COMUNICATO STAMPA | Notizie dalle Federazioni

News La Forza del Territorio del 14 gennaio 2022

17 Gennaio 2022
News La Forza del Territorio del 14 gennaio 2022

Primo piano

 

CAMPANIA

PNRR: APPELLO ANBI E COLDIRETTI A REGIONE SU 535 MLN A RISCHIO

Pronti 73 progetti dei consorzi di bonifica ma mancano le linee guida

La Campania ha un  territorio periodicamente esposto a condizioni di allerta meteo, con importanti effetti al suolo di carattere idrogeologico, ma l’assessorato Ambiente delle Regione Campania non ha ancora definito le modalità per la partecipazione dei Consorzi di bonifica e irrigazione della Campania al PNRR – Piano nazionale di ripresa e resilienza, con la possibilità di candidare 73 progetti per la difesa suolo, a cura dei dieci Consorzi di bonifica campani, per un valore complessivo di 535 milioni di euro.

“Il PNRR rischia di rivelarsi un’occasione persa per i Consorzi di bonifica – spiegano Vito Busillo, presidente di ANBI Campania – Unione regionale Consorzi gestione e Tutela del Territorio e Acque irrigue, e Gennarino Masiello, presidente di Coldiretti Campania – poiché l’Assessorato regionale competente per materia continua ad ignorare completamente le richieste inoltrate dai Consorzi di bonifica campani. Lo stesso atteggiamento di noncuranza è stato assunto dall’Assessorato regionale per l’Ambiente e la Difesa del Suolo anche verso i progetti di manutenzione straordinaria e rimessa in efficienza del reticolo idrografico consortile, il cui elenco è stato debitamente trasmesso alla Regione da parte di ANBI Campania per i finanziamenti in favore dei Consorzi di bonifica stanziati dal Governo con i fondi del DPCM 18 giugno 2021.”

“Ciò nonostante – aggiungono i due presidenti – i Consorzi di bonifica guardano avanti e continuano a sperare in un segnale di attenzione della Regione, pronti ad offrire la loro competenza per la sicurezza idrogeologica del territorio e nei giorni scorsi hanno incontrato l’assessorato Agricoltura per definire invece i progetti su PNRR e PSR per quanto riguarda l’irrigazione, oltre che per una ricognizione sulle competenze consortili in materia di difesa idrogeologica.”

Il tutto in una regione come la Campania dove, secondo i dati illustrati dall’ANBI in un recente convegno con l’Associazione SVIMEZ, tra il 2013 e il 2019, si sono verificati numerosi eventi idrogeologici estremi che hanno determinato uno stato di emergenza, prodotto danni riconosciuti pari ad oltre 1.113 milioni di euro, con richieste di interventi per quasi 695 milioni, a fronte dei quali però sono stati assegnati e trasferiti fondi per appena 38 milioni.

“Nonostante una situazione a dir poco critica in Campania sul fronte della difesa suolo, che questi numeri sintetizzano, sta inspiegabilmente sfumando la possibilità per i Consorzi di bonifica della Campania di partecipare alla Misura M2C4 – Tutela del Territorio e della Risorsa Idrica del PNRR, che ben potrebbe contribuire significativamente al contrasto e alla prevenzione del dissesto idrogeologico e alla riduzione dal rischio idraulico cui è sottoposto il territorio regionale, che per altro ricade in larga parte nei comprensori di bonifica degli enti consortili.”

Nella missiva dello scorso luglio all’indirizzo del vicepresidente Fulvio Bonavitacola, il presidente ANBI Busillo aveva opportunamente, quanto vanamente, ricordato come – sulla base dell’articolo 3, comma 2 della legge regionale della Campania n. 4/2003 che disciplina le competenze dei Consorzi di bonifica – a questi enti sono affidati “interventi nel campo della difesa del suolo da eseguirsi nei comprensori di bonifica” che sono “di competenza di codesta Direzione Generale per l’Ambiente, la Difesa del Suolo e l’Ecosistema.”

E in Campania i territori interessati dalla bonifica coprono oltre il 60% della superficie territoriale della Regione per circa 900.000 ettari su un totale di 1.367.100. Inoltre, nelle aree di pianura una superficie di circa 286.000 ettari è servita da opere di scolo – realizzate e gestite dai Consorzi – e di questi oltre 16.000 ettari sono sottoposti al livello del mare e, per essere fruibili in condizioni di sicurezza, richiedono il sollevamento meccanico delle acque con impianti idrovori.

 

Dal Territorio

 

EMILIA ROMAGNA, CLIMA: BENE REGIONE SU INDENNIZZI CALAMITÀ

“Il via libera alla procedura per i risarcimenti che è arrivato dal ministero delle Politiche agricole con il decreto che ha accolto la richiesta avanzata nelle scorse settimane dalla Regione, testimonia l’importanza di collaborare con le Istituzioni nel comune interesse delle imprese del nostro territorio”. È il commento di Coldiretti Emilia Romagna al via libera alla procedura tecnica per l’erogazione degli aiuti alle imprese colpite dai violenti episodi di maltempo, con grandinate e trombe d’aria che si sono abbattute l’estate scorsa su alcune aree dell’Emilia-Romagna in provincia di Parma, Modena e Reggio Emilia.

La presentazione delle domande entro il 24 gennaio esclusivamente tramite posta elettronica certificata.

 

TRENTO, PREZZI MATERIE PRIME ALLE STELLE: SALVAGUARDIA E TUTELA ZOOTECNIA

“Coldiretti Trentino Alto Adige ribadisce l’importanza di garantire la sostenibilità finanziaria delle aziende zootecniche affinché i prezzi riconosciuti ad agricoltori e allevatori non scendano sotto i costi di produzioni in forte aumento per effetto dei rincari delle materie prime anche alla base dell’alimentazione degli animali”.

Queste le parole del presidente di Coldiretti Trentino Alto Adige Gianluca Barbacovi rispetto all’elevato livello di allarme che sta portando alle stelle il prezzo delle materie prime.

“Un primo stop alle speculazioni sul cibo è avvenuto lo scorso dicembre attraverso la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legislativo in attuazione della Direttiva UE sulle pratiche commerciali sleali, fortemente voluto dalla Coldiretti. A livello locale ci siamo mobilitati a sostegno delle aziende lavorando in sinergia con l’assessore all’agricoltura Giulia Zanotelli nei tavoli di confronto e nelle sedi istituzionali provinciali. Condividiamo che la questione deve essere affrontata con tutti gli attori che fanno parte della filiera, con accordi tra agricoltura, industria e distribuzione per garantire una più equa ripartizione del valore a tutela di aziende agricole e stalle”.

Con il decreto nazionale scatta lo stop per 16 pratiche sleali che vanno dal rispetto dei termini di pagamento (non oltre 30 giorni per i prodotti deperibili) al divieto di modifiche unilaterali dei contratti e di aste on line al doppio ribasso, dalle limitazioni delle vendite sottocosto alla fine dei pagamenti non connessi alle vendite fino ai contratti rigorosamente scritti.

“Adesso però -aggiunge Barbacovi – è necessario che questo strumento venga tempestivamente attivato per realizzare un percorso virtuoso finalizzato a garantire una equa distribuzione del valore lungo tutta la filiera proprio in un momento in cui molte imprese agricole stanno vendendo sottocosto anche per effetto di pratiche sleali che gravano sull’anello più debole della filiera. Valuteremo inoltre l’introduzione di ulteriori strumenti a livello locale in grado di sostenere e tutelare il settore”.

 

MARCHE, CARNE DI MAIALE SICURA MA NECESSARI INTERVENTI IMMEDIATI PESTE SUINA

“La Peste suina africana può infettare gli animali ma non è trasmissibile agli essere umani senza contare che i controlli a cui sono sottoposti gli allevamenti sono ferrei in Italia a tutela della salute dei consumatori”. Così Maria Letizia Gardoni, presidente di Coldiretti Marche, all’indomani del blocco dell’export della carne di maiale e derivati alle frontiere di Svizzera, Kuwait, Cina, Giappone e Taiwan come risposta ai casi di Psa sui cinghiali riscontrata in Piemonte e in Liguria. Un’ulteriore penalizzazione per il settore nelle Marche visto che parliamo di esportazioni di carne lavorata e conservata e prodotti a base di carne per un valore di circa 200 milioni di euro nel 2020. “Siamo costretti ad affrontare questa emergenza perché è mancata l’azione di prevenzione e contenimento come abbiamo ripetutamente denunciato in piazza e nelle sedi istituzionali di fronte alla moltiplicazione dei cinghiali che invadono città e campagne da nord a sud dell’Italia dove si contano ormai più di 2,3 milioni di esemplari” dicono da Coldiretti. “Bene ha fatto la Regione Marche, con l’assessore Carloni, ad attivare un tavolo per prevenire focolai anche qui nelle Marche dove finalmente si vede un cambio di passo nell’affrontare la questione della fauna selvatica, in sovrannumero e causa di danni ingenti all’agricoltura e pericolosa per l’incolumità pubblica” aggiungono gli agricoltori.

 

ABRUZZO, ANCORA SOLIDARIETA’ PER PANDEMIA CON DISTRIBUZIONE PACCHI ALIMENTARI

Si è conclusa oggi la consegna dei pacchi alimentari di Coldiretti in collaborazione con Campagna Amica e Filiera Italia insieme ai grandi marchi dell’agroalimentare nazionale destinati alle famiglie bisognose. Questa mattina sono state consegnate nel mercato di Campagna Amica di Chieti (Via Arniense in via Roma) 35 scatole di prodotti alimentari tra cui pasta, latte, farina, formaggi, prosciutto, olio, conserve di pomodoro, zucchero e legumi destinati alle famiglie che vivono un particolare momento di disagio economico dovuto alle conseguenze della pandemia. Alla distribuzione hanno partecipato il sindaco di Chieti Diego Ferrara e l’assessore alle politiche sociali Mara Maretti. Stesso copione a Pescara, con la consegna di 45 pacchi nel mercato di Campagna amica di via Paolucci e ad Avezzano, dove i generi alimentari sono stati consegnati nell’emporio solidale alla presenza dei volontari Caritas. 

“In un periodo di grande difficoltà per tutto il Paese il mondo agricolo è sempre molto solidale con chi vive il disagio – spiega Coldiretti Abruzzo – continuiamo a dare il nostro contributo per aiutare chi ha bisogno con alimenti sani e italiani, sperando di poter ripetere ancora l’iniziativa che, a livello territoriale, viene supportata nell’individuazione delle famiglie bisognose dai Comuni e dalle associazioni di volontariato”.

La consegna dei pacchi alimentari si aggiunge alle altre iniziative di solidarietà portate avanti da Coldiretti e Campagna Amica. Durante le festività natalizie è stata promossa anche la spesa sospesa con la raccolta nei mercati di Campagna amica di mille chili di prodotti alimentari.

 

LOMBARDIA, PESTE SUINA: 53% MAIALI ITALIANI, BENE ORDINANZA SALVA STALLE

La tempestiva adozione di un provvedimento nazionale che consente alle attività produttive di continuare a lavorare in sicurezza, fornendo rassicurazioni in merito alle esportazioni, è importante soprattutto per la nostra regione dove è allevato il 53% dei maiali italiani. È quanto afferma la Coldiretti Lombardia in riferimento alla firma dell’ordinanza dei ministri della Salute Roberto Speranza e delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli per fermare la diffusione della peste suina africana (PSA) dopo i casi riscontrati su cinghiali in Piemonte e Liguria ma anche in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa.

La Peste Suina Africana – sottolinea la Coldiretti – può colpire cinghiali e maiali ed è altamente contagiosa e spesso letale per questi animali, ma non è invece trasmissibile agli esseri umani. La situazione di emergenza che siamo costretti ad affrontare ora – continua la Coldiretti – è frutto della mancata azione di prevenzione e contenimento come abbiamo ripetutamente denunciato in piazza e nelle sedi istituzionali di fronte alla moltiplicazione dei cinghiali che invadono città e campagne da nord a sud dell’Italia dove si contano ormai più di 2,3 milioni di esemplari.

L’ordinanza interministeriale – spiega la Coldiretti – prevede il divieto di ogni attività venatoria salvo la caccia selettiva al cinghiale nella zona stabilita come infetta da Peste Suina Africana, ossia 114 Comuni di cui 78 in Piemonte e 36 in Liguria, dove la presenza di allevamenti è per fortuna molto contenuta. Nell’area circoscritta – precisa la Coldiretti – sono altresì vietate la raccolta dei funghi e tartufi, la pesca, il trekking, il mountain bike e le altre attività di interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti. L’ordinanza in vigore per sei mesi – continua la Coldiretti – si pone l’obiettivo di “porre in atto ogni misura utile ad un immediato contrasto alla diffusione della Psa e alla sua eradicazione a tutela della salute del patrimonio faunistico e zootecnico suinicolo nazionale e degli interessi economico connessi allo scambio extra Ue e alle esportazioni verso i Paesi terzi di suini e prodotti derivati”.

