COMUNICATO STAMPA | Notizie dalle Federazioni

News La Forza del Territorio del 20 ottobre 2020

20 Ottobre 2020
News La Forza del Territorio del 20 ottobre 2020

Primo piano

 

PADOVA

CINGHIALI: EMERGENZA SICUREZZA, LA REGIONE DEVE INTERVENIRE

Fenomeno devastante per l’agricoltura ma anche per l’ambiente e per la sicurezza

“Incidenti stradali, branchi di cinghiali sorpresi in pieno centro abitato, danni a non finire a vigneti e uliveti, oltre che ai terrazzamenti e alle altre strutture delle aziende agricole: sui Colli Euganei i residenti e gli agricoltori continuano a fare i conti con la presenza di un numero ancora troppo alto di cinghiali. Nell’anno del Covid non possiamo certo dire che l’emergenza sia cessata, anzi a preoccupare sono i riflessi sulla sicurezza e sull’impatto ambientale dovuto alla proliferazione degli animali selvatici”. Massimo Bressan, presidente di Coldiretti Padova, ricorda gli ultimi episodi nell’area del Parco e sottolinea che in questa stagione sono ancora notevoli i danni alle coltivazioni: “Molti vigneti di uva Doc sono stati razziati e in occasione della vendemmia alcuni produttori si sono trovati interi filari compromessi dal passaggio dei cinghiali. L’incidente dei giorni scorsi a Torreglia, con uno scooterista ferito, riporta in primo piano la questione sicurezza in tutta la sua concretezza. Non vorremo dover registrare altri e ancora più gravi episodi prima che si prenda coscienza che la presenza incontrollata dei cinghiali rappresenta una minaccia concreta.  Il fatto che l’ente di riferimento, il Parco Colli Euganei, sia senza una guida dopo le dimissioni del presidente Campagnolo è un ulteriore segnale di debolezza. Ci appelliamo alla Regione: ora che la nuova giunta è operativa chiediamo a Zaia di procedere subito con un segnale di attenzione verso il Parco, nominando subito il nuovo presidente per dare un impulso all’attività di controllo dei cinghiali.  L’impegno va orientato anzitutto sul contrasto di un fenomeno devastante per la nostra agricoltura ma anche per l’ambiente e per la sicurezza e l’incolumità pubblica”.

A confermare la preoccupazione è lo studio che Coldiretti Padova ha promosso in collaborazione con l’Università di Padova e lo staff del prof. Paolo Tarolli per misurare con dati certi l’impatto dei cinghiali sul territorio collinare. “Per la prima volta – continua Bressan – grazie ad oltre 6.500 misurazioni condotte su tutta l’area collinare, abbiamo una mappa dell’erosione del suolo causata dai cinghiali, che può essere di grande utilità nella pianificazione di interventi per la sicurezza idrogeologica, ad esempio lungo le strade. Sapere con precisione che a tot metri da quella determinata strada potrebbe attivarsi, durante precipitazioni intense, un fenomeno di dissesto come una frana a seguito di una buca scavata da cinghiale, faciliterebbe interventi di sistemazione mirati ed efficaci ed eviterebbe incidenti. Le buche scavate dai cinghiali vanno da un minimo di alcuni centimetri ad un massimo di un 1 metro e 20 centimetri per ogni area danneggiata, mentre il potenziale volume medio di suolo rimosso parte da un minimo di un metro cubo fino ad arrivare a 12 metri cubi per singolo scavo. E’ molto importante avere la geolocalizzazione di questi punti perché i cinghiali scavano profonde buche e in alcune aree possono portare al crollo dei muretti a secco. Con le forti precipitazioni il muretto può crollare e travolgere anche quelli sottostanti provocando un fenomeno di dissesto particolarmente severo”.

 

Dal Territorio

 

LIGURIA, CONSUMI: INIZIATA LA RACCOLTA DELLE CASTAGNE LIGURI

Dalla Gabbiana in Val Bormida alla Brodasca in Val di Vara fino ai più conosciuti marroni: nei boschi liguri è iniziata l’autunnale ricerca delle castagne, per le quali, la stagione poco favorevole rischia di condizionarne la quantità ma non la qualità, mentre avrà un peso rilevante l’annullamento di fiere e sagre a tema a causa dell’emergenza sanitaria in corso.

Il castagneto in Liguria, costituisce circa il 30% del territorio boschivo regionale, specie arborea molto diffusa che ha sostituito parte dei boschi misti di querce e di faggio, caratterizzando usi e costumi locali. La castagna ligure, dopo aver rischiato la scomparsa nelle stagioni passate a causa dell’attacco del cinipide galligeno del castagno (vespina cinese), sta riprendendo, non senza difficoltà, il suo protagonismo, anche se pesa l’andamento del clima e le razzie degli animali selvatici, su questo frutto simbolo dell’autunno, ricco di sostanze nutritive, tanto da essere considerate alimento completo grazie al suo apporto di zuccheri, proteine, vitamine e sali minerali.

A livello nazionale la produzione di castagne Made in Italy, superando i 35 milioni di chilogrammi, è in crescita rispetto alle passate stagioni, e conferma la qualità che distingue le produzioni tricolore. Inoltre l’abbassamento delle temperature sta favorendo un aumento dei consumi da parte delle famiglie italiane, anche se si fa sentire la mancanza delle tante sagre e eventi locali che si svolgono in questo periodo. Nella tradizione alimentare ligure le castagne vengono consumate in diversi modi: arrosto, essiccate nei tecci, lesse o ancora cotte in latte e zucchero, mentre con la pregiata farina che se ne ricava si può preparare il locale castagnaccio, oltre a trofie e tagliatelle da condire con sughi di noci, funghi e con l’intramontabile pesto alla genovese ottenuto con solo Basilico Genovese DOP.

“Questo frutto è stato, fin dai tempi antichi, alla base dell’alimentazione della Liguria dell’entroterra: – affermano il Presidente di Coldiretti Liguria Gianluca Boeri e il Delegato Confederale Bruno Rivarossa –   valorizzare e tutelare il settore, può rappresentare un’importante rilancio delle zone montane, oltre che recupero di cultura locale. Sono indispensabili più controlli sull’origine delle castagne messe in vendita in Italia, in modo da evitare che diventino tutte, incredibilmente, tricolori. Alto è, infatti, il rischio di trovarsi nel piatto, senza saperlo, castagne straniere provenienti soprattutto da Portogallo, Turchia, Spagna e dalla Grecia, considerato che le importazioni nel 2019 sono risultate pari a ben 32,8 milioni di chili di castagne, spesso spacciate per italiane. Ancora peggiore è la situazione dei trasformati, per i quali non vi è l’obbligo di etichettatura di origine e per le farine di castagne che, non avendo un codice doganale specifico, non è neppure dato a sapersi quante ne vengano importate. Per questo, e per le mancate occasioni di valorizzazione delle nostre castagne a causa dell’annullamento di sagre e fiere dedicate, il nostro invito è di scegliere di acquistare sempre, castagne locali, dando così un sostegno concreto all’economia del territorio e un forte segnale di attenzione alla tutela dell’ambiente e del paesaggio, oltre che per essere sicuri della loro genuinità e qualità L’acquisto di un alimento direttamente dal produttore in azienda o presso i mercati di Campagna Amica Liguria  è infine un’occasione per conoscere non solo il prodotto in sé, ma anche la storia, la cultura e le tradizione di chi ha contribuito a conservare un patrimonio che spesso non ha nulla da invidiare alle bellezze artistiche e naturali del nostro Paese”.

