 200mila giovani nelle campagne. L’agricoltura – ha sottolineato Marini – è l’unico settore che dimostra segni di vitalità economica con una variazione tendenziale positiva del Pil (+0,1 per cento) ed un aumento degli occupati dipendenti complessivi (+0,7 per cento), in netta controtendenza rispetto agli altri comparti nel primo trimestre dell’anno. Una conferma  della validità e della modernità del modello di sviluppo agricolo Made in Italy che è fondato sul valorizzazione dell’identità, della qualità, delle specificità e che – ha sostenuto Marini – può rappresentare un riferimento anche per gli altri settori per affrontare e vincere la competizione internazionale. Dentro l’agricoltura non c’è ancora un reddito adeguato ma c’è legittimamente quella visione di futuro e di prospettive e di fiducia che non c’è negli altri settori: ecco perché aumenta l’occupazione giovanile, ecco perché le multinazionali arrivano invece che andarsene, ecco perché aumenta chi frequenta le scuole di agricoltura” ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare che “l’agricoltura non ha solo una funzione economica ma anche sociale ed ambientale che migliora la qualità della vita di tutti i cittadini in termini di sicurezza, coesione, relazioni, paesaggio ed in generale aiuta a stare bene. Una serie di funzioni pubbliche a vantaggio della collettività, componenti che in un momento di crisi valgono molto e che – ha concluso Marini – sono l’unica e vera motivazione per cui l’agricoltura merita una particolare attenzione sulle normative fiscali a partire dall’IMU. Oggi si registra un profondo cambiamento rispetto al passato quando la vita in campagna era considerata spesso sinonimo di arretratezza e ritardo culturale nei confronti di quella in città. Il contatto con la natura ed i suoi prodotti è diventato premiante rispetto all’impegno negli strumenti finanziari di un istituto di credito o nei prodotti fortemente pubblicizzati di una grande multinazionale. Si tratta di una vera rivoluzione culturale con il 38 per cento dei giovani che preferirebbe gestire un agriturismo piuttosto che lavorare in una multinazionale (28 per cento) o fare l’impiegato in banca (26 per cento), secondo una recente indagine Coldiretti/Swg. La crescita di opportunità nel settore agricolo è resa evidente dal boom del 29 per cento delle iscrizioni negli istituti professionali agricoli e del 13 per cento negli istituti tecnici di agraria, agroalimentare ed agroindustria, secondo una analisi della Coldiretti sui dati relativi alle iscrizioni al primo anno delle scuole secondarie di II grado statali e paritarie per l’anno scolastico 2012/2013 divulgati dal Ministero dell’ Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Si tratta – ha sottolineato la Coldiretti – di una conferma del fatto che in agricoltura il lavoro c’è sia per chi vuole trovare una opportunità di occupazione, magari stagionale, sia per chi vuole intraprendere. Circa il 70 per cento delle imprese giovani – ha continuato la Coldiretti – opera in attività multifunzionali: dall’agriturismo alle fattorie didattiche fino agli agriasilo, dalla vendita diretta dei prodotti tipici e del vino alla trasformazione aziendale del latte in formaggio, dell’uva in vino, delle olive in olio, ma anche pane, birra, salumi, agrigelati e addirittura agricosmetici. La domanda di lavoratori  si registra infatti per figure professionali tradizionali che vanno dal trattorista al taglialegna fino al potatore, ma anche per quelle innovative all’interno dell’impresa agricola come l’addetto alla vendita diretta di prodotti tipici, alla macellazione, alla vinificazione o alla produzione di yogurt e formaggi.