Il provvedimento nazionale – prosegue la Coldiretti regionale – arriva dopo la positiva decisione di Regione Lombardia di istituire una task force per prevenire e contrastare la peste suina sui nostri territori. Un’unità di crisi coordinata dalla U.O. Veterinaria (DG Welfare) e composta da rappresentanti della DG Agricoltura, della DG Protezione civile, dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna, dei Dipartimenti Veterinari delle Ats, della Polizia provinciale e dei Carabinieri forestali.

Ora –  afferma la Coldiretti Lombardia – è importante vigilare oltre che sul piano sanitario anche contro le speculazioni di mercato a tutela degli allevatori e del sistema economico ed occupazionale.  Una necessità dopo che sono state attivate misure precauzionali alle frontiere di Svizzera, Kuwait e in Oriente (Cina, Giappone e Taiwan) dove è stato previsto un temporaneo stop alle importazioni di carni e salumi Made in Italy.

Le esportazioni di carni suine e derivati Made in Italy ammontano complessivamente nel mondo a 1,7 miliardi ma va sottolineato – precisa la Coldiretti – che oltre il 60% è destinato a Paesi dell’Unione Europea che riconoscendo il principio della regionalizzazione prevedono eventuali blocchi solo dai comuni delimitati, dove peraltro l’attività di allevamento è molto contenuta. Un comportamento analogo peraltro è stato adottato anche da paesi come Regno Unito, USA e Canada dove è diretta la maggioranza dell’export extra Ue per i casi analoghi che si sono verificati in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa e per questo – continua la Coldiretti – diventa ora importante un’azione diplomatica per formalizzare questo orientamento e non penalizzare la filiera. 

Abbiamo più volte evidenziato – afferma la Coldiretti nazionale – il rischio della diffusione della Peste Suina Africana (Psa) attraverso i cinghiali e la necessità della loro riduzione sia numerica che spaziale attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette. Adesso serve subito un’azione sinergica su più fronti anche con la nomina di un commissario in grado di coordinare l’attività dei prefetti e delle forze dell’ordine chiamate ad intensificare gli interventi, per tutelare e difendere gli allevamenti e compensare gli eventuali danni economici alle imprese.

Si ravvisa infine la necessità di avviare iniziative comuni a livello europeo perché – conclude la Coldiretti – è dalla fragilità dei confini naturali del paese che dipende l’elevato rischio di un afflusso non controllato di esemplare portatori di peste.

 

PUGLIA, PESTE SUINA: BENE ORDINANZA SALVA STALLE

E’ importante la tempestiva adozione dell’ordinanza per contrastare la diffusione della Peste Suina e affrontare una storica emergenza per cui è mancata l’azione di prevenzione e contenimento che Coldiretti ha ripetutamente denunciato in piazza e nelle sedi istituzionali di fronte alla moltiplicazione dei cinghiali che invadono città e campagne, anche in Puglia dove durante l’emergenza Covid è stato registrato un aumento del 15% dei cinghiali. E’ quanto afferma Coldiretti Puglia, in riferimento alla firma dell’ordinanza dei ministri della Salute Roberto Speranza e delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli per fermare la diffusione della peste suina africana (PSA) dopo i casi riscontrati su cinghiali in Piemonte e Liguria ma anche in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa. La Peste Suina Africana – sottolinea la Coldiretti – può colpire cinghiali e maiali ed è altamente contagiosa e spesso letale per questi animali, ma non è, invece, trasmissibile agli esseri umani. Il provvedimento – spiega la Coldiretti – prevede il divieto di ogni attività venatoria salvo la caccia selettiva al cinghiale nella zona stabilita come infetta da Peste Suina Africana, di vigilare oltre che sul piano sanitario anche contro le speculazioni di mercato a tutela degli allevatori e del sistema economico ed occupazionale.

I branchi – sottolinea la Coldiretti regionale – si spingono in Puglia sempre più vicini ad abitazioni e scuole, fino ai parchi dove giocano i bambini, distruggono i raccolti, aggrediscono gli animali, assediano stalle, causano incidenti stradali con morti e feriti e razzolano tra i rifiuti con pericoli per la salute e la sicurezza delle persone, per questo è necessario vigilare oltre che sul piano sanitario anche contro le speculazioni di mercato a tutela degli allevatori e del sistema economico ed occupazionale.

La situazione è diventata insostenibile nelle campagne con danni per almeno 18 milioni di euro all’anno alle produzioni agricole ma – sottolinea Coldiretti Puglia – viene compromesso anche l’equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali in aree di pregio naturalistico con la perdita di biodiversità sia animale che vegetale.

Senza dimenticare il pericolo della diffusione di malattie evidenziato dallo stesso Piano di sorveglianza e prevenzione per il 2021 pubblicato dal ministero della Salute che ribadisce come i cinghiali abbiano una responsabilità fondamentale per la diffusione della Peste Suina Africana (Psa) e dunque una delle misure necessarie in Italia è la gestione numerica della popolazione di questi animali. L’azione dunque secondo il Piano – continua la Coldiretti Puglia – deve essere indirizzata alla riduzione sia numerica che spaziale attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette.

In Italia dopo il lockdown per l’emergenza Covid i cinghiali hanno raggiunto la cifra record di 2,3 milioni di esemplari – sottolinea la Coldiretti – con gli animali selvatici nelle città alla ricerca di cibo tra i rifiuti, nei parchi e addirittura nei cortili delle case con evidenti rischi per la salute. C’è chi si è ritrovato un cinghiale in piscina, chi li ha incrociati in mare e anche chi – conclude la Coldiretti regionale – li ha fotografati mentre si godono la siesta su un materasso abbandonato accanto ai bidoni della spazzatura.

 

PIEMONTE, PESTE SUINA: ADOTTARE PROVVEDIMENTI PER SALVARE ALLEVAMENTI

“E’ importante la tempestiva adozione del provvedimento che consente alle attività produttive di continuare a lavorare in sicurezza, fornendo rassicurazioni in merito alle esportazioni”. E’ quanto afferma Coldiretti in riferimento alla firma dell’ordinanza dei ministri della Salute Roberto Speranza e delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli per fermare la diffusione della peste suina africana (PSA) dopo i casi riscontrati su cinghiali in Piemonte e Liguria ma anche in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa.

“Siamo in continuo e costante contatto con l’autorità sanitaria in Piemonte, gli assessorati regionali all’Agricoltura e alla Sanità, oltre che con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte Liguria e Valle d’Aosta per poter dare ai nostri associati le corrette informazioni e tempestivi aggiornamenti, attraverso anche specifiche videoconferenze organizzate con gli allevatori suinicoli – spiegano Roberto Moncalvo presidente di Coldiretti Piemonte e Bruno Rivarossa Delegato Confederale -. Siamo costretti ad affrontare questa emergenza perché è mancata l’azione di prevenzione e contenimento, come abbiamo ripetutamente denunciato sia durante le manifestazioni in piazza a Torino sia nelle sedi istituzionali, di fronte alla moltiplicazione dei cinghiali che invadono città e campagne in tutta Italia, dove si contano ormai più di 2,3 milioni di esemplari”. 

Il provvedimento prevede il divieto di ogni attività venatoria, salvo la caccia selettiva al cinghiale, nella zona stabilita come infetta da Peste Suina Africana, ossia 114 Comuni di cui 78 in Piemonte e 36 in Liguria. Nell’area circoscritta sono altresì vietate la raccolta dei funghi e tartufi, la pesca, il trekking, il mountain bike e le altre attività di interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti. Sono escluse le attività connesse alla salute, alla cura degli animali detenuti e selvatici nonché alla salute e cura delle piante, comprese le attività selvicolturali. L’ordinanza in vigore per sei mesi si pone l’obiettivo di “porre in atto ogni misura utile ad un immediato contrasto alla diffusione della Psa e alla sua eradicazione a tutela della salute del patrimonio faunistico e zootecnico suinicolo nazionale e degli interessi economico connessi allo scambio extra Ue e alle esportazioni verso i Paesi terzi di suini e prodotti derivati”. Una necessità dopo che sono state attivate misure precauzionali alle frontiere di Svizzera, Kuwait e in Oriente (Cina, Giappone e Taiwan) dove è stato previsto un temporaneo stop alle importazioni di carni e salumi Made in Italy. Un comportamento analogo, peraltro, è stato adottato anche da paesi come Regno Unito, USA e Canada dove è diretta la maggioranza dell’export extra Ue per i casi analoghi che si sono verificati in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa e per questo diventa ora importante una azione diplomatica per formalizzare questo orientamento e non penalizzare la filiera.

“Abbiamo più volte evidenziato il rischio della diffusione della Peste Suina Africana (Psa) attraverso i cinghiali e la necessità della loro riduzione sia numerica che spaziale attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette. Adesso serve subito un’azione sinergica su più fronti anche con la nomina di un commissario in grado di coordinare l’attività dei prefetti e delle forze dell’ordine chiamate ad intensificare gli interventi, per tutelare e difendere gli allevamenti e compensare gli eventuali danni economici alle nostre imprese. E’ altresì necessario avviare iniziative comuni a livello europeo perché è dalla fragilità dei confini naturali del Paese che dipende l’elevato rischio di un afflusso incontrollato di esemplari portatori di peste”, concludono.

 

UMBRIA, ZONE VULNERABILI AI NITRATI: BENE SOSPENSIONE DELIBERA REGIONALE

Soddisfazione viene espressa dalla Coldiretti Umbria in seguito all’ordinanza n. 6 del 2022 del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria che ha accolto la domanda cautelare proposta da alcune aziende socie dell’Organizzazione agricola, prevedendo la sospensione degli effetti della deliberazione della Giunta Regionale dello scorso ottobre che ridisegnava i confini dei territori soggetti a “Zona Vulnerabile ai Nitrati”.

Deliberazione su cui tra l’altro, Coldiretti aveva espresso dubbi e contrarietà, chiedendo all’Amministrazione regionale parametri di riferimento chiari e certi. Fin dall’inizio del processo di revisione delle zone, Coldiretti Umbria si era opposta ad una riperimetrazione oltremodo penalizzante per le imprese e “distante” dalla reale condizione del territorio umbro.

L’obiettivo resta quello di veder fissati nuovi perimetri delle zone vulnerabili ai nitrati, fondati su valutazioni differenti e che vengano previste misure alternative di sostegno alle imprese per il peso economico dovuto per gli adeguamenti aziendali.

Una problematica quindi, questa delle Zone Vulnerabili ai Nitrati, su cui proseguirà l’impegno di Coldiretti Umbria per tutelare il lavoro delle imprese agricole, vista l’importanza della materia e il conseguente impatto sul territorio. Pur considerando la rilevanza della tutela ambientale – conclude Coldiretti – l’auspicio è quello di poter andare incontro alle esigenze delle aziende zootecniche e agricole umbre che già negli anni si sono adoperate per aumentare e migliorare i propri standard produttivi, preservando la biodiversità e puntando su una sempre maggiore qualità delle produzioni basate sul rispetto del territorio, dell’ambiente e sul benessere animale.

 

TOSCANA, POVERTÀ: AGRICOLTORI IN SOCCORSO NUOVI POVERI

Gli agricoltori toscani in soccorso dei nuovi poveri. Al via in tutta la regione la distribuzione di circa 15 tonnellate di cibi e bevande Made in Tuscany alle famiglie in difficoltà. L’iniziativa, promossa da Coldiretti, Campagna Amica e Filiera Italia con la partecipazione delle più rilevanti realtà economiche e sociali del Paese, coinvolgerà tutte le province. “L’obiettivo – spiega Fabrizio Filippi, Presidente Coldiretti Toscana – è dare la possibilità anche ai più poveri di gustare il meglio della gastronomia tricolore e toscana per ricordare che insieme all’emergenza sanitaria bisogna combattere quella economica ed occupazionale. La povertà è una emergenza, e purtroppo è una emergenza che coinvolge, anche a causa della pandemia, sempre più famiglie: 121 mila persone vivono sotto la soglia di povertà in Toscana: il 15% in più rispetto al 2019. Sono davvero molte a triste conferma di un disagio economico, e quindi sociale, in espansione”.