 

MOLISE, SICUREZZA: CORSO PER L’ACQUISTO E L’UTILIZZO DI PRODOTTI FITOSANITARI

E’ partito a Campobasso, nella sede centrale della Coldiretti Molise in via D’Amato 15, il corso per l’acquisto e l’utilizzo di prodotti fitosanitari impiegati in agricoltura. In ossequio alla nuova normativa in vigore e per venire incontro alle esigenze degli imprenditori agricoli della regione, prosegue così l’attività formativa della Coldiretti finalizzata al rilascio dei patentini necessari all’acquisto e all’impiego di prodotti fitosanitari, classificati come “tossici”, “molto tossici” e “nocivi”.

Il corso appena partito, predisposto nel pieno rispetto delle norme volte a garantire il contenimento del contagio da Covid19, vede la partecipazione di 30 imprenditori e segue tutti gli altri corsi organizzati, anche lo scorso anno, in vari centri della regione, fra cui Bojano, Trivento e Venafro. L’attività formativa che avrà una durata di 20 ore, distribuite in 5 giorni, vedrà il succedersi in aula di esperti e tecnici della materia.

La formazione rappresenta per Coldiretti una condizione imprescindibile per poter svolgere l’attività agricola in maniera moderna e sostenibile. Negli ultimi anni tale attività, promossa da Coldiretti Molise, ha intercettato, nello specifico, i bisogni di oltre 150 imprenditori, che adesso potranno utilizzare in sicurezza i prodotti fitosanitari rientranti nella nuova normativa in vigore.

 

PUGLIA, CLIMA: 2020 ANNO PIÙ CALDO DI SEMPRE IN EUROPA; INVASIONE INSETTI ‘ALIENI’

Per i cambiamenti climatici in atto, il surriscaldamento e la tropicalizzazione sono arrivati in Puglia parassiti “alieni” mai visti prima, a causa dell’innalzamento esponenziale delle temperature anche nel 2020 che si classifica fino ad ora come l’anno più bollente mai registrato in Europa da 112 anni con un anomalia di addirittura 2,33 gradi rispetto alla media. E’ quanto emerge da un’analisi di Coldiretti Puglia, con le specie aliene arrivate in Italia con il surriscaldamento, complici le barriere colabrodo, che hanno fatto strage nei campi coltivati in Puglia dove hanno trovato un habitat ideale, accanendosi su alberi, piante e frutti, dalla Drosophila Suzukii dei frutti rossi all’Aleurocanthus spiniferus che attacca agrumi e vite, dalla Xylella che ha fatto seccare 21 milioni di ulivi al punteruolo rosso che ha fatto strage di decine di migliaia di palme fino alla Tristeza degli agrumi, causando miliardi di danni in campagna con gravissimi effetti sul piano ambientale, paesaggistico ed economico.

“L’invasione di virus e insetti alieni impone una strategia complessiva della Regione Puglia contro le numerose e incontenibili malattie delle piante che arrivano in Puglia attraverso le frontiere colabrodo dell’UE che, sia improntata su una tempestiva quanto efficace azione di prevenzione e contenimento, per non mettere a repentaglio il patrimonio arboreo e produttivo pugliese, già messo seriamente a dura prova”, denuncia il presidente di Coldiretti Puglia, Savino Muraglia.

Un autentico flagello è il batterio della Xylella che è stato introdotto con molta probabilità dal Costa Rica attraverso le rotte commerciali di Rotterdam ed ha devastato gli uliveti del Salento dove quest’anno sono andate perse quasi 3 olive su 4 in provincia di Lecce con il crollo del 73% della produzione di olio di oliva che non sarà certamente recuperata nell’annata 2019 – 2020, secondo un’analisi elaborata da Coldiretti Puglia sulla base dei dati del Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN). Dall’autunno 2013, anno in cui è stata accertata su un appezzamento di olivo a Gallipoli, la malattia – continua Coldiretti – si è estesa senza che venisse applicata una strategia efficace per fermare il contagio che, dopo aver fatto seccare gli ulivi leccesi, ha intaccato il patrimonio olivicolo di Brindisi e Taranto.

L’arrivo di fitopatologie, parassiti e virus provenienti da altri continenti è favorito dall’intensificarsi degli scambi commerciali, attraverso i quali arrivano in Puglia, dove trovano un habitat favorevole a causa dei cambiamenti climatici, aggiunge Coldiretti Puglia. In provincia di Bari, BAT, Lecce, Taranto e Brindisi, secondo le rilevazioni degli ultimi mesi di BugMap, è stata segnalata la presenza della cimice asiatica – Coldiretti Puglia – particolarmente pericolosa per l’agricoltura perché prolifica con il deposito delle uova almeno due volte all’anno con 300-400 esemplari alla volta che con le punture rovinano i frutti rendendoli inutilizzabili, col rischio di compromettere seriamente parte del raccolto. La Puglia non può permettersi l’invasione di altri virus alieni, dopo la ‘tristeza’ degli agrumi, il punteruolo rosso, fino ad arrivare alla Xylella fastidiosa. La cimice asiatica, tra l’altro, si accanisce – insiste Coldiretti Puglia – anche sulle olive.

Se la Xylella fastidiosa, che sta facendo strage di ulivi nel Salento proviene dal Costa Rica, il punteruolo rosso che ha letteralmente falcidiato le palme secolari pugliesi è originario dell’Asia sudorientale. Inoltre, la Puglia convive da anni con una virosi, l’alter ego della Xylella fastidiosa con le dovute differenze – di cui si parla poco, nonostante sia altrettanto virulenta. La ‘Tristeza’ degli agrumi, causata dal Citrus Tristeza Virus (CTV) proveniente dall’Asia Minore, appartenente al gruppo dei Closterovirusche, per cui nostri agricoltori sono costretti ad esportare agrumi con foglia sui mercati comunitari solo se accompagnati da passaporto delle piante, poiché il virus si trasmette attraverso la parte vegetale e non attraverso i frutti. I controlli in uscita sui prodotti agricoli pugliesi non sono altrettanto pressanti e stringenti su piante e prodotti esteri con un danno incalcolabile per l’agricoltura pugliese.

“E danni sta facendo anche la Drosophila suzukii il moscerino killer che colpisce le ciliegie e i frutti con colorazione dall’arancio al rosso e gli effetti si vedono solo in un secondo momento sui frutti raccolti. Il moscerino Drosophila Suzukii causa danni gravi e irreversibili su diverse specie produttrici di frutta con buccia sottile come ciliegie, fragole e l’uva nei vigneti si sta diffondendo indisturbato in assenza di efficaci antagonisti naturali ed è già stato individuato in 12 regioni italiane e in 13 Paesi europei”, conclude il presidente Muraglia.

