ARTICOLO | Economia

Terremoto, salvate le tipicità ma crolla la produzione di latte

30 Ottobre 2017
Terremoto, salvate le tipicità ma crolla la produzione di latte

Nelle aree terremotate la produzione di latte è calata del 20% anche per stress, decessi e chiusura delle stalle crollate, ma le difficoltà non hanno però scoraggiato la maggioranza degli agricoltori e allevatori i quali, al prezzo di mille difficoltà e sacrifici, non hanno abbandonato il territorio e sono riusciti a garantire la produzione della maggior parte delle tipicità. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti per il triste anniversario della scossa che il 30 ottobre devasto ampie aree del centro Italia. Nelle aree colpite dal terremoto crolla del 15% il raccolto di grano per effetto congiunto delle condizioni climatiche e della riduzione dei terreni seminati dopo le scosse mentre il caldo e la siccità hanno tagliato del 20% la produzione della lenticchia di Castelluccio di Norcia che ha dovuto fare i conti con le bizzarrie del clima. E sulle tavole rimane anche il ciauscolo, il caratteristico salame spalmabile marchigiano, seppur con un calo di produzione stimato nel 15%, a causa del crollo dei laboratori di trasformazione. Lo stesso discorso vale per il pecorino dei Sibillini, per il quale le quantità sono ridotte del 10-15% a causa soprattutto della diminuzione nella produzione di latte determinata dallo stress al quale sono stati sottoposti gli animali rimasti per lunghi mesi all’aperto. Ma non mancano all’appello – continua la Coldiretti – neppure altre specialità, come la patata rossa di Colfiorito, lo zafferano, il tartufo, il prosciutto di Norcia Igp o la cicerchia. A sostenere la produzione è stata la solidarietà degli italiani con una richiesta senza precedenti dei prodotti tipici delle aree terremotate dopo il crollo del mercato locale a causa dello spopolamento. Il terremoto ha colpito un territorio a prevalente economia agricola con una significativa presenza di allevamenti che occorre sostenere concretamente per non rassegnarsi all’abbandono e allo spopolamento, conclude la Coldiretti nel sottolineare la necessità che la ricostruzione vada di pari passo con la ripresa dell’economia che in queste zone significa soprattutto cibo e turismo.