Secondo l’ultimo dossier Caritas le fasce più in difficoltà sono i giovani, gli stranieri e le famiglie numerose. L’indice di povertà individuale è passato dal 7,7% all’8,5% nel 2020. I nuovi poveri sono 16 mila in più rispetto ad un anno prima. “I pacchi degli agricoltori – spiega Filippi – saranno distribuiti ai nuclei famigliari in stato di bisogno individuati dalle federazioni territoriali di Coldiretti e da Campagna Amica insieme ai servizi sociali dei comuni e alle parrocchie. Ogni famiglia è destinataria di un pacco di oltre 50 chili con prodotti 100% Made in Italy: dalla pasta ai legumi, dalla passata di pomodoro al cotechino, dal prosciutto crudo alla farina, dal Grana Padano al Parmigiano Reggiano, dal Provolone al latte UHT, dal panettone al pandoro, dall’olio extra vergine di oliva alla mortadella, dalla carne in scatola al mascarpone, dai biscotti per bambini agli omogeneizzati”.

Lo scorso anno, in Toscana, in piena pandemia, Coldiretti ha distribuito oltre 50 tonnellate di prodotti tipici a chilometro zero e di altissima qualità anche grazie all’impegno e alla grande partecipazione volontaria dei cittadini al programma della “Spesa sospesa” nei mercati di Campagna Amica e dal contributo determinante di importanti realtà del Paese. “Con questa iniziativa vogliamo dare continuità e concretezza alla presenza sociale ed umana di Coldiretti sul territorio attraverso le sue imprese, i suoi mercati ed il suo impegno per le comunità. – spiega ancora Filippi – Ma vogliamo anche evidenziare le grandi eccellenze alimentari del Paese che hanno contribuito a fare grande il Made in Italy in Italia e all’estero e rappresentano un risorsa determinante da cui ripartire. Un sistema dove lavorano oltre tre milioni di persone che operano nella filiera alimentare, dalle campagne alle industrie fino ai trasporti, ai negozi e ai supermercati, per garantire continuità alle forniture di cibo e bevande alla popolazione”.

L’iniziativa di è stata resa possibile dalla partecipazione di: Conad, Enel, Intesa San Paolo, Philip Morris Italia, Snam, Eni, Grana Padano, Granarolo, Generali, Rigamonti, Poste Italiane, Parmigiano Reggiano, Montana, Casillo, Le Stagioni d’Italia, Virgilio, Plasmon, Casa Modena, Ferrovie Italiane, Terna, Novamont, Pomì, Gardalatte, Banco BPM, Unioncamere e Codacons. Per informazioni www.toscana.coldiretti.it, pagina ufficiale Facebook @coldiretti.toscana e canale ufficiale YouTube “Coldiretti Toscana”.

 

VICENZA, PESTE SUINA: UN’EMERGENZA DA AFFRONTARE CON TEMPESTIVITÀ

Punto di svolta sulla vicenda Peste suina. Firmata l’ordinanza dei ministri della Salute Roberto Speranza e delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli per fermare la diffusione della peste suina africana (PSA) dopo i casi riscontrati su cinghiali in Piemonte e Liguria, ma anche in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa.

“È importante la tempestiva adozione del provvedimento – commenta il presidente provinciale di Coldiretti Vicenza, Martino Cerantola – che consente alle attività produttive di continuare a lavorare in sicurezza, fornendo rassicurazioni in merito alle esportazioni”.

La Peste Suina Africana può colpire cinghiali e maiali ed è altamente contagiosa e spesso letale per questi animali, ma non è, invece, trasmissibile agli esseri umani. “Siamo costretti ad affrontare questa emergenza – prosegue Coldiretti Vicenza – perché è mancata l’azione di prevenzione e contenimento, come abbiamo ripetutamente denunciato in piazza e nelle sedi istituzionali, di fronte alla moltiplicazione dei cinghiali che invadono città e campagne da nord a sud dell’Italia, dove si contano ormai più di 2,3 milioni di esemplari. È indispensabile vigilare oltre che sul piano sanitario anche contro le speculazioni di mercato, a tutela degli allevatori e del sistema economico ed occupazionale”.

Il provvedimento prevede il divieto di ogni attività venatoria, salvo la caccia selettiva al cinghiale nella zona stabilita come infetta da Peste Suina Africana, ossia 114 Comuni, di cui 78 in Piemonte e 36 in Liguria, dove la presenza di allevamenti è per fortuna molto contenuta. Nell’area circoscritta sono altresì vietate la raccolta dei funghi e tartufi, la pesca, il trekking, il mountain bike e le altre attività di interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti. L’ordinanza in vigore per sei mesi si pone l’obiettivo di “porre in atto ogni misura utile ad un immediato contrasto alla diffusione della Psa e alla sua eradicazione a tutela della salute del patrimonio faunistico e zootecnico suinicolo nazionale e degli interessi economico connessi allo scambio extra Ue e alle esportazioni verso i Paesi terzi di suini e prodotti derivati”.

Una necessità dopo che sono state attivate misure precauzionali alle frontiere di Svizzera, Kuwait ed in Oriente (Cina, Giappone e Taiwan) dove è stato previsto un temporaneo stop alle importazioni di carni e salumi Made in Italy. “Le esportazioni di carni suine e derivati Made in Italy ammontano complessivamente nel mondo a 1,7 miliardi ma va sottolineato – precisa Coldiretti Vicenza – che oltre il 60% è destinato a Paesi dell’Unione Europea che riconoscendo il principio della regionalizzazione prevedono eventuali blocchi solo dai comuni delimitati, dove peraltro l’attività di allevamento è molto contenuta. Un comportamento analogo, peraltro, è stato adottato anche da paesi come Regno Unito, USA e Canada dove è diretta la maggioranza dell’export extra Ue per i casi analoghi che si sono verificati in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa e per questo diventa ora importante una azione diplomatica per formalizzare questo orientamento e non penalizzare la filiera”.

“Abbiamo più volte evidenziato il rischio della diffusione della Peste Suina Africana (Psa) attraverso i cinghiali e la necessità della loro riduzione sia numerica che spaziale attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette. Adesso serve subito – conclude Cerantola – un’azione sinergica su più fronti anche con la nomina di un commissario in grado di coordinare l’attività dei prefetti e delle forze dell’ordine chiamate ad intensificare gli interventi, per tutelare e difendere gli allevamenti e compensare gli eventuali danni economici alle imprese. Si ravvisa infine la necessità di avviare iniziative comuni a livello europeo, perché è dalla fragilità dei confini naturali del paese che dipende l’elevato rischio di un afflusso non controllato di esemplare portatori di peste”.

 

LIGURIA, PESTE SUINA: NECESSARI INTERVENTI IMMEDIATI PER LIMITARE DANNI A IMPRESE

“E’ importante la tempestiva adozione del provvedimento che consente alle attività produttive di continuare a lavorare in sicurezza, fornendo rassicurazioni in merito alle esportazioni”. E’ quanto afferma il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini in riferimento alla firma dell’ordinanza dei ministri della Salute Roberto Speranza e delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli per fermare la diffusione della peste suina africana (PSA) dopo i casi riscontrati su cinghiali in Liguria e Piemonte ma anche in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa. Il provvedimento prevede il divieto di ogni attività venatoria, salvo la caccia selettiva al cinghiale nella zona individuata come infetta, ossia 114 Comuni di cui 36 in Liguria e 78 in Piemonte, dove la presenza di allevamenti è per fortuna molto contenuta; sono vietate anche la raccolta di funghi e tartufi, la pesca, il trekking, il mountain bike e le altre attività di interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti.

E’ essenziale agire anche per tutelare gli interessi economici connessi allo scambio extra Ue e alle esportazioni verso i Paesi terzi di suini e prodotti derivati: sono già state attivate misure precauzionali alle frontiere di Svizzera, Kuwait e in Oriente (Cina, Giappone e Taiwan) dove è stato previsto un temporaneo stop alle importazioni di carni e salumi Made in Italy. Le esportazioni di carni suine e derivati Made in Italy ammontano complessivamente nel mondo a 1,7 miliardi ma va sottolineato che oltre il 60% è destinato a Paesi dell’Unione Europea che, riconoscendo il principio della regionalizzazione, prevedono eventuali blocchi solo dai comuni delimitati, dove peraltro l’attività di allevamento è molto contenuta. Un comportamento analogo peraltro è stato adottato anche da paesi come Regno Unito, USA e Canada dove è diretta la maggioranza dell’export extra Ue per i casi analoghi che si sono verificati in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa e per questo diventa ora importante una azione diplomatica per formalizzare questo orientamento e non penalizzare la filiera.

“Siamo in continuo e costante contatto con l’autorità sanitaria in Liguria, gli assessorati regionali all’Agricoltura e alla Sanità, oltre che con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte Liguria e Valle d’Aosta per poter dare ai nostri associati le corrette informazioni e tempestivi aggiornamenti. -spiegano Gianluca Boeri presidente di Coldiretti Liguria e Bruno Rivarossa Delegato Confederale- Siamo costretti ad affrontare questa emergenza perché è mancata l’azione di prevenzione e contenimento, come abbiamo ripetutamente denunciato sia durante le manifestazioni in piazza De Ferrari sia nelle sedi istituzionali, di fronte alla moltiplicazione dei cinghiali che invadono città e campagne in tutta Italia, dove si contano ormai più di 2,3 milioni di esemplari con stime di oltre 80mila capi nella nostra regione; inoltre, siamo ancora in attesa dei dati che abbiamo chiesto a Regione Liguria per conoscere bene i numeri e i meccanismi che vengono generati dall’attuale sistema di caccia, al fine di monitorare il fenomeno anche in termini sanitari e fiscali e di vigilare contro le speculazioni di mercato a tutela degli allevatori e del sistema economico ed occupazionale”.

“Abbiamo più volte evidenziato il rischio della diffusione della PSA attraverso i cinghiali e la necessità della loro riduzione sia numerica che spaziale attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette. –afferma Ettore Prandini- Adesso serve subito un’azione sinergica su più fronti anche con la nomina di un commissario in grado di coordinare l’attività dei prefetti e delle forze dell’ordine chiamate ad intensificare gli interventi, per tutelare e difendere gli allevamenti e compensare gli eventuali danni economici alle imprese. Si ravvisa infine la necessità di avviare iniziative comuni a livello europeo perché è dalla fragilità dei confini naturali del paese che dipende l’elevato rischio di un afflusso non controllato di esemplare portatori di peste”.

 

PUGLIA, PREZZI: GRANO MADE IN ITALY VA PAGATO IL GIUSTO

Per acquistare il grano italiano basta pagare il giusto prezzo agli agricoltori, per arginare al contempo il balzo dei prezzi della pasta che può essere affrontato con una adeguata programmazione che consenta di aumentare la produzione di grano duro made in Italy in una situazione in cui il Belpaese importa circa il 40% del grano di cui ha bisogno, con un evidente e scontato aumento dei costi a carico dell’industria molitoria. E’ quanto afferma la Coldiretti Puglia, stigmatizzando nuovamente l’assenza reiterata di Italmopa in seno alla Commissione Unica Nazionale sperimentale del grano duro, in riferimento alle dichiarazioni del presidente dei Pastai di Union Food-Confindustria Riccardo Felicetti. 

Come riconoscono i pastai – sottolinea la Coldiretti regionale – il grano italiano viene sottopagato a prezzi inferiori di quello estero nonostante sia “appetibile” e sicuro perché ottenuto senza l’impiego del diserbante glifosato in preraccolta, una modalità consentita invece da Paesi dai quali importano come il Canada. Nonostante questo, molte industrie hanno infatti preferito continuare ad acquistare per anni in modo speculativo sul mercato mondiale, anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale attraverso i contratti di filiera sostenuti dalla Coldiretti. Una miopia che – precisa la Coldiretti Puglia – ha costretto gli agricoltori italiani a ridurre le superfici coltivate e a cercare mercati alternativi che riconoscono prezzi più equi. Oggi ci sono le condizioni per rispondere alle domanda di italianità dei consumatori e di qualità dell’industria investendo sull’agricoltura nazionale con rapporti di filiera virtuosi che – conclude la Coldiretti – valorizzino i primati del Made in Italy e garantiscano una giusta distribuzione del valore.

“E’ assordate il silenzio dei pastai e la prolungata assenza al tavolo della CUN sperimentale, dove dalla prima convocazione in avanti non si riesce a procedere ad una corretta e trasparente valutazione dell’andamento del mercato, in quanto la parte acquirente non si presenta in commissione e non invia le schede di mercato, con la mancata quotazione sul listino. Con la CUN dovremmo riportare in trasparenza costi di produzione e prezzi del grano, sottoposto a speculazioni inaccettabili, oltre a controlli serrati con una cabina di regia coordinata tra ICQRF, NAS, ASL e gli altri organi deputati alle verifiche”, spiega Maddalena Rignanese Rinaldi, componente di Coldiretti Puglia in sede CUN.