Sotto accusa è il sistema di controllo dell’Unione Europea con frontiere colabrodo – dice Coldiretti – che hanno lasciato passare materiale vegetale infetto e parassiti vari. Una politica europea troppo permissiva che consente l’ingresso di prodotti agroalimentari e florovivaistici nell’Ue senza che siano applicate le cautele e le quarantene che devono invece superare i prodotti nazionali quando vengono esportati con estenuanti negoziati e dossier che durano anni e che affrontano un prodotto alla volta. Per effetto dei cambiamenti climatici e della globalizzazione si moltiplica l’arrivo di virus e insetti che provocano stragi nelle coltivazioni e per questo serve un cambio di passo nelle misure di prevenzione e di intervento sia a livello comunitario che nazionale – conclude Coldiretti – anche con l’avvio di una apposita task force.

 

PIEMONTE, CASTAGNE: DIMINUISCE LA PRODUZIONE MA OTTIMA QUALITÀ

L’autunno richiama alla mente le castagne che, effettivamente, quest’anno, grazie ad un mese di settembre particolarmente caldo, sono già mature e pronte da raccogliere nei boschi piemontesi.  In Piemonte sono 12.000 gli ettari di castagneto da frutto coltivati, la produzione è di 140 mila quintali per un fatturato che sfiora i 20 milioni di euro. Un ritorno atteso dopo che in alcune zone era stata rischiata addirittura l’estinzione per la presenza del cinipide galligeno del castagno (Dryocosmus kuriphilus) proveniente dalla Cina, che da anni infesta i boschi lungo tutta la Penisola provocando nella piante la formazione di galle, cioè ingrossamenti delle gemme di varie forme e dimensioni.

Sul fronte commerciale, i prezzi si stanno attestando, in base alla pezzatura, da 1,5 a 2 euro/Kg, si arriva a 5 euro/Kg per la castagna Cuneo Igp, oltre i 5 euro/Kg per i marroni di Cuneo e dai 5 ai 9 euro per i marroni della Val Susa Igp.

“Da un punto di vista quantitativo quest’anno abbiamo registrato un calo produttivo del 20% rispetto allo scorso anno per danni imputabili al clima: prima la nevicata del novembre 2019, il cui peso spezzò diffusamente i rami ancora carichi di foglie nei castagneti, poi le grandinate estive. Molto buona, però, la qualità sinora riscontrata dei frutti, la cui raccolta proseguirà sino a fine ottobre nelle zone collinari e montane – spiegano Roberto Moncalvo presidente di Coldiretti Piemonte e Bruno Rivarossa Delegato Confederale -. Il Piemonte, oltretutto, vanta due Igp: la castagna Cuneo ed il marrone della Val Susa che vanno sicuramente valorizzate dal mondo commerciale con azioni promozionali mirate affinché l’Igp  non resti una semplice dicitura ma diventi uno strumento di crescita economica a beneficio dei produttori e del territorio. Ai consumatori consigliamo sempre di far attenzione nel momento dell’acquisto poiché il rischio può essere quello di portare a tavola castagne straniere, provenienti soprattutto da Portogallo, Turchia, Spagna e Grecia, considerato che le importazioni nel 2019 sono risultate pari a ben 32,8 milioni di chili di castagne, spesso spacciate per italiane, con forti ripercussioni sui prezzi corrisposti ai produttori.  Da qui la richiesta di Coldiretti di assicurare più controlli sull’origine delle castagne messe in vendita in Italia per evitare che diventino tutte, incredibilmente, tricolori. Certo quest’anno a pesare sulla promozione e valorizzazione delle nostre castagne, e più in generale dei prodotti simbolo del Piemonte, c’è la chiusura di fiere e sagre, a causa della risalita dei contagi da Coronavirus, che erano anche l’occasione per i consumatori di acquistare davvero il meglio del Made in Piemonte, oltre che di conoscere il territorio. Alla luce di questa situazione, resta fondamentale prestare attenzione alla qualità ed acquistare presso i punti vendita aziendali o nei mercati di Campagna Amica per assicurarsi vere castagne piemontesi”.

 

CUNEO, CASTAGNE: TRACCIA IL PRIMO BILANCIO D’ANNATA

Con le operazioni di raccolta in corso nei castagneti delle valli cuneesi, Coldiretti Cuneo traccia un primo bilancio d’annata positivo nonostante una stagione poco favorevole per le castagne Made in Cuneo, con fiere e sagre a tema saltate per l’emergenza sanitaria in corso.

Da un punto di vista quantitativo, nel 2020 Coldiretti registra un calo produttivo medio del 20% rispetto allo scorso anno per danni imputabili al clima: prima la nevicata del novembre 2019, il cui peso spezzò diffusamente i rami ancora carichi di foglie nei castagneti di tutta la Granda, poi le grandinate che nel corso dell’estate hanno colpito il nostro territorio a macchia di leopardo.

Buona, però, la qualità sinora riscontrata dei frutti, la cui raccolta proseguirà sino a fine ottobre nelle zone collinari e montane, mentre è terminata negli impianti di pianura.

Sul fronte commerciale, se per gli ibridi eurogiapponesi i prezzi riconosciuti ai produttori sono risultati lievemente più bassi dell’anno scorso, si stanno attestando su valori interessanti le quotazioni delle storiche varietà locali, variabili in base alla pezzatura da 1,5 a 2 euro/Kg con punte di oltre 4,5 euro/Kg per i marroni.

“In un autunno avaro di occasioni di valorizzazione delle nostre castagne, a causa dell’annullamento di molte sagre e fiere dedicate, reso necessario dalla risalita dei contagi da Coronavirus, il nostro invito ai consumatori – dichiara Roberto Moncalvo, Delegato Confederale di Coldiretti Cuneo – è di scegliere, oggi più che mai, castagne cuneesi in una delle tante e prelibate varietà locali”.

Tra le più apprezzate sul mercato figurano il Garrone Rosso, tipico dei boschi a sud di Cuneo da Peveragno a Borgo San Dalmazzo, e la Bracalla della Valle Varaita, con frutti di pezzatura medio-grande, dolci e saporiti. Molto ricercati anche il Marrone di Chiusa Pesio, prodotto di nicchia e di particolare pregio, e la Garessina della Val Tanaro, eccellente come castagna secca.

“Acquistare castagne locali, oltre a dare un sostegno concreto all’economia delle nostre vallate, mostra un segnale di attenzione alla tutela dell’ambiente e del paesaggio; significa, infatti, riconoscere il prezioso lavoro di cura dei boschi svolto dai castanicoltori, che mantengono viva una cultura contadina fatta di tenacia, passione e lunghe tradizioni familiari” conclude Fabiano Porcu, Direttore di Coldiretti Cuneo.

Nella Granda – ricorda Coldiretti Cuneo – si concentra l’80% dei 12.000 ettari di castagneto da frutto coltivati sul territorio piemontese, prevalentemente dedicati alle varietà locali, tipiche di valli e colline, mentre a quote inferiori crescono gli impianti specializzati in ibridi eurogiapponesi. Dal 2006 la nostra Provincia vanta il riconoscimento IGP per la “Castagna Cuneo”, produzione che coinvolge oltre 100 Comuni cuneesi ma attende ancora che il mondo commerciale la valorizzi come merita con azioni promozionali mirate.

Per maggiori informazioni visitare il sito web https://cuneo.coldiretti.it

 

AREZZO, VIA LIBERA A CARNE FINTA: COLDIRETTI, “QUESTA NON E’ UNA BISTECCA”

“Questa non è una bistecca” e lo commentano a voce ben chiara gli allevatori di Coldiretti Arezzo, alla vigilia dell’apertura al parlamento europeo, della discussione sull’abolizione del divieto, attualmente in vigore, sulla definizione di “carne” costruita in laboratorio che non arriva dal mondo animale, ma che nasce invece da un mix di sostanze vegetali, spezie, coloranti ed esaltatori di sapore.