 

CRISI: COLDIRETTI, RECORD STORICO A 34 MLD EXPORT CIBO ITALIANO NEL 2013

Volano le esportazioni di prodotti agroalimentari italiani che nel 2013 fanno segnare il record storico di 34 miliardi fatturati all’estero, se verrà mantenuto il trend di crescita del 7 per cento realizzato nel primo trimestre rispetto allo scorso anno. E’ quanto emerge da una stima della Coldiretti presentata all’Assemblea nazionale, sulla base dei dati Istat relativi al commercio estero. Dall’analisi si evidenzia che – ha sottolineato la Coldiretti – se la crescita è debole (+3 per cento) nei paesi dell’Unione Europea che sono il principale mercato, il Made in Italy va forte nelle Americhe (+9 per cento) e soprattutto nei mercati emergenti come quelli asiatici dove si è avuto un incremento del 13 per cento e in Africa, con un boom addirittura del 31 per cento. Tra i principali settori del Made in Italy, il prodotto piu’ esportato è l’ortofrutta fresca, che aumenta del 7 per cento), seguita dal vino che però cresce di piu’ (+10 per cento). Aumenta peraltro anche la pasta che rappresenta una voce importante del Made in Italy sulle tavole straniere con un +7 per cento, ma anche l’olio d’oliva, il cui balzo in avanti dell’11 per cento è anche l’effetto dell’entrata in vigore della legge salva extravergine, fortemente voluta dalla Coldiretti, che tutela il vero made in Italy da tarocchi e concorrenza sleale.  Analizzando le performance dei prodotti nei singoli stati si scoprono aspetti sorprendenti – ha evidenziato Coldiretti – con la crescita addirittura del 78 per cento dei formaggi made in Italy in Cina (+62 per cento degli acquisti di Grana Padano e Parmigiano Reggiano), nonostante la tradizionale opposizione al consumo di prodotti lattiero-caseari da parte dei cittadini asiatici. Ma nel paese presunto inventore degli spaghetti cresce anche la pasta tricolore le cui esportazioni sono incrementate del 9 per cento. In Gran Bretagna, patria del whisky, cresce, invece, l’attenzione per la grappa italiana (+19 per cento). Le esportazioni agroalimentari italiane – potrebbero in realtà triplicare con una radicale azione di contrasto al falso Made in Italy alimentare nel mondo che secondo una analisi della Coldiretti vale infatti oltre 60 miliardi di euro e toglie circa 300mila posti di lavoro. Ad essere colpiti sono i prodotti piu’ rappresentativi dell’identità alimentare: dai pomodori San Marzano coltivati in Usa al “Parma salami” del Messico, dal Parmesao del Brasile allo Spicy thai pesto statunitense, dall’olio Romulo con tanto di lupa venduto in Spagna al Chianti prodotto in California, ma anche una curiosa “mortadela” siciliana dal Brasile, un “salami calabrese” prodotto in Canada, un barbera bianco rumeno e il provolone del Wisconsin. ”La lotta alla contraffazione e alla pirateria internazionale rappresenta per le Istituzioni un’area di intervento prioritaria per recuperare risorse economiche utili al Paese e generare occupazione in un difficile momento di crisi” ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare che “bisogna agire nell’ambito degli accordi internazionali dove troppo spesso l’agroalimentare è stato svenduto sull’altare di interessi diversi”. Occorre fermare una concorrenza sleale nei confronti dei produttori nazionali con il rischio che, soprattutto nei Paesi emergenti come la Cina, si radichi tra i consumatori un falso Made in Italy che – ha precisato Marini – non ha nulla a che fare con il prodotto originale e toglie invece spazio di mercato ai prodotti autentici. Da anni di parla di internazionalizzare le imprese facendo massa critica ma se il modello di sviluppo vincente è quello di portare le diversità nel mondo è evidente che – ha continuato Marini – dobbiamo sostituire per prima cosa il termine di massa critica con quello di rete di imprese e quello di piattaforma logistica con quello di piattaforma leggera che porta i territori nel mondo. Se applicassimo il concetto di massa critica della mozzarella non dovremmo vendere la squisita mozzarella di bufala della Campania ma un indistinto formaggio a pasta filata che chiunque nel mondo puo’ imitare e produrre con costi piu’ bassi. Dalla Simest all’Ice fino alle Camere di Commercio dobbiamo capire che per noi il vecchio modello di internazionalizzazione è completamente superato perché – ha affermato Marini – oggi abbiamo una rete di imprese che deve essere accompagnata nel mondo con una infrastruttura leggerissima, valorizzando e non omologando le particolarità che sono i veri punti di forza. Finalmente quasi tutti – ha concluso Marini – hanno capito che il chilometro zero, oltre a creare economia e socialità, è stato uno strumento straordinario per riscoprire i nostri territori e valorizzare le distintività per conquistare il mondo che è il nostro mercato.