La Puglia è il principale produttore italiano di grano duro, con 360.000 ettari coltivati e 9.990.000 quintali prodotto e valore della filiera della pasta in Puglia pari a 542.000.000 euro. La domanda di grano 100% Made in Italy si scontra con anni di disattenzione e abbandono che nell’ultimo decennio hanno portato alla scomparsa di 1 campo su 5 – aggiunge Coldiretti Puglia – dopo con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati con effetti dirompenti sull’economia, sull’occupazione e sull’ambiente, dalla concorrenza sleale delle importazioni dall’estero soprattutto da aree del pianeta che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale in vigore nel nostro Paese.

Una situazione aggravata dalla concorrenza sleale delle importazioni – ricorda la Coldiretti Puglia – che con l’entrata in vigore dell’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Canada (CETA) nel 2020 le importazioni di grano canadese in Italia sono aumentate del 70% rispetto all’anno precedente per un totale di circa 1,7 miliardi di chili provenienti soprattutto da Paesi come gli Stati Uniti e il Canada dove vengono fatti seccare proprio con l’utilizzo del glifosato.

Per fermare le speculazioni e garantire la disponibilità del grano e degli altri prodotti agricoli – sottolinea la Coldiretti – occorre lavorare per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali. Ci sono le condizioni per incrementare la produzione di grano in Italia dove – precisa la Coldiretti – è peraltro vietato l’uso del diserbante chimico glifosato in preraccolta, a differenza di quanto avviene in Canada.

In questo contesto – sottolinea la Coldiretti regionale – un segnale importante viene dal moltiplicarsi di marchi di pasta che garantiscono l’origine nazionale al 100% del grano impiegato, impensabile fino a pochi anni fa. Ci sono quindi le condizioni per rispondere alle domanda di italianità dei consumatori ed investire sull’agricoltura nazionale che è in grado di offrire produzione di qualità realizzando rapporti di filiera virtuosi con accordi che – conclude la Coldiretti Puglia – valorizzino i primati del Made in Italy e assicurino la sostenibilità della produzione in Italia. Un impegno importante per garantire la sovranità alimentare del Paese e ridurre la dipendenza dall’estero in un momento in cui l’emergenza coronavirus ha evidenziato tutte le criticità del commercio internazionale.

L’Italia – continua la Coldiretti – è il secondo produttore mondiale con un quantitativo di 3,85 milioni di tonnellate ma è anche il principale importatore perché molte industrie anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale hanno preferito acquistare sul mercato internazionale approfittando delle basse quotazioni dell’ultimo decennio. Ora – precisa la Coldiretti Puglia – la situazione è cambiata anche sotto la spinta dell’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano voluto dalla Coldiretti che ha favorito il boom delle paste 100% Made in Italy.

Una trend spinto dalla crescente richiesta di prodotti 100% Made in Italy da parte dei consumatori. Infatti secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’ l’82% degli italiani con l’emergenza coronavirus sugli scaffali cerca prodotti Made in Italy per sostenere l’economia ed il lavoro del territorio. Una tendenza confermata dal successo della campagna #mangiaitaliano promossa da Coldiretti e Filiera Italia che ha coinvolto industrie e catene della grande distribuzione. Una svolta patriottica favorita anche dall’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta sotto il pressing delle battaglie degli agricoltori della Coldiretti.

Le industrie di trasformazione stanno quindi adeguando gli approvvigionamenti e le proprie linee di produzione anche attraverso accordi per aumentare le coltivazioni in Italia. In questo contesto un segnale importante viene dal moltiplicarsi di marchi di pasta che garantiscono l’origine nazionale al 100% del grano impiegato, impensabile fino a pochi anni: da La Molisana ad Agnesi, da Ghigi a De Sortis, da Jolly Sgambaro a Granoro, da Armando a Fabianelli, da Alce Nero a Rummo, da Antonio Amato a Voiello, da pasta Milo fino a Barilla che ha deciso di rinnovare la sua pasta classica con grani 100% italiani. Ci sono quindi le condizioni per rispondere alle domanda di italianità dei consumatori ed investire sull’agricoltura nazionale che è in grado di offrire produzione di qualità – insiste Coldiretti Puglia – realizzando rapporti di filiera virtuosi con accordi che valorizzino i primati del Made in Italy e assicurino la sostenibilità della produzione in Italia con impegni pluriennali e il riconoscimento di un prezzo di acquisto “equo”, basato sugli effettivi costi sostenuti. Un impegno importante per garantire la sovranità alimentare del Paese e ridurre la dipendenza dall’estero in un momento in cui l’emergenza coronavirus ha evidenziato tutte le criticità del commercio internazionale. L’allarme globale provocato dal Covid ha fatto emergere – conclude Coldiretti Puglia – una maggior consapevolezza sul valore strategico rappresentato dal cibo e dalle necessarie garanzie di qualità e sicurezza.

 

PAVIA, RISO: SUMMIT DI COLDIRETTI PAVIA TRA NUOVE MINACCE E BOOM DEI COSTI

Un incontro con i risicoltori organizzato da Coldiretti Pavia, per fare il punto sulle nuove minacce in campo e sull’esplosione dei costi di produzione. È quello che si è svolto al Polo Tecnologico, a cui hanno partecipato i referenti di Coldiretti Lombardia, gli esperti della Regione e dell’Ente Nazionale Risi insieme al Presidente di Coldiretti Pavia Stefano Greppi, al Direttore Rodolfo Mazzucotelli e ai Soci risicoltori di Coldiretti Pavia. «Abbiamo affrontato in particolare il problema dei nematodi del riso – sottolinea il Presidente Greppi – che sta causando seri danni alle risaie e ai risicoltori pavesi, già alle prese con il boom dei costi di produzione e dal balzo in avanti dei beni energetici, a partire dal gasolio».

I nematodi – spiega Coldiretti Pavia – sono parassiti in grado di attaccare numerose piante ospiti, tra cui anche la coltivazione del riso, compromettendone seriamente la produttività. «Si tratta di organismi nocivi con un forte impatto non soltanto sul valore economico delle risaie, ma anche sugli importanti aspetti ambientali e sociali della risicoltura – spiega ancora Stefano Greppi – Per questo motivo durante l’incontro che abbiamo organizzato i tecnici ci hanno illustrato l’importanza delle misure di contenimento, dell’attività di sorveglianza e dei campionamenti, tutti interventi fondamentali per poter continuare la coltivazione del riso».

Al centro dell’incontro, che si è svolto nel pieno rispetto delle normative anti Covid, anche la questione degli indennizzi per i risicoltori colpiti da questi parassiti, che hanno dovuto affrontare pesantissime perdite di produzione. «Gli agricoltori sono già alle prese con il boom dei beni energetici – sottolinea Rodolfo Mazzucotelli, Direttore di Coldiretti Pavia – che si trasferisce a valanga sui bilanci delle imprese agricole, strozzate da aumenti dei costi di produzione non compensati da prezzi di vendita adeguati». Per le operazioni colturali, infatti, gli agricoltori – spiega Coldiretti Pavia – sono costretti ad affrontare rincari dei prezzi fino al 50% per il gasolio, che i risicoltori utilizzano sia per le attività in campo sia per far funzionare gli essiccatoi. Anche i prezzi di fertilizzanti e concimi – spiega Coldiretti Pavia – sono schizzati verso l’alto, con l’urea passata da 350 euro a 850 euro a tonnellata (+143%), il fosfato biammonico Dap raddoppiato (+100%) da 350 a 700 euro a tonnellata, mentre prodotti di estrazione come il perfosfato minerale registrano +65%. Non si sottraggono ai rincari anche i fertilizzanti a base di azoto, fosforo e potassio, che subiscono anch’essi una forte impennata (+60%). «Serve responsabilità da parte dell’intera filiera alimentare – conclude il Presidente di Coldiretti Pavia – con accordi tra agricoltura, industria e distribuzione per garantire una più equa ripartizione del valore per salvare le aziende agricole».

 

MODENA, TROMBA D’ARIA CARPI: BENE REGIONE SU INDENNIZZI

“Il via libera alla procedura per i risarcimenti che è arrivato dal ministero delle Politiche agricole con il decreto che ha accolto la richiesta avanzata nelle scorse settimane dalla Regione, testimonia l’importanza di collaborare con le Istituzioni nel comune interesse delle imprese del nostro territorio”. È il commento di Coldiretti Modena al via libera alla procedura tecnica per l’erogazione degli aiuti alle imprese colpite dalla tromba d’aria che il 19 settembre scorso si è abbattuta su Carpi.

La presentazione delle domande entro il 24 gennaio esclusivamente tramite posta elettronica certificata.

 

NOVARA-VCO, PESTE SUINA: SUBITO PROVVEDIMENTO PER SALVARE ALLEVAMENTI

“È importante la tempestiva adozione del provvedimento che consente alle attività produttive di continuare a lavorare in sicurezza, fornendo rassicurazioni in merito alle esportazioni”. Questo il punto di vista di Coldiretti in riferimento alla firma dell’ordinanza dei ministri della Salute Roberto Speranza e delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli per fermare la diffusione della peste suina africana (PSA) dopo i casi riscontrati su cinghiali in Piemonte e Liguria ma anche in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa.

“Siamo in continuo e costante contatto con l’autorità sanitaria in Piemonte, gli assessorati regionali all’Agricoltura e alla Sanità, oltre che con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte Liguria e Valle d’Aosta per poter dare ai nostri associati le corrette informazioni e tempestivi aggiornamenti, attraverso anche specifiche videoconferenze organizzate con gli allevatori suinicoli – spiegano il Presidente di Coldiretti Novara-Vco Sara Baudo e il Direttore Francesca Toscani – Siamo costretti ad affrontare questa emergenza perché è mancata l’azione di prevenzione e contenimento, come abbiamo ripetutamente denunciato sia durante le manifestazioni in piazza a Torino sia nelle sedi istituzionali, di fronte alla moltiplicazione dei cinghiali che invadono città e campagne in tutta Italia, dove si contano ormai più di 2,3 milioni di esemplari”. 

Il provvedimento prevede il divieto di ogni attività venatoria, salvo la caccia selettiva al cinghiale, nella zona stabilita come infetta da Peste Suina Africana, ossia 114 Comuni di cui 78 in Piemonte (tutti in provincia di Alessandria) e 36 in Liguria. Nell’area circoscritta sono altresì vietate la raccolta dei funghi e tartufi, la pesca, il trekking, il mountain biking e le altre attività di interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti. Sono escluse le attività connesse alla salute, alla cura degli animali detenuti e selvatici nonché alla salute e cura delle piante, comprese le attività selvicolturali. L’ordinanza in vigore per sei mesi si pone l’obiettivo di “porre in atto ogni misura utile ad un immediato contrasto alla diffusione della Psa e alla sua eradicazione a tutela della salute del patrimonio faunistico e zootecnico suinicolo nazionale e degli interessi economico connessi allo scambio extra Ue e alle esportazioni verso i Paesi terzi di suini e prodotti derivati”. Una necessità dopo che sono state attivate misure precauzionali alle frontiere di Svizzera, Kuwait e in Oriente (Cina, Giappone e Taiwan) dove è stato previsto un temporaneo stop alle importazioni di carni e salumi Made in Italy. Un comportamento analogo, peraltro, è stato adottato anche da paesi come Regno Unito, USA e Canada dove è diretta la maggioranza dell’export extra Ue per i casi analoghi che si sono verificati in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa e per questo diventa ora importante una azione diplomatica per formalizzare questo orientamento e non penalizzare la filiera.

“Abbiamo più volte evidenziato – proseguono Baudo e Toscani – il rischio della diffusione della Peste Suina Africana (Psa) attraverso i cinghiali e la necessità della loro riduzione sia numerica che spaziale attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette. Adesso serve subito un’azione sinergica su più fronti anche con la nomina di un commissario in grado di coordinare l’attività dei prefetti e delle forze dell’ordine chiamate ad intensificare gli interventi, per tutelare e difendere gli allevamenti e compensare gli eventuali danni economici alle nostre imprese. È altresì necessario avviare iniziative comuni a livello europeo perché è dalla fragilità dei confini naturali del Paese che dipende l’elevato rischio di un afflusso incontrollato di esemplari portatori di peste”, concludono.

 

PORDENONE, PESTE SUINA: PRIMO CASO SU CINGHIALE, SERVE COORDINAMENTO

“La peste suina è una grave emergenza sanitaria ed è arrivata anche in Piemonte con il primo caso riscontrato su un cinghiale. Coldiretti ha ripetutamente denunciato in piazza e nelle sedi istituzionali questo rischio di fronte alla moltiplicazione dei cinghiali che invadono città e campagne da nord a sud dell’Italia dove si contano ormai più di 2,3 milioni di esemplari che creano anche danni alle coltivazioni, ai prati e spesso purtroppo incidenti stradali anche gravi”.

Questa la dichiarazione di Matteo Zolin, presidente Coldiretti e suinicoltore.

“Abbiamo più volte evidenziato -afferma Zolin- il rischio della diffusione della Peste Suina Africana (Psa) attraverso i cinghiali e la necessità della loro riduzione sia numerica che spaziale attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette”.

L’allarme è lanciato a livello nazionale dal presidente di Coldiretti Ettore Prandini che dichiara: “La Peste Suina Africana può colpire cinghiali e maiali ed è altamente contagiosa e spesso letale per questi animali, ma non è, invece, trasmissibile agli esseri umani. Servono ora interventi immeditati per fermare il proliferare dei cinghiali e garantire la sicurezza degli allevamenti e monitorare attentamente la situazione per evitare strumentalizzazioni e speculazioni a danno del settore. Adesso serve subito –avverte Prandini– un’azione sinergica su più fronti anche con la nomina di un commissario in grado di coordinare l’attività dei prefetti e delle forze dell’ordine chiamate ad intensificare gli interventi, per tutelare e difendere gli allevamenti. Si ravvisa infine la necessità di avviare iniziative comuni a livello europeo perché – conclude Prandini – è dalla fragilità dei confini naturali del paese che dipende l’elevato rischio di un afflusso non controllato di esemplari portatori di peste”. “Per la suinicoltura del nostro territorio –aggiunge Zolin- dove la qualità è riconosciuta per i metodi di allevamento e i prodotti che se ne ricavano, eventuali contagi provocherebbero danni incalcolabili agli allevatori ma anche – conclude il presidente- a tutto l’indotto agricolo e agroalimentare”.

 

BERGAMO, PESTE SUINA: BENE ORDINANZA SALVA STALLE

I 380 allevamenti di maiali bergamaschi potranno continuare a lavorare in sicurezza grazie alla tempestiva adozione del provvedimento nazionale firmato dai ministri della Salute Roberto Speranza e delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli per fermare la diffusione della peste suina africana (PSA) dopo i casi riscontrati su cinghiali in Piemonte e Liguria ma anche in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa.

L’ordinanza interministeriale – spiega la Coldiretti – prevede il divieto di ogni attività venatoria salvo la caccia selettiva al cinghiale nella zona stabilita come infetta da Peste Suina Africana, ossia 114 Comuni di cui 78 in Piemonte e 36 in Liguria, dove la presenza di allevamenti è per fortuna molto contenuta. Nell’area circoscritta – precisa la Coldiretti – sono altresì vietate la raccolta dei funghi e tartufi, la pesca, il trekking, il mountain bike e le altre attività di interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti. L’ordinanza in vigore per sei mesi – continua la Coldiretti – si pone l’obiettivo di “porre in atto ogni misura utile ad un immediato contrasto alla diffusione della Psa e alla sua eradicazione a tutela della salute del patrimonio faunistico e zootecnico suinicolo nazionale e degli interessi economico connessi allo scambio extra Ue e alle esportazioni verso i Paesi terzi di suini e prodotti derivati”.

La Peste Suina Africana – sottolinea Coldiretti Bergamo – non è trasmissibile agli esseri umani ma può colpire cinghiali e maiali ed è altamente contagiosa e spesso letale per questi animali. Nonostante la grande preoccupazione, si ribadisce che le misure di bio-sicurezza degli allevamenti italiani hanno già standard molto elevati.

La situazione di emergenza che siamo costretti ad affrontare ora – continua Coldiretti – è frutto della mancata azione di prevenzione e contenimento che abbiamo ripetutamente denunciato in piazza e nelle sedi istituzionali di fronte alla moltiplicazione dei cinghiali che invadono città e campagne da nord a sud dell’Italia dove si contano ormai più di 2,3 milioni di esemplari.

“Il provvedimento adottato a livello nazionale – evidenzia il presidente di Coldiretti Bergamo Alberto Brivio – arriva dopo la positiva decisione di Regione Lombardia di istituire una task force per prevenire e contrastare la peste suina sui nostri territori (In Lombardia si alleva il 53% dei suini italiani). Grazie a questa unità di crisi auspichiamo che vengano messi in campo interventi straordinari, concreti e incisivi per riportare sotto controllo la gestione numerica dei cinghiali.

La task force sarà coordinata dalla U.O. Veterinaria (DG Welfare) e composta da rappresentanti della DG Agricoltura, della DG Protezione civile, dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna, dei Dipartimenti Veterinari delle Ats, della Polizia provinciale e dei Carabinieri forestali.

“Vista la situazione – prosegue Brivio –  è importante vigilare oltre che sul piano sanitario anche contro le speculazioni di mercato a tutela degli allevatori e del sistema economico ed occupazionale.  Una necessità dopo che sono state attivate misure precauzionali alle frontiere di Svizzera, Kuwait e in Oriente (Cina, Giappone e Taiwan) dove è stato previsto un temporaneo stop alle importazioni di carni e salumi Made in Italy.

Le esportazioni di carni suine e derivati Made in Italy ammontano complessivamente nel mondo a 1,7 miliardi ma va sottolineato – precisa Coldiretti – che oltre il 60% è destinato a Paesi dell’Unione Europea che riconoscendo il principio della regionalizzazione prevedono eventuali blocchi solo dai comuni delimitati, dove peraltro l’attività di allevamento è molto contenuta. Un comportamento analogo peraltro è stato adottato anche da paesi come Regno Unito, USA e Canada dove è diretta la maggioranza dell’export extra Ue per i casi analoghi che si sono verificati in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa e per questo – continua Coldiretti – diventa ora importante un’azione diplomatica per formalizzare questo orientamento e non penalizzare la filiera. 

Abbiamo più volte evidenziato – afferma Coldiretti nazionale – il rischio della diffusione della Peste Suina Africana (Psa) attraverso i cinghiali e la necessità della loro riduzione sia numerica che spaziale attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette. Adesso serve subito un’azione sinergica su più fronti anche con la nomina di un commissario in grado di coordinare l’attività dei prefetti e delle forze dell’ordine chiamate ad intensificare gli interventi, per tutelare e difendere gli allevamenti e compensare gli eventuali danni economici alle imprese. Si ravvisa infine la necessità di avviare iniziative comuni a livello europeo perché – conclude Coldiretti – è dalla fragilità dei confini naturali del paese che dipende l’elevato rischio di un afflusso non controllato di esemplari portatori di peste.

 

CUNEO, LATTE: ATTENZIONE AI “FURBETTI” DELLE PRATICHE SLEALI

“Stiamo apprendendo in questi giorni che alcuni caseifici hanno apposto sulle fatture di dicembre una dicitura secondo cui il prezzo del latte da loro riconosciuto è maggiore rispetto ai costi di produzione. Una mossa studiata per mettersi al riparo dalle sanzioni previste dalla normativa di contrasto alle pratiche commerciali sleali”. È quanto rileva il Delegato Confederale di Coldiretti Cuneo Roberto Moncalvo circa la situazione che sta vivendo il comparto lattiero-caseario cuneese.

“Invitiamo i nostri associati a prestare molta attenzione e a verificare che sia veramente così; la nostra Organizzazione si è battuta per l’approvazione definitiva del provvedimento sulle pratiche sleali proprio affinché non avvengano speculazioni lungo la filiera a danno degli allevatori” dichiara il Direttore di Coldiretti Cuneo Fabiano Porcu.

Gli uffici di Coldiretti Cuneo sono a disposizione per ogni tipo di consulenza in merito, anche legale, e per offrire tutta la necessaria assistenza agli imprenditori agricoli che intendono segnalare pratiche commerciali sleali

Per maggiori informazioni visitare il sito web https://cuneo.coldiretti.it

 

SAVONA, INACCETTABILE OK GIUNTA REGIONALE A SPOSTAMENTO FERROVIA DI ALBENGA

E’ arrivato l’ok all’unanimità da parte della Giunta Regionale al progetto di raddoppio e spostamento della ferrovia nella piana di Albenga: un intervento al quale Coldiretti si oppone fermamente da mesi e che porterebbe solo a disagi e gravi danni sulle spalle di agricoltori, cittadini e turisti. Il progetto prevede, infatti, lo spostamento della ferrovia dalla linea costiera all’entroterra, a una distanza di 5km rispetto all’attuale posizione con l’occupazione e la distruzione di una vasta area di terreno in uno dei migliori areali agricoli della Liguria; e bisogna considerare non solo lo spazio che sarà occupato dalla nuova linea, ma anche tutto il terreno che verrà sottratto durante le fasi di realizzazione per i cantieri, il deposito del materiale da costruzione, e le vie di transito che dovranno essere costruite per i camion. Infine, il nuovo tratto ferroviario lungo 32 km, porterebbe allo scavo di nuove gallerie (per un totale di 25km, con il problema di collocamento del materiale di risulta), con evidente aumento del rischio idrogeologico per il territorio.

E oltre al gravissimo danno ambientale è essenziale portare l’attenzione anche sulle conseguenze sociali: il progetto, infatti, è stato fatto ancora una volta a scapito del suolo agricolo e delle famiglie che da generazioni portano avanti tradizioni e cultura traendo sostentamento dalla terra e generando indotto per il territorio savonese. Ma la Giunta, prima di esprimersi all’unanimità, ha deciso di non interpellare le 80 imprese che sarebbero costrette alla chiusura e a lasciare a casa senza lavoro centinaia di persone. Dal punto di vista logistico, inoltre, il progetto non aiuterà le imprese agricole rimanenti nel trasporto delle merci perché non è prevista intermodalità.

“E’ un progetto che, come Coldiretti Savona, non possiamo in alcun modo accettare, -affermano Marcello Grenna, Presidente Coldiretti Savona e Antonio Ciotta Direttore Provinciale- e richiediamo fermamente che i Comuni interessati si esprimano quanto prima evidenziando le difficoltà e le conseguenze di questo assurdo intervento. Assurdo anche che siano state prese decisioni così rilevanti per il territorio senza interpellare chi realmente vive quotidianamente la piana di Albenga, forse perché già consapevoli del grave danno che porterà la nuova linea ferroviaria. E non parliamo solo di agricoltori, ma anche di cittadini, studenti e pendolari che ogni giorno utilizzano il servizio e che si troverebbero in una stazione lontana dal centro urbano, costretti poi a percorrere ulteriori chilometri a piedi o con altri mezzi; gravi ripercussioni ci sarebbero, infine, sul settore turistico con un’evidente scomodità per i visitatori intenzionati a raggiungere la città di Albenga. Non ci opponiamo al raddoppio della linea ferroviaria ma sicuramente non è accettabile la soluzione dello spostamento nell’area adesso prevista: bisogna trovare soluzioni alternative come, ad esempio, lo raddoppio lungo il litorale o l’ottimizzazione della linea attualmente in funzione”.

 

ASTI, PESTE SUINA: ADOTTARE SUBITO PROVVEDIMENTO PER SALVARE GLI ALLEVAMENTI

“E’ importante la tempestiva adozione del provvedimento che consente alle attività produttive di continuare a lavorare in sicurezza, fornendo rassicurazioni in merito alle esportazioni”. E’ quanto afferma Coldiretti in riferimento alla firma dell’ordinanza dei ministri della Salute Roberto Speranza e delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli per fermare la diffusione della peste suina africana (Psa) dopo i casi riscontrati su cinghiali in Piemonte e Liguria ma anche in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa.

“Siamo in continuo e costante contatto con l’autorità sanitaria in Piemonte, gli assessorati regionali all’Agricoltura e alla Sanità, oltre che con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte Liguria e Valle d’Aosta per poter dare ai nostri associati le corrette informazioni e tempestivi aggiornamenti, attraverso anche specifiche videoconferenze organizzate con gli allevatori suinicoli – spiegano Marco Reggio presidente Coldiretti Asti e Diego Furia direttore Coldiretti Asti -. Siamo costretti ad affrontare questa emergenza perché è mancata l’azione di prevenzione e contenimento, come è stato ripetutamente denunciato sia durante le manifestazioni in piazza a Torino sia nelle sedi istituzionali, di fronte alla moltiplicazione dei cinghiali che invadono città e campagne in tutta Italia, dove si contano ormai più di 2,3 milioni di esemplari”. 

Il provvedimento prevede il divieto di ogni attività venatoria, salvo la caccia selettiva al cinghiale, nella zona stabilita come infetta da Peste Suina Africana, ossia 114 Comuni di cui 78 in Piemonte e 36 in Liguria. Nell’area circoscritta sono altresì vietate la raccolta dei funghi e tartufi, la pesca, il trekking, il mountain bike e le altre attività di interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti. Sono escluse le attività connesse alla salute, alla cura degli animali detenuti e selvatici nonché alla salute e cura delle piante, comprese le attività selvicolturali.

L’ordinanza in vigore per sei mesi si pone l’obiettivo di “porre in atto ogni misura utile ad un immediato contrasto alla diffusione della Psa e alla sua eradicazione a tutela della salute del patrimonio faunistico e zootecnico suinicolo nazionale e degli interessi economico connessi allo scambio extra Ue e alle esportazioni verso i Paesi terzi di suini e prodotti derivati”.

Una necessità dopo che sono state attivate misure precauzionali alle frontiere di Svizzera, Kuwait e in Oriente (Cina, Giappone e Taiwan) dove è stato previsto un temporaneo stop alle importazioni di carni e salumi Made in Italy. Un comportamento analogo, peraltro, è stato adottato anche da paesi come Regno Unito, USA e Canada dove è diretta la maggioranza dell’export extra Ue per i casi analoghi che si sono verificati in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa e per questo diventa ora importante un’azione diplomatica per formalizzare questo orientamento e non penalizzare la filiera.

“Abbiamo più volte evidenziato il rischio della diffusione della Peste Suina Africana (Psa) attraverso i cinghiali e la necessità della loro riduzione sia numerica che spaziale attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette” sottolinea il direttore Furia.

“Adesso serve subito un’azione sinergica su più fronti anche con la nomina di un commissario in grado di coordinare l’attività dei prefetti e delle forze dell’ordine chiamate ad intensificare gli interventi, per tutelare e difendere gli allevamenti e compensare gli eventuali danni economici alle nostre imprese. – concludono Reggio e Furia – “E’ altresì necessario avviare iniziative comuni a livello europeo perché è dalla fragilità dei confini naturali del Paese che dipende l’elevato rischio di un afflusso incontrollato di esemplari portatori di peste”.

 

BRESCIA, PESTE SUINA: A BRESCIA 14% DEI MAIALI ITALIANI

La tempestiva adozione di un provvedimento nazionale che consente alle attività produttive di continuare a lavorare in sicurezza, fornendo rassicurazioni in merito alle esportazioni, è importante soprattutto per la nostra provincia dove è allevato il 14% dei maiali italiani. È quanto afferma il presidente di Coldiretti Brescia Valter Giacomelli in riferimento alla firma dell’ordinanza dei ministri della Salute Roberto Speranza e delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli per fermare la diffusione della peste suina africana (PSA) dopo i casi riscontrati su cinghiali in Piemonte e Liguria ma anche in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa.

La Peste Suina Africana può colpire cinghiali e maiali, è altamente contagiosa e spesso letale per questi animali, ma non è invece assolutamente trasmissibile agli esseri umani – precisa Claudio Cestana vicepresidente Coldiretti Brescia e coordinatore consulta suinicola provinciale – stiamo vivendo un momento di forte incertezza e di preoccupazione soprattutto per i vincolo di esportazioni verso i paesi terzi e le conseguenti ripercussioni sull’andamento del mercato. E’ necessario vigilare oltre che sul piano sanitario anche contro le speculazioni di mercato a tutela degli allevatori e del sistema economico ed occupazionale”.

L’ordinanza interministeriale – spiega Coldiretti – prevede il divieto di ogni attività venatoria salvo la caccia selettiva al cinghiale nella zona stabilita come infetta da Peste Suina Africana, ossia 114 Comuni di cui 78 in Piemonte e 36 in Liguria, dove la presenza di allevamenti è per fortuna molto contenuta. Nell’area circoscritta sono altresì vietate la raccolta dei funghi e tartufi, la pesca, il trekking, il mountain bike e le altre attività di interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti. L’ordinanza in vigore per sei mesi – continua la Coldiretti – si pone l’obiettivo di “porre in atto ogni misura utile ad un immediato contrasto alla diffusione della Psa e alla sua eradicazione a tutela della salute del patrimonio faunistico e zootecnico suinicolo nazionale e degli interessi economico connessi allo scambio extra Ue e alle esportazioni verso i Paesi terzi di suini e prodotti derivati”.

Le esportazioni di carni suine e derivati Made in Italy ammontano complessivamente nel mondo a 1,7 miliardi ma va sottolineato – precisa la Coldiretti – che oltre il 60% è destinato a Paesi dell’Unione Europea che riconoscendo il principio della regionalizzazione prevedono eventuali blocchi solo dai comuni delimitati, dove peraltro l’attività di allevamento è molto contenuta. Un comportamento analogo peraltro è stato adottato anche da paesi come Regno Unito, USA e Canada dove è diretta la maggioranza dell’export extra Ue per i casi analoghi che si sono verificati in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa e per questo – continua la Coldiretti – diventa ora importante un’azione diplomatica per formalizzare questo orientamento e non penalizzare la filiera. 

“Adesso serve subito – conclude il Presidente Giacomelli – un’azione sinergica su più fronti, anche con la nomina di un commissario in grado di coordinare l’attività dei prefetti e delle forze dell’ordine chiamate ad intensificare gli interventi, per tutelare e difendere gli allevamenti e compensare gli eventuali danni economici alle imprese. Si ravvisa infine la necessità di avviare iniziative comuni a livello europeo, perché è dalla fragilità dei confini naturali del paese che dipende l’elevato rischio di un afflusso non controllato di esemplare portatori di peste”.

 

PAVIA, PESTE SUINA: BENE ORDINANZA SALVA STALLE

“E’ importante la tempestiva adozione del provvedimento che consente alle attività produttive di continuare a lavorare in sicurezza, fornendo rassicurazioni in merito alle esportazioni”. E’ quanto afferma il Presidente di Coldiretti Pavia Stefano Greppi in riferimento alla firma dell’ordinanza dei ministri della Salute Roberto Speranza e delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli per fermare la diffusione della peste suina africana (PSA) dopo i casi riscontrati su cinghiali in Piemonte e Liguria ma anche in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa.

La Peste Suina Africana – sottolinea Coldiretti Pavia – può colpire cinghiali e maiali ed è altamente contagiosa e spesso letale per questi animali, ma non è, invece, trasmissibile agli esseri umani. “Siamo costretti ad affrontare questa emergenza perché è mancata l’azione di prevenzione e contenimento come abbiamo ripetutamente denunciato in piazza e nelle sedi istituzionali di fronte alla moltiplicazione dei cinghiali che invadono città e campagne da nord a sud dell’Italia dove si contano ormai più di 2,3 milioni di esemplari” afferma ancora il Presidente di Coldiretti Pavia, nel sottolineare l’importanza ora “di vigilare oltre che sul piano sanitario anche contro le speculazioni di mercato a tutela degli allevatori e del sistema economico ed occupazionale”.

Il provvedimento – spiega Coldiretti Pavia – prevede il divieto di ogni attività venatoria salvo la caccia selettiva al cinghiale nella zona stabilita come infetta da Peste Suina Africana, ossia 114 Comuni di cui 78 in Piemonte e 36 in Liguria, dove la presenza di allevamenti è per fortuna molto contenuta. Nell’area circoscritta – precisa Coldiretti Pavia – sono altresì vietate la raccolta dei funghi e tartufi, la pesca, il trekking, il mountain bike e le altre attività di interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti. L’ordinanza in vigore per sei mesi – continua Coldiretti Pavia – si pone l’obiettivo di “porre in atto ogni misura utile ad un immediato contrasto alla diffusione della Psa e alla sua eradicazione a tutela della salute del patrimonio faunistico e zootecnico suinicolo nazionale e degli interessi economico connessi allo scambio extra Ue e alle esportazioni verso i Paesi terzi di suini e prodotti derivati”.

Una necessità dopo che sono state attivate misure precauzionali alle frontiere di Svizzera, Kuwait e in Oriente (Cina, Giappone e Taiwan) dove è stato previsto un temporaneo stop alle importazioni di carni e salumi Made in Italy. Le esportazioni di carni suine e derivati Made in Italy ammontano complessivamente nel mondo a 1,7 miliardi ma va sottolineato – precisa la Coldiretti – che oltre il 60% è destinato a Paesi dell’Unione Europea, che riconoscendo il principio della regionalizzazione prevedono eventuali blocchi solo dai comuni delimitati, dove peraltro l’attività di allevamento è molto contenuta.

Un comportamento analogo peraltro è stato adottato anche da paesi come Regno Unito, USA e Canada dove è diretta la maggioranza dell’export extra Ue per i casi analoghi che si sono verificati in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa e per questo – continua Coldiretti Pavia – diventa ora importante una azione diplomatica per formalizzare questo orientamento e non penalizzare la filiera.  “Abbiamo più volte evidenziato – sottolinea Stefano Greppi – il rischio della diffusione della Peste Suina Africana (Psa) attraverso i cinghiali e la necessità della loro riduzione sia numerica che spaziale attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette”.

“Adesso serve subito – conclude il Presidente di Coldiretti Pavia – un’azione sinergica su più fronti, anche con la nomina di un commissario in grado di coordinare l’attività dei prefetti e delle forze dell’ordine chiamate ad intensificare gli interventi, per tutelare e difendere gli allevamenti e compensare gli eventuali danni economici alle imprese. Si ravvisa infine la necessità di avviare iniziative comuni a livello europeo, perché è dalla fragilità dei confini naturali del paese che dipende l’elevato rischio di un afflusso non controllato di esemplare portatori di peste”.

 

CREMONA, PESTE SUINA: BENE ORDINANZA SALVA ALLEVAMENTI

La tempestiva adozione di un provvedimento nazionale che consente alle attività produttive di continuare a lavorare in sicurezza, fornendo rassicurazioni in merito alle esportazioni, è importante soprattutto per la nostra regione dove è allevato il 53% dei suini italiani. È quanto afferma la Coldiretti Lombardia in riferimento alla firma dell’ordinanza dei ministri della Salute Roberto Speranza e delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli per fermare la diffusione della peste suina africana (PSA) dopo i casi riscontrati su cinghiali in Piemonte e Liguria ma anche in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa.

La Peste Suina Africana – sottolinea la Coldiretti – può colpire cinghiali e maiali ed è altamente contagiosa e spesso letale per questi animali, ma non è invece trasmissibile agli esseri umani. La situazione di emergenza che siamo costretti ad affrontare ora – continua la Coldiretti – è frutto della mancata azione di prevenzione e contenimento come abbiamo ripetutamente denunciato in piazza e nelle sedi istituzionali di fronte alla moltiplicazione dei cinghiali che invadono città e campagne da nord a sud dell’Italia dove si contano ormai più di 2,3 milioni di esemplari.

L’ordinanza interministeriale – spiega la Coldiretti – prevede il divieto di ogni attività venatoria salvo la caccia selettiva al cinghiale nella zona stabilita come infetta da Peste Suina Africana, ossia 114 Comuni di cui 78 in Piemonte e 36 in Liguria, dove la presenza di allevamenti è per fortuna molto contenuta. Nell’area circoscritta sono altresì vietate la raccolta dei funghi e tartufi, la pesca, il trekking, il mountain bike e le altre attività di interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti. L’ordinanza in vigore per sei mesi – continua la Coldiretti – si pone l’obiettivo di “porre in atto ogni misura utile ad un immediato contrasto alla diffusione della Psa e alla sua eradicazione a tutela della salute del patrimonio faunistico e zootecnico suinicolo nazionale e degli interessi economico connessi allo scambio extra Ue e alle esportazioni verso i Paesi terzi di suini e prodotti derivati”.

Il provvedimento nazionale – sottolinea Coldiretti Cremona – arriva dopo la positiva decisione di Regione Lombardia di istituire una task force per prevenire e contrastare la peste suina sui nostri territori. Un’unità di crisi coordinata dalla U.O. Veterinaria (DG Welfare) e composta da rappresentanti della DG Agricoltura, della DG Protezione civile, dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna, dei Dipartimenti Veterinari delle Ats, della Polizia provinciale e dei Carabinieri forestali.

Ora – prosegue Coldiretti Cremona – è importante vigilare oltre che sul piano sanitario anche contro le speculazioni di mercato a tutela degli allevatori e del sistema economico ed occupazionale.  Una necessità dopo che sono state attivate misure precauzionali alle frontiere di Svizzera, Kuwait e in Oriente (Cina, Giappone e Taiwan) dove è stato previsto un temporaneo stop alle importazioni di carni e salumi Made in Italy.

Le esportazioni di carni suine e derivati Made in Italy ammontano complessivamente nel mondo a 1,7 miliardi ma va sottolineato – precisa la Coldiretti – che oltre il 60% è destinato a Paesi dell’Unione Europea che riconoscendo il principio della regionalizzazione prevedono eventuali blocchi solo dai comuni delimitati, dove peraltro l’attività di allevamento è molto contenuta. Un comportamento analogo peraltro è stato adottato anche da paesi come Regno Unito, USA e Canada dove è diretta la maggioranza dell’export extra Ue per i casi analoghi che si sono verificati in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa e per questo – continua la Coldiretti – diventa ora importante un’azione diplomatica per formalizzare questo orientamento e non penalizzare la filiera. 

Abbiamo più volte evidenziato – afferma la Coldiretti nazionale – il rischio della diffusione della Peste Suina Africana (Psa) attraverso i cinghiali e la necessità della loro riduzione sia numerica che spaziale attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette. Adesso serve subito un’azione sinergica su più fronti anche con la nomina di un commissario in grado di coordinare l’attività dei prefetti e delle forze dell’ordine chiamate ad intensificare gli interventi, per tutelare e difendere gli allevamenti e compensare gli eventuali danni economici alle imprese. Si ravvisa infine la necessità di avviare iniziative comuni a livello europeo perché – afferma la Coldiretti – è dalla fragilità dei confini naturali del paese che dipende l’elevato rischio di un afflusso non controllato di esemplare portatori di peste.

La Lombardia è la prima regione per numero di suini allevati: sono infatti quasi 4 milioni e mezzo i capi presenti nelle aziende lombarde, pari al 53% del totale nazionale. Una parte importante viene dalla provincia di Cremona: il patrimonio zootecnico cremonese – evidenzia Coldiretti Cremona – conta infatti oltre 900mila suini (918.585 capi, dati CCIAA Cremona).

 

MODENA, PESTE SUINA: BENE ORDINANZA SALVA STALLE

“E’ importante la tempestiva adozione del provvedimento che consente alle attività produttive di continuare a lavorare in sicurezza, fornendo rassicurazioni in merito alle esportazioni”. E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini in riferimento alla firma dell’ordinanza dei ministri della Salute Roberto Speranza e delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli per fermare la diffusione della peste suina africana (PSA) dopo i casi riscontrati su cinghiali in Piemonte e Liguria ma anche in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa. La Peste Suina Africana – sottolinea la Coldiretti – può colpire cinghiali e maiali ed è altamente contagiosa e spesso letale per questi animali, ma non è, invece, trasmissibile agli esseri umani “Siamo costretti ad affrontare questa emergenza perché è mancata l’azione di prevenzione e contenimento come abbiamo ripetutamente denunciato in piazza e nelle sedi istituzionali di fronte alla moltiplicazione dei cinghiali che invadono città e campagne da nord a sud dell’Italia dove si contano ormai più di 2,3 milioni di esemplari” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare l’importanza ora “di vigilare oltre che sul piano sanitario anche contro le speculazioni di mercato a tutela degli allevatori e del sistema economico ed occupazionale”. Il provvedimento – spiega la Coldiretti – prevede il divieto di ogni attività venatoria salvo la caccia selettiva al cinghiale nella zona stabilita come infetta da Peste Suina Africana, ossia 114 Comuni di cui 78 in Piemonte e 36 in Liguria, dove la presenza di allevamenti è per fortuna molto contenuta. Nell’area circoscritta – precisa la Coldiretti – sono altresì vietate la raccolta dei funghi e tartufi, la pesca, il trekking, il mountain bike e le altre attività di interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti. L’ordinanza in vigore per sei mesi – continua la Coldiretti – si pone l’obiettivo di “porre in atto ogni misura utile ad un immediato contrasto alla diffusione della Psa e alla sua eradicazione a tutela della salute del patrimonio faunistico e zootecnico suinicolo nazionale e degli interessi economico connessi allo scambio extra Ue e alle esportazioni verso i Paesi terzi di suini e prodotti derivati”. Una necessità dopo che sono state attivate misure precauzionali alle frontiere di Svizzera, Kuwait e in Oriente (Cina, Giappone e Taiwan) dove è stato previsto un temporaneo stop alle importazioni di carni e salumi Made in Italy.

“Il provvedimento con il quale la Regione Emilia Romagna ha sospeso alcune forme di caccia per la caccia al cinghiale nelle due province più a rischio (Piacenza e Parma) e intensifica la sorveglianza anche attraverso l’esecuzione di battute di ricerca attiva delle carcasse è un passo nella direzione giusta per arginare il propagarsi dell’epidemia di queste settimane” è il commento di Coldiretti Emilia Romagna rispetto alla decisione esposta dagli assessori Mammi e Donini di attivare immediatamente tutte le precauzioni per prevenire la diffusione della malattia”.

Le esportazioni di carni suine e derivati Made in Italy ammontano complessivamente nel mondo a 1,7 miliardi ma va sottolineato – precisa la Coldiretti – che oltre il 60% è destinato a Paesi dell’Unione Europea che riconoscendo il principio della regionalizzazione prevedono eventuali blocchi solo dai comuni delimitati, dove peraltro l’attività di allevamento è molto contenuta. Un comportamento analogo peraltro è stato adottato anche da paesi come Regno Unito, USA e Canada dove è diretta la maggioranza dell’export extra Ue per i casi analoghi che si sono verificati in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa e per questo – continua la Coldiretti – diventa ora importante una azione diplomatica per formalizzare questo orientamento e non penalizzare la filiera.  Abbiamo più volte evidenziato – afferma Prandini – il rischio della diffusione della Peste Suina Africana (Psa) attraverso i cinghiali e la necessità della loro riduzione sia numerica che spaziale attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette. Adesso serve subito – avverte Prandini – un’azione sinergica su più fronti anche con la nomina di un commissario in grado di coordinare l’attività dei prefetti e delle forze dell’ordine chiamate ad intensificare gli interventi, per tutelare e difendere gli allevamenti e compensare gli eventuali danni economici alle imprese. Si ravvisa infine la necessità di avviare iniziative comuni a livello europeo perché – conclude Prandini – è dalla fragilità dei confini naturali del paese che dipende l’elevato rischio di un afflusso non controllato di esemplare portatori di peste.

 

GROSSETO, VACCINI: OBBLIGO NEI CAMPI PER 3 MILA BRACCIANTI

Obbligo vaccinale per i bracciati over 50 e rischio carenza manodopera nelle campagne grossetane dove molto forte è la presenza di stranieri provenienti da Paesi dove vengono utilizzati sieri non riconosciuti in Italia come Sputnik, Sinovac o Sinopharm. Sono oltre 3 mila gli operai agricoli con più di 50 anni su un totale di poco più di 10 mila che dovranno vaccinarsi entro il 15 febbraio ed essere quindi muniti di Green Pass rafforzato per accedere ai luoghi di lavoro secondo una stima di Coldiretti. A manifestare preoccupazione è il Presidente di Coldiretti Toscana e delegato confederale, Fabrizio Filippi.

“C’è un po’ di preoccupazione. – spiega Filippi – Le nuove disposizioni del Governo con l’obbligo vaccinale per gli over 50, peraltro giuste, possono portare complicazioni nel momento in cui arriva la stagione dei raccolti e servono braccia. Un operaio agricolo su tre deve sottostare alla normativa secondo le nostre stime. Una buona parte degli operai agricoli arrivano da parti del mondo in cui i vaccini fatti non sono riconosciuti nel nostro paese. L’opera che facciamo è di sensibilizzazione e di monitoraggio. E poi abbiamo fatto anche di più: abbiamo chiesto che possano lavorare anche coloro che oggi stanno approfittando di norme come gli ammortizzatori sociali”. In provincia di Grosseto i lavoratori stranieri rappresentano una forza lavoro molto importante, circa il 42,5% del totale di braccianti (dato relativo al 2019), provenienti da 136 paesi diversi.

Con la prossima ripresa delle attività agricole, in primavera, è facile dunque prevedere l’accentuarsi della mancanza di lavoratori necessari nelle campagne per garantire l’approvvigionamento alimentare della popolazione in un momento in cui con la pandemia da Covid – continua Coldiretti – si è aperto uno scenario di incertezza, accaparramenti e speculazioni che spinge la corsa dei singoli Stati ai beni essenziali come l’energia e il cibo. In questo contesto – sottolinea Coldiretti – va segnalato che le difficoltà agli spostamenti dei lavoratori alle frontiere per effetto della pandemia, ha ridotto la presenza di lavoratori stranieri ed aumentato quella degli italiani che sono tornati a considerare il lavoro in agricoltura una interessante opportunità.

Secondo Coldiretti per favorire un cambio generazionale in un momento di crescente interesse per il lavoro in campagna a contatto con la natura è importante introdurre strumenti di flessibilità che consentano ai giovani italiani di fare una esperienza in agricoltura dove accanto alle figure tradizionali come potatori di alberi da frutta, olivi e vigne o ai trattoristi e iniziata la sfida della rivoluzione digitale con gli investimenti in droni, gps, robot, software e internet delle cose per combattere i cambiamenti climatici, salvare l’ambiente e aumentare la sostenibilità delle produzioni.

“Per cogliere questa opportunità e garantire l’adeguata copertura degli organici necessari a salvare i raccolti è urgente dunque adottare con strumenti concordati con i sindacati, che consentano anche ai percettori di ammortizzatori sociali, studenti e pensionati italiani di poter collaborare temporaneamente alle attività nei campi. – spiega Milena Sanna, Direttore Coldiretti Grosseto rilanciando anche a livello locale alcuni dei temi centrali per il mondo agricolo – Serve un piano per la formazione professionale e misure per ridurre la burocrazia e contenere il costo del lavoro con una radicale semplificazione che possa garantire flessibilità e tempestività di un lavoro legato all’andamento climatico sempre più bizzarro. La pandemia ha accelerato il fenomeno del ritorno alla terra e maturato la convinzione comune che le campagne siano oggi capaci di offrire e creare opportunità occupazionali e di crescita professionale, sia per chi vuole intraprendere che per chi vuole un lavoro al contatto con la natura per cogliere questa opportunità servono norme per la semplificazione delle assunzioni”.

 

CUNEO, PESTE SUINA: BENE L’ORDINANZA PER SALVARE GLI ALLEVAMENTI

Coldiretti ha accolto con favore la tempestiva adozione dell’ordinanza, a firma dei Ministri della Salute Roberto Speranza e delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli, per fermare la diffusione della Peste Suina Africana (PSA) dopo i casi riscontrati su cinghiali in Piemonte e Liguria, oltre che in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa. Si tratta di un provvedimento che consente alle attività produttive di continuare a lavorare in sicurezza, fornendo rassicurazioni in merito alle esportazioni.

“Siamo in continuo e costante contatto con l’autorità sanitaria in Piemonte, gli assessorati regionali all’Agricoltura e alla Sanità e con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta per poter dare ai nostri associati le corrette informazioni e tempestivi aggiornamenti, attraverso anche specifiche videoconferenze organizzate con gli allevatori suinicoli” spiega il Delegato Confederale di Coldiretti Cuneo Roberto Moncalvo.

“Siamo costretti ad affrontare questa emergenza – denuncia il Direttore di Coldiretti Cuneo Fabiano Porcu – perché è mancata l’azione di prevenzione e contenimento, come abbiamo ripetutamente denunciato sia durante le manifestazioni in piazza a Torino sia nelle sedi istituzionali, di fronte alla moltiplicazione dei cinghiali che invadono città e campagne in tutta Italia, dove si contano ormai più di 2,3 milioni di esemplari”. 

Il provvedimento prevede il divieto di ogni attività venatoria, salvo la caccia selettiva al cinghiale, nella zona stabilita come infetta da Peste Suina Africana, ossia 114 Comuni di cui 78 in Piemonte (nessuno in Provincia di Cuneo) e 36 in Liguria. Nell’area circoscritta sono altresì vietate la raccolta dei funghi e tartufi, la pesca, il trekking, il mountain bike e le altre attività di interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti. Sono escluse le attività connesse alla salute, alla cura degli animali detenuti e selvatici nonché alla salute e cura delle piante, comprese le attività selvicolturali.

L’ordinanza – spiega Coldiretti – resterà in vigore per sei mesi e si pone l’obiettivo di porre in atto ogni misura utile ad un immediato contrasto alla diffusione della PSA e alla sua eradicazione a tutela della salute del patrimonio faunistico e zootecnico suinicolo nazionale e degli interessi economico connessi allo scambio extra UE e alle esportazioni verso i Paesi terzi di suini e prodotti derivati.

Una necessità dopo che sono state attivate misure precauzionali alle frontiere di Svizzera, Kuwait e in Oriente (Cina, Giappone e Taiwan) dove è stato previsto un temporaneo stop alle importazioni di carni e salumi Made in Italy. Un comportamento analogo, peraltro, è stato adottato anche da Paesi come Regno Unito, USA e Canada dove è diretta la maggioranza dell’export extra UE per i casi analoghi che si sono verificati in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa e per questo diventa ora importante un’azione diplomatica per formalizzare questo orientamento e non penalizzare la filiera.

“Abbiamo più volte evidenziato il rischio della diffusione della PSA attraverso i cinghiali e la necessità della loro riduzione sia numerica che spaziale attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della Legge 157/92 articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette. Adesso serve subito un’azione sinergica su più fronti anche con la nomina di un commissario in grado di coordinare l’attività dei prefetti e delle forze dell’ordine chiamate ad intensificare gli interventi, per tutelare e difendere gli allevamenti e compensare gli eventuali danni economici alle nostre imprese. È altresì necessario avviare iniziative comuni a livello europeo perché è dalla fragilità dei confini naturali del Paese che dipende l’elevato rischio di un afflusso incontrollato di esemplari portatori di peste”, concludono Moncalvo e Porcu.

Per maggiori informazioni visitare il sito web https://cuneo.coldiretti.it

 

ALESSANDRIA, PESTE SUINA: COLDIRETTI CHIEDE AL PREFETTO

E’ importante la tempestiva adozione del provvedimento che consente alle attività produttive di continuare a lavorare in sicurezza, fornendo rassicurazioni in merito alle esportazioni. Servono risposte efficaci e non continuare a tergiversare su una problematica che è ormai fuori controllo. L’allarme del dilagare della Peste Suina Africana e l’insostenibilità delle devastazioni della fauna selvatica sul territorio, sono stati gli argomento al centro dell’incontro che si è tenuto questa mattina a Palazzo Ghilini tra il Prefetto di Alessandria Francesco Zito e i vertici di Coldiretti Alessandria.

Un momento di confronto che ha anticipato la discussione al tavolo convocato oggi pomeriggio dalla Regione Piemonte per fare il punto sull’emergenza Peste Suina Africana (PSA).

Il provvedimento firmato dal Ministro della Salute Roberto Speranza prevede, infatti, il divieto di ogni attività venatoria salvo la caccia selettiva al cinghiale nella zona stabilita come infetta da Peste Suina Africana: nell’area circoscritta sono vietate la raccolta dei funghi e tartufi, la pesca, il trekking, il mountain bike e le altre attività di interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti. Nell’ordinanza emanata dal Ministero della Salute, art.1 comma 2 viene evidenziato come dai divieti siano però “escluse le attività connesse alla salute, alla cura degli animali detenuti e selvatici nonché alla salute e cura delle piante, comprese le attività selvicolturali”.

L’ordinanza in vigore per sei mesi si pone l’obiettivo di porre in atto ogni misura utile ad un immediato contrasto alla diffusione della Psa e alla sua eradicazione a tutela della salute del patrimonio faunistico e zootecnico suinicolo nazionale e degli interessi economico connessi allo scambio extra Ue e alle esportazioni verso i Paesi terzi di suini e prodotti derivati.

“Occorre la massima collaborazione delle istituzioni, per questo ringraziamo il Prefetto Francesco Zito per la disponibilità dimostrata e per l’attenzione con cui sta seguendo la vicenda – ha dichiarato il Presidente di Coldiretti Alessandria Mauro Bianco –. Siamo costretti ad affrontare questa emergenza perché è mancata l’azione di prevenzione e contenimento come abbiamo ripetutamente denunciato in piazza e nelle sedi istituzionali di fronte alla moltiplicazione dei cinghiali che invadono città e campagne e ribadiamo l’importanza di vigilare oltre che sul piano sanitario anche contro le speculazioni di mercato a tutela degli allevatori e del sistema economico ed occupazionale”.

Una problematica la cui gravità sembra ancora non essere stata ben recepita da parte di tutti, nonostante i danni sempre più visibili nelle campagne, con scorribande di decine di esemplari sui terreni e la presenza dei cinghiali sulle strade urbane e sulle vie di comunicazione.

Durante l’incontro, il Direttore provinciale Coldiretti Roberto Bianco ha puntualizzato quanto, mai come oggi, sia importante dare certezze alle imprese agricole e garantire il futuro agli agricoltori con risposte strutturali ed efficaci, partendo dalla modifica della legislazione nazionale: “Abbiamo più volte evidenziato il rischio della diffusione della Peste Suina Africana attraverso i cinghiali e la necessità della loro riduzione sia numerica che spaziale attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette”.

“Adesso serve subito un’azione sinergica su più fronti anche con la nomina di un commissario in grado di coordinare l’attività dei prefetti e delle forze dell’ordine chiamate ad intensificare gli interventi, per tutelare e difendere gli allevamenti e compensare gli eventuali danni economici alle imprese. E’ necessario, inoltre, avviare iniziative comuni a livello europeo perché è dalla fragilità dei confini naturali del paese che dipende l’elevato rischio di un afflusso non controllato di esemplare portatori di peste”, ha concluso il Presidente Mauro Bianco.

 

FORLI’-CESENA, PESTE SUINA: BENE ORDINANZA SALVA STALLE

“Siamo costretti ad affrontare questa emergenza perché è mancata l’azione di prevenzione e contenimento come abbiamo ripetutamente denunciato in piazza e nelle sedi istituzionali di fronte alla moltiplicazione dei cinghiali che invadono città e campagne da nord a sud dell’Italia dove si contano ormai più di 2,3 milioni di esemplari” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare l’importanza ora “di vigilare oltre che sul piano sanitario anche contro le speculazioni di mercato a tutela degli allevatori e del sistema economico ed occupazionale”. “Il provvedimento – spiega Massimiliano Bernabini Presidente di Coldiretti Forlì-Cesena – prevede il divieto di ogni attività venatoria salvo la caccia selettiva al cinghiale nella zona stabilita come infetta da Peste Suina Africana, ossia 114 Comuni di cui 78 in Piemonte e 36 in Liguria, dove la presenza di allevamenti è per fortuna molto contenuta. Nell’area circoscritta sono altresì vietate la raccolta dei funghi e tartufi, la pesca, il trekking, il mountain bike e le altre attività di interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti”. “L’ordinanza in vigore per sei mesi – continua Giulio Federici Direttore di Coldiretti Forlì-Cesena – si pone l’obiettivo di porre in atto ogni misura utile ad un immediato contrasto alla diffusione della Psa e alla sua eradicazione a tutela della salute del patrimonio faunistico e zootecnico suinicolo nazionale e degli interessi economico connessi allo scambio extra Ue e alle esportazioni verso i Paesi terzi di suini e prodotti derivati”. Una necessità dopo che sono state attivate misure precauzionali alle frontiere di Svizzera, Kuwait e in Oriente (Cina, Giappone e Taiwan) dove è stato previsto un temporaneo stop alle importazioni di carni e salumi Made in Italy.

“Il provvedimento con il quale la Regione Emilia Romagna ha sospeso alcune forme di caccia al cinghiale nelle due province più a rischio (Piacenza e Parma) e intensificato la sorveglianza anche attraverso l’esecuzione di battute di ricerca attiva delle carcasse è un passo nella direzione giusta per arginare il propagarsi dell’epidemia di queste settimane” è il commento di Coldiretti Emilia Romagna rispetto alla decisione esposta dagli assessori Mammi e Donini di attivare immediatamente tutte le precauzioni per prevenire la diffusione della malattia”.

Le esportazioni di carni suine e derivati Made in Italy ammontano complessivamente nel mondo a 1,7 miliardi ma va sottolineato – precisa la Coldiretti – che oltre il 60% è destinato a Paesi dell’Unione Europea che riconoscendo il principio della regionalizzazione prevedono eventuali blocchi solo dai comuni delimitati, dove peraltro l’attività di allevamento è molto contenuta. Un comportamento analogo peraltro è stato adottato anche da paesi come Regno Unito, USA e Canada dove è diretta la maggioranza dell’export extra Ue per i casi analoghi che si sono verificati in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa e per questo – continua la Coldiretti – diventa ora importante una azione diplomatica per formalizzare questo orientamento e non penalizzare la filiera.  Abbiamo più volte evidenziato – afferma Prandini – il rischio della diffusione della Peste Suina Africana (Psa) attraverso i cinghiali e la necessità della loro riduzione sia numerica che spaziale attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette. Adesso serve subito – avverte Prandini – un’azione sinergica su più fronti anche con la nomina di un commissario in grado di coordinare l’attività dei prefetti e delle forze dell’ordine chiamate ad intensificare gli interventi, per tutelare e difendere gli allevamenti e compensare gli eventuali danni economici alle imprese. Si ravvisa infine la necessità di avviare iniziative comuni a livello europeo perché – conclude Prandini – è dalla fragilità dei confini naturali del paese che dipende l’elevato rischio di un afflusso non controllato di esemplare portatori di peste.

 

VERCELLI-BIELLA, PESTE SUINA: BENE PROVVEDIMENTO PER SALVARE ALLEVAMENTI

“È importante la tempestiva adozione del provvedimento che consente alle attività produttive di continuare a lavorare in sicurezza, fornendo rassicurazioni in merito alle esportazioni”. Questo il punto di vista di Coldiretti in riferimento alla firma dell’ordinanza dei ministri della Salute Roberto Speranza e delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli per fermare la diffusione della peste suina africana (PSA) dopo i casi riscontrati su cinghiali in Piemonte e Liguria ma anche in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa.

“Siamo in continuo e costante contatto con l’autorità sanitaria in Piemonte, gli assessorati regionali all’Agricoltura e alla Sanità, oltre che con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte Liguria e Valle d’Aosta per poter dare ai nostri associati le corrette informazioni e tempestivi aggiornamenti, attraverso anche specifiche videoconferenze organizzate con gli allevatori suinicoli – spiegano il Presidente di Coldiretti Vercelli-Biella Paolo Dellarole e il Direttore Francesca Toscani – Siamo costretti ad affrontare questa emergenza perché è mancata l’azione di prevenzione e contenimento, come abbiamo ripetutamente denunciato sia durante le manifestazioni in piazza a Torino sia nelle sedi istituzionali, di fronte alla moltiplicazione dei cinghiali che invadono città e campagne in tutta Italia, dove si contano ormai più di 2,3 milioni di esemplari”. 

Il provvedimento prevede il divieto di ogni attività venatoria, salvo la caccia selettiva al cinghiale, nella zona stabilita come infetta da Peste Suina Africana, ossia 114 Comuni di cui 78 in Piemonte (tutti in provincia di Alessandria) e 36 in Liguria. Nell’area circoscritta sono altresì vietate la raccolta dei funghi e tartufi, la pesca, il trekking, il mountain biking e le altre attività di interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti. Sono escluse le attività connesse alla salute, alla cura degli animali detenuti e selvatici nonché alla salute e cura delle piante, comprese le attività selvicolturali. L’ordinanza in vigore per sei mesi si pone l’obiettivo di “porre in atto ogni misura utile ad un immediato contrasto alla diffusione della Psa e alla sua eradicazione a tutela della salute del patrimonio faunistico e zootecnico suinicolo nazionale e degli interessi economico connessi allo scambio extra Ue e alle esportazioni verso i Paesi terzi di suini e prodotti derivati”. Una necessità dopo che sono state attivate misure precauzionali alle frontiere di Svizzera, Kuwait e in Oriente (Cina, Giappone e Taiwan) dove è stato previsto un temporaneo stop alle importazioni di carni e salumi Made in Italy. Un comportamento analogo, peraltro, è stato adottato anche da paesi come Regno Unito, USA e Canada dove è diretta la maggioranza dell’export extra Ue per i casi analoghi che si sono verificati in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa e per questo diventa ora importante una azione diplomatica per formalizzare questo orientamento e non penalizzare la filiera.

“Abbiamo più volte evidenziato- proseguono Dellarole e Toscani – il rischio della diffusione della Peste Suina Africana (Psa) attraverso i cinghiali e la necessità della loro riduzione sia numerica che spaziale attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette. Adesso serve subito un’azione sinergica su più fronti anche con la nomina di un commissario in grado di coordinare l’attività dei prefetti e delle forze dell’ordine chiamate ad intensificare gli interventi, per tutelare e difendere gli allevamenti e compensare gli eventuali danni economici alle nostre imprese. È altresì necessario avviare iniziative comuni a livello europeo perché è dalla fragilità dei confini naturali del Paese che dipende l’elevato rischio di un afflusso incontrollato di esemplari portatori di peste”, concludono.