COMUNICATO STAMPA | Notizie dalle Federazioni

News La Forza del Territorio del 19 maggio 2020

20 Maggio 2020
News La Forza del Territorio del 19 maggio 2020

Primo piano

 

LAZIO

IL CORONAVIRUS AFFONDA LA PESCA: A RISCHIO POSTI DI LAVORO

Presidente Granieri: “La stop forzato della ristorazione è stato un duro colpo per il settore con la chiusura a cascata di pescherie e mercati ittici. Ad aggravare la situazione anche il crollo della domanda di pesce fresco per consumo casalingo”

Gli effetti del lockdown sono stati devastanti per il settore della pesca, anche a causa della chiusura prolungata dei ristoranti, molti dei quali non hanno riaperto per evitare sanzioni, in attesa di linee guida ancora più chiare. Altri ristoranti, invece, stanno valutando se sia il caso di affrontare i costi necessari alla riapertura, a fronte delle spese da sostenere. Su tutto questo pesa l’assenza dei turisti italiani e stranieri. Di fatto ad oggi si registra nei ristoranti un crollo dei consumi dell’80%, non solo per le mancate riaperture, ma anche per un drastico taglio delle forniture alimentari rispetto alla norma. E’ quanto emerge da una stima di Coldiretti sull’inizio della Fase 2 con la possibilità per gli italiani di tornare a mangiare fuori casa.

“La stop forzato che ha subito la ristorazione – spiega il presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri – è un duro colpo per il settore ittico che ha coinvolto anche la chiusura a cascata delle pescherie e dei mercati ittici all’ingrosso e alla produzione. Ad aggravare la paralisi del settore sono stati anche limiti agli spostamenti che hanno influito sul crollo della domanda di pesce fresco per consumo casalingo, con la nuova tendenza a fare la spesa ogni 2-3 giorni, per evitare di doversi recare spesso al supermercato. Cosa che accade ancora per evitare le lunghe file. Questo ha portato i consumatori ad orientarsi verso conservati e surgelati”.

In difficoltà anche gli oltre 800 allevamenti ittici diffusi lungo tutta la Penisola. Il consumo pro capite di pesci, molluschi e crostacei in Italia si aggira attorno ai 30 chili all’anno con la preferenza fuori casa accordata – rileva la Coldiretti – a polpo, vongole veraci, cozze da allevamento, seppia, tonno, astice, branzino, pesce spada e orata.

“Tra le opportunità che possiamo continuare a sfruttare – sostiene Granieri – c’è sicuramente la possibilità di vendita a domicilio e l’asporto  anche se non sufficiente ad aiutare il settore, soprattutto alla luce del crack turistico. In queste condizioni è necessario sostenere un settore sul quale pesa già un forte dipendenza dall’estero da dove viene l’80% del pesce consumato in Italia, anche per la mancanza dell’obbligo dell’indicazione di origine sui piatti consumati al ristorante che consente di spacciare per nostrani prodotti provenienti dall’estero che hanno meno garanzie rispetto a quello Made in Italy”. 

Nei mari italiani si pescano ogni anno circa 180 milioni di chili di pesce cui vanno aggiunti gli oltre 140 milioni di kg prodotti in acquacoltura, mentre le importazioni dall’estero hanno ormai superato il miliardo di chili.

“Le difficoltà della ristorazione – conclude Granieri – ha dunque un effetto a valanga sull’agroalimentare nazionale con il valore dei mancati acquisti in cibi e bevande per la preparazione dei menu. Oltre al pesce ad essere colpiti sono vino, birra, carne, frutta e verdura, ma anche salumi e formaggi di alta qualità, che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco”.

 

Dal territorio

 

UMBRIA, CORONAVIRUS: PREOCCUPA IL DEFICIT “STAGIONALI” IN AGRICOLTURA

È positiva la possibilità di riapertura delle frontiere italiane dal 3 giugno senza obbligo di quarantena ai cittadini europei, con l’avvio di un coordinamento a livello comunitario che possa incentivare i “corridoi verdi” per la libera circolazione degli stagionali agricoli all’interno dell’Unione Europea. È quanto afferma Coldiretti Umbria nel riferire le difficoltà di diverse aziende agricole nel reperire manodopera stagionale che solitamente contribuisce alle operazioni nelle campagne in questa fase.

Un problema – spiega Albano Agabiti presidente regionale Coldiretti – che riguarda nella nostra regione lavoratori stagionali europei ed extraeuropei, che contribuiscono a trapianti e raccolta di frutta, ortaggi, tabacco, ma importanti anche per la vendemmia, per la raccolta delle olive e nel comparto zootecnico.

La conferma arriva da Adriano Birelli titolare di un’azienda ortofrutticola a Tuoro sul Trasimeno. Di solito da aprile per le operazioni di trapianto ed in seguito da giugno per la raccolta di pomodori, meloni, insalate, zucchine, melanzane – sottolinea Birelli – utilizziamo lavoratori romeni e marocchini, ma al momento quelli con cui collaboriamo non sono ancora rientrati e questo ci sta causando non poche difficoltà; c’è preoccupazione inoltre anche per le operazioni di trapianto di luglio delle produzioni invernali, che richiedono almeno un minimo di esperienza.

Un problema lamentato – aggiunge Coldiretti – pure nel comparto tabacchicolo, come riferito da alcune aziende di Città di Castello: non poter contare sui soliti collaboratori stranieri, si traduce in difficoltà e costi maggiori sia nel reperire che per formare nuove professionalità.

Per contribuire a colmare il gap di manodopera, su sollecitazione della Coldiretti sono stati prorogati fino al 31/12 i permessi di soggiorno per lavoro stagionale in scadenza ed è stato ottenuto nel decreto Cura Italia che le attività prestate dai parenti e affini fino al sesto grado non costituiscono rapporto di lavoro nè subordinato nè autonomo, a condizione che la prestazione sia resa a titolo gratuito.

Ma oltre ad agevolare il ritorno degli stagionali comunitari ed extracomunitari in Italia – conclude Agabiti – occorre anche una radicale semplificazione del voucher “agricolo” che possa ridurre la burocrazia e consentire a percettori di ammortizzatori sociali, studenti e pensionati italiani lo svolgimento dei lavori nelle campagne in un momento in cui scuole, università e molte attività economiche sono rallentate e tanti lavoratori sono in cassa integrazione.

 

BASILICATA, FASE 2: DA COLDIRETTI UN ULTERIORE SERVIZIO ALLE IMPRESE

Si chiama “Progetto agricoltura sicura” l’iniziativa di Coldiretti Basilicata e  Ingest, la  società leader nel risk assessment in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, pensata per fornire agli imprenditori agricoli le indicazioni necessarie per recepire nelle proprie attività  le previsioni del DPCM del 26/04/2020 finalizzato alla predisposizione di un Piano Anticontagio Aziendale. Cinque le fasi che compongono il progetto che si avvarrà del supporto di una  “commissione di esperti Covid-19” in agricoltura istituita presso  l’Ufficio di Direzione di Coldiretti Basilicata con l’obiettivo di promuovere e verificare l’adozione di procedure e buone pratiche. La prima fase, denominata Safety check Covid-19, prevede la compilazione per ogni azienda agricola di un questionario dedicato con lo scopo di acquisire ogni utile informazione. Lo step successivo, definito   ‘dimensionamento misure contenimento’ servirà a definire qualitativamente e quantitativamente le misure anticontagio da adottare. Poi la terza fase dedicata alla predisposizione del piano anticontagio vero e proprio seguendo i contenuti dei protocolli di sicurezza condivisi. Il quarto step riguarderà l’organizzazione di corsi di formazione per i lavoratori, sia a distanza che in presenza, ove possibile. La quinta ed ultima fase prevede infine l’attivazione di sopralluoghi in azienda per verificare la corretta adozione delle misure da parte del Comitato Territoriale di Verifica Covid-19. L’iniziativa si inserisce nel solco della proficua collaborazione decennale avviata tra la società Ingest e la Coldiretti Basilicata imperniata sull’attività di promozione della cultura sulla sicurezza nei luoghi di lavoro attraverso convegni, seminari , tavoli tecnici ed attività di informazione e formazione. “ Il periodo di emergenza sanitaria connessa alla pandemia da SARS-CoV-2  – ha commento il presidente di Coldiretti Basilicata, Antonio Pessolani – ha portato alla necessità di  adottare importanti azioni contenitive che hanno richiesto, fra l’altro, la sospensione temporanea di  numerose attività produttive, seppur il settore agricoltura è stato considerato strategico e per tutto il periodo della fase di chiusura delle altre attività è rimasto attivo. Con l’apertura totale degli altri settori verranno promulgate nuove misure di prevenzione  per scongiurare nuove forme di contagio da coronavirus.  Le misure contenitive che hanno riguardato il mondo del lavoro si sono rese necessarie per ridurre le  occasioni di contatto, fermo restando quanto previsto dai DPCM vigenti, saranno promulgate procedure  specifiche sulla base delle attività produttive”. 

 

SICILIA, FASE 2: CON RISTORANTI RIAPERTI SI TORNA BRINDARE CON IL VINO DELL’ISOLA

L’attesa riapertura di ristoranti, trattorie, osterie, agriturismi, cantine e bar riattiva un canale naturale di vendita anche del vino che sempre di più conquista anche i giovani. Lo rileva Coldiretti Sicilia sottolineando che la Sicilia negli ultimi 15 anni ha fatto dei passi da gigante risultando oggi è la quarta regione italiana per produzione di vino, con circa 4,3 mln ettolitri (circa il 9% del vino italiano). Di questi – sottolinea ancora Coldiretti  citando lo studio Unicredit diffuso in occasione dell’edizione 2020 di “Sicilia en Primeur” ,l’81% è vino di qualità (IGP 53% + DOP 28%), ulteriore conferma del percorso di crescita della Sicilia, spinto da un approccio fortemente orientato alla qualità.  

A pesare anche sul comparto del vino siciliano – precisa ancora Coldiretti Sicilia – è stato il lockdown del consumo fuori casa con anche l’azzeramento del flusso turistico che non sono stati compensati dall’aumento delle vendite nei supermercati dove l’offerta è più orientata a prezzi bassi su prodotti di più largo consumo.

Iva agevolata e un credito di imposta per i crediti inesigibili derivanti dalla crisi Covid -19 sono alcune delle proposte formulate dalla Coldiretti che è impegnata nella campagna #iobevoitaliano per promuovere gli acquisti. Ma serve anche sostenere con massicci investimenti pubblici e privati la ripresa delle esportazioni con un piano straordinario di comunicazione sul vino che – sostiene la Coldiretti siciliana – rappresenta da sempre all’estero un elemento di traino per l’intero Made in Italy, alimentare e non.

La Coldiretti ha presentato al Governo il piano salva vigneti con il quale, attraverso la distillazione volontaria, si prevede di togliere dal mercato almeno 3 milioni di ettolitri di vini generici da trasformare in alcol disinfettante per usi sanitari. La misura avrebbe inoltre l’importante effetto di favorire l’acquisto di alcol italiano che sugli scaffali è stato il prodotto che ha registrato il maggior incremento di vendite che sono praticamente triplicate secondo Iri, ma anche di ridurre le eventuali eccedenze produttive. Il piano della Coldiretti prevede anche la vendemmia verde su almeno 30.000 ettari per una riduzione di almeno altri 3 milioni di ettolitri della produzione sui vini di qualità in modo da evitare un eccesso di offerta, considerate le conseguenze della pandemia sui consumi internazionali.