Roberto Bemoccoli, vicepresidente di Coldiretti Arezzo e allevatore di suini non ha dubbi “Tutto questo è assolutamente ridicolo per noi imprenditori e per il consumatore è fuorviante, la finta carne ha un’origine completamente differente da quella che noi produciamo ogni giorno con la massima attenzione e per questo deve avere una denominazione diversa, per diversificare e dare valore al nostro lavoro. La carne ed i prodotti a base di carne fanno parte della dieta tradizionale dei nostri territori, permettere a dei mix vegetali di utilizzare la denominazione di carne significa favorire prodotti ultra-trasformati con ingredienti frutto di procedimenti produttivi molto spinti dei quali, oltretutto, non si conosce nemmeno la provenienza della materia prima visto che l’Unione Europea importa ogni anno milioni di tonnellate di materia prima vegetale da tutto il mondo”.

I consumatori rischiano così di trovare sugli scaffali e di mettere nel carrello della spesa finti hamburger con soia, spezie ed esaltatori di sapore o false salsicce riempite con ceci, lenticchie, piselli, succo di barbabietola o edulcoranti grazie alla possibilità di utilizzare nomi come “burger vegano” e “bistecca vegana”, bresaola, salame, mortadella vegetariani o vegani con l’unico limite di specificare sull’etichetta che tali prodotti non contengono carne.

“Una strategia di comunicazione subdola con la quale si approfitta deliberatamente della notorietà e tradizione delle denominazioni di maggior successo della filiera tradizionale del nostro allevamento con il solo scopo di attrarre l’attenzione dei consumatori, rischiando di indurli a pensare che questi prodotti siano dei sostituti, per gusto e valori nutrizionali, della carne e dei prodotti a base di carne” afferma il Presidente di Coldiretti Arezzo Lidia Castellucci”.

L’emergenza globale provocata dal coronavirus ha fatto emergere una consapevolezza diffusa e maggiore sul valore strategico rappresentato dal cibo e sulle necessarie garanzie di qualità e sicurezza che vanno tutelate anche dall’utilizzo di nomi o definizioni fuorvianti per i consumatori in un momento così delicato per la vita delle famiglie e l’economia.

“Ho rilasciato qualche giorno fa un’intervista a Rai News24 sulla crisi provocata dal Covid – spiega Valentino Gori dirigente di Coldiretti Arezzo, e allevatore di Chianina a Badia Tedalda –  ai giornalisti ho detto che è cambiata l’attenzione delle persone verso il cibo, nonostante le difficoltà, le famiglie sono tornate a scegliere la qualità, magari acquistano meno prodotto ma eccellente perché sanno riconoscere il valore dell’alimentazione. La discussione dei prossimi giorni rappresenta per noi allevatori una vergogna assoluta. Il marketing delle imitazioni può creare confusione sui valori nutritivi dei prodotti per questo il dibattito sulla denominazione della carne non è un attacco ai prodotti vegetali, ma è una battaglia per la corretta informazione al consumatore. Aderiamo anche noi alla campagna voluta dal Copa-Cogeca intitolata “Questa non è una bistecca” per contrastare le lobbies delle multinazionali che investono sulla carne finta, vegetale o creata in laboratorio”.

 

RAVENNA, CASTAGNE: ANNATA POSITIVA PER I PRODUTTORI DELL’ALTO FAENTINO

Un mese di settembre particolarmente caldo ha favorito, anche sulle colline della nostra provincia, un’ottima maturazione di castagne e marroni, tipici prodotti stagionali che nelle ultime settimane stanno arrivando sulle tavole dei ravennati.

L’abbassamento delle temperature – sottolinea la Coldiretti – ha infatti favorito la richiesta con un aumento dei consumi da parte delle famiglie, anche se hanno pesato le limitazioni, sfociate ora nel blocco totale per via dell’emergenza Covid, alle tante sagre e eventi locali previsti in questo autunno.

“Le precipitazioni di luglio, agosto e settembre – spiega Nicola Grementieri, castanicoltore di Casola Valsenio e responsabile Coldiretti per la collina faentina – hanno garantito una buona maturazione assicurando nell’alta Valle del Senio una produzione molto positiva in termini qualitativi e quantitativi e anche a livello di pezzatura”.  Al contempo si registrano quotazioni nella media del periodo e una domanda in crescita costante al pari dei consumi.

Una buona annata, dunque, con rese soddisfacenti, per un territorio, quello in cui opera il Consorzio Produttori Marroni Alta Valle del Senio, che aveva vissuto in passato campagne di raccolta funestate sia dal maltempo che dal cinipede del castagno, il parassita che attacca le gemme del cosiddetto ‘italico albero del pane’ di pascoliana memoria. “Quest’anno, anche grazie alle azioni coordinate e preventive messe in atto dai produttori e ai lanci dell’insetto antagonista avvenuti negli scorsi anni, non abbiamo riscontrato la presenza del patogeno – afferma Grementieri – gli unici danni sono stati provocati dalle grandinate estive che purtroppo, in alcune aree, seppur di limitata estensione, hanno colpito duro”.

Nonostante il prodotto sia presente in quantità, Coldiretti mette in guardia dal rischio di trovarsi nel piatto, senza saperlo, castagne straniere provenienti soprattutto da Portogallo, Turchia, Spagna e dalla Grecia (nel solo 2019 infatti le importazioni sono risultate pari a ben 32,8 milioni di chili, spesso spacciate per italiane, con forti ripercussioni sui prezzi corrisposti ai produttori).

Da qui la richiesta di maggiori controlli sull’origine delle castagne messe in vendita in Italia per evitare che diventino tutte, incredibilmente, tricolori. Ancora peggiore è la situazione dei trasformati, per i quali non vi è l’obbligo di etichettatura di origine e per le farine di castagne che, non avendo un codice doganale specifico, non è neppure dato sapere quante ne vengano importate.

Se non si vuole comunque correre il rischio di acquistare spesso a caro prezzo castagne straniere, Coldiretti invita i consumatori a rivolgersi direttamente ai Consorzi dei produttori o a fare acquisti diretti nei mercati degli agricoltori di Campagna Amica o, presso le aziende e, ancora, a riscoprire il gusto di partecipare nei boschi alla raccolta delle castagne.

 

COMO-LECCO, “FINTO HAMBURGER” INGANNA: 1 CONSUMATORE SU 10 LO HA IN CARRELLO

Un consumatore lariano su dieci lo ha messo inconsapevolmente nel carrello. Magari di fretta, senza fare attenzione a leggere bene l’etichetta degli ingredienti. Si tratta del cosiddetto “hamburger vegano” o, per estensione, dell’ormai ampia gamma di alimenti a base di “finta carne” che hanno colto in fallo, durante la spesa” il 93% degli italiani (considerando ovviamente solo quanti non seguono un regime alimentare vegetariano o vegano). I sondaggi condotti da Coldiretti Como Lecco presso gli AgriMercati confermano quanto emerge da una analisi condotta a livello nazionale dall’organizzazione agricola su dati Eurispes in riferimento al voto del parlamento europeo sull’abolizione del divieto di definire carne qualcosa che non arriva dal mondo animale, ma che nasce invece da un mix di sostanze vegetali, spezie, coloranti ed esaltatori di sapore.

I consumatori rischiano così di trovare sugli scaffali e di mettere nel carrello della spesa finti hamburger con soia, spezie ed esaltatori di sapore o false salsicce riempite con ceci, lenticchie, piselli, succo di barbabietola o edulcoranti grazie alla possibilità – evidenzia Coldiretti Como Lecco – di utilizzare nomi come “burger vegano” e “bistecca vegana”, salame, mortadella vegetariani o vegani con l’unico limite di specificare sull’etichetta che tali prodotti non contengono carne.

“Una strategia di comunicazione con la quale si fa leva sulla notorietà e tradizione delle denominazioni di maggior successo della filiera tradizionale dell’allevamento italiano con il solo scopo di attrarre l’attenzione dei consumatori, rischiando di indurli a pensare che questi prodotti siano dei sostituti, per gusto e valori nutrizionali, della carne e dei prodotti a base di carne” afferma il presidente della Coldiretti interprovinciale Fortunato Trezzi.

La carne ed i prodotti a base di carne fanno parte della dieta tradizionale dei nostri territori e regioni – afferma Coldiretti Como Lecco – le cui ricette tramandate nei secoli appartengono al nostro patrimonio gastronomico e permettere a dei mix vegetali di utilizzare la denominazione di carne significa favorire prodotti ultra-trasformati con ingredienti frutto di procedimenti produttivi molto spinti dei quali, oltretutto, non si conosce nemmeno la provenienza della materia prima visto che l’Unione Europea importa ogni anno milioni di tonnellate di materia prima vegetale da tutto il mondo.

L’emergenza globale provocata dal coronavirus – sottolinea la Coldiretti lariana – ha fatto emergere una consapevolezza diffusa sul valore strategico rappresentato dal cibo e sulle necessarie garanzie di qualità e sicurezza che vanno tutelate anche dall’utilizzo di nomi o definizioni fuorvianti per i consumatori in un momento così delicato per la vita delle famiglie e l’economia dell’Italia e dell’Europa. Per contrastare le lobby delle multinazionali che investono sulla carne finta, vegetale o creata in laboratorio le principali organizzazioni agricole europee hanno lanciato la campagna “Questa non è una bistecca”.

“Il marketing delle imitazioni può creare confusione sui valori nutritivi dei prodotti – evidenzia Trezzi – per questo il dibattito sulla denominazione della carne non è un attacco ai prodotti vegetali, ma è una battaglia per la corretta informazione al consumatore”.

Una posizione condivisa dalla stessa Corte di giustizia europea che – sottolinea la Coldiretti – si è già pronunciata in passato sul fatto che “i prodotti puramente vegetali non possono, in linea di principio, essere commercializzati con denominazioni, come ‘latte’, ‘crema di latte’ o ‘panna’, ‘burro’, ‘formaggio’ e ‘yogurt’, che il diritto dell’Unione riserva ai prodotti di origine animale” anche se “tali denominazioni siano completate da indicazioni esplicative o descrittive che indicano l’origine vegetale del prodotto in questione”. Con la sola eccezione del tradizionale latte di mandorla italiano.

 

PIEMONTE: NO AI FINTI HAMBURGER VEGANI CHE INGANNANO 9 ITALIANI SU 10  

La carne finta inganna più di 9 italiani su 10 (93%) che non seguono un regime alimentare vegetariano o vegano. E’ quanto emerge da una analisi di Coldiretti su dati Eurispes in riferimento al voto del parlamento europeo sull’abolizione del divieto di definire carne qualcosa che non arriva dal mondo animale, ma che nasce invece da un mix di sostanze vegetali, spezie, coloranti ed esaltatori di sapore. I consumatori rischiano così di trovare sugli scaffali e di mettere nel carrello della spesa finti hamburger con soia, spezie ed esaltatori di sapore o false salsicce riempite con ceci, lenticchie, piselli, succo di barbabietola o edulcoranti grazie alla possibilità di utilizzare nomi come “burger vegano” e “bistecca vegana”, bresaola, salame, mortadella vegetariani o vegani con l’unico limite di specificare sull’etichetta che tali prodotti non contengono carne.

“Una strategia di comunicazione subdola con la quale si approfitta deliberatamente della notorietà e tradizione delle denominazioni di maggior successo della filiera tradizionale dell’allevamento italiano con il solo scopo di attrarre l’attenzione dei consumatori, rischiando di indurli a pensare che questi prodotti siano dei sostituti, per gusto e valori nutrizionali, della carne e dei prodotti a base di carne”, evidenziano Roberto Moncalvo presidente di Coldiretti Piemonte e Bruno Rivarossa Delegato Confederale.

Il Piemonte, per quanto riguarda la carne, detiene il primato in Italia nella valorizzazione delle carni da razze storiche italiane e la zootecnia riveste un ruolo di grande importanza per il tessuto economico regionale. La filiera bovina conta 800 mila capi e circa 7 mila aziende, quella suina 1 milione e 200 mila capi per 3 mila aziende, quella ovina 122 mila capi per oltre 2 mila aziende, quella caprina più di 67 mila capi e oltre 3 mila aziende, quella avicola oltre 32 milioni di capi per 1158 aziende e quella cunicola oltre 2 milioni di capi e 110 aziende.

“La carne ed i prodotti a base di carne fanno parte della dieta tradizionale del territorio piemontese le cui ricette, tramandate nei secoli, appartengono di fatto al nostro patrimonio gastronomico italiano e permettere a dei mix vegetali di utilizzare la denominazione di« carne» significa favorire prodotti ultra-trasformati con ingredienti frutto di procedimenti produttivi molto spinti dei quali, oltretutto, non si conosce nemmeno la provenienza della materia prima visto che l’Unione Europea importa ogni anno milioni di tonnellate di materia prima vegetale da tutto il mondo – proseguono Moncalvo e Rivarossa -. L’emergenza globale provocata dal Coronavirus ha fatto emergere una consapevolezza diffusa sul valore strategico rappresentato dal cibo e sulle necessarie garanzie di qualità e sicurezza che vanno tutelate anche dall’utilizzo di nomi o definizioni fuorvianti per i consumatori in un momento così delicato per la vita delle famiglie e l’economia dell’Italia e dell’Europa”.

 Per contrastare le lobbies delle multinazionali che investono sulla carne finta, vegetale o creata in laboratorio le principali organizzazioni agricole europee hanno lanciato la campagna “Questa non è una bistecca”. Il marketing delle imitazioni può creare confusione sui valori nutritivi dei prodotti per questo il dibattito sulla denominazione della carne non è un attacco ai prodotti vegetali, ma è una battaglia per la corretta informazione al consumatore.

 

CALABRIA, IL PARLAMENTO EUROPEO DÀ IL VIA LIBERA A CARNE FINTA: E’ UN INGANNO

La stravaganza del Parlamento Europeo non finisce di stupire! Così il Presidente di Coldiretti Calabria Franco Aceto, commenta il voto del parlamento europeo sull’abolizione del divieto di definire carne qualcosa che non arriva dal mondo animale, ma che nasce invece da un mix di sostanze vegetali, spezie, coloranti ed esaltatori di sapore. Insomma – prosegue – si vuole introdurre sul mercato carne finta che inganna più di 9 italiani su 10 (93%) che non seguono un regime alimentare vegetariano o vegano”. I consumatori rischiano così di trovare sugli scaffali e di mettere nel carrello della spesa finti hamburger con soia, spezie ed esaltatori di sapore o false salsicce riempite con ceci, lenticchie, piselli, succo di barbabietola o edulcoranti grazie alla possibilità – evidenzia la Coldiretti – di utilizzare nomi come “burger vegano” e “bistecca vegana”, bresaola, salsiccie,salame, mortadella vegetariani o vegani con l’unico limite di specificare sull’etichetta che tali prodotti non contengono carne. “Una strategia di comunicazione subdola con la quale si approfitta deliberatamente della notorietà e tradizione delle denominazioni di maggior successo della filiera tradizionale dei nostri allevamenti con il solo scopo di attrarre l’attenzione dei consumatori, rischiando di indurli a pensare che questi prodotti siano dei sostituti, per gusto e valori nutrizionali, della carne e dei prodotti a base di carne”. La carne ed i prodotti a base di carne fanno parte della dieta tradizionale dei nostri territori e regioni – afferma la Coldiretti – le cui ricette tramandate nei secoli appartengono di fatto al patrimonio gastronomico italiano e permettere a dei mix vegetali di utilizzare la denominazione di carne significa favorire prodotti ultra-trasformati con ingredienti frutto di procedimenti produttivi molto spinti dei quali, oltretutto, non si conosce nemmeno la provenienza della materia prima visto che l’Unione Europea importa ogni anno milioni di tonnellate di materia prima vegetale da tutto il mondo. L’emergenza globale provocata dal coronavirus – sottolinea la Coldiretti – ha fatto emergere una consapevolezza diffusa sul valore strategico rappresentato dal cibo e sulle necessarie garanzie di qualità e sicurezza che vanno tutelate anche dall’utilizzo di nomi o definizioni fuorvianti per i consumatori in un momento così delicato per la vita delle famiglie e l’economia dell’Italia e dell’Europa. Per contrastare le lobbies delle multinazionali che investono sulla carne finta, vegetale o creata in laboratorio le principali organizzazioni agricole europee hanno lanciato la campagna “Questa non è una bistecca”. Il marketing delle imitazioni può creare confusione sui valori nutritivi dei prodotti – evidenzia la Coldiretti – per questo il dibattito sulla denominazione della carne non è un attacco ai prodotti vegetali, ma è una battaglia per la corretta informazione al consumatore. Una posizione condivisa dalla stessa Corte di giustizia europea che – sottolinea la Coldiretti – si è già pronunciata in passato sul fatto che “i prodotti puramente vegetali non possono, in linea di principio, essere commercializzati con denominazioni, come ‘latte’, ‘crema di latte’ o ‘panna’, ‘burro’, ‘formaggio’ e ‘yogurt’, che il diritto dell’Unione riserva ai prodotti di origine animale” anche se “tali denominazioni siano completate da indicazioni esplicative o descrittive che indicano l’origine vegetale del prodotto in questione”. Con la sola eccezione del tradizionale latte di mandorla italiano.

 

CREMONA, UE: IL VIA LIBERA ALLA CARNE FINTA INGANNA 9 ITALIANI SU 10

“La carne e i prodotti a base di carne fanno parte della dieta tradizionale dei nostri territori e regioni, le cui ricette tramandate nei secoli appartengono di fatto al patrimonio gastronomico italiano e permettere a dei mix vegetali di utilizzare la denominazione di carne, bistecca, hamburger, significa favorire prodotti ultra-trasformati con ingredienti frutto di procedimenti produttivi molto spinti. Dei quali, oltretutto, non si conosce nemmeno la provenienza della materia prima visto che l’Unione Europea importa ogni anno milioni di tonnellate di materia prima vegetale da tutto il mondo”. Con queste parole Paolo Voltini, presidente di Coldiretti Cremona e Coldiretti Lombardia, contesta il voto del parlamento europeo sull’abolizione del divieto di definire carne qualcosa che non arriva dal mondo animale, ma che nasce invece da un mix di sostanze vegetali, spezie, coloranti ed esaltatori di sapore.

Per Coldiretti “la carne finta inganna più di 9 italiani su 10 (93%) che non seguono un regime alimentare vegetariano o vegano”. Il dato emerge da un’analisi della prima organizzazione degli agricoltori su dati Eurispes, che evidenzia come “i consumatori rischiano di trovare sugli scaffali e di mettere nel carrello della spesa finti hamburger con soia, spezie ed esaltatori di sapore o false salsicce riempite con ceci, lenticchie, piselli, succo di barbabietola o edulcoranti”.

“Non è accettabile che si consenta di utilizzare nomi come “burger vegano” e “bistecca vegana”, bresaola, salame, mortadella vegetariani o vegani, con l’unico limite di specificare sull’etichetta che tali prodotti non contengono carne – prosegue Voltini –. Denunciamo questa strategia di comunicazione subdola, con la quale si approfitta deliberatamente della notorietà e tradizione delle denominazioni di maggior successo della filiera tradizionale dell’allevamento italiano. Così si danneggiano i nostri produttori e si ingannano i consumatori, rischiando di indurli a pensare che questi prodotti siano dei sostituti, per gusto e valori nutrizionali, della carne e dei prodotti a base di carne”.

L’emergenza globale provocata dal coronavirus – sottolinea la Coldiretti – ha fatto emergere una consapevolezza diffusa sul valore strategico rappresentato dal cibo e sulle necessarie garanzie di qualità e sicurezza che vanno tutelate anche dall’utilizzo di nomi o definizioni fuorvianti per i consumatori in un momento così delicato per la vita delle famiglie e l’economia dell’Italia e dell’Europa.

Per contrastare le lobbies delle multinazionali che investono sulla carne finta, vegetale o creata in laboratorio, le principali organizzazioni agricole europee hanno lanciato la campagna “Questa non è una bistecca”. Il marketing delle imitazioni può creare confusione sui valori nutritivi dei prodotti – evidenzia la Coldiretti – per questo il dibattito sulla denominazione della carne non è un attacco ai prodotti vegetali, ma è una battaglia per la corretta informazione al consumatore.

Una posizione condivisa dalla stessa Corte di giustizia europea che – sottolinea la Coldiretti – si è già pronunciata in passato sul fatto che “i prodotti puramente vegetali non possono, in linea di principio, essere commercializzati con denominazioni, come ‘latte’, ‘crema di latte’ o ‘panna’, ‘burro’, ‘formaggio’ e ‘yogurt’, che il diritto dell’Unione riserva ai prodotti di origine animale” anche se “tali denominazioni siano completate da indicazioni esplicative o descrittive che indicano l’origine vegetale del prodotto in questione”.

 

NOVARA–VCO E VERCELLI–BIELLA: BENE INTERVENTI SU MALTEMPO E FAUNA SELVATICA

Erano presenti anche i presidenti di Coldiretti Novara – Vco e Vercelli – Biella al Consiglio di Coldiretti Piemonte cui ha partecipato anche il Presidente della Regione Alberto Cirio e il vicepresidente Fabio Carosso. Focus dell’incontro, soprattutto, su due problematiche urgenti: i danni causati dal maltempo e quelli provocati dalla fauna selvatica.

“Durante l’incontro è stato chiesto che la Regione adotti urgenti misure straordinarie oltre alla definizione delle procedure per poter ripristinare i terreni alluvionati affinché le nostre imprese danneggiate possano almeno tentare di recuperare parte delle loro produzioni, oltre che le relative strutture. Dal comparto risicolo a quello zootecnico, da quello florovivaistico all’apistico, oltre alle infrastrutture, ai macchinari ed i terreni sommersi: i danni causati dal maltempo delle scorse settimane ammontano in tutto il Piemonte ad oltre 300 milioni di euro”, spiegano Baudo e Dellarole.

Da nord a sud del Piemonte, infatti, l’alluvione ha inondato migliaia di ettari di riso prossimo alla raccolta, ha allagato numerosi vivai facendo perdere la produzione delle piante in vaso e danneggiando quelle in piena terra, ha colpito le mandrie di bovini e ovicaprini provocando l’affogamento di oltre mille capi, ha devastato intere vallate e ha fatto perdere oltre 3 mila arnie.

“Abbiamo chiesto che una parte dei primi 10 milioni stanziati dalla Regione possa andare ai nostri imprenditori agricoli gravemente colpiti dal maltempo e che hanno già hanno vissuto le criticità legate al Coronavirus. E’ importante risistemare le malghe distrutte e la viabilità delle aree rurali, oltre a dare estrema priorità alla messa in sicurezza dei fiumi e dei torrenti con piani strategici e non con soli interventi d’emergenza, come anche è urgente ripristinare, entro la prossima primavera, il ponte-canale Cavour, fondamentale per l’irrigazione del territorio risicolo che si snoda tra le province di Vercelli, Novara e Pavia che altrimenti potrebbero rimanere senza acqua”, continuano i due presidenti.

Un altro tema importante sul quale si è cercato di porre attenzione è quello legata ai danni provocati dalla fauna selvatica: ancora troppi incidenti, dicono Baudo e Dellarole, l’ultimo anche mortale di due giovani sull’autostrada A26, che devono far riflettere e prendere tempestivi provvedimenti. “Abbiamo chiesto di prolungare eccezionalmente il periodo e i giorni di caccia, di potenziare il numero di guardie venatorie per l’attività di controllo, di occuparsi concretamente di coordinare il monitoraggio sui territori rispetto all’attuazione della caccia di selezione: non c’è tempo da perdere”.

In Italia ci sono diecimila incidenti stradali all’anno causati da animali selvatici e nel solo Piemonte negli ultimi 6 anni si sono registrati 7.000 incidenti causati dalla fauna selvatica con una media pari a circa 1.200 incidenti l’anno, con la tendenza ad aumentare.

 

PISTOIA, STRADE DI MONTAGNA ROTTE: NECESSARIO ACCELLERARE LAVORI

C’è bisogno di strade affidabili da subito sulla montagna pistoiese. Occorre il massimo impegno di tutti i soggetti coinvolti, accelerare i lavori programmati ed ottenere ulteriori risorse, per porre termine all’emergenza continua sulle strade della nostra montagna. Così Coldiretti Pistoia, dopo i disagi dei giorni scorsi relativi alla Cutigliano-Melo-Doganaccia e alla Strada provinciale 20.

Non sono importanti, e non interessano a Coldiretti, le dispute polemiche. Il dato di fatto condiviso da tutti è che c’è tanto lavoro da fare e con somma urgenza per migliorare la viabilità in montagna.

Il tempo è finito, perché il rischio (non accettabile) è l’isolamento di tanti piccoli presidi del territorio –continua Coldiretti- rappresentati da residenti e attività economiche commerciali, artigianali, agricole e agrituristiche che si sviluppano anche grazie a chi viene a visitare i nostri luoghi.

Coloro che vivono e lavorano in altura (in alcuni casi ben oltre i 1000 metri di quota) sono ‘custodi’ di un territorio difficile, lo fanno con consapevolezza e per scelta, ma, aziende agricole al pari di residenti e altre attività economiche non debbono necessariamente trasformarsi quotidianamente in eroi, spiega Coldiretti.

Oltretutto, ai problemi atavici della viabilità sulla montagna pistoiese, si aggiunge il perdurare dell’emergenza Covid che rende la vita in montagna ancora più complessa.

Una situazione grave, che pregiudica le tante iniziative e investimenti in montagna, commenta Coldiretti che ribadisce l’invito alle istituzioni coinvolte di mettere in pratica da subito tutte le strategie necessarie a risolvere i problemi.

 

ALESSANDRIA, STOP FIERE E SAGRE: KO IL MERCATO DI CASTAGNE, FUNGHI E TARTUFI

Un autunno senza sagre e feste di paese colpisce anche la provincia di Alessandria dove quasi 3 persone su 4 (73%) ogni anno partecipano a eventi enogastronomici e folkloristici organizzati per raccontare le bellezze del territorio e le sue tradizioni.

E’ quanto emerge da una analisi di Coldiretti/Ixè diffusa in occasione del varo delle nuove misure di contenimento necessarie per l’aggravarsi delle difficoltà causate dalla risalita dei contagi da Coronavirus.

Lo stop alle sagre colpisce le comunità locali e gli operatori ambulanti nell’alimentare ma anche gli acquisti di coloro che approfittano di questi eventi per rifornire le dispense di prodotti tipici con una spesa complessiva annuale stimabile, a livello nazionale, in 900 milioni.

“Sagre, fiere e mercati di paese sono, infatti, dedicate a ricorrenze storiche o religiose, ma soprattutto a prodotti tipici dell’enogastronomia locale che sono molto spesso al centro dei festeggiamenti che si concentrano proprio in autunno, dalle castagne ai funghi fino ai tartufi – afferma il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco -. Un momento conviviale alternativo che riguarda sia le località più turistiche, ma anche più spesso le aree interne meno battute dove si va a guardare, curiosare fra le bancarelle e magari anche acquistare qualcosa, spesso prodotti del territorio con lo street food che ha fatto segnare una vera e propria esplosione negli ultimi anni”.

Infatti, il 92% delle produzioni tipiche nazionali nasce proprio nei piccoli borghi italiani con meno di cinquemila abitanti, un patrimonio conservato nel tempo dalle imprese agricole con un impegno quotidiano per assicurare la salvaguardia delle colture agricole storiche, la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico e il mantenimento delle tradizioni alimentari.

“L’alternativa alle manifestazioni enogastronomiche cancellate dalla pandemia sono i mercati degli agricoltori dove – sottolinea il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Rampazzo – gli acquisti direttamente dal produttore sono un’occasione per conoscere non solo il prodotto, ma anche la storia, la cultura e le tradizione che racchiude dalle parole di chi ha contribuito a conservarne il patrimonio. Un segnale di attenzione al territorio, alla tutela dell’ambiente e del paesaggio che ci circonda, ma anche un sostegno all’economia e all’occupazione locale”.

Tra le più penalizzate dalla mancanza di fiere e sagre proprio le castagne, che quest’anno si presentano di qualità buona e dolce, senza particolari anomalie. In provincia di Alessandria le zone più vocate si trovano in Val Borbera, Acquese e Ovadese.

Nei mercati all’ingrosso si rilevano quotazioni nella media del periodo, che vanno da 2,50 a 4,50 euro/chilo a seconda del calibro con i prezzi tendono a raddoppiare al consumo.

Il rischio però è quello di trovarsi nel piatto, senza saperlo, castagne straniere provenienti soprattutto da Portogallo, Turchia, Spagna e dalla Grecia, considerato che le importazioni nel 2019 sono risultate pari a ben 32,8 milioni di chili di castagne, spesso spacciate per italiane, con forti ripercussioni sui prezzi corrisposti ai produttori.

“Da qui la richiesta di Coldiretti di assicurare più controlli sull’origine delle castagne messe sul territorio nazionale per evitare che diventino tutte, incredibilmente, tricolori – aggiungono Bianco e Rampazzo -. Ancora peggiore è la situazione dei trasformati, per i quali non vi è l’obbligo di etichettatura di origine e per le farine di castagne che, non avendo un codice doganale specifico, non è neppure dato a sapersi quante ne vengano importate”. Se non si vuole comunque correre il rischio di acquistare spesso a caro prezzo caldarroste straniere in vendita nel centro delle città, la Coldiretti invita i consumatori a prestare attenzione alla qualità e suggerisce di ricorrere a un più genuino fai da te casalingo per garantirsi un prodotto fresco, sicuro e a costi accessibili. Meglio allora frequentare i mercati degli agricoltori di Campagna Amica o quelle sagre che si potranno svolgere in questi giorni dove è possibile fare buoni acquisti di alta qualità oppure rivolgersi alle imprese agricole e riscoprire il gusto di partecipare nei boschi alla raccolta delle castagne.

Un patrimonio che continua a essere presente nelle tradizioni alimentari autunnali degli italiani da consumare in diversi modi: arrosto (dopo averle incise sul lato bombato metterle in una padella di ferro con il fondo forato e cuocerle o sul fuoco vivo o in forno per circa 30 minuti, dopo la cottura si consiglia di avvolgerle in un canovaccio umido); lesse (dopo averle lavate accuratamente, cuocerle in abbondante acqua salata per circa 40 minuti); cotte in latte e zucchero; usate per particolari ripieni, nella preparazione di primi piatti o elaborati secondi a base di carne.

 

Appuntamenti

 

ROVIGO: CAMBIA LOCATION IL MERCATO DI CAMPAGNA AMICA A OCCHIOBELLO

Giovedì 22 ottobre

Il mercato di Campagna Amica di Occhiobello cambierà posizione da giovedì 22 ottobre. Lo comunicano assieme il presidente provinciale di Coldiretti Carlo Salvan e il sindaco Sondra Coizzi. Il mercato si terrà tutti i giovedì dalle 8 alle 13. Dopo tanti anni in via Eridania, il mercato si sposta più in centro, in via Palladio, nella frazione di Santa Maria Maddalena. Al primo giorno nella nuova ubicazione saranno presenti, oltre al presidente provinciale Carlo Salvan, il presidente di zona Luca Malavasi, il presidente della sezione di Occhiobello Mosè Zanella e il presidente del consiglio comunale Matteo Corrain.

Il mercato dei produttori agricoli di Occhiobello nasce nel 2011, a seguito dell’invito da parte di Coldiretti a tutti i sindaci sul territorio nazionale di favorire l’apertura di spazi su area pubblica riservati agli agricoltori per la vendita diretta dei loro prodotti. Tramite la Fondazione Campagna Amica Coldiretti promuove il dialogo con i cittadini e realizza iniziative volte ad esprimere pienamente il valore e la dignità dell’agricoltura italiana, rendendo evidente il suo ruolo chiave per la tutela dell’ambiente, delle tradizioni e della cultura, della sicurezza alimentare, dell’accesso al cibo, dell’aggregazione sociale e del lavoro. Luoghi vocati alla trasmissione di questi valori sono i mercati dei produttori agricoli o farmer’s market di Campagna Amica, che a livello nazionale sono più di 400.

Con l’insediamento della nuova giunta comunale, lo scorso maggio, il comune di Occhiobello ha raccolto la richiesta da parte di cittadini di spostare il mercato di Campagna Amica nella frazione di Santa Maria Maddalena, più popolata e accessibile rispetto all’attuale ubicazione. Lo spostamento del mercato in via Palladio, che avverrà ufficialmente giovedì 22 ottobre, ha dato la possibilità di ampliare la gamma dei prodotti e dei produttori, considerato che se ne aggiungono quattro ai cinque già presenti. Al mercato sarà possibile acquistare ortofrutta di stagione, carne avicola, cunicola, di manzo e di suino, fresca e stagionata, uova, vino, olio d’oliva, miele, trasformati di frutta e verdura e molto altro ancora per una spesa competa, salutare ed equilibrata, che permette di affrontare il calo termico dovuto alla stagione fredda, contrastando l’inevitabile indebolimento del nostro organismo, che diventa più suscettibile alle infezioni e agli attacchi esterni.

 

CUNEO: AL VIA AL IL PRIMO MERCATO COPERTO DI CAMPAGNA AMICA NELLA GRANDA

Martedì 27 ottobre

È iniziato il conto alla rovescia per l’apertura del primo mercato coperto Campagna Amica della nostra Provincia. Il nuovo spazio contadino, per una vera spesa a Km zero dal campo alla tavola in piena sicurezza, sarà nel centro di Cuneo a due passi da piazza Galimberti, in Lungogesso Corso Giovanni XXIII, 15/bis.

Il progetto, realizzato da Coldiretti Cuneo in collaborazione con l’Associazione Agrimercato Cuneo e con il sostegno del Comune, nasce per arricchire l’offerta targata Campagna Amica in città. Tra pochi giorni, i cuneesi che già conoscono e apprezzano i prodotti Campagna Amica frequentando i nostri mercati, avranno un’opportunità in più per incontrare i produttori agricoli in una zona diversa, nel cuore della città.

Il nuovo mercato coperto verrà inaugurato martedì 27 ottobre 2020 alle ore 10.00 e sarà aperto due volte a settimana, il martedì e il sabato, in orario 8.00-14.00.

Ospiterà 15 produttori agricoli Campagna Amica da tutta la Provincia e non solo, per un’offerta quanto più variegata e completa a disposizione delle famiglie: ortofrutta di stagione (anche biologica), confetture, composte e altri trasformati ortofrutticoli, pane, uova, carne bovina e suina, polli, conigli, salumi di pecora, riso, latte, formaggi vaccini, formaggi di capra e di pecora, gelati, nocciole con i relativi prodotti trasformati, miele, vino e olio di oliva taggiasca.

“Lavoreremo affinché il mercato coperto, al fianco degli altri appuntamenti e punti vendita Campagna Amica – dichiara Roberto Moncalvo, Delegato Confederale di Coldiretti Cuneo – diventi un nuovo spazio partecipato e di socializzazione in cui fare acquisti di qualità nel segno della sicurezza, della tracciabilità, dell’italianità e della sostenibilità. Qui i cuneesi potranno affidarsi alla serietà e alla passione di produttori che ‘ci mettono la faccia’, raccontano i metodi di coltivazione, allevamento e trasformazione e danno utili suggerimenti sugli utilizzi delle materie prime in cucina. Così facendo, sosterranno anche l’economia del nostro territorio in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo”.

Per maggiori informazioni visitare il sito web https://cuneo.coldiretti.it