 

CRISI: ITALIA BATTE GERMANIA E FRANCIA NEI CAMPI IN  PIL E QUALITA’

L’Italia conquista il primato in Europa e nel mondo della sicurezza alimentare con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici oltre il limite (0,3 per cento) che sono risultati peraltro inferiori di cinque volte a quelli della media europea (1,5 per cento di irregolarità) e addirittura di 26 volte a quelli extracomunitari (7,9 per cento di irregolarità). E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sui primati del Made in Italy alimentare presentata all’Assemblea nazionale. Il modello agricolo italiano – ha sottolineato la Coldiretti – sulla leadership in Europa con 249 prodotti tipici a denominazione di origine riconosciuti (Dop/Igp), il maggior numero di aziende agricole biologiche (48269 operatori)e la maggiore biodiversità con 57468 specie animali e 12mila specie di flora, ma anche nel valore aggiunto per ettaro di terreno ovvero la ricchezza netta prodotta per unità di superficie dall’agricoltura italiana è praticamente il doppio di quella di Francia e Spagna, il triplo di quella inglese ed una volta e mezzo quello tedesco. L’Italia – ha continuato la Coldiretti – è il primo esportatore mondiale in quantità di vino, pasta, kiwi, pesche, mele e pere ma anche il principale produttori di pasta e ortofrutta. Senza contare il record di longevità grazie alla dieta mediterranea, il top di presenze per il turismo enogastronomico e quello ambientale con 871 parchi ed aree protette che coprono il 10 per cento del territorio. “In una fase di cancellazione delle distintività territoriali, la nostra agricoltura ha prosperato proprio saldandosi al capitale territoriale e inglobandone il valore aggiunto” ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare che “gli assets su cui il nostro Paese può e deve puntare, sono di natura materiale e immateriale: patrimonio storico ed artistico, paesaggio, biodiversità, ricchissima articolazione territoriale, originalità e creatività, gusto e passione, intuito e buonsenso. Accanto a questi fattori, siamo stati capaci di sviluppare nel tempo un capitale sociale che – ha precisato Marini – rimane fortissimo; resta viva una forte capacità di relazionarci e di fare comunità, di innovare mantenendo in vita saperi antichi. Risorse che appartengono al Dna del Paese e che garantiscono quel valore aggiunto inimitabile e non delocalizzabile al “saper fare” italiano. L’Italia e il suo futuro – ha continuato Marini – sono legati alla capacità di tornare a fare l’Italia, imboccando intelligentemente la strada di un nuovo modello di sviluppo che trae nutrimento dai punti di forza. E’ nella capacità di trasferire nei prodotti e nei nostri servizi il valore materiale e immateriale della distintività italiana e nel rafforzare il nostro saper “fare rete” che troveremo la forza e l’autorevolezza per riconquistare la giusta capacità competitiva, anche nella dimensione globale. L’idea che potessimo competere a livello internazionale solo in termini di economie di scala e sull’inseguimento del minor costo di produzione sta oggi dimostrando i suoi limiti, come testimoniano – ha concluso Marini – i fenomeni di delocalizzazione, deindustrializzazione e perdita di posti di lavoro che stanno segnando fortemente la nostra epoca. Inoltre la sostenibilità di questi modelli produttivi viene messa sempre più in discussione dalla ‘finitezza’ delle risorse disponibili, dal costo ambientale che essi comportano, dai costi sociali altrettanto pesanti che ne derivano.

 

CRISI: COLDIRETTI, SPESA ALIMENTARE TORNA INDIETRO DI 20 ANNI

La spesa alimentare delle famiglie italiane è tornata indietro di venti anni per effetto del crollo che si è verificato dall’inizio della crisi nel 2007, provocando un’inversione di tendenza mai accaduta dal dopoguerra. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base di dati Istat, illustrata dal presidente nazionale Sergio Marini nel corso dell’Assemblea nazionale. Nel 2012 i consumi delle famiglie italiane per alimentari e bevande a valori concatenati sono stati pari – ha sottolineato la Coldiretti – a 117 miliardi, di mezzo miliardo inferiori a quelli del 1992.  La crisi – ha precisato la Coldiretti – ha fatto retrocedere il valore della spesa alimentare, che era sempre stato tendenzialmente in crescita dal dopoguerra, fino a raggiungere l’importo massimo di 129,5 miliardi nel 2007, per poi crollare oggi al minimo di ben quattro lustri fa. La situazione – ha continuato la Coldiretti – si è aggravata nel 2013 in cui prosegue il drammatico crollo storico della spesa che non è mai stato così pesante con le famiglie italiane che hanno tagliato gli acquisti per l’alimentazione, dall’olio di oliva extravergine (-12 per cento) al pesce (-11 per cento), dalla pasta (-9 per cento) al latte (-6 per cento), dall’ortofrutta (-4 per cento) alla carne (-1 per cento) per una contrazione media nell’agroalimentare del -3,4 per cento, sulla base dell’analisi della Coldiretti su dati Ismea relativi al primo quadrimestre. Il clima di depressione nei consumi ha costretto ben sette famiglie su dieci (71 per cento) a modificare la quantità e la qualità dei prodotti. Lo dimostra il fatto che le vendite alimentari sono calate ad aprile del 4,5 per cento in media con una riduzione del 2,1 per cento nel primo quadrimestre con punte del 4,4 per cento nei piccoli negozi e dell’1,2 per cento nella grande distribuzione mentre sono aumentati dell’1,3 per cento solo nei discount. Ma a fare un vero balzo in avanti è la spesa a chilometri zero che ha raggiunto il fatturato record di 3 miliardi di euro grazie  – evidenzia la Coldiretti – dalla crescita del 40 per cento delle imprese agricole accreditate a Campagna Amica, che commercializzano ai consumatori nei mercati ambulanti e nei punti vendita  organizzati. Nei mercati degli agricoltori – conclude la Coldiretti – fanno regolarmente la spesa 7 milioni di italiani mentre altri 14 lo hanno fatto almeno una volta durante l’anno. Una opportunità resa possibile dalla Fondazione Campagna Amica della quale fanno parte 6.566 aziende agricole, 1.179 agriturismi, 330 cooperative, 1.125 mercati, 146 botteghe ai quali si aggiungono 254 ristoranti e 128 orti urbani, per un totale di oltre 8.200 punti vendita (www.campagnamica.it). “Acquistare prodotti a chilometri zero non è solo conveniente ma è anche un segnale di attenzione al proprio territorio, alla tutela dell’ambiente e del paesaggio che ci circonda, oltre che un sostegno all’economia e all’occupazione locale”, ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare che “si tratta di una responsabilità sociale che si diffonde tra i cittadini nel tempo della crisi. Quando noi siamo faticosamente andati contro corrente nel riaffermare il valore del chilometro zero, della vendita diretta e del  concetto di filiera corta abbiamo di fatto – ha sottolineato Marini – riaffermato un nuovo modello economico e un nuovo stile di consumo che coniugasse il valore economico ed occupazionale con una prospettiva di futuro. Un modello più adeguato ai nostri tempi in cui l’elemento relazionale, di conoscenza, di fiducia, che si instaura tra produttore e consumatore è stato il fattore di un successo economico, ma anche – ha concluso Marini – sociale, ambientale e culturale che guarda al territorio come miniera di opportunità e luogo da tutelare e al mondo come mercato.

 

CRISI: COLDIRETTI, PAURA A TAVOLA PER 7 ITALIANI SU 10
SEQUESTRI PER 112 MLN DI EURO IN I TRIMESTRE 2013

Il moltiplicarsi degli episodi sempre di alterazioni, falsificazioni e contraffazioni di prodotti alimentari mette in allerta quasi 18 milioni di famiglie italiane, pari al 71 per cento del totale. E’ quanto emerge  da una analisi della Coldiretti illustrata nel corso dell’Assemblea nazionale sulla base di una indagine Censis/Accredia. Anche per effetto della crisi – sottolinea la Coldiretti – nel primo trimestre del 2013 sono stati effettuati sequestri di prodotti alimentari per un valore di 112,6 milioni di euro secondo i dati del Comando Carabinieri per la Tutela della Salute (Nas).
“La lotta alla contraffazione e alla pirateria rappresentano per le Istituzioni un’area di intervento prioritaria per recuperare risorse economiche utili al Paese e generare occupazione” ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare che “la politica italiana  deve avere il coraggio di difendere i valori distintivi, che tutti insieme danno luogo a quel Made in Italy e che hanno a che fare con l’articolo uno della Costituzione perché sono le nostre future opportunità di lavoro. In paesi come il nostro – ha precisato Marini – la Commissione parlamentare anticontraffazione non dovrebbe essere oggetto di dibattito in Parlamento ma prevista per legge, anzi, se possibile, nella Costituzione stessa. La distintività è il nostro punto di forza e non si puo’ accettare – ha sottolineato Marini – che venga minata a livello nazionale, europeo o nei rapporti internazionali”. Le preoccupazioni, secondo la Coldiretti, riguardano anche il fatto che l’Italia è un forte importatore di prodotti alimentari, con il rischio concreto che nei cibi in vendita vengano utilizzati ingredienti di diversa qualità come il concentrato di pomodoro cinese, l’extravergine tunisino, la cagliata di latte della Lituania o il prosciutto olandese spacciato per nazionale. I prodotti alimentari piu’ colpiti dalle frodi secondo i carabinieri dei Nas sono stati nel 2013 – ha sottolineato la Coldiretti – quello della carne e degli allevamenti (52 per cento) con il caso della carne di cavallo spacciata per manzo, farine, pane e pasta (12 per cento in valore del totale sequestrato) e le conserve alimentari (7 per cento) ma va precisato peraltro che ben l’8 per cento del valore dei sequestri riguarda la ristorazione con la chiusura dei locali. Gli ottimi risultati dell’attività investigativa confermano – ha sostenuto la Coldiretti – che tra Agenzie delle Dogane, Nas dei Carabinieri, Istituto Controllo Qualità, Capitanerie di Porto, Corpo Forestale e Carabinieri delle Politiche Agricole, Asl, ai quali si aggiunge l’attività degli organismi privati, l’Italia puo’ contare sul primato comunitario in materia di scurezza alimentare grazie alla piu’ estesa rete di controlli. Un impegno che va sostenuto – ha continuato la Coldiretti – stringendo le maglie troppo larghe della legislazione comunitaria con l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza di tutti gli alimenti per garantire trasparenza negli scambi commerciali, agevolare l’attività ispettiva e difendere i consumatori ed i produttori dal rischio di frodi ed inganni con  circa la metà della spesa che è anonima. Ad oggi, infatti in Europa è in vigore l’obbligo di indicare l’origine della carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza mentre dal 2003 è d’obbligo  indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca, dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova, a partire dal primo agosto 2004 l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto e dal primo luglio 2009 l’obbligo di indicare anche l’origine delle olive impiegate nell’olio. Ma l’etichetta – precisa la Coldiretti –  resta anonima oltre che per gli altri tipi di carne anche per i salumi, i succhi di frutta, la pasta ed i formaggi. L’Italia sotto il pressing della Coldiretti è all’avanguardia in questo percorso: il 7 giugno 2005 è scattato l’obbligo di indicare la zona di mungitura o la stalla di provenienza per il latte fresco; dal 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy per effetto dell’influenza aviaria; a partire dal 1 gennaio 2008 l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.

 

OGM: MARINI (COLDIRETTI), CHIUDERE DEFINITIVAMENTE LA QUESTIONE

“La difesa della distintività italiana deve essere una priorità della politica perché da essa dipende la prospettiva di futuro del Made in Italy, nell’alimentare e non”. E’ quanto ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini all’Assemblea nazionale nel sottolineare che “ci sono tutte le condizioni perché i Ministeri interessati possano a questo punto concordare sulla firma del decreto sulla clausola di salvaguardia, unico strumento di cui disponiamo per risolvere definitivamente e rapidamente la questione”. Sulla richiesta al Governo di esercitare la clausola di salvaguardia c’è stato un pressing trasversale da parte dei rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari, ma soprattutto – ha affermato Marini – c’è l’attesa di quasi otto italiani su dieci (76 per cento ) che sono contrari all’utilizzo di organismi geneticamente modificati (Ogm) in agricoltura, con un aumento del 14 per cento rispetto allo scorso anno, secondo l’indagine Ipr Marketing svolta pochi giorni fa. Con il crescere dell’opposizione degli italiani agli Ogm in agricoltura si riducono ad appena il 10 per cento i favorevoli ma – ha sottolineato la Coldiretti – diminuiscono anche coloro che non hanno una opinione o non rispondono, scesi al 14 per cento. Bastano questi dati per spiegare le ragioni della richiesta al Governo di esercitare la clausola di salvaguardia che vieterebbe la messa a coltura di piante biotech, formulata dalla task force a cui partecipa la Coldiretti. Sono già 8 i Paesi europei che – precisa la Coldiretti – hanno adottato la clausola di salvaguardia (Francia, Germania, Lussemburgo, Ungheria, Grecia, Bulgaria, Polonia, Austria). Gli organismi geneticamente modificati (Ogm) in agricoltura – ha sostenuto Marini – non pongono solo seri problemi di sicurezza ambientale e alimentare, ma soprattutto perseguono un modello di sviluppo che è il grande alleato dell’omologazione e il grande nemico della tipicità, della distintività e del Made in Italy. In Europa sono rimasti solo cinque paesi (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania) a coltivare Ogm, con 129mila ettari di mais transgenico piantati nel 2012, una percentuale irrisoria della superficie agricola comunitaria pari a molto meno dello 0,001 per cento della superficie totale di 160 milioni di ettari coltivati in Europa, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati ISAAA.

 

UE: MARINI (COLDIRETTI), RISPONDE A LOBBY SU COME APPARECCHIARE  TAVOLA
E’ STATO NECESSARIO RINAZIONALIZZARE LA POLITICA AGRICOLA

“Ci piacerebbe un’Europa che abbia una visione su come risolvere i grandi problemi dall’economia all’occupazione, dal commercio internazionale alle speculazioni finanziarie e ci ritroviamo quella che risponde alle lobby anche su come apparecchiare la tavola, con il rabbocco delle oliere”, ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini all’Assemblea nazionale nel sottolineare che “l’Europa la vogliamo grande per trattare nelle giuste dimensioni i temi globali invece di questioni che vanno a toccare le culture, le tradizioni, gli stili di vita dei cittadini, non cogliendo le diversità dei tanti territori e Paesi diversi che per noi sono ricchezza”. Alcuni chiamano questo rinazionalizzazione – ha precisato Marini – ma per noi è una forma intelligente di sussidiarietà. Se ci sono minori risorse bisogna darle agli agricoltori professionali, ai giovani, a chi fa qualità e sicurezza. E’ giusto considerare sostenibile dal punto di vista ambientale anche il vigneto, l’uliveto e il frutteto e non soltanto prato e pascolo. L’accordo sulla riforma della Politica Agricola (PAC) premierà chi vive e lavora di agricoltura escludendo per la prima volta in una black list i soggetti che non hanno nulla a che fare con l’agricoltura e soprattutto – ha continuato Marini – prevedendo la possibilità per l’Italia di destinare risorse ai soli agricoltori attivi. sensibili miglioramenti sono stati ottenuti anche per l’inverdimento a tutela dei vigneti, frutteti ed uliveti italiani, sulla convergenza e per i giovani agricoltori”. Nei vari passaggi, dal nostro Summit a Roma con il Commissario all’agricoltura Dacian Ciolos agli incontri con i colleghi di tutte le principali Organizzazioni agricole europee, fino al meeting  di poche settimane fa a Bruxelles con il Presidente del Consiglio agricoltura e pesca del Consiglio dell’Unione europea Simon Coveney e il Presidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo Paolo De Castro, la proposta – ha concluso Marini – è andata migliorando. Certamente rimane un taglio importante ai finanziamenti destinati all’agricoltura ma l’applicazione nazionale demandata al nostro Governo e al Ministro delle Politiche Agricole Nunzia De Girolamo, che ha chiuso positivamente per l’Italia il negoziato, potrà compensare il disagio nell’orientare le risorse – conclude Marini – verso i veri agricoltori.