 

LOMBARDIA, GIORNATA API: GIÙ DEL 20 PER CENTO LA RACCOLTA DI MIELE IN LOMBARDIA

Un calo del 20% rispetto alla media per effetto dell’andamento climatico che, dopo un inverno caldo e siccitoso, ha visto una primavera in cui non sono mancati bruschi abbassamenti di temperatura. È quanto emerge dal monitoraggio della Coldiretti regionale sulle prime produzioni di miele in Lombardia, elaborato in occasione della giornata mondiale delle api che si festeggia il 20 maggio dopo essere stata istituita dall’Onu nel 2018.

La situazione sul territorio è a macchia di leopardo – precisa la Coldiretti Lombardia –: laddove le gelate hanno intaccato le piante la produzione è limitata, così come nelle zone in cui piogge e temporali nei giorni scorsi hanno “fermato” le fioriture, mentre in altre aree la situazione è più positiva. A fronte di un calo medio del 20% rispetto a una stagione normale – continua la Coldiretti regionale – gli apicoltori segnalano, però, in questa fase iniziale una ripresa delle produzioni rispetto all’annata nera dello scorso anno, funestata dalle bizze del tempo.

In Lombardia sono presenti circa 160 mila alveari, custoditi da oltre 6000 appassionati tra professionisti e hobbisti, che producono miele, propoli, cera e altri derivati. In generale – precisa la Coldiretti – una singola ape visita in media circa 7000 fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele. Tre colture alimentari su quattro dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api; tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni, secondo la Fao.

In Italia – spiega la Coldiretti – esistono più di 60 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino. Nelle campagne italiane – conclude la Coldiretti – ci sono 1,5 milioni gli alveari curati da sessantamila apicoltori di cui circa 2/3 produce per autoconsumo.

 

SARDEGNA, PRIMO DOSSIER VINO SULLE CONSEGUENZE DELL’EMERGENZA COVID

Gli oltre due mesi di lockdown sono costati cari al settore vitivinicolo sardo che ha ridotto le vendite di circa il 70%, con punte del 100%, in quantità rispetto all’anno precedente (65% in valore) e ne prevede il 65% per i prossimi sei mesi.

E’ quanto emerge dal primo Dossier in tempo di Covid sul settore elaborato da Coldiretti Sardegna, frutto di un report approfondito su un campione significativo di cantine, 52, distribuite uniformemente su tutto il territorio regionale di dimensioni variabili, espressione di una produzione di 193.463 ettolitri di vino (oltre il 55% del totale prodotto nell’Isola nella annata 2019) e circa 21 milioni di bottiglie.

“È un’indagine dal basso con le aziende protagoniste – spiega il presidente di Coldrietti Sardegna Battista Cualbu – che consente di avere una radiografia del settore vitivinicolo dopo l’esplosione del Coronavirus e l’adozione delle limitazioni da parte del Governo. Ne emerge un quadro completo, con produzioni e mercati di rifermento, perdite dovute al lockdown per concludersi con le proposte sugli strumenti da adottare per attutire il pesante colpo e poter ripartire”.   

I  Numeri. Il Coronavirus sta costando caro alla viticoltura sarda, uno dei settori più dinamici e innovativi della nostra agricoltura che seppur rappresenti circa l’1,5% della produzione italiana (prima produttrice al mondo di vino) si distingue per l’altra qualità del vino, con circa l’80% della produzione a marchio Doc e Igp.

E’ uno dei settori agricoli più colpiti dall’emergenza sanitaria del secolo dovuta soprattutto alla chiusura di uno dei mercati di riferimento, l’Horeca, ed in generale dall’isolamento forzato delle persone, fattore antagonista del consumo del vino che nella nostra cultura si ama bere in compagnia.

I Mercati. Dal report di Coldiretti Sardegna emerge che il 47% del mercato di riferimento del vino sardo è rappresentato dal settore HoReCa, cui segue il canale delle enoteche e wine bar (20%), della vendita diretta (17%) e della GDO (16%).

Principali mercati di riferimento in termini di valore ultimi 3 anni (%)

HORECA:

47%

GDO:

16%

Enoteche/wine bar 

20%

Vendita diretta

17%

 

L’area geografica di riferimento per le vendite è principalmente il mercato isolano (56%), seguito dal mercato nazionale continentale (23%).

Aree geografiche di riferimento in termini di valore ultimi 3 anni (%)

Sardegna

56 %

Continente Italiano

23 %

Paesi Europei

11 %

Paesi Extra Ue (specificare sotto)

10 %

 

Il Crollo. Le perdite per i mesi di lockdown rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente è del 68% in bottiglie e del 65% in valore, maggiormente accentuato nelle aziende che si rapportano principalmente con il canale HoReCa dove si registrano cali del 90% e 100%.

Buie sono anche le previsioni per i prossimi sei mesi, anche se difficilmente determinabili in quanto legate all’andamento del virus e alle decisioni che saranno assunte dal Governo Italiano e Regionale in particolare per il periodo delle ferie estive. Le aziende, infatti, stimano, per i prossimi sei mesi perdite di circa il 64% rispetto allo stessi mesi del 2019.

 

Tipologia

Riduzione % vendite

marzo 2020

Previsione riduzione % vendite Apr – Set. 2020

DOC/DOCG Rossi

68%

64%

DOC/DOCG Bianchi

65%

64%

IGT Rossi

64%

61%

IGT Bianchi

60%

58%

Vini da tavola rossi

63%

61%

Vini da tavola bianchi

60%

60%

 

Le Soluzioni. Intervistate sulle possibili soluzioni da adottare per resistere all’emergenza economica, le proposte delle aziende coinvolte nell’indagine si possono sintetizzare in richiesta di liquidità, meno burocrazia e conseguente velocità nell’attuazione degli interventi e promozione dei vini nei mercati interni ed esteri.

La misura maggiormente attesa dalle aziende è sicuramente quella che garantisce immediata liquidità con strumenti finanziari a tassi ridotti o azzerati per far fronte ai minori o mancati incassi e alle spese che le aziende stanno sostenendo per le attività colturali in vigna e per programmare la nuova annata ormai alle porte.

Ma chiedono anche aiuti a fondo perduto e l’accelerazione nella spesa dei fondi comunitari e regionali per le domande di sostegno già presentate per diverse annualità. Ma chiedono pure investimenti per migliorare i trasporti e la mobilità da e per la Sardegna sia delle persone che delle merci, oltre a programmi di promozione dei vini sui mercati esteri ed interni e sul turismo.

“Anche in questo momento cosi difficile in cui la viticoltura è messa a dura prova, i vignaioli si dimostrano maturi e lucidi dando uno spaccato della crisi dovuta all’emergenza e proponendo delle soluzioni finalizzate al mercato con aiuti diretti ed indiretti – afferma il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba -.  Ciò che chiediamo alla Regione, insieme alle aziende attraverso il report che abbiamo presentato, è sburocratizzazione e immediatezza nell’attualizzare gli interventi per non vanificare un lavoro importante portato avanti negli ultimi decenni, che grazie agli investimenti e all’innovazione ci hanno consentito di ritagliarci una fetta di mercato, sebbene piccola, di altissima qualità”.

Proposte Coldiretti Sardegna. “Alla Regione – spiega il presidente Batista Cualbu – stiamo presentando un pacchetto di interventi di 8 milioni di euro necessari per non perdere fette importanti di mercato, non deprezzare il prodotto e garantire allo stesso tempo le condizioni minime per poter programmare e lavorare nella prossima annata”

Le proposte sono di maggiori fondi per il Pns investimenti; l’integrazione cospicua dei fondi per la distillazione rispetto a quelli previsti dal Governo, da destinare a circa il 30% dei vini bianchi e rosati consentendo di svuotare le cisterne da utilizzare nella imminente nuova annata, non far crollare il prezzo con le sovrapproduzioni e allo stesso tempo sperimentare anche un alcool 100% sardo; aumentare la percentuale di taglio consentita oltre il 15% dando la possibilità alle cantine di riversare nella nuova annata parte del prodotto invenduto a causa del Covid; il pegno rotativo per affinamento dei vini e una campagna di comunicazione per promuovere il vino nei mercati esteri e locali. 

 

VENETO, GIORNATA API: IN CALO LA PRODUZIONE DI MIELE IN VENETO

Il Veneto offre una vasta offerta di produzione di miele che va da quello Dolomiti Bellunesi Dop fino al miele di Barena e del Delta del Po’, quest’ultimi sigilli di Campagna Amica. Ci sono anche i classici di acacia, millefiori, di castagno (più scuro e amarognolo), di tiglio, di melata, fino ai mieli aromatici alla lavanda, timo e rosmarino. Una ricchezza naturale frutto del lavoro di milioni di api, quest’anno uscite dalle arnie in anticipo per le fioriture spontanee primaverili ma anche vittime dei cambiamenti climatici e dagli sbalzi di temperatura che hanno provocato brine a marzo.  E’ quanto rileva un monitoraggio di Coldiretti nella giornata mondiale delle api indetta dall’Onu che si festeggia il 20 maggio di ogni anno. “Sul territorio regionale gli apicoltori rilevano una situazione a macchia di leopardo – precisa Coldiretti Veneto – con un calo di produzione in alcune zone ma anche di ripresa positiva rispetto all’anno scorso”. In tutta Italia la produzione è compromessa con crolli in generale fino all’80% rispetto alla media per effetto dell’andamento climatico anomalo con una grave siccità che ha ridotto le fioriture e stressato le api.

Le difficoltà delle api – sottolinea la Coldiretti – sono un pericolo grave per la biodiversità considerato che sono un indicatore dello stato di salute dell’ambiente e servono al lavoro degli agricoltori con l’impollinazione dei fiori. In media una singola ape – precisa la Coldiretti – visita in genere circa 7000 fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele. 3 colture alimentari su 4 dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api, tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni secondo la Fao.

“L’attenzione all’insetto utile è dimostrato da iniziative locali promosse dalle amministrazioni comunali come Arcugnano nel vicentino, Fregona nel trevigiano e tante altre che sostengono la coltivazione della facelia, la pianta salva api che oltre a richiamarle completa la bellezza del paesaggio. “Un’idea che è diventata esperienza pilota – commenta Chiara Bortolas responsabile regionale di Donne Impresa – tanto che ci sono esempi in ogni provincia dove proprio la presenza delle imprenditrici agricole di Coldiretti è strategica in questo senso. La distesa viola cattura l’attenzione ed è motivo anche di indotto turistico e attenzione alla biodiversità”.Per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità occorre verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica” consiglia la Coldiretti. Il miele prodotto sul territorio nazionale dove non sono ammesse coltivazioni Ogm (a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina) è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. La parola Italia deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta – continua la Coldiretti – deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della CE”, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della CE”.

 

PUGLIA, GIORNATA MONDIALE API: TUTELARE SETTORE DINAMICO +62% AZIENDE IN PUGLIA

Necessaria la modifica sostanziale della legge sull’apicoltura, perché serve una stretta normativa per tutelare un settore che ha mostrato in Puglia grande dinamismo con un aumento del 61,5% delle aziende che producono miele. E’ quanto chiede Coldiretti Puglia in occasione della giornata mondiale delle api che si celebrerà domani 20 maggio, per gli effetti del maltempo con il crollo dell’80% della produzione di miele per le gelate che hanno bruciato i fiori dei ciliegi.

“L’andamento climatico siccitoso senza tregua a partire da febbraio e aggravatosi nelle ultime settimane, seguito da gelate e nevicate nella seconda decade di marzo che hanno arrecato gravi danni ai ciliegeti e un aprile particolarmente capriccioso caratterizzato da vento, pioggia e sbalzi termici, non ha consentito alle api neanche di trovare nettare sufficiente da portare nell’alveare. La tropicalizzazione del clima, ormai una costante in Puglia, fa perdere tra il 30% e il 40% di miele ogni anno”, denuncia Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia. L’inverno bollente e la pazza primavera – sottolinea Coldiretti Puglia – hanno creato gravi problemi agli alveari con il maltempo che ha compromesso molte fioriture e le api che non hanno la possibilità di raccogliere il nettare. Il poco miele che sono riuscite a produrre- spiega la Coldiretti – se lo mangiano per sopravvivere.

“In Puglia il settore ha mostrato un grande dinamismo negli ultimi 10 anni, nonostante il difficile andamento climatico che ha determinato il crollo della produzione di miele ‘made in Italy’, mentre il mercato è letteralmente invaso da prodotto straniero, falsamente etichettato come miele che subisce fermentazioni, pastorizzazione, ultrafiltrazione, aggiunto a miscelazione di pollini, “taglio” con zuccheri quali quello derivato dal riso”, insiste il presidente Muraglia.

Per essere certi di portare in tavola miele ‘made in Italy’ occorre verificare – consiglia Coldiretti – con attenzione l’origine in etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica.

“Non abbiamo mai vissuto una situazione cosi critica – denuncia Daniela Margarito, referente del settore apistico di Coldiretti Puglia – le api sono stressate dai continui sbalzi termini, dalla siccità e dai repentini nubifragi. E’ un problema che vivono ormai ogni anno. La sofferenza delle api è uno degli effetti dei cambiamenti climatici in atto che sconvolgono la natura e si manifestano con la più elevata frequenza di eventi estremi con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo”.

In quasi 10 anni, nonostante il clima pazzo, sono aumentate del 61,5% le aziende che in Puglia producono miele, un trend positivo che, eccezion fatta per Brindisi che non ha segnato alcun aumento, interessa tutte le province pugliese, con punte del 63,3% a Foggia e del 90% a Lecce, secondo quanto rileva Coldiretti Puglia sulla base dei dati della Camera di Commercio di Milano.

Rilevanti sono le importazioni dall’estero con quasi la metà di tutto il miele estero in Italia arriva da due soli paesi Ungheria con oltre 11,3 milioni di chili e la Cina con 2,5 di chili ai vertici per l’insicurezza alimentare, conclude Coldiretti.

 

LIGURIA, FASE 2: LA GUERRA ALLA BILANCIA SI COMBATTE A TAVOLA

Dopo due mesi trascorsi tra cucina e salotto, con possibilità di fare attività fisica molto ridotta a causa dal lockdown, scatta la guerra alla bilancia da combattere riprendendo le sane abitudini di moto, sempre in sicurezza, e un regime alimentare più equilibrato: le imprese agricole del territorio e i mercati contadini, che hanno ripreso l’attività in quasi tutti i comuni regionali, rappresentano un importante punto di riferimento per i consumatori alla ricerca di prodotti sani e genuini del territorio.

E’ quanto afferma Coldiretti Liguria per l’avvio della fase 2, che nella nostra regione prevede la riapertura, in sicurezza di palestre, piscine, parchi e soprattutto dei mercati, dove le attività legate al food agricolo rappresentano un importante riferimento per i cittadini attenti alla dieta e al territorio.

La perdita di peso, anche in vista dell’estate ormai alle porte, diventa un obiettivo prioritario per il 47% degli italiani (secondo Coldiretti/Ixe’), mentre nei mesi trascorsi ad accompagnare un aumento della sedentarietà c’è stato un vero e proprio boom del cosiddetto “comfort food” ricco di calorie con un gran quantitativo di zuccheri, grassi e carboidrati: +150% farine e semole, +14% pane, crackers e grissini, +7% pasta e gnocchi, +38% impasti base e pizze, +13% dolci, +24% primi piatti pronti oltre al +37% di olio semi usato per fritture di ogni tipo, dolci e salate nel periodo compreso tra il 16 marzo ed il 12 aprile a livello nazionale, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Gli stand agricoli sono fondamentali per rifornire le dispense degli italiani di frutta, verdura, formaggi, carne, pesce mentre lo street food, soprattutto agricolo ed ittico, ha fatto segnare una vera e propria esplosione negli ultimi anni. 

“Il regime alimentare di recupero dopo il lockdown – affermano il Presidente di Coldiretti Liguria Gianluca Boeri e il Delegato Confederale Bruno Rivarossa –  riguarda un Paese come l’Italia dove più di un terzo della popolazione italiana adulta è in sovrappeso, mentre una persona su dieci è obesa (9,8%) con il 45,1% di persone dai 18 anni in avanti in eccesso ponderale secondo l’Istituto superiore di sanità.

Un aiuto in questa stagione viene dalla grande disponibilità di frutta e verdura ligure, dalle zucchine trombetta alle insalate, dagli asparagi alle fragole, che garantiscono inoltre una riserva naturale di vitamine consigliata anche dall’ISS. Quindi bene l’organizzazione della riapertura in sicurezza dei mercati contadini di Campagna Amica Liguria, che stanno tornando all’attività in quasi tutti i comuni laddove presenti prima della pandemia, e dove il consumatore potrà trovare tutto il necessario per preparare le proprie ricette, dalla frutta alla verdura, dall’olio DOP Riviera Ligure alle uova e molto altro ancora. Per non cadere nell’inganno dei prodotti importati spacciati per Made in Italy consigliamo sempre di verificare l’origine nazionale in etichetta e privilegiare gli acquisti direttamente presso le imprese locali o nei mercati contadini, dove i prodotti sono più freschi e durano di più, sostenendo inoltre con il proprio acquisto l’economia del territorio e l’occupazione”.

 

PIEMONTE, LATTE: INACCETTABILI STRUMENTALIZZAZIONI LUNGO LA FILIERA

“Finalmente, a seguito delle nostre costanti richieste, sono stati resi pubblici i dati delle importazioni di latte e alla luce di quanto è emerso dall’analisi sono ancor più inaccettabili le distorsioni sui prezzi, lungo la filiera, messe in atto dall’agroindustria e dai caseifici piemontesi”, commentano Roberto Moncalvo Presidente di Coldiretti Piemonte e Bruno Rivarossa Delegato Confederale a seguito del tavolo latte riunitosi in videoconferenza con la Regione.

Il Piemonte è tra le prime regioni, a livello nazionale, per la produzione di latte con 10 milioni di quintali annui, circa 2000 aziende produttrici tra le più professionali al mondo e 51 specialità di formaggi. Le importazioni di latte sfuso, cagliate, latte in polvere, crema di latte e…avvengono soprattutto dal Belgio, Germania, Francia ed Olanda ed arrivano, trasformando tutti i dati in quintali di latte equivalente, ad essere pari a circa il 50% della produzione piemontese. 

“In un momento di crisi, come quello che si è venuto a creare per l’emergenza sanitaria, non è certo stato un atto responsabile quello messo in atto da una parte dell’agroindustria piemontese che, invece di valorizzare le nostre produzioni e rivolgersi ai caseifici del territorio, ha continuato ad importare dall’estero. Per questo riteniamo che tali aziende agroindustriali non vadano incluse in eventuali aiuti regionali destinati alla filiera lattiero-casearia. I nostri allevatori – concludono Moncalvo e Rivarossa – hanno garantito, anche durante questa fase così delicata, ai consumatori il cibo a tutela del #MangiaItaliano e ora i loro sforzi non possono essere vanificati e non giustamente remunerati da azioni irresponsabili e scorrette da parte di determinate agroindustrie che non credono nel valore della filiera Made in Piemonte. E’ urgente, quindi, che l’assessore Protopapa prenda una posizione netta verso quei caseifici che hanno abbassato il prezzo de latte immotivatamente ai produttori, venendo meno a quel patto che proprio l’assessore stesso aveva lanciato, su nostra sollecitazione, tra gli attori della filiera e che avrebbe dovuto garantire per almeno tre mesi, da aprile a giugno, le stesse condizioni economiche della scorsa stagione”.

 

ORISTANO, GIORNATA MONDIALE DELLE API: CROLLA FINO ALL’80% LA RACCOLTA MIELE

La produzione di miele Made in Italy crolla fino all’80% rispetto alla media  causa  il clima anomalo, con una grave siccità, che ha compromesso le fioriture e stressato le api. Il monitoraggio della Coldiretti in occasione della giornata mondiale delle api, che si festeggia il 20 maggio a livello mondiale,  evidenzia  dati  preoccupanti per il comparto.

Allarme ambientale – Un inverno caldo e siccitoso con le gelate  primaverili –   sottolinea Giovanni Murru presidente provinciale di  Coldiretti Oristano – hanno creato serie difficoltà agli alveari. Le api hanno scarse  possibilità di raccogliere il nettare e il poco miele   prodotto lo utilizzano come alimento. Una situazione comune in tutta la Penisola con aree  dove comunque si riscontrano  produzioni  più elevate  rispetto allo scorso anno.

La presenza delle api rappresenta un indicatore rilevante dello stato di salute dell’ambiente – prosegue il dirigente Coldiretti –  La loro opera è fondamentale  per la  primaria funzione di salvaguardia  della biodiversità  e nel lavoro degli agricoltori con l’impollinazione delle colture ortofrutticole e sementiere.  Si calcola che una singola ape  visita in genere circa 7000 fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele.  Secondo la FAO, 3 colture alimentari su 4 dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api, tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, le angurie ed i meloni.  Una situazione che va monitorata con attenzione.

A rischio anche  la produzione del miele.

I numeri – In Italia il raccolto potrebbe essere anche peggiore del 2019  con  una produ¬zione nazionale di appena 15 milioni di chili, a fronte di un quantitativo di quasi 25 milioni di chili importato dall’ estero  durante l’anno. Secondo elaborazioni Coldiretti (su dati Istat)  si evidenzia che il 40% arriva dall’Ungheria e oltre il 10% dalla Cina. Quasi 2 barattoli di miele su tre sono stranieri. In Italia   esistono più di 60 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia, di cardo, di  eucaliptus, al millefiori ( tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno e corbezzolo (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino. Nelle campagne italiane sono 1,5 milioni gli alveari curati da 60.000 apicoltori, di cui circa 2/3 produce per autoconsumo.

I numeri della Sardegna confermano il trend dei dati nazionali. Anche nell’ Isola le api vivono un periodo difficile dovuto ai cambiamenti climatici e alle inquinanti attività umane. I dati del censimento annuale della Banca Dati Apistica indicano come in Sardegna operano 1767 apicoltori, 939 in autoconsumo (al di sotto dei 10 alveari  come previsto dalla L.R. n. 19 del 24 luglio 2015) e 828   professionali per un totale di  66.773 alveari.

Per Orlando Oliva dell’ Azienda Agricola Monte Arci, apicoltore professionale di Marrubiu, segretario della Associazione regionale Apiaresos ( che aggrega numerosi apicoltori ), nonché presidente della’ Associazione Agri mercato Campagna Amica Oristano, l’ annata 2020 per l’ apicoltura sarda è iniziata davvero male. Un inverno molto caldo e una primavera siccitosa – afferma –  rappresentano fattori climatici che hanno portato a una scarsa secrezione  nettarifera e conseguente riduzione  dei raccolti primaverili che , in molte zone, si stima possa sfiorare l’80%. L’ ennesima mazzata per gli apicoltori sardi – ribadisce polemicamente Oliva – che attendono ancora gli aiuti per la siccità 2017 , promessi e ancora fermi al palo.

Occhio alle etichette – E’ l‘ invito di Orlando Oliva ai consumatori. I prodotti provenienti dall’estero sono spesso di bassa qualità – afferma – Consumiamo mieli sardi e nazionali che rappresentano garanzia di qualità, verificando l’origine in etichetta o rivolgendosi direttamente ai produttori, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica. Aggiungasi che il miele prodotto sul territorio nazionale  è “Ogm Free” (a differenza ad esempio di quello   Cinese), riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. Attenzione alla indicazione “Italia” che  deve essere  presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale. Nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta  deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE. Se invece proviene da Paesi extracomunitari deve contenere la scritta “miscela di mieli non originari della CE”, mentre, se si tratta di un mix, va scritto “miscela di mieli originari e non originari della CE”.

 

BRESCIA, GIORNATA API: INIZIO DI STAGIONE PROMETTENTE A BRESCIA

“La stagione procede discretamente, le temperature sono perfette per le api che, sia in montagna sia in pianura stanno bene, per il momento è tutto sotto controllo e la previsione per la produzione di miele d’acacia segna un +20 % rispetto all’anno scorso”. Con queste parole Edoardo Mombelli, apicoltore di Quinzano d’Oglio (BS) che insieme alla moglie Ilenia gestisce 250 alveari, racconta una condizione positiva del settore apistico in provincia di Brescia che, grazie al clima particolarmente favorevole e all’assenza di gelate invernali, potrebbe dare risultati positivi ad un comparto che l’anno scorso ha sofferto molto.

Questo in controtendenza con la situazione al livello lombardo – precisa Coldiretti regionale -, che segna un  calo del 20% rispetto alla media per effetto dell’andamento climatico che, dopo un inverno caldo e siccitoso, ha visto una primavera in cui non sono mancati bruschi abbassamenti di temperatura. È quanto emerge dal monitoraggio di Coldiretti relativo alle prime produzioni di miele in Lombardia, elaborato in occasione della giornata mondiale delle api, che si festeggia il 20 maggio dopo essere stata istituita dall’Onu nel 2018.

La situazione sul territorio è a macchia di leopardo – precisa Coldiretti – laddove le gelate hanno intaccato le piante la produzione è limitata, così come nelle zone in cui piogge e temporali nei giorni scorsi hanno “fermato” le fioriture.

In provincia di Brescia sono presenti circa 119 imprese per un totale di circa 30 mila alveari, custoditi da oltre 1.000 appassionati tra professionisti e hobbisti, che producono oltre 300 mila tonnellate di miele, propoli, cera e derivati. “La situazione favorevole di quest’anno – precisa Massimo Albano, direttore di Coldiretti Brescia – rappresenta un sollievo per le imprese apistiche che hanno sofferto molto la mancata produzione dell’anno scorso e un segnale importante per la ripartenza bresciana, ora che i mercati agricoli stanno tornando operativi su tutta la provincia”.

In Lombardia sono presenti circa 160 mila alveari, custoditi da oltre 6000 appassionati tra professionisti e hobbisti, che producono miele, propoli, cera e altri derivati. In generale – precisa la Coldiretti – una singola ape visita in media circa 7000 fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele. Tre colture alimentari su quattro dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api; tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni, secondo la Fao.

In Italia – spiega la Coldiretti – esistono più di 60 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino. Nelle campagne italiane – conclude la Coldiretti – ci sono 1,5 milioni gli alveari curati da sessantamila apicoltori di cui circa 2/3 produce per autoconsumo.

 

MARCHE, GIORNATA MONDIALE API: “AUMENTANO I PRODUTTORI IN REGIONE

Continua a cresce il numero del apicoltori delle Marche e, soprattutto, la percentuale di quanti commercializzano il prodotto del lavorio incessante delle api. E non mancano già i primi raccolti con il millefiori primaverile che registra rese di 10 chili per alveare (il doppio rispetto allo scorso anno) mentre ciliegio e acero viaggiano su 5 chili per alveare. Luci e ombre con zone in cui la produzione è mancata totalmente a causa della siccità e un clima invernale davvero troppo mite. Lo rende noto Coldiretti Marche (su dati dell’Osservatorio Nazionale Miele) in vista della Giornata mondiale delle api che si festeggia il 20 maggio, dopo essere stata istituita dall’Onu nel 2018, per riconoscere il ruolo insostituibile svolto da questo insetto. Prezioso non solo per miele, pappa reale, propoli eccetera ma anche per l’azione impollinatrice che effettua nei suoi voli contribuendo al buon mantenimento di colture, ad esempio, come l’erba medica e il trifoglio, fondamentali per i prati destinati agli animali da allevamento. Nella nostra regione lavorano oltre 2800 apicoltori tra professionisti e hobbisti che producono miele per autoconsumo. I primi rappresentano quasi il 32% del totale ma detengono quasi l’80% degli oltre 70mila alveari marchigiani. Numeri in crescita nel tempo. Uno studio Coldiretti su dati dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica mette in evidenza aumento di apicoltori del 37% e degli alveari del 40% negli ultimi tre anni. In questo stesso periodo gli alveari dedicati al biologico sono cresciuti di oltre il 47%. Nelle Marche le produzioni più diffuse sono Millefiori primaverile, Millefiori estivo, Girasole, Acacia ma non mancano Castagno nella provincia di Ascoli e Coriandolo nel Pesarese. “Anche queste attività – spiega Maria Letizia Gardoni, presidente di Coldiretti Marche – sono state penalizzate dalla chiusura di ristoranti, agriturismi e dalle limitazioni negli spostamenti che abbiamo vissuto fino a pochi giorni fa. Le api sono, oltre che un importante fonte di reddito per tante aziende agricole, anche una sentinella per l’ambiente e svolgono un ruolo di difesa delle biodiversità e della tenuta degli ecosistemi. Sostenere l’apicoltura locale attraverso gli acquisti di prossimità significa premiare le buone pratiche di produzione e dare una mano sia all’ambiente sia all’economia delle Marche”. Il miele per altro è uno dei prodotti tracciati con l’indicazione di origine obbligatoria in etichetta: sulle confezioni va riportata la parola “Italia” solo se il miele è 100% Made in Italy, mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della CE”, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della CE”.

 

MOLISE, AL VIA LA “VERTENZA ZOOTECNIA”

Costi di produzione elevati, prezzi di mercato poco remunerativi, spese rilevanti per l’adeguamento alle normative sanitarie, difficoltà a produrre foraggi ed altre colture proteiche in azienda a causa dei continui danni causati dai cinghiali, riduzione unilaterale del prezzo del latte, carenza dell’assistenza tecnica agli allevamenti, emergenze sanitarie, vincoli e ritardi  burocratici, scarsa valorizzazione delle produzioni e soprattutto difficoltà di ricambio generazionale. E’ lungo l’elenco dei problemi che pesano oggi come macigni sulla zootecnia molisana, tanto da spingerla sul fondo di una crisi che rischia di compromettere il futuro del settore.

Difficoltà che non stanno risparmiando alcun comparto, dai bovini da latte e da carne ai suini, agli ovicaprini, tanto da spingere la Coldiretti Molise a dare il via a una “vertenza zootecnia” per invertire la rotta e dare risposte efficaci alle esigenze manifestate dagli allevatori, a partire dai controlli sul rispetto delle leggi che obbligano di indicare in etichetta la provenienza del latte e formaggi fino a carne e salumi derivati dai suini.

A fare da detonatore è stato senza dubbio il rincaro dei costi di produzione degli allevamenti dove, per effetto del rincaro delle materie prime, si spende circa il 10% in più per riempire le mangiatoie. Un onere che si è aggiunto alle difficoltà determinate dall’emergenza Covid-19 che ha falcidiato i ricavi e rischia di dimezzare il numero delle imprese del settore in regione, e che segue i tagli all’assistenza tecnica degli allevamenti per il ritardo dei trasferimenti pubblici all’Associazione Allevatori e il perdurare del furto di valore e immagine che subiscono le nostre produzioni a causa dei comportamenti scorretti di alcuni attori della filiera e delle importazioni di prodotti dall’estero spacciati come nazionali.

Basti dire che su ogni euro speso dal consumatore per acquistare carne, latte o uova della zootecnia nazionale, solo una percentuale tra il 13 e il 17% finisce nelle tasche degli allevatori, mentre per ogni prodotto italiano si sviluppa un finto made in Italy cinque volte più grande. Se poi si aggiungono i problemi di scarsa valorizzazione del prodotto, per la mancanza di un strategia regionale di valorizzazione delle produzioni zootecniche, si ha il quadro di una situazione giunta ormai a livelli critici.

Per quanto riguarda la valenza territoriale della zootecnia, è importante ribadire come la presenza di allevamenti nelle aree più marginali di collina e montagna rappresenta una fonte di reddito difficilmente sostituibile, in grado di garantire, inoltre, una sorta di “presidio” ambientale e territoriale fondamentale. Senza dimenticare che, nel contesto molisano, quella zootecnica rappresenta una delle principali attività praticate dalle aziende. Inoltre, la presenza di forme di allevamento estensivo, attuata dalla gran parte delle aziende zootecniche, conferisce al prodotto ottenuto (carne e latte) una qualità intrinseca superiore e riconoscibile dal consumatore ed a basso impatto ambientale.

Nel rispetto delle esigenze di un consumatore sempre più attento alle problematiche ambientali, salutistiche e in cerca di qualità e tipicità, occorre far sì che anche i prodotti zootecnici locali raggiungano livelli qualitativi e di sicurezza alimentare in grado di rispondere efficacemente a queste richieste. Questo attraverso uno sviluppo delle condizioni produttive e di commercializzazione comunque circoscritto in un ambito di intervento ben definito e cioè nella salvaguardia e tutela degli aspetti ambientali e paesaggistici. La promozione e comunicazione  della qualità e le peculiarità distintive dei prodotti zootecnici al consumatore sono punti di forza su cui è necessario intervenire, insieme ad investimenti strutturali fondamentali per incrementare i livelli di efficienza delle aziende zootecniche e di qualità dei prodotti.

La crisi del settore è talmente evidente che la Regione Molise tramite il proprio PSR ha di recente pubblicato uno specifico bando  – Mis. 4.1.1. terza edizione – per finanziare investimenti strutturali mirati alle imprese zootecniche dei comparti bovino ed ovicaprino. Purtroppo, l’emergenza sanitaria in corso ha di fatto rallentato l’iter della misura.

Anche le premialità previste a favore degli allevatori attraverso la presentazione delle domande PAC – sostegno accoppiato zootecnia – non possono essere fruite in mancanza di un sistema di certificazione precedentemente svolto dall’Associazione Allevatori e dal Consorzio Carni del Tratturo; il paradosso è che le risorse perse dai nostri allevatori vanno a beneficio di altre regioni. Grazie all’azione svolta a livello nazionale e comunitario da parte di Coldiretti, sono state avviate una serie di misure a sostegno delle filiere carni bovine ed ovicaprine, che prevedono interventi sulla commercializzazione; ma tali opportunità si scontrano con la carenza di strutture di ritiro che pure erano nel passato, presenti in Molise. Coldiretti si chiede: c’è la volontà della Regione di mettere in campo una strategia complessiva per la zootecnia? Se ciò esiste, la Coldiretti come sempre ci sarà!

 

PUGLIA, FASE 2: CENTRI ESTIVI IN 300 FATTORIE E AGRITURISMI PUGLIESI

Sono oltre 300 le fattorie didattiche e gli agriturismi presenti nelle campagne pugliesi che possono accogliere durante l’estate i bambini in sicurezza con attività ricreative ed educative a contatto con la natura nei grandi spazi all’aria aperta. E’ quanto dichiara Coldiretti Puglia in riferimento alle dichiarazioni del Ministro per le Pari opportunità e la Famiglia Elena Bonetti che ha annunciato la possibilità da parte delle Regioni eventualmente di anticipare o posticipare, a seconda della situazione dello stato epidemiologico del territorio, la riapertura dei centri estivi fissata il 15 giugno.

“Abbiamo predisposto un progetto multi-didattico con anche un vademecum per le fattorie didattiche – spiega Floriana Fanizza, leader nazionale di Coldiretti Donne Impresa e responsabile pugliese dell’imprenditoria femminile – che traccia il percorso in sicurezza per riaprire i cancelli di masserie e fattorie, i percorsi naturalistici, le aree con gli animali e la pet therapy e gli spazi a tavola dove assaggiare le specialità della tradizione contadina dell’enogastronomia Made in Italy per grandi e piccini. Siamo convinti che la Rete delle fattorie didattiche di Coldiretti, in collaborazione con gli enti locali e le altre autorità territoriali coinvolte possa rappresentare, in questo momento di emergenza, un valido supporto alle politiche di sostegno dei bambini e delle loro famiglie per affrontare le prossime “Fasi” della ripresa dall’emergenza sanitaria che ha colpito l’Italia e la Puglia e al contempo dare sollievo a questo settore cosi innovativo dell’imprenditorialità agricola tutta al femminile”, aggiunge la responsabile Fanizza.

Per aiutare tutto il sistema scolastico e le famiglie ad alimentare al meglio le giovani generazioni e l’intero nucleo familiare, da anni il Progetto di Educazione alla Campagna Amica ha agevolato l’incontro tra i bambini e i prodotti agricoli ‘fatti’ dagli agricoltori. In Puglia negli ultimi 10 anni – riferisce Coldiretti Donne Impresa Puglia – sono stati coinvolti nel progetto delle masserie didattiche 150mila bambini e 480 scuole.

Le fattorie didattiche sono aziende agricole multifunzionali che grazie alla legge di orientamento possono fare formazione in campo per le nuove generazioni puntando – precisa la Coldiretti – sull’educazione ambientale attraverso la conoscenza della campagna con i suoi ritmi, l’alternanza delle stagioni e la possibilità di produrre in modo sostenibile. Si tratta dunque – sostiene la Coldiretti – del luogo ideale in cui accogliere piccoli gruppi tenendo conto delle norme di sicurezza, distanza e igiene previste per la Fase 2.

Le fattorie didattiche possono svolgere un ruolo fondamentale – evidenzia la Coldiretti – nel sostenere le famiglie e i genitori, in particolare le madri, che rientreranno al lavoro in concomitanza con la fine delle lezioni scolastiche e al fine di offrire servizi educativi con particolare attenzione al benessere psico-fisico dei bambini e dei ragazzi. Per questo la Coldiretti mette a disposizione, delle autorità sanitarie, politiche e amministrative competenti, la sua rete di Fattorie Didattiche, la propria esperienza, le proprie competenze in ambito educativo e didattico e i propri spazi e aule all’aperto per offrire sostegno ai genitori e ai bambini.

 

NOVARA, IL RISO DEGLI AGRICOLTORI NOVARESI PER LE SUORE DELL’ISOLA DI SAN GIULIO

Gli agricoltori di Coldiretti Novara – Vco sempre più solidali con tutte le realtà del territorio. In questi giorni a ricevere in dono decine di kg di riso novarese sono state le suore dell’Abbazia Mater Ecclesiae dell’Isola di San Giulio nel lago d’Orta.

“Le suore vivono in clausura in uno splendido luogo pieno di storia sull’isola in mezzo al lago d’Orta, e la difficoltà di rifornirsi di alimenti in questi giorni c’è anche per loro”, spiega Sara Baudo, presidente di Coldiretti Novara – Vco. “la sensibilità dei nostri agricoltori è stata però più grande dei problemi legati all’isolamento e così, una volta segnalata la problematica, un nostro risicoltore, Fabrizio Rizzotti, si è subito attivato per una consegna. E stavolta il riso è arrivato via barca. Non possiamo che ringraziare ancora una volta tutti i nostri soci che, in questi giorni, hanno lavorato instancabilmente nei campi, hanno attivato il servizio di consegne a domicilio, hanno donato migliaia di chili dei propri prodotti a tutte le realtà del territorio. Dobbiamo davvero essergli grati e ricordare ai consumatori di tenere a mente tutti i gesti di solidarietà compiuti in questi giorni difficili e premiarli acquistando i loro prodotti, i prodotti della nostra tradizione, locali e a km0”, conclude Baudo.

Gli agricoltori di Coldiretti Novara – Vco hanno infatti donato in questi mesi di lockdown un quintale di riso che viene distribuito in queste settimane attraverso il Coordinamento Territoriale dei Volontari di Protezione Civile della Provincia di Novara, oltre a centinaia di kg di frutta, verdura e fieno per gli animali ospitati in varie realtà della zona.

 

FRIULI VENEZIA GIULIA, “SPESA SOSPESA”: UNA TONNELLATA DI CIBO AI PIÙ BISOGNOSI

Ben 500 kg tra verdura, ortaggi e frutta, 200 kg di latticini e formaggi, quasi 100 kg di carni e salumi, più di 800 uova e circa 50 kg tra pane, pasta, farine, cereali, succhi di mela, sughi e trasformati vegetali. È il paniere rigorosamente kmzero della “Spesa Sospesa” in Friuli Venezia Giulia nel primo mese dell’iniziativa lanciata dalla Coldiretti per il sostegno alle tante famiglie in difficoltà in queste durissime settimane di emergenza sanitaria ed economica.

La “Spesa Sospesa” della Rete di Campagna Amica in regione è stata avviata al Mercato coperto di Udine in collaborazione con il Banco Alimentare Fvg, che ha voluto il coinvolgimento delle associazioni caritative San Vincenzo delle Parrocchie Sacro Cuore e San Marco, nei mercati all’aperto sparsi in città in collaborazione con la mensa del centro Caritas Arcidiocesi Udine, al Mercato coperto di Pordenone in collaborazione con l’Emporio Caritas, al Mercato coperto di Gorizia in collaborazione con l’Emporio Solidarietà Caritas, a Trieste grazie alla sinergia con la cooperativa sociale Cassiopea e il G.O.A.P. centro antiviolenza.

«Si tratta di una azione di grande responsabilità dell’agricoltura italiana in una situazione in cui le misure restrittive per contenere il contagio e la perdita di opportunità di lavoro, anche occasionale, hanno aggravato la situazione e aumentato il numero dei quasi 2,7 milioni di persone che in Italia  sono costrette a chiedere aiuto per il cibo», spiega il presidente regionale Coldiretti Fvg, Michele Pavan nel sottolineare che «il nostro obiettivo è far sì che questa esperienza non resti limitata nel tempo, ma diventi un fenomeno strutturale per dare continuità al sostegno ai bisognosi».

Grazie all’attivazione della “Spesa Sospesa” nella Rete Campagna Amica, non solo i consumatori, ma anche le aziende agroalimentari si sono attivate per contribuire, donando alimenti freschi o non utilizzabili per certi cicli produttivi, ma ancora in perfette condizioni e adatte al consumo. Tra gli altri l’Azienda agricola Sergio Pascolo di Basiliano che ha destinato al Banco Alimentare le prime 2.000 uova biologiche di un nuovo pollaio, altrimenti destinate all’uso industriale anziché alla vendita diretta perché troppo piccole.

 

PUGLIA, AGRITURISMO: PRENOTAZIONI DA FUORI REGIONE ED ESTERO

A 24 ore dalla fine del lockdown per gli agriturismi, si registrano i primi timidi segnali di ripresa delle prenotazioni soprattutto tra giugno e agosto da vacanzieri da fuori regione e turisti stranieri, mentre si mostrano ancora molto freddi i pugliesi. E’ quanto riferisce Coldiretti Puglia dopo una indagine presso gli agriturismi di Terranostra in Puglia. Per vivere in tutta tranquillità la sosta e il soggiorno nelle aziende agrituristiche l’associazione Terranostra di Coldiretti ha stilato un vademecum di comportamenti sia per i servizi di ristorazione che per l’alloggio. Al primo posto c’è la valorizzazione e l’utilizzo degli ampi spazi all’aperto degli agriturismi in modo da garantire al meglio – evidenzia la Coldiretti – le misure di sicurezza con la massima distanza fra i tavoli.

“Dopo mesi di fermo forzato, si riaffacciano i turisti di fuori regione con sporadiche prenotazioni a giugno e gli stranieri ad agosto, ma siamo lontanissimi dalle opportunità di ricettività nelle aree rurali che siamo in grado di soddisfare. Gli agriturismi, spesso situati in zone isolate della campagna in strutture familiari con un numero contenuto di posti letto e a tavola e con ampi spazi all’aperto, sono forse – afferma il Filippo De Miccolis, presidente di Terranostra Puglia –  i luoghi dove è più facile garantire il rispetto delle misure di sicurezza per difendersi dal contagio fuori dalle mura domestiche. Con l’arrivo della bella stagione sostenere il turismo in campagna significa anche evitare il pericoloso rischio di affollamenti al mare e anche per questo le strutture agrituristiche devono poter ripartire all’inizio di maggio riaprendo i cancelli della masserie, i percorsi naturalistici e gli spazi a tavola dove assaggiare le specialità della tradizione contadina dell’enogastronomia Made in Puglia”, insiste il presidente De Miccolis.

Gli agriturismi pugliesi, proprio per favorire i vacanzieri, hanno lanciato l’AgriBond con cui turisti ed enogastronauti possono pagare oggi pranzi e pernotti, scegliendo menù e stanze, e riscuotendo alla riapertura. L’iniziativa è degli agriturismi di Terranostra Puglia, accreditati alla rete di Campagna Amica, per salvare il settore a rischio crac dopo quasi due mesi di chiusura a causa dell’emergenza Coronavirus.

Il valore di ciascun AgriBond sarà deciso dai singoli agriturismi, consultabili sul sito di Campagna Amica e dalla App scaricabile sui cellulari, che applicheranno un trattamento di favore – spiega Coldiretti Puglia – e il voucher sarà utilizzabile entro il 30 dicembre 2020, con la possibilità di trasformarne il valore in prodotti agricoli e agroalimentari aziendali o con la restituzione nel caso di impossibilità a beneficiarne per pranzi e pernotti.

“Da quando è cominciata la pandemia in Puglia il 57% delle aziende agricole ha registrato una diminuzione dell’attività con un impatto che varia da settore a settore con picchi anche del 100% come per l’agriturismo dove sono chiuse per le misure anti contagio tutte le 876 strutture agrituristiche. Lanciare l’AgrBond è un modo per dare sostegno al turismo in campagna, accompagnando gradualmente gli agriturismi alla fase 2 della riapertura e ridando ai pugliesi la speranza di poter godere del cibo cucinato dai cuochi contadini di Campagna Amica e di momenti di relax all’aria aperta”, spiega Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia. L’attività agrituristica è tra le più colpite dall’emergenza Covid–19, è stata la prima a risentire del blocco delle attività – denuncia Coldiretti Puglia – e risulta azzerata già da due mesi con un conto salato pari a 300 milioni di euro a carico del sistema turistico pugliese con lo stop agli spostamenti causati dall’emergenza sanitaria.

La capacità di mantenere inalterate le tradizioni enogastronomiche nel tempo è – continua Coldiretti – la qualità più apprezzata negli agriturismi pugliesi, ma nel tempo è aumenta anche la domanda di servizi innovativi per sportivi, nostalgici, curiosi e ambientalisti.

“E’ stato colpito un settore che sta registrando in Puglia una crescita a due cifre con il 16,5% di aumento del numero degli agriturismi in Puglia con 850.000 presenze annue registrate nelle aziende agrituristiche pugliesi. Anche i vip contadini che hanno masserie e aziende agricole in Puglia hanno annullato i viaggi verso la regione per la preoccupazione di essere messi in quarantena al rientro nei loro Paesi. Oggi ci sono le condizioni per poter ripartire in sicurezza”, conclude il presidente De Miccolis.

 

CUNEO, CINGHIALI, BENE VIA ALLA CACCIA DI SELEZIONE, ORA AVANTI PIANI DI PRELIEVO

Dopo lo stop imposto dall’emergenza Coronavirus, si riapre la possibilità di praticare la caccia di selezione al cinghiale nel periodo 16 maggio 2020 – 15 marzo 2021, secondo quanto stabilito dalla Giunta regionale. Coldiretti chiede che tutti gli Ambiti Territoriali di Caccia (ATC) e i Comprensori Alpini (CA) procedano rapidamente alla messa a punto dei Piani di prelievo selettivo da presentare alla Regione.

“Il via libera alla caccia di selezione è una misura assolutamente necessaria – commenta il Delegato Confederale di Coldiretti Cuneo Roberto Moncalvo – dopo che nelle ultime settimane, con i territori ancor meno presidiati, abbiamo assistito al proliferare di cinghiali e fauna selvatica nelle nostre campagne fino addirittura alle porte delle città e sulle strade principali, con gravi rischi per la sicurezza dei cittadini, di chi trasportava generi alimentari e dei soccorsi medici”.

“Ci aspettiamo ora – dichiara Moncalvo – che gli ATC e i CA, soprattutto nelle aree in cui si registrano maggiori danni alle produzioni agricole, responsabilmente si attivino con urgenza e presentino le proposte di Piano di prelievo selettivo al fine di contenere i danni sul nostro territorio. Oltre all’incolumità delle persone, sono in gioco i raccolti delle campagne che, ancor più in questa fase, rappresentano una fonte di approvvigionamento alimentare essenziale insieme al frutto del lavoro dei nostri imprenditori che, nonostante le difficoltà, non si sono mai fermati e hanno continuato a produrre cibo”.

È necessario invertire urgentemente il trend che nella nostra Provincia – rimarca Coldiretti Cuneo – vede superare quota 700.000 euro all’anno l’ammontare dei danni all’agricoltura provocati dalla fauna selvatica, il 63% dei quali imputabile a cinghiali, responsabili anche di 200 incidenti stradali dichiarati in media ogni anno dai cuneesi.

Per maggiori informazioni visitare il sito web https://cuneo.coldiretti.it

 

VERCELLI – BIELLA, LATTE: INACCETTABILI STRUMENTALIZZAZIONI

“Sono stati finalmente resi pubblici i dati delle importazioni di latte, dopo le nostre costanti richieste, e alla luce di quanto è emerso dall’analisi sono ancor più inaccettabili le distorsioni sui prezzi, lungo la filiera, messe in atto dall’agroindustria e dai caseifici piemontesi”. Roberto Mercandino, allevatore e vicepresidente di Coldiretti Vercelli – Biella si unisce alla preoccupazione espressa da Coldiretti a livello regionale a seguito del tavolo latte riunitosi in videoconferenza con la Regione. 

Il Piemonte è tra le prime regioni, a livello nazionale, per la produzione di latte con 10 milioni di quintali annui, circa 2000 aziende produttrici tra le più professionali al mondo e 51 specialità di formaggi.

Secondo la lettura dei dati, latte sfuso, cagliate, latte in polvere, crema di latte e altri derivati sono importati soprattutto da Belgio, Germania, Francia ed Olanda ed arrivano ad essere pari a circa il 50% della produzione piemontese (trasformando i valori in quintali di latte equivalente).

Ribadisce Mercandino: “In un momento di crisi come quello che stiamo registrando a causa dell’emergenza Covid non possiamo certo dire che si sia dimostrata responsabile quella parte dell’agroindustria piemontese che, invece di valorizzare le nostre produzioni e rivolgersi ai caseifici del territorio, ha continuato ad importare dall’estero. Per questo riteniamo che tali aziende agroindustriali non vadano incluse in eventuali aiuti regionali destinati alla filiera lattiero-casearia. I nostri allevatori hanno continuato a lavorare anche in questa situazione di emergenza garantendo ai consumatori prodotti di qualità. I loro sforzi non possono essere vanificati e non giustamente remunerati da azioni irresponsabili e scorrette da parte di determinate agroindustrie che non credono nel valore della filiera Made in Piemonte. E’ urgente, quindi, che l’assessore Protopapa prenda una posizione netta verso quei caseifici che hanno abbassato il prezzo del latte immotivatamente ai produttori, venendo meno a quel patto che proprio l’assessore stesso aveva lanciato, su nostra sollecitazione, tra gli attori della filiera e che avrebbe dovuto garantire per almeno tre mesi, da aprile a giugno, le stesse condizioni economiche della scorsa stagione”.

 

ALESSANDRIA, GIORNATA MONDIALE DELLE API: CROLLA FINO ALL’80% RACCOLTA MIELE

Domani, 20 maggio, la “Giornata mondiale delle api”, istituita dall’Onu nel 2018, sicuramente non avrà il sapore dolce del miele visto i dati in drastico calo.

Compromessa fino ad ora la produzione che, a macchia di leopardo, crolla arrivando all’80% rispetto alla media per effetto dell’andamento climatico anomalo con una grave siccità che ha ridotto le fioriture e stressato le api.

“Anche nei 24.981 alveari presenti sul territorio alessandrino si fanno sentire le ripercussioni del clima anomalo che non ha favorito la produzione di miele. A rischio un raccolto che rischia di essere anche peggiore del 2019. L’inverno bollente e la pazza primavera segnata da sbalzi termici – afferma il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco – hanno creato gravi problemi agli alveari con le api che non hanno la possibilità di raccogliere il nettare. Il poco miele che sono riuscite a produrre se lo mangiano per sopravvivere. Le difficoltà delle api sono un pericolo grave per la biodiversità considerato che sono un indicatore dello stato di salute dell’ambiente e servono al lavoro degli agricoltori con l’impollinazione dei fiori”.

In media una singola ape visita in genere circa 7.000 fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele. 3 colture alimentari su 4 dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api, tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni secondo la Fao.

“Quasi 2 barattoli di miele su tre sono stranieri: il 40% arriva dall’Ungheria e oltre il 10% dalla Cina. Per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità occorre verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica – consiglia il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Rampazzo -. Le api rappresentano una risorsa fondamentale, un prezioso equilibrio per la natura globale: infatti, prodotti come mele, pere, mandorle, agrumi, pesche, kiwi, castagne, ciliegie, albicocche, susine, meloni, cocomeri, pomodori, zucchine, soia, girasole e, colza dipendono completamente o in parte dalle api per la produzione dei frutti. Le api, non bisogna dimenticarlo, sono utili anche per la produzione di carne con l’azione impollinatrice che svolgono nei confronti delle colture foraggere da seme come l’erba medica ed il trifoglio fondamentali per i prati destinati agli animali da allevamento. Anche la grande maggioranza delle colture orticole da seme si possono riprodurre grazie alle api come l’aglio, la carota, i cavoli e la cipolla”.

Il miele prodotto sul territorio nazionale dove non sono ammesse coltivazioni Ogm (a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina) è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. La parola Italia deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della CE”, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della CE”.

In Italia esistono più di 60 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino.

Nelle campagne italiane ci sono 1,5 milioni gli alveari curati da sessantamila apicoltori di cui circa 2/3 produce per autoconsumo.

 

VARESE, MIELE: IL CLIMA CONDIZIONA LA RACCOLTA DELL’ACACIA, SITUAZIONE FLUIDA          

Sembra scongiurato il ripetersi di un altro “anno nero” per il miele della provincia di Varese, “ma non c’è affatto da festeggiare: le prime stime, infatti, indicano una flessione per la raccolta dell’acacia di almeno il 20% rispetto alla media, anche se è ancora presto per tracciare ogni bilancio. Stiamo smielando i primi alveari e, quindi, si tratta ancora di dati tendenziali”. E’ Maria Mineo Soldavini, apicoltrice del Varesotto, a tracciare le prime prospettive sulla stagione 2020 in occasione della Giornata delle Api che si festeggia domani (20 maggio) a livello planetario, dopo essere stata istituita dall’Onu nel 2018.

Ciò che emerge, per la provincia prealpina, è un quadro a macchia di leopardo e condizionata ancora una volta dal clima: le gelate tardive, laddove intervenute, hanno avuto ripercussioni negative, e così pure le piogge e i temporali della scorsa settimana hanno anticipato la fine delle fioriture. Va da sé che nei territori dove lo sviluppo vegetativo tende a essere più progressivo (come ad esempio le zone collinari che digradano verso i laghi) la situazione è sensibilmente migliore.

“Un altro anno con il segno meno è, purtroppo, un ulteriore colpo al cuore per un settore che ha pagato duramente l’esito disastroso della stagione 2019, che vide proprio la produzione d’acacia azzerate o ridotte del 90%: dove quest’anno si fanno 10/12 kg di raccolta, lo scorso anno non si superavano i due, e questo solo nei pochi casi più “fortunati” rispetto a un quadro nerissimo. Certo, siamo di fronte a tutt’altro scenario rispetto al 2019 ma non si tratta della svolta attesa, utile a compensare le gravissime perdite subite”.

Va ancora peggio in altre zone d’Italia, la produzione rischia di crollare fino all’80% rispetto alla media. Si tratta delle aree dove la siccità ha colpito più duramente, riducendo le fioriture e stressato le api.

Le difficoltà delle api – sottolinea la Coldiretti – sono un pericolo grave per la biodiversità considerato che sono un indicatore dello stato di salute dell’ambiente e servono al lavoro degli agricoltori con l’impollinazione dei fiori. In media una singola ape visita in genere circa 7000 fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele. 3 colture alimentari su 4 dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api, tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni secondo la Fao.

Ora è allerta per quanto riguarda il pericolo di “invasione” di miele straniero: l’anno scorso ne furono importati quasi 25 milioni di chili, con il 40% di provenienza ungherese e oltre il 10% dalla Cina. In altre parole quasi 2 barattoli di miele su tre sono stranieri: “Per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità, occorre verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica” consiglia Coldiretti Varese attraverso il presidente Fernando Fiori.

Il miele prodotto sul territorio nazionale dove non sono ammesse coltivazioni Ogm (a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina) è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. La parola Italia deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta – continua la Coldiretti – deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della CE”, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della CE”.

In Italia – spiega la Coldiretti – esistono più di 60 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia (che è tra i più diffusi, e con cui si produce anche il Miele Varesino Dop), al millefiori, da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino.

 

BERGAMO, GIORNATA API: IL CLIMA PENALIZZA LA RACCOLTA DEL MIELE

La giornata mondiale delle api che si festeggia il 20 maggio a livello planetario, dopo essere stata istituita dall’Onu nel 2018, è l’occasione per Coldiretti Bergamo di fare il punto della situazione per quanto riguarda la produzione di miele.

Dopo l’annata disastrosa dello scorso anno, la produzione di miele di acacia, tipica del periodo primaverile, ha raggiunto tutto sommato livelli discreti, anche se ancora lontani  dalla media produttiva.

“Abbiamo rilevato una situazione diversa da zona a zona – dice Irvano Fortini, apicoltore di Arzago D’Adda (Bg) – complessivamente però siamo moderatamente soddisfatti. Lo scorso anno la produzione di miele di acacia è stata praticamente azzerata dalle anomalie  climatiche, in questa stagione fortunatamente le cose sono andate un po’ meglio. In generale le famiglie  delle api si sono sviluppate bene, peccato per alcuni sbalzi di temperatura che hanno compromesso le fioriture. Rispetto alla normale produzione siamo sotto mediamente di un 30%, ma poteva andare peggio. Visto l’annata nera del 2019, ci accontentiamo”.

Nel comparto apistico bergamasco si contano 18.000 alveari curati da circa 700 allevatori, di cui poco meno di un centinaio sono apicoltori professionali.

“Non abbiamo avuto risultati eccezionali per quanto riguarda la produzione di miele di acacia – afferma Gianluca Vismara, apicoltore di Cenate Sotto (Bg) – ma se non altro  quest’anno siamo riusciti a produrre 10-15 kg di miele per alveare. Ora aspettiamo di vedere come andranno le prossime fioriture del castagno, l’incognita come sempre è l’andamento climatico”.

Le difficoltà delle api – evidenzia Coldiretti Bergamo – sono un pericolo grave per la biodiversità considerato che sono un indicatore dello stato di salute dell’ambiente e servono al lavoro degli agricoltori con l’impollinazione dei fiori. In media una singola ape  visita in genere circa 7000 fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele. 3 colture alimentari su 4 dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api, tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni secondo la Fao.

Con la diminuzione delle produzioni nazionali di miele – avverte Coldiretti Bergamo – aumenta il pericolo di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità. Per evitare questo rischio occorre verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica

 

CUNEO, LATTE: BASTA IMPORTAZIONI SELVAGGE E STRUMENTALIZZAZIONI

A seguito delle pressanti richieste portate avanti da Coldiretti, sono stati finalmente resi pubblici i dati delle importazioni di latte straniero in Piemonte e alla luce di quanto emerso dall’analisi risultano ancor più inaccettabili le distorsioni sui prezzi lungo la filiera messe in atto dall’agroindustria e dai caseifici anche sul nostro territorio. È quanto commenta Coldiretti a seguito del Tavolo Latte riunitosi in videoconferenza con la Regione.

Latte sfuso, cagliate, latte in polvere e crema di latte provenienti dal Belgio, dalla Germania, dalla Francia e dall’Olanda attraversano ogni giorno le frontiere e arrivano nella Granda; un quantitativo di prodotto – spiega Coldiretti – che, in quintali di latte equivalente, risulta pari al 50% della produzione piemontese.  Eppure la Provincia di Cuneo, con 6 milioni di quintali annui di latte, circa 1.200 aziende produttrici e 30 specialità di formaggi, è una realtà di grandissima rilevanza a livello nazionale per la produzione di latte di alta qualità, da salvaguardare e tutelare oggi più che mai.

“In un momento di crisi come quello che si è venuto a creare per l’emergenza sanitaria – dichiara Roberto Moncalvo, Delegato Confederale di Coldiretti Cuneo – non è stato un atto responsabile quello messo in atto da una parte dell’agroindustria piemontese che, invece di valorizzare le nostre produzioni e rivolgersi ai caseifici del territorio, ha continuato ad importare dall’estero. Per questo riteniamo che tali aziende agroindustriali non vadano incluse in eventuali aiuti regionali destinati alla filiera lattiero-casearia”.

I nostri allevatori, infatti, non hanno mai smesso di garantire alle famiglie gli approvvigionamenti a tutela del #MangiaItaliano e ora i loro sforzi rischiano di essere vanificati e non giustamente remunerati da azioni irresponsabili e scorrette da parte di determinate agroindustrie che non credono nel valore della filiera 100% piemontese.

“È urgente che l’Assessore Protopapa – chiede Moncalvo – prenda una posizione netta verso quei caseifici che hanno immotivatamente abbassato il prezzo del latte ai produttori, venendo meno a quel patto che proprio l’Assessore aveva lanciato, su nostra sollecitazione, tra gli attori della filiera e che avrebbe dovuto garantire per almeno tre mesi, da aprile a giugno, le stesse condizioni economiche della scorsa stagione”.

Per maggiori informazioni visitare il sito web https://cuneo.coldiretti.it

 

FROSINONE, GIORNATA MONDIALE DELLE API: CROLLA FINO ALL’80% RACCOLTA MIELE

Compromessa fino ad ora la produzione di miele Made in Italy che crolla fino all’80% rispetto alla media per effetto dell’andamento climatico anomalo e della grave siccità che ha ridotto le fioriture e stressato le api. E’ quanto emerge dal monitoraggio della Coldiretti in occasione della giornata mondiale delle api che si festeggia il 20 maggio a livello planetario, dopo essere stata istituita dall’Onu nel 2018.

L’inverno bollente e la pazza primavera segnata da gelate – sottolinea Coldiretti – hanno creato in molte regioni gravi problemi agli alveari con le api che non hanno la possibilità di raccogliere il nettare. Il poco miele che sono riuscite a produrre lo mangiano per sopravvivere, anche se non mancano lungo la Penisola situazioni piu’ positive rispetto allo scorso anno.

Le difficoltà delle api – precisa Coldiretti – sono a livello più generale un pericolo grave per la biodiversità considerato che sono un indicatore dello stato di salute dell’ambiente e servono al lavoro degli agricoltori con l’impollinazione dei fiori. In media una singola ape visita in genere circa 7000 fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele. Dato poi da non sottovalutare è che 3 colture alimentari su 4 dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api : tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni secondo la Fao.

Ma a rischio è soprattutto il miele con un raccolto che in Italia rischia di essere anche peggiore del 2019 . Lo scorso anno infatti secondo elaborazioni Coldiretti su dati Istat  la produ¬zione nazionale di miele è stata di appena 15 milioni di chili,  a fronte di un quantitativo di quasi 25 milioni di chili importato durante l’anno dall’estero  . Il 40% arriva dall’Ungheria e oltre il 10% dalla Cina. In altre parole quasi 2 barattoli di miele su tre sono stranieri.

‘’Il consiglio quindi che vogliamo dare ai consumatori – dice il direttore di Coldiretti Frosinone Carlo Picchi – è quello di verificare con attenzione l’origine in etichetta o ancora meglio di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica al fine di evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità ‘’ .

Continua ‘’ Oggi più che mai dobbiamo promuovere  il Made in Italy e tutte quelle imprese che non senza sforzo continuano a lavorare e a credere in ciò che fanno : questo è possibile solo prestando attenzione ad ogni singola scelta di consumo modificando consapevolmente le nostre abitudini al fine di sostenere i  prodotti locali e nazionali .’’

In Italia esistono più di 60 varietà di miele : dal miele di acacia al millefiori (certamente  tra i più diffusi) ,da quello di arancia a quello di castagno,  dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino. Nelle campagne italiane sono 1,5 milioni gli alveari curati da sessantamila apicoltori .

Il miele prodotto sul territorio nazionale dove non sono ammesse coltivazioni Ogm (a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina) è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. La parola Italia deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta – continua la Coldiretti – deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della CE”, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della CE”.

 

VENEZIA, GIORNATA API: LA PRODUZIONE DI MIELE TENTENNA. IL CLIMA CONFONDE LE API

Nella giornata mondiale delle api indetta dall’Onu che si festeggia il 20 maggio di ogni anno, Coldiretti monitora il territorio in merito all’andamento produttivo: Sul territorio provinciale gli apicoltori rilevano una situazione incerta “ Difficile andare peggio dello scorso anno chè è stato da dimenticare- sottolinea Emanuele Marchesan apicoltore di Caorle – ora si sta raccogliendo il miele di acacia, contiamo di fare almeno un 10% in più dello scorso anno anche se le brinate del mese di marzo e il forte vento di Aprile hanno compromesso senza dubbio il risultato.”  Nel veneziano l’andamento normale prevedrebbe l’inizio della stagione a Marzo con la fioritura del tarassaco, poi nei primi giorni di Aprile la colza, da fine aprile l’acacia per arrivare a Giugno con la fioritura del tiglio e castagno e chiudendo in piena estate con i millefiori, la melata e barena. Una ricchezza naturale frutto del lavoro di milioni di api, quest’anno uscite dalle arnie in anticipo per le fioriture spontanee primaverili ma anche vittime dei cambiamenti climatici e dagli sbalzi di temperatura che hanno provocato brine a marzo. In tutta Italia la produzione è compromessa con crolli in generale fino all’80% rispetto alla media per effetto dell’andamento climatico anomalo con una grave siccità che ha ridotto le fioriture e stressato le api.

Le difficoltà delle api – sottolinea la Coldiretti – sono un pericolo grave per la biodiversità considerato che sono un indicatore dello stato di salute dell’ambiente e servono al lavoro degli agricoltori con l’impollinazione dei fiori. In media una singola ape – precisa la Coldiretti – visita in genere circa 7000 fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele. 3 colture alimentari su 4 dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api, tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni secondo la Fao.

Un consiglio per evitare di portare in tavola prodotti di bassa qualità, occorre verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica”. Il miele prodotto sul territorio nazionale dove non sono ammesse coltivazioni Ogm (a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina) è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. La parola Italia deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta – continua la Coldiretti – deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della CE”, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della CE”.

 

RAVENNA, PRODUZIONE MIELE 2020: PROSPETTIVE POSITIVE PER GLI APICOLTORI

L’andamento climatico anomalo, con le gelate tardive di inizio aprile e la siccità perdurante, ha ridotto le fioriture, ma le api, almeno in Romagna e nel Ravennate, sembrano in buona salute. Mentre in alcune zone d’Italia si registrano previsioni nefaste, con cali di produzione che potrebbero arrivare  anche all’80%, nel nostro territorio le stime sono tutto sommato positive. Di certo sembra scongiurato il rischio di incorrere in un’altra annata tragica dopo che nel 2019, per via della primavera fredda e piovosa, la produzione di miele era colata a picco.

Secondo il monitoraggio della Coldiretti provinciale, svolto in occasione della giornata mondiale delle api che si festeggia il 20 maggio a livello planetario dopo essere stata istituita dall’Onu nel 2018, nel Ravennate le nuove fioriture dell’acacia, la varietà più richiesta dal mercato insieme al ‘millefiori’, lasciano ben sperare. Il ritorno del caldo ha rivitalizzato i preziosi insetti che si sono messi al lavoro con un grande sospiro di sollievo da parte degli apicoltori locali. Tra questi c’è il giovane Matteo Farinelli, della società agricola Granfavo di Brisighella: “Dal 2013 – afferma – soffriamo pesantemente gli sfasamenti climatici che qui in Romagna si caratterizzano per primavere secche, non sempre favorevoli purtroppo ad una buona fioritura tale da garantire una produzione soddisfacente. Al momento – aggiunge – l’annata 2020 sembra più positiva rispetto alle ultime, ma c’è grande variabilità da zona a zona e basta spostarsi di pochi chilometri per ottenere risultati diversi, ad esempio gli alveari collocati a Casola Valsenio stanno producendo di più rispetto a quelli situati a Brisighella”. Ottimista anche il produttore di Pieve Cesato, Michele Zama, dell’Azienda agricola Zama: “Grazie all’inverno mite abbiamo famiglie di api in salute – afferma – non sarà probabilmente un annata dal raccolto record, ma credo che in media sarà possibile ottenere tra gli 8 e i 10 kg ad arnia, sempre che la produzione di millefiori, nonostante la siccità, confermi le attese”.

Secondo Laura Lombardi, titolare dell’Apicoltura Lombardi di Faenza: “Le ultime giornate con temperature primaverili e poco vento hanno permesso alle api di lavorare al meglio e di raccogliere nettare sia in collina che in pianura, le prospettive, dunque, conclude, sono buone sia per il millefiori che per l’acacia”.

In media una singola ape – precisa Coldiretti – visita in genere circa 7000 fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele. Tre colture alimentari su 4 dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api, tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni secondo la Fao.

Con una produzione nazionale attesa di miele che sarà comunque sotto media, le importazioni dall’estero saranno di certo ingenti (nel 2019 l’Italia ne ha importati quasi 25 milioni di chili, il 40% dall’Ungheria e oltre il 10% dalla Cina).

Per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità occorre verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica. Il miele prodotto sul territorio nazionale dove non sono ammesse coltivazioni Ogm (a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina) è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. La parola Italia deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della CE”, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della CE”.

 

NOVARA-VCO, LATTE: INACCETTABILI LE STRUMENTALIZZAZIONI LUNGO LA FILIERA

“Dopo le nostre costanti richieste sono stati finalmente resi pubblici i dati delle importazioni di latte e alla luce di quanto è emerso dall’analisi sono ancor più inaccettabili le distorsioni sui prezzi, lungo la filiera, messe in atto dall’agroindustria e dai caseifici piemontesi”. Sara Baudo, Presidente di Coldiretti Novara – Vco si unisce alla preoccupazione espressa da Coldiretti a livello regionale a seguito del tavolo latte riunitosi in videoconferenza con la Regione.

Latte sfuso, cagliate, latte in polvere, crema di latte e altri derivati sono importati soprattutto da Belgio, Germania, Francia ed Olanda ed arrivano ad essere pari a circa il 50% della produzione piemontese (trasformando i valori in quintali di latte equivalente). Il Piemonte è tra le prime regioni, a livello nazionale, per la produzione di latte con 10 milioni di quintali annui, circa 2000 aziende produttrici tra le più professionali al mondo e 51 specialità di formaggi.

“In un momento di crisi come quello attuale non possiamo certo dire che si sia dimostrata responsabile quella parte dell’agroindustria piemontese che, invece di valorizzare le nostre produzioni e rivolgersi ai caseifici del territorio, ha continuato ad importare dall’estero. Per questo riteniamo che tali aziende agroindustriali non vadano incluse in eventuali aiuti regionali destinati alla filiera lattiero-casearia”. Ricorda Baudo: “I nostri allevatori hanno continuato a lavorare anche in questa situazione di emergenza garantendo ai consumatori prodotti di qualità. I loro sforzi non possono essere vanificati e non giustamente remunerati da azioni irresponsabili e scorrette da parte di determinate agroindustrie che non credono nel valore della filiera Made in Piemonte. E’ urgente, quindi, che l’assessore Protopapa prenda una posizione netta verso quei caseifici che hanno abbassato il prezzo de latte immotivatamente ai produttori, venendo meno a quel patto che proprio l’assessore stesso aveva lanciato, su nostra sollecitazione, tra gli attori della filiera e che avrebbe dovuto garantire per almeno tre mesi, da aprile a giugno, le stesse condizioni economiche della scorsa stagione”.

 

MANTOVA, GIORNATA API: IN LOMBARDIA RACCOLTA DI MIELE -20%

Un calo del 20% rispetto alla media per effetto dell’andamento climatico che, dopo un inverno caldo e siccitoso, ha visto una primavera in cui non sono mancati bruschi abbassamenti di temperatura.

È quanto emerge dal monitoraggio della Coldiretti regionale sulle prime produzioni di miele in Lombardia, elaborato in occasione della giornata mondiale delle api che si festeggia il 20 maggio, dopo essere stata istituita dall’Onu nel 2018. La situazione sul territorio è a macchia di leopardo – precisa la Coldiretti Lombardia –: laddove le gelate hanno intaccato le piante la produzione è limitata, così come nelle zone in cui piogge e temporali nei giorni scorsi hanno “fermato” le fioriture, mentre in altre aree la situazione è più positiva.

A fronte di un calo medio del 20% rispetto a una stagione normale – continua la Coldiretti regionale – gli apicoltori segnalano, però, in questa fase iniziale una ripresa delle produzioni rispetto all’annata nera dello scorso anno, funestata dalle bizze del tempo. Nel 2019, infatti, maggio fu caratterizzato da piogge costanti per quasi tutta la durata del mese.

Per Sara Cauzzi, apicoltrice di Volta Mantovana con 130 alveari, “la stagione è partita bene sul piano meteo climatico. Poi, per effetto degli sbalzi di temperatura della scorsa settimana e delle piogge, abbiamo registrato un forte calo”.

Alice Perini, 16 alveari tra Villimpenta e Nosedole e una vocazione all’agri-cosmesi, quest’anno è riuscita a produrre una ventina di chili di miele di tarassaco e ha iniziato a produrre il miele di acacia, “lo scorso anno invece completamente azzerato per le piogge persistenti. Mi auguro che la stagione si confermi positiva, così come è iniziata, fata salva l’ultima settimana, all’insegna dell’incertezza meteo”.

Per Stefano Trivini di Cavriana, Oscar Green Lombardia 2019 per la categoria “Sostenibilità” con la produzione di Miele millefiori delle Isole del Po, il debutto in commercio del miele primaverile di tarassaco e sul miele di acacia “le previsioni sono di una produzione più elevata del 20% rispetto al 2019”. Trivini vende, come la maggior parte dei produttori di miele mantovani, ai mercati degli agricoltori e, grazie alla vicinanza al lago di Garda, d’estate colloca circa il 90% della produzione ai tedeschi.

“In Germania consumano il miele anche cristallizzato – racconta Trivini – mentre da noi il consumo è quasi esclusivamente da prodotto fluido. Eppure, è bene sapere che quando il miele cristallizza vuol dire che non è stato pastorizzato e che non ha subito trattamenti industriali”.

Per riportare il miele allo stato liquido, “basta utilizzare una fonte di calore e bagnomaria, in modo che vada via via ammorbidendosi”.

A Mantova ci sono oltre 50 aziende che si occupano di apicoltura, con una media di 20-30 alveari. In Lombardia sono presenti circa 160.000 alveari, custoditi da oltre 6.000 appassionati tra professionisti e hobbisti, che producono miele, propoli, cera e altri derivati. In generale – precisa la Coldiretti – una singola ape visita in media circa 7.000 fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele. Tre colture alimentari su quattro dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api; tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni, secondo la Fao.

In Italia – spiega la Coldiretti – esistono più di 60 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino. Nelle campagne italiane – conclude la Coldiretti – ci sono 1,5 milioni gli alveari curati da sessantamila apicoltori di cui circa 2/3 produce per autoconsumo.

 

COMO-LECCO, MIELE: IL CLIMA CONDIZIONA LA RACCOLTA DELL’ACACIA

Sembra scongiurato il ripetersi di un altro “anno nero” per il miele delle province di Como e Lecco, “ma non c’è affatto da festeggiare: le prime stime, infatti, indicano comunque una flessione per la raccolta dell’acacia rispetto alla media, anche se è ancora presto per tracciare ogni bilancio. Stiamo smielando i primi alveari e, quindi, si tratta ancora di dati tendenziali, che comunque indicano una forbice ricompresa tra 10 e 15 kg per unità, riguardo alla varietà acacia. In passato si era fatto di più. Ed è andata ancor peggio per il millefiori primaverile, con i numeri ridotti della metà rispetto a un’annata normale”. E’ Fabio Villa, apicoltore di Casatenovo, a tracciare le prime prospettive sulla stagione 2020 in occasione della Giornata delle Api che si festeggia domani (20 maggio) a livello planetario, dopo essere stata istituita dall’Onu nel 2018.

Ciò che emerge, per la provincia prealpina, è un quadro a macchia di leopardo e condizionata ancora una volta dal clima: le gelate tardive, laddove intervenute, hanno avuto ripercussioni negative, e così pure le piogge e i temporali della scorsa settimana hanno anticipato la fine delle fioriture. Va da sé che nei territori dove lo sviluppo vegetativo tende a essere più progressivo (come ad esempio le zone collinari che digradano verso i laghi) la situazione è sensibilmente migliore.

“Un altro anno con il segno meno è, purtroppo, un ulteriore colpo al cuore per un settore che ha pagato duramente l’esito disastroso della stagione 2019, che vide proprio la produzione d’acacia azzerate o ridotte del 90%: dove quest’anno si fanno 10/12 kg di raccolta, lo scorso anno non si superavano i due, e questo solo nei pochi casi più “fortunati” rispetto a un quadro nerissimo. Certo, siamo di fronte a tutt’altro scenario rispetto al 2019 ma non si tratta della svolta attesa, utile a compensare le gravissime perdite subite”.

Va ancora peggio in altre zone d’Italia, la produzione rischia di crollare fino all’80% rispetto alla media. Si tratta delle aree dove la siccità ha colpito più duramente, riducendo le fioriture e stressato le api.

“Ciò influisce anche su chi fa nomadismo” commenta Enrico Ranghetti, apicoltore di Beregazzo con Figliaro, nel Comasco. “Molto dipende dalle zone dove si sono portate le api. Per quanto mi riguarda, la prima settimana di raccolta dell’acacia era andata molto bene, con 15 kg/alveare che facevano presagire risultati ancora migliori. Poi sono intervenute le piogge che hanno rovinato tutto, e i temporali degli ultimi due giorni nella zona di pianura vicina al confine svizzero hanno segnato la fine della raccolta. Sì, alla fine ci ritroveremo con almeno il 20% in meno di un’annata normale, e la situazione potrebbe anche essere peggiore a livello locale”.

Le difficoltà delle api – sottolinea la Coldiretti – sono un pericolo grave per la biodiversità considerato che sono un indicatore dello stato di salute dell’ambiente e servono al lavoro degli agricoltori con l’impollinazione dei fiori. In media una singola ape visita in genere circa 7000 fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele. 3 colture alimentari su 4 dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api, tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni secondo la Fao.

Ora è allerta per quanto riguarda il pericolo di “invasione” di miele straniero: l’anno scorso ne furono importati quasi 25 milioni di chili, con il 40% di provenienza ungherese e oltre il 10% dalla Cina. In altre parole quasi 2 barattoli di miele su tre sono stranieri: “Per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità, occorre verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica” consiglia Coldiretti Como Lecco attraverso il presidente Fortunato Trezzi.

Il miele prodotto sul territorio nazionale dove non sono ammesse coltivazioni Ogm (a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina) è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. La parola Italia deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta – continua la Coldiretti – deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della CE”, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della CE”.

In Italia – spiega la Coldiretti – esistono più di 60 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori, da